1. LE INDICAZIONI DEL SINODO DIOCESANO 47° Il Sinodo diocesano 47°
dedica particolare attenzione ai Consigli parrocchiali, pastorale e degli affari
economici, dando delle indicazioni molto significative, sia a livello di comprensione
teorica, sia a livello operativo; indicazioni che devono essere punto di riferimento per
ogni realtà parrocchiale. Contemporaneamente, il Sinodo 47° offre una serie di elementi
di carattere ecclesiologico, che rendono possibile delineare con precisione il quadro
entro il quale devono inserirsi la riflessione, la regolamentazione e l'azione dei due
Consigli parrocchiali. Lasciando le indicazioni operative ad altre parti di questo
Direttorio, e senza voler esimere da un accostamento globale e approfondito del Sinodo, si
cerca di delineare qui sinteticamente il quadro di riferimento, spesso con citazioni
letterali dei testi sinodali.
1.1 La Chiesa come realtà di comunione e di corresponsabilità
1 Comunione e corresponsabilità di tutti i fedeli
Il Capitolo 5 del Sinodo introduce la Sezione I della Parte Il, che tratta delle
diverse articolazioni della Diocesi, proponendo come chiave di lettura della complessa
realtà della Diocesi nei suoi vari livelli il tema della Chiesa come realtà di comunione
e di corresponsabilità. I primi due paragrafi della cost. 132 affermano: "§ l. La
Chiesa, in quanto "è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima
unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano "[LG 1 ], è realtà di
comunione. Ciò caratterizza essenzialmente la vita e missione del popolo di Dio nel suo
insieme, ma anche la condizione e l'azione di ciascun fedele. § 2.La Chiesa è popolo di
Dio in cui tutti i fedeli, in virtù del battesimo, hanno la stessa uguaglianza nella
dignità e nell'agire, partecipando all'edifìcazione del Corpo di Cristo secondo la
condizione e i compiti di ciascuno. Esiste, quindi, una reale corresponsabilità di tutti
i fedeli
nella vita e nella missione della Chiesa, perché ognuno partecipa nel modo che gli è
proprio dell'ufficio sacerdotale, pro/etico e regale di Cristo".
Quanto è detto generalmente per tutte le espressioni di Chiesa viene poi applicato dal
Sinodo direttamente alla realtà parrocchiale, con accenni già nel Capitolo 5, ma
soprattutto nella II parte del Capitolo 6, significativamente intitolata: "La
parrocchia luogo della corresponsabilità pastorale".
Se manca la convinzione profonda che la Chiesa, e quindi anche la parrocchia che è
espressione del suo volto popolare, è realtà di comunione e luogo di effettiva
corresponsabilità, qualsiasi sforzo di realizzare i Consigli parrocchiali è destinato al
fallimento anche se la loro costituzione e attività fossero formalmente ineccepibili. Al
contrario, dove tale convinzione si radica sempre più, viene approfondita e nutrita dal
confronto con la Parola di Dio e con le indicazioni della Chiesa e attraverso concrete
realizzazioni, anche situazioni parrocchiali molto difficili possono arrivare ad esprime-
re degli organismi ecclesialmente significativi per la vita della comunità.
.2 La formazione alla comunione e alla corresponsabilità
Previa a ogni costituzione o rinnovo dei Consigli parrocchiali, ma anche contemporanea
alla vita della comunità parrocchiale e al suo esprimersi attraverso i consigli, è un '
opera di formazione a cui il Sinodo impegna la Chiesa ambrosiana nel suo complesso e nelle
sue articolazioni, opera che viene descritta nella cost. 134, § 2.
Tra le indicazioni offerte si può ricordare la necessità dell'educazione "a una
rinnovata presa di coscienza che la comunione è innanzitutto un dono di Dio, da
richiedere continuamente nella preghiera, e che essa cresce attraverso l'ascolto della
Parola e la celebrazione del mistero cristiano nella liturgia" (lett. a);
l'opportunità di "una formazione di base all'esercizio della corresponsabilità,
anche attraverso le scuole per operatori pastorali" (lett. c); l'impegno di ogni
comunità
parrocchiale a fare in modo che "i temi relativi alla comunione ecclesiale, alla
partecipazione attiva dei fedeli e al "consigliare" nella Chiesa siano fatti
conoscere a tutti i parrocchiani mediante apposite iniziative (ad esempio, in occasione
del rinnovo del Consiglio pastorale o di significativi anniversari della parrocchia) e
vengano periodicamente ripresi nella predicazione, nella catechesi e sull'eventuale
informatore parrocchiale" (letto d); la specifica attenzione all'educazione dei
giovani "alla generosa assunzione di responsabilità " (letto e)o
1.2 La rinnovata scelta della parrocchia
È facilmente intuibile che non ha senso un impegno serio e profondo nel dar vita e nel
mantenere ecclesialmente efficienti i Consigli parrocchiali, soprattutto quello pastorale,
se non si è convinti della centralità della parrocchia.
Il Sinodo 47° ha voluto ribadire che per la Chiesa ambrosiana la parrocchia è
"la forma privilegiata della sua presenza ", "la forma principale di
presenza della missione della Chiesa per la vita della gente" (cost. 135, § 2) e ne
ha dato la motivazione riconoscendola come autentica "figura di Chiesa" (cost.
136). Di conseguenza, "in quanto figura di Chiesa, la parrocchia, già per il fatto
che il suo ambito di aggregazione è la comunità di vicinato, può diventare segno di
comunione. Il territorio è il luogo in cui si rende presente la comunità dei credenti
animata dallo Spirito di Gesù, radicata nella Parola e plasmata dall'Eucaristia. Nasce da
qui il privilegio della parrocchia a valere come realtà di Chiesa. Essa è il luogo della
pastorale ordinaria, nella quale la fede può diventare accessibile a tutti e ad ogni
condizione di esistenza. Ciò deriva intimamente dal suo essere "la Chiesa stessa che
vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie " (Giovanni Paolo II,
Christifìdeles laici, n. 26) e che "vive e opera profondamente inserita nella
società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi ",
diventando "la casa aperta a tutti e al servizio di tutti " (Giovanni Paolo II,
Christitìdeles laici, n. 27) ".
Il Sinodo si è poi impegnato a offrire le linee per il rinnovamento pastorale della
parrocchia, "indica- te in tre direzioni complementari: l. la parrocchia
luogo della pastorale ordinaria; II. la parrocchia luogo della corