IL SINODO 47 DELLA CHIESA AMBROSIANA
Capitolo 6. LA PARROCCHIA
135. LA PARROCCHIA NELLA COSCIENZA DELLA CHIESA
§ 1. La parrocchia rappresenta tuttora la fondamentale articolazione della Chiesa
particolare e del suo ministero pastorale ordinario. Il Concilio Vaticano II(1) e il
Codice di diritto canonico(2) ne offrono una descrizione che si può esprimere in questi
termini: la parrocchia è una comunità di fedeli solitamente territoriale, nell'ambito
della diocesi, presieduta dal parroco. Essa "localmente... rende presente in qualche
modo (quodammodo) la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra"(3) ed è soggetto
attivo della missione della Chiesa stessa. Tali principi sono riproposti dal magistero del
Papa e dei vescovi. § 2. Gli elementi contenuti nella suddetta descrizione orientano il
pensiero e l'azione pastorale della Chiesa ambrosiana, che considera la parrocchia come
forma privilegiata della sua presenza e quindi come particolarmente adatta a disegnare il
volto popolare della comunità cristiana. La parrocchia deve continuare ad essere, anche
nelle mutate condizioni sociocivili, la forma principale di presenza della missione della
Chiesa per la vita della gente.
136. LA PARROCCHIA COME FIGURA DI CHIESA
§ 1. La rinnovata scelta pastorale della parrocchia da parte della Chiesa ambrosiana
si fonda sul fatto che essa realizza un'autentica figura di Chiesa. La parrocchia,
infatti, è la comunità dei fedeli che rende visibile la missione della Chiesa in un
determinato territorio: essa è un'articolazione pastorale della Chiesa diocesana. § 2.
In quanto figura di Chiesa, la parrocchia, già per il fatto che il suo ambito di
aggregazione è la comunità di vicinato, può diventare segno di comunione. Il territorio
è il luogo in cui si rende presente la comunità dei credenti animata dallo Spirito di
Gesù, radicata nella Parola e plasmata dall'Eucaristia. Nasce da qui il privilegio della
parrocchia a valere come realtà di Chiesa. Essa è il luogo della pastorale ordinaria,
nella quale la fede può diventare accessibile a tutti e ad ogni condizione di esistenza.
Ciò deriva intimamente dal suo essere "la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case
dei suoi figli e delle sue figlie"(4) e che "vive e opera profondamente inserita
nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi",
diventando "la casa aperta a tutti e al servizio di tutti"(5). § 3. Le linee
del rinnovamento pastorale della parrocchia possono essere indicate in tre direzioni
complementari: I. la parrocchia luogo della pastorale ordinaria; II. la parrocchia luogo
della corresponsabilità pastorale; III. la parrocchia luogo della dinamica missionaria.
I. LA PARROCCHIA LUOGO DELLA PASTORALE ORDINARIA
137. LA PARROCCHIA E LA FORMAZIONE DEL CRISTIANO ADULTO
§ 1. Il fatto che la parrocchia sia luogo ordinario della vita cristiana, qualifica la
sua azione pastorale come ordinaria, cioè come cura della comunità e di tutte le
persone, come attenzione a tutte le tappe dell'esistenza e alle diverse forme della vita
cristiana. La parrocchia È luogo nel quale la fede può diventare accessibile a tutti
entro le condizioni della vita quotidiana. I diversi aspetti dell'esistenza (quali la
professione, il matrimonio, gli impegni personali, sociali e politici) trovano nella vita
della comunità parrocchiale il luogo in cui possono essere interpretati e vissuti alla
luce del Vangelo. § 2. Meta di questa azione pastorale ordinaria È la formazione del
cristiano perché‚ diventi adulto nella fede, membro consapevole della comunità
credente e testimone del Vangelo nel mondo. La parrocchia, quindi, ha il compito
fondamentale di accompagnare la costante maturazione di ogni vocazione specifica e
valorizzare i carismi e i ministeri, coltivandone la complementarietà nella comunità
cristiana: l'immagine di Chiesa che la parrocchia presenta deve promuovere sempre più una
fraternità evangelica con la variegata ricchezza delle vocazioni. Ciò comporta un
profondo rinnovamento nella pastorale e un'attenzione specifica alla formazione della
comunità degli adulti.
138. LA PARROCCHIA LUOGO DELLA PASTORALE ORDINARIA
§ 1. La vita parrocchiale si esprime principalmente nella pastorale ordinaria, cioè
globale e integrale, e deve sostenere i momenti che accompagnano lo scandirsi delle
diverse fasi dell'esistenza cristiana. Il rinnovamento della parrocchia intende riprendere
creativamente la fiducia nel carattere formativo dell'azione pastorale ordinaria, puntando
a qualificare i gesti della vita cristiana, le "occasioni" dell'esistenza, il
discernimento delle situazioni personali, il servizio della carità, ecc. L'azione
pastorale ordinaria della parrocchia richiede riflessione e progettualità e non va
lasciata all'improvvisazione o alla abitudinarietà. Perciò occorre saper scoprire e
presentare chiaramente le priorità, le precedenze, le gerarchie di valore, nella
complessa e non sempre ordinata attività pastorale(6). § 2. L'azione pastorale ordinaria
richiede una positiva attenzione, soprattutto nella grande città, ai settori e agli
ambienti che non sono normalmente raggiunti dall'intervento delle parrocchie(7). L'impegno
di altri soggetti ecclesiali verso momenti consistenti della vita delle persone nei vari
ambienti non può, però, portare la parrocchia, proprio in quanto luogo e soggetto di
pastorale ordinaria, a ignorare questi ambiti di vita. Deve esserci, invece, una sintonia
d'intenti tra la parrocchia e gli altri soggetti ecclesiali e un coordinamento della loro
azione nell'unica missione della Chiesa particolare. § 3. La pastorale ordinaria della
parrocchia, espressa dalla totalità dei suoi membri, non si ferma alla gestione
dell'esistente, ma deve assumere oggi un respiro veramente missionario, nella fiducia che
l'ascolto della Parola e i gesti della fede vissuti nello Spirito santo, hanno la
capacità di evangelizzare la vita delle persone, di plasmare la figura della comunità,
di sottrarre alla dispersione anche i quartieri più anonimi, di tessere una trama di
rapporti di prossimità, che, a partire dalla centralità dell'Eucaristia, possono
contribuire anche a delineare positivamente il volto sociale e civile delle comunità.
139. IL SIGNIFICATO DEL TERRITORIO
§ 1. Il territorio costituisce l'elemento proprio per il quale la parrocchia si
presenta come luogo di vita cristiana per tutti i fedeli e ambito di pastorale ordinaria.
§ 2. Sono note le difficoltà di cui soffre la parrocchia territoriale nel nuovo contesto
civile urbano, caratterizzato dalla dislocazione degli spazi esistenziali e in genere
dalla facile mobilità che porta le persone a vivere fuori parrocchia diversi momenti
della loro vita quotidiana (lavoro, scuola, tempo libero e festa, malattia e la stessa
morte). Nonostante tali difficoltà, la parrocchia, proprio a partire dalla sua stessa
configurazione territoriale, continua ad essere la comunità ecclesiale fondamentale e a
rispondere a una dimensione di servizio evangelico aperto a tutti. § 3. Per essere parte
della comunità parrocchiale è sufficiente infatti appartenere al territorio della
parrocchia stessa e quindi non sono necessari altri requisiti di tipo personale (come ad
esempio questa o quella condizione sociale, questa o quella spiritualità, questo o quel
grado di istruzione). In forza del suddetto principio, tutti i fedeli sono uguali di
fronte alla comunità; uguali non nelle qualità e nelle vocazioni, ma nella dignità e
nell'importanza. Per tale motivo, tutti fanno parte della stessa comunità proprio come
avviene per i figli di una sola famiglia. Il territorio, nel suo valore umano, può essere
il luogo concreto dove la libertà delle persone si apre alla comunione che è suscitata
dall'annuncio evangelico, ed È celebrata e approfondita dalla liturgia. § 4. Il
riferimento territoriale comporta e, di conseguenza, impegna a una uguale attenzione
pastorale verso tutti i fedeli, anzi verso tutte le persone che abitano nel territorio
della parrocchia, al di là delle differenze personali. Pertanto, si deve evitare di
considerare membri della parrocchia soltanto alcuni fedeli, trascurandone altri e di
limitare l'azione pastorale ai soli praticanti. Al contrario la pastorale parrocchiale
deve avere uguale attenzione verso tutti, compresi i non battezzati, e deve avere
un'attenzione diversificata per ogni condizione di vita. § 5. La territorialità della
parrocchia ha come ulteriore conseguenza, che tutti i fedeli vivano in vicinanza reciproca
e quindi siano uniti in modo concreto e visibile: proprio perché‚ abitano nello
stesso territorio i fedeli possono stare insieme, conoscersi, coltivare la fraternità,
attuare insieme la missione della Chiesa. La vicinanza nel territorio facilita la
celebrazione dell'Eucaristia nello stesso luogo e ciò crea una rete di rapporti di
prossimità, che trovano appunto nella celebrazione liturgica, il proprio centro.
140. LE DIVERSE TIPOLOGIE DI PARROCCHIE NELLA DIOCESI
§ 1. (…) § 2. La diversa configurazione tipologica influisce sulla vita delle
singole comunità parrocchiali e sulla loro specifica azione pastorale e va quindi tenuta
presente, soprattutto in fase di progettazione pastorale. Alcune tipologie meritano una
particolare considerazione: a) le parrocchie della città di Milano. Nella città di
Milano emergono problemi assai diversi tra le parrocchie del centro, le parrocchie della
fascia intermedia e quelle dei grossi quartieri di periferia e cio esige uno studio
particolare delle diverse situazioni e conseguenti scelte pastorali coraggiose. Le
indicazioni dell'Arcivescovo nella sua lettera alla città(8), la coordinazione di più
decanati limitrofi per alcune iniziative (prefetture: cost. 165, õ 2), una intensa
comunione dei sacerdoti, una più accentuata attenzione missionaria, la costituzione di
una giunta di sacerdoti, consacrati e laici per i problemi della città, insieme con altri
strumenti, devono favorire un impegno comune di evangelizzazione. In particolare occorre
ripensare l'organizzazione pastorale del centro della città, razionalizzando, anche
attraverso accorpamenti, le parrocchie, specializzando le funzioni degli edifici di culto,
coordinando l'intera azione pastorale, studiando la possibilità di realizzare una unità
pastorale; b) le parrocchie nelle zone di turismo. (…) c) le parrocchie personali §
3. La ridefinizione dei confini delle parrocchie. (…)
141. PARROCCHIE E CHIESE NON PARROCCHIALI (…)
II. LA PARROCCHIA LUOGO DELLA CORRESPONSABILITA' PASTORALE
142. LA COMUNITÀ PARROCCHIALE SOGGETTO DELL'AZIONE PASTORALE
§ 1. L'azione pastorale della parrocchia ha come soggetto non il solo parroco, con gli
altri eventuali presbiteri, ma l'intera comunità, animata da vocazioni, carismi e
ministeri diversi e contrassegnata da un vivo senso della corresponsabilità. Tale
soggettività dell'intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere
un'affermazione astratta, ma deve tradursi in realtà concreta in ciascuna parrocchia. §
2. Affinché‚ la comunità parrocchiale sia effettivamente tale, e sia cos
possibile un'azione pastorale comune, è necessario sviluppare in essa, con le iniziative
più opportune (a livello catechetico, di predicazione, di formazione personale), alcuni
presupposti quali: una viva coscienza di appartenenza alla Chiesa come realtà di
comunione e di corresponsabilità, un'autentica vita di carità, una reale capacità di
dialogo e di confronto, un'attenta promozione delle diverse vocazioni e dei diversi
ministeri, un appassionato attaccamento alla propria comunità ecclesiale insieme a una
grande apertura alla cattolicità della Chiesa e alla sua missionarietà. § 3.
Espressione oggettiva, segno e alimento della comunione che anima e fonda la comunità
visibile della parrocchia, è il progetto pastorale, alla cui elaborazione e attuazione
tutti e ciascuno sono chiamati, secondo i propri carismi e ministeri, a portare il loro
responsabile contributo. § 4. Un ruolo fondamentale per la realizzazione di una vera
comunità parrocchiale, capace di essere vero soggetto di pastorale, è quello del
parroco: a lui, come pastore proprio della parrocchia, È affidato il ministero della
presidenza, non come modalità esaustiva di tutta l'azione pastorale, ma come compito di
guida dell'intera comunità nella realizzazione di una comunione di vocazioni, ministeri e
carismi e nell'individuazione e nell'attuazione delle linee del progetto pastorale.
Soprattutto nelle parrocchie più grandi, altri presbiteri, in qualità di vicari
parrocchiali o di residenti con incarichi pastorali, sono chiamati a condividere il
ministero del parroco nell'unico presbiterio parrocchiale. Con la recente riproposizione
nella nostra diocesi del diaconato permanente, anche i diaconi possono essere chiamati ad
assumere responsabilità ministeriali nelle parrocchie. Contribuiscono e devono
contribuire a configurare il volto ministeriale della parrocchia e a caratterizzare
l'azione pastorale come propria della comunità, accanto ai ministeri ordinati, anche
altri ministeri e funzioni ministeriali quali quelli presenti nel campo della liturgia,
della catechesi, della carità, della vita comunitaria. § 5. Fanno parte della comunità
parrocchiale, e in essa devono attivamente esprimersi, tutti i fedeli, compresi quelli che
non esercitano uno specifico ministero. Vanno conosciuti e valorizzati i loro carismi
personali e anche quelli delle aggregazioni ecclesiali in cui essi sono eventualmente
inseriti, come ricchezza per tutta la comunità parrocchiale. Particolare risalto va dato
alla presenza in parrocchia di consacrati: secondo la loro specifica vocazione e con i
carismi che sono loro propri, essi, anche se non svolgono direttamente un ministero
parrocchiale, sono parte dell'unica comunità parrocchiale e contribuiscono
significativamente alla sua crescita e alla sua azione pastorale. § 6. Strumento
fondamentale per l'azione pastorale della comunità parrocchiale È il consiglio
pastorale, quale organismo che vede, con la presenza del parroco, anche quella dei
rappresentanti dell'intera parrocchia e si qualifica come soggetto di programmazione
dell'azione pastorale.
143. LA COMUNITÀ VISIBILE E IL PROGETTO PASTORALE
§ 1. La parrocchia è una comunità visibile di credenti. La comunione deve tradursi
in un cammino pastorale unitario, perché‚ la crescita personale e comunitaria sia
veramente al servizio della edificazione della Chiesa. La necessità che la comunione si
esprima anche ad un livello di visibilità e di convergenza pastorale intende evitare la
dispersione o l'egemonia di persone o gruppi particolari e favorire la presenza e la
crescita di tutti i fedeli con i propri carismi. E' compito del presbiterio costruire
l'unità dell'azione pastorale della parrocchia così che le molteplici realtà (quali:
oratorio, gruppi parrocchiali, associazioni, movimenti) esprimano la medesima cura che la
comunità cristiana ha per i diversi soggetti. § 2. E' importante, sia per il parroco sia
per la comunità, seguire criteri oggettivi per l'azione pastorale. Ciò non significa
che, a incominciare dallo stesso parroco, ogni fedele non debba portare nella vita e
nell'attività della parrocchia tutta la ricchezza della propria personalità; questo
però deve avvenire in un'ottica di comunione e di fedeltà al Vangelo di Cristo e
all'insegnamento e alle scelte, anche di natura pastorale, della sua Chiesa, evitando ogni
forma di soggettivismo. § 3. Un'espressione della comunione pastorale, che diventa
strumento di oggettività per tutta la parrocchia È il progetto pastorale. Le linee
fondamentali del progetto pastorale di ogni parrocchia sono quelle disposte dalla Chiesa
universale e da quella diocesana, ma queste vanno precisate per il cammino della concreta
comunità parrocchiale ad opera, in particolare, del parroco con il consiglio pastorale.
Il progetto pastorale di ogni parrocchia deve interpretare i bisogni della parrocchia,
prevedere la qualità e il numero dei ministeri opportuni, scegliere le mete possibili,
privilegiare gli obiettivi urgenti, disporsi alla revisione annuale del cammino fatto,
mantenere la memoria dei passi già compiuti. Esso È un punto di riferimento obiettivo
per tutti, presbiteri, diaconi, consacrati e laici; come pure per tutte le associazioni, i
movimenti e i gruppi operanti in parrocchia. Va tenuto, infine, presente che la
precisazione dei criteri oggettivi di conduzione della parrocchia favorisce la continuità
della sua vita anche al di là del cambiamento dei suoi stessi pastori.
144. I MINISTRI ORDINATI NELLA PARROCCHIA
§ 1. Il parroco, i vicari parrocchiali e gli altri presbiteri presenti in parrocchia
costituiscono il presbiterio parrocchiale. Esso deve essere luogo di vera fraternità
presbiterale, che deve esprimersi in una chiara testimonianza di comunione per la
comunità parrocchiale e in un'azione pastorale comune a favore degli altri componenti
della parrocchia e con la loro collaborazione (cf cost. 481). § 2. Il parroco, come
pastore proprio della parrocchia, ha un ministero necessario nella parrocchia: a lui
spetta in particolare la responsabilità di far crescere l'insieme della comunità come
soggetto pastorale. Egli rappresenta il ministero della presidenza del vescovo sotto la
sua autorità(9) entro l'intera comunità dei fedeli e anche in seno al presbiterio
parrocchiale. E' l'uomo della comunione e ha la cura della comunità nel suo insieme. Egli
esercita la presidenza dell'assemblea, È a tutti accessibile, nei confronti di tutti in
debito del Vangelo. Questo compito obiettivo del suo ministero lo espone ad alcuni rischi
che possono essere evitati se tutta la comunità, presbiteri, diaconi, consacrati e laici,
si lascia condurre dal desiderio di edificare la Chiesa. La cura del progetto pastorale,
la buona presidenza della comunità e dei suoi organi rappresentativi sono condizioni
necessarie per il fecondo sviluppo della comunità parrocchiale. Il servizio del parroco,
e dei suoi collaboratori, nella triplice funzione di insegnare, santificare, governare,
non puo limitarsi alla comunità dei fedeli, ma deve essere rivolto, con tensione
missionaria, a tutti gli uomini e le donne del territorio affidato alle loro cure,
perché‚ non manchi a nessuno l'annuncio del Vangelo e un segno adeguato della
vicinanza della Chiesa(10). § 3. Le doti umane, cristiane e pastorali richieste al
parroco non possono essere improvvisate. Nella preparazione seminaristica e nella
formazione permanente del clero occorrerà, dunque, dare ad esse grande importanza;
inoltre la presenza di queste capacità dovrebbe essere attentamente verificata e
valorizzata al momento della nomina ad un incarico parrocchiale. La nomina del parroco
spetta all'Arcivescovo, (…) § 4. Il vicario parrocchiale, partecipe dell'unico
presbiterio diocesano, condivide in comunione con il parroco e sotto la sua autorità la
cura e la responsabilità dell'intera comunità parrocchiale(11). Anche se responsabile di
un settore particolare, orienterà sempre la sua azione al bene dell'intera comunità
parrocchiale secondo quanto previsto dal progetto pastorale parrocchiale. (...) Il parroco
è chiamato a riconoscere al vicario parrocchiale (o ai vicari parrocchiali), anche se
alla prima destinazione, una reale matura responsabilità, che accompagnerà con costante
interessamento e con ogni appoggio necessario, così che sia garantita una vera
fraternità presbiterale e sia testimoniata l'unità del presbiterio. § 5. (…) § 6.
(…) § 7. E' necessario sostenere alcune condizioni di vita che consentano ai
presbiteri addetti a una parrocchia un esercizio più sereno del ministero pastorale. La
difficoltà a trovare servizi accessibili per la cura dei sacerdoti, soprattutto dei più
anziani e dei più giovani, espongono la vita del presbitero a condizioni a volte
disagiate per una autentica disponibilità alla pastorale parrocchiale. A livello
diocesano si studino forme adeguate per poter risolvere questo problema che
prevedibilmente si aggraverà negli anni futuri (cf costt. 489-490).
145. I FEDELI LAICI NELLA PARROCCHIA
§ 1. Il luogo primario in cui la generalità dei fedeli laici è chiamata a prendere
coscienza della propria vocazione e della propria corresponsabilità ecclesiale è la
parrocchia. Essa costituisce spesso anche l'ambito in cui i laici vivono la propria
vocazione, assumono ministeri ecclesiali, si impegnano in organismi di corresponsabilità.
§ 2. Ogni fedele laico va aiutato dalla comunità parrocchiale a scoprire la propria
vocazione e a valorizzare i doni ricevuti dal Signore, per essere sempre più suo
discepolo e testimone del Vangelo non solo nell'ambito della parrocchia, ma anzitutto
nelle condizioni e negli ambienti della vita quotidiana (quali: famiglia, lavoro, scuola,
impegno socio-politico). Vanno, però, proposte a tutti i fedeli, soprattutto a coloro che
offrono la propria disponibilità, avendo scoperto in se stessi una chiamata da parte del
Signore, le forme di impegno ministeriale nell'azione pastorale, con cui si costruisce la
vita della comunità parrocchiale, senza mai dimenticare che la partecipazione di tutti i
fedeli, anche di coloro che non assumono uno specifico ministero, si esprime anzitutto
attraverso la testimonianza comune della fede, della speranza e della carità. § 3. Nuove
figure ministeriali e missionarie ridisegnano concretamente l'agire della parrocchia: i
ministri straordinari dell'Eucaristia, gli animatori nelle celebrazioni liturgiche, i
catechisti, gli educatori e gli animatori dell'oratorio, le caritas parrocchiali, l'Azione
Cattolica, i gruppi missionari e gli altri operatori pastorali, animano una multiforme
presenza della comunità cristiana che interviene capillarmente sul territorio. Occorre
valorizzare queste presenze, sottraendole all'improvvisazione, facendole diventare in
concreto figure esemplari per l'edificazione della comunità e accessibili a tutti i
fedeli. A questo proposito, particolare valore assume la presenza dell'Azione Cattolica.
§ 4. La presenza di aggregazioni ecclesiali va riconosciuta in linea di principio come un
dono autentico del Signore alla Chiesa del dopo Concilio. Una presenza quindi che, anche a
livello parrocchiale, va accolta con favore e valorizzata per ciò che rappresenta, va
sottoposta a discernimento, va incoraggiata a essere di stimolo e di crescita alla
comunione e alla dinamica missionaria dell'intera comunità, evitando posizioni di
isolamento, di elitarismo o di pretesa esclusività. Va comunque rispettato il diritto che
scaturisce dal battesimo, ed È proprio di ogni fedele, "di seguire un proprio metodo
di vita spirituale conforme alla dottrina della Chiesa e il diritto di scegliere una
realtà aggregativa, quale forma per vivere la propria partecipazione alla comunione e
alla missione della Chiesa" (12). Eventuali difficoltà si comporranno, già nella
stessa comunità parrocchiale, in uno spirito di reale dialogo, sapendo che è necessario
che le aggregazioni laicali si mettano sempre più a servizio della comunità, se ne
sentano parte viva e ricerchino in ogni modo l'unità, anche pastorale, con la Chiesa
particolare e con la parrocchia(13).
146. I CONSACRATI NELLA PARROCCHIA
§ 1. La presenza di consacrati nella parrocchia illumina tutte le vocazioni cristiane
sul significato dei consigli evangelici, perché‚ ogni cristiano viva in pienezza il
messaggio evangelico secondo la propria vocazione. I consacrati e le consacrate presenti
nella comunità edificano attraverso la testimonianza della loro vocazione l'intera
comunità e servono alla venuta del regno di Dio collaborando all'azione pastorale,
educativa e di carità. Essi vivano in un rapporto di fraternità con i presbiteri, i
diaconi e i laici, partecipino alla progettazione del lavoro pastorale, favoriscano
momenti comuni di preghiera liturgica e contemplativa particolarmente con i presbiteri. La
comunità parrocchiale abbia cura di valorizzare e promuovere le vocazioni di speciale
consacrazione. § 2. La presenza di consacrati, in forma individuale o comunitaria, è
particolarmente preziosa in una parrocchia, quando essi assumono esplicitamente dei
ministeri nella pastorale parrocchiale e nei relativi organismi di partecipazione. In
questo caso, l'intera comunità parrocchiale deve sapere valorizzare le specificità e le
sensibilità che il carisma proprio dei consacrati porta alle attività pastorali. A loro
volta i consacrati, nel rispetto della loro identità e dei ritmi della vita comune,
devono sentirsi parte della comunità parrocchiale, partecipando in pienezza alla sua vita
e alle sue iniziative.
147. IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE
§ 1. Un momento significativo della partecipazione all'azione pastorale della
parrocchia si realizza anche mediante il "consigliare nella Chiesa", in vista
del comune discernimento per il servizio al Vangelo. Il consigliare nella Chiesa non È
facoltativo, ma È necessario per il cammino da compiere e per le scelte pastorali da
fare. Il consiglio pastorale parrocchiale e, nel suo settore e con la sua specificità, il
consiglio parrocchiale per gli affari economici, sono un ambito della collaborazione tra
presbiteri, diaconi, consacrati e laici e uno strumento tipicamente ecclesiale, la cui
natura È qualificata dal diritto-dovere di tutti i battezzati alla partecipazione
corresponsabile e dall'ecclesiologia di comunione. § 2. Il consiglio pastorale, in una
corretta visione ecclesiologica, ha un duplice fondamentale significato: da una parte
rappresenta l'immagine della fraternità e della comunione dell'intera comunità
parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall'altra costituisce lo
strumento della decisione comune pastorale, dove il ministero della presidenza, proprio
del parroco, e la corresponsabilità di tutti i fedeli devono trovare la loro sintesi. Il
consiglio pastorale è quindi realmente soggetto unitario delle deliberazioni per la vita
della comunità, sia pure con la presenza diversificata del parroco e degli altri fedeli.
E' quindi possibile definirlo organo consultivo solo in termini analogici e solo se tale
consultività viene interpretata non secondo il linguaggio comune, ma nel giusto senso
ecclesiale. I fedeli, in ragione della loro incorporazione alla Chiesa, sono abilitati a
partecipare realmente, anzi a costruire giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro
apporto È prezioso e necessario. Il parroco, che presiede il consiglio e ne è parte,
deve promuovere una sintesi armonica tra le differenti posizioni, esercitando la sua
funzione e responsabilità ministeriale. L'eventuale non accettazione, da parte del
parroco, di un parere espresso a larga maggioranza dagli altri membri del consiglio potrà
avvenire solo in casi eccezionali e su questioni di rilievo pastorale, che coinvolgono la
coscienza del parroco e saranno spiegati al consiglio stesso. Nel caso di forti divergenze
di pareri, quando la questione in gioco non è urgente, sarà bene rinviare la decisione
ad un momento di più ampia convergenza, invitando tutti ad una più matura e pacata
riflessione; invece nel caso di urgenza, sarà opportuno un appello all'autorità
superiore, che aiuti ad individuare la soluzione migliore. § 3. Un buon funzionamento del
consiglio pastorale non può dipendere esclusivamente dai meccanismi istituzionali, ma
esige una coscienza ecclesiale da parte dei suoi membri, uno stile di comunicazione
fraterna e la comune convergenza sul progetto pastorale. Una buona presidenza richiede al
parroco qualità come la disponibilità all'ascolto, la finezza nel discernimento, la
pazienza nella relazione. La cura per il bene comune della Chiesa domanda a tutti
l'attitudine al dialogo, l'argomentazione delle proposte, la familiarità con il Vangelo e
con la dottrina e la disciplina ecclesiastica in genere. E' inoltre richiesta la
necessità di una formazione assidua per coltivare la sensibilità al lavoro pastorale
comune e va garantita la continuità, ma anche il ricambio, dei membri del consiglio. §
4. Il consiglio pastorale È obbligatorio per tutte le parrocchie della diocesi. Criteri
obiettivi di composizione, di rappresentanza e di funzionamento pastorale sono precisati
nell'apposito direttorio diocesano, tenendo conto delle diverse tipologie di parrocchia
presenti in diocesi. La durata del consiglio pastorale È di cinque anni e la comunità
parrocchiale favorisca in ogni nuova composizione una intelligente e opportuna alternanza
dei suoi membri. § 5. Il consiglio, consapevole di non esaurire le possibilità di
partecipazione corresponsabile di tutti i battezzati alla vita della parrocchia,
riconosca, stimi e incoraggi le altre forme di collaborazione, in piena comunione con il
parroco, per la costruzione della comunità. § 6. Il consiglio pastorale si preoccupi di
coinvolgere, ascoltare e informare tutta la comunità cristiana a proposito delle
principali questioni pastorali inerenti la vita della parrocchia, ricercando gli strumenti
più opportuni ed efficaci, compresa l'assemblea generale parrocchiale che può essere
particolarmente utile in sede sia di progettazione sia di verifica.
148. IL CONSIGLIO PARROCCHIALE PER GLI AFFARI ECONOMICI
§ 1. Il consiglio per gli affari economici È lo strumento di partecipazione per la
cura pastorale dei beni e delle attività parrocchiali. E' obbligatorio in ogni
parrocchia(14), come aiuto al parroco per la sua responsabilità amministrativa ed È
regolamentato dalle costituzioni sinodali che trattano l'amministrazione della parrocchia
(cf cost. 339), oltre che dall'apposito regolamento diocesano. § 2. Tra il consiglio
pastorale e il consiglio per gli affari economici vanno mantenuti stretti rapporti. In
particolare: a) un terzo dei suoi membri viene nominato su indicazione del consiglio
pastorale, mentre gli altri due terzi vengono nominati direttamente dal parroco, sentiti
gli altri presbiteri addetti alla parrocchia; b) in generale l'opera del consiglio per gli
affari economici deve iscriversi negli orientamenti tracciati dal consiglio pastorale, al
quale renderà conto mediante una relazione annuale sul bilancio; c) le scelte di natura
economica che hanno un forte rilievo pastorale, la saggia determinazione di quali beni
siano necessari alla vita futura della comunità, la decisione di alienare alcuni beni che
fossero di aggravio per la loro gestione, esigono di acquisire un parere previo del
consiglio pastorale parrocchiale. § 3. Il consiglio per gli affari economici È
moralmente responsabile con il parroco davanti alla comunità parrocchiale del corretto e
puntuale assolvimento di tutti gli adempimenti e delle obbligazioni che, per diritto
canonico o norma civile, sono poste a capo della parrocchia (cf costt. 322-355).
149. ORGANISMI E COMMISSIONI PARROCCHIALI
§ 1. Nell'ambito del progetto parrocchiale, al fine di promuovere le diverse attività
pastorali, possono essere costituiti organismi o commissioni, anche in applicazione delle
indicazioni contenute in questo libro sinodale. Queste realtà vanno promosse dal
consiglio pastorale parrocchiale, al quale spetta indirizzare, animare, coordinare e
verificare le attività. A loro volta, siano adeguatamente rappresentate nel consiglio
pastorale. § 2. Qualora, per motivi obiettivi, non fosse possibile costituire un'apposita
commissione, si garantisca lo svolgimento delle attività pastorali relative da parte
almeno di qualche singola persona.
III. LA PARROCCHIA LUOGO DELLA DINAMICA MISSIONARIA
150. LA PARROCCHIA COMUNITÀ MISSIONARIA
§ 1. Se vuol essere veramente se stessa, la parrocchia non può non vivere tutta la
sua azione pastorale secondo un'ottica propriamente missionaria. Occorre, pertanto,
ravvivare in tutte le componenti della comunità parrocchiale la convinzione che la cura
pastorale, quando È svolta con la coscienza che la Chiesa deve accompagnare gli uomini e
le donne al Signore Gesù, È per sua natura missionaria. Soprattutto il momento attuale
colloca le parrocchie in stato di missione: È quindi urgente che la pastorale
parrocchiale sia contrassegnata da un impulso missionario verso coloro che non hanno
ancora accolto il Vangelo nella propria vita, o non lo ritengono più significativo. _ §
2. La prospettiva missionaria comporta il riconoscimento dell'urgenza della nuova
evangelizzazione e della imprescindibilità della missione ad gentes, come pure chiede di
realizzarsi, all'interno di ogni singola comunità parrocchiale, nei confronti dei diversi
ambienti di vita delle persone e nei rapporti tra le parrocchie stesse. E' quanto viene
continuamente sottolineato in tutte le articolazioni del presente testo sinodale: le forme
fondamentali del ministero ecclesiale, la promozione delle diverse figure ministeriali, la
realizzazione delle molteplici articolazioni pastorali e lo stesso rapporto tra la Chiesa
e la complessa realtà sociale e civile, infatti, vedono come protagonista essenziale la
comunità parrocchiale. Nelle costituzioni seguenti si richiamano soltanto alcuni aspetti
di questa prospettiva missionaria.
151. LA PARROCCHIA SOGGETTO DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE E DELLA MISSIONE AD GENTES
§ 1. La sfida della nuova evangelizzazione riguarda soprattutto le comunità di antica
tradizione cristiana: gruppi di cristiani ferventi vivono accanto a cristiani tiepidi e a
battezzati dimentichi quasi del loro battesimo. Non mancano anche i non battezzati. Siamo
dunque in una situazione in cui la cura pastorale propriamente detta deve congiungersi con
l'attività missionaria(15). E' ormai evidente che la comunità parrocchiale non raggiunge
la totalità degli abitanti. La soggettivizzazione della fede, l'appartenenza a distanza o
occasionale alla comunità e l'indifferenza richiedono una forte spinta missionaria dentro
e fuori la parrocchia. L'azione pastorale della parrocchia dev'essere contrassegnata da
un'ansia missionaria per coloro che sono distanti dalla fede, chiamando le persone a
vivere la propria esistenza umana nella luce dell'Evangelo di Gesù. § 2. La nuova
evangelizzazione non esaurisce l'impulso missionario, ma deve aprirsi alla missione ad
gentes e alimentare il senso della cattolicità della Chiesa. In questa prospettiva, le
comunità parrocchiali sostengano le vocazioni missionarie, coltivino le iniziative a
favore delle missioni, accolgano con interesse e stima le esperienze pastorali provenienti
dalle giovani Chiese per far crescere il senso dell'annuncio del Vangelo per ogni persona.
Lo spirito missionario aiuti le comunità cristiane a tenere comportamenti ispirati a
essenzialità nell'attività pastorale e a sobrietà nell'uso dei mezzi e delle strutture
(cf costt. 286-290). § 3. Il carattere profetico dell'azione pastorale missionaria, a cui
tutti i fedeli sono abilitati in forza del battesimo, deve sempre essere tenuto in
evidenza negli itinerari che la parrocchia promuove per la formazione dei suoi membri,
così che tutti (presbiteri, diaconi, consacrati, laici) si sentano veramente responsabili
dell'annuncio. Particolare risalto va dato al ruolo dei fedeli laici: Nelle circostanze
attuali i fedeli laici possono e devono fare moltissimo per la crescita di un'autentica
comunione ecclesiale all'interno delle loro parrocchie e per ridestare lo slancio
missionario verso i non credenti e verso gli stessi credenti che hanno affievolito o
abbandonato la pratica della vita cristiana(16).
152. LA MISSIONARIETÀ DELLA PARROCCHIA VERSO GLI AMBIENTI
La comunità parrocchiale, le associazioni, i gruppi e i movimenti cerchino di favorire
un'attenzione pastorale alle persone nel loro ambiente di vita, luogo di verifica e di
prova della propria fede, luogo di annuncio e di testimonianza. Potranno cos
nascere, soprattutto a livello decanale, esperienze di preevangelizzazione e di contatto
con determinati settori (quali: la scuola, l'università, il mondo del lavoro, i luoghi
della sofferenza), in cui le persone si trovano a vivere una parte consistente del loro
tempo. Il coraggio di progettare questi itinerari (culturali, sociali, religiosi) sarà di
aiuto anche alla parrocchia a non ripiegarsi su di sé.
153. LA MISSIONARIETÀ NELLA PARROCCHIA
§ 1. La parrocchia, soprattutto quella di grandi dimensioni, È sollecitata ad
articolare la sua dinamica missionaria per favorire l'annuncio del Vangelo e più intensi
rapporti di prossimità. Questa accentuazione può facilitare alcune attenzioni per il
futuro. Si tratta di ricostruire il tessuto tra casa e casa, tra rione e rione,
affinché‚ la vita cristiana non sia solo un convergere verso la comunità, ma la
parrocchia si dilati verso gli spazi della vita quotidiana. § 2. Soprattutto nelle
parrocchie particolarmente numerose o particolarmente estese si promuovano incontri di
fedeli a motivo della vicinanza di abitazione, per esempio nello stesso caseggiato o nello
stesso rione. Si potranno designare, a promuovere tale comunione, fedeli particolarmente
capaci di suscitare dialogo e fraternità. In questo contesto si inseriscono i cosiddetti
gruppi di ascolto della Parola di Dio. Tale sotto-articolazione della comunità È
altrettanto importante come la sua interdipendenza con le altre parrocchie della città (o
del decanato). § 3. L'attenzione alle famiglie deve essere una dimensione tipica della
parrocchia. Occorre una cura della famiglia come tale, del singolare carisma dei coniugi,
affinché‚ la parrocchia diventi sempre più una comunità di famiglie. Bisogna che
la famiglia viva in relazione stabile con altre famiglie, valorizzando quei rapporti
privilegiati connessi con il territorio. § 4. Inoltre si dovranno favorire le diverse
espressioni della prossimità: queste prendono avvio dal pronto intervento con forme
dinamiche di ospitalità, di attenzione ai piccoli, di vicinanza agli ultimi. Questa
ospitalità può farsi più competente assumendo modi più strutturati, continuando la
tradizione di molte persone che porta a porta hanno reso visibile il volto vicino della
comunità cristiana, con la parola, l'aiuto, la presenza, l'intervento nei momenti di
sofferenza e di bisogno. Particolare attenzione dev'essere riservata ai malati, agli
anziani, agli emarginati, agli esteri, a coloro che non possono beneficiare della
mobilità della nostra società frettolosa. Infine, vi sono forme più complesse di
presenza sul territorio, di collaborazione con i servizi sociali, di presenza critica nei
contesti civili: l'esperienza dell'assistenza, del patronato, dell'attenzione ai bisogni
nella società complessa può trovare anche nella parrocchia una ripresa creativa.
154. COLLABORAZIONE TRA PARROCCHIE PER LA MISSIONARIETÀ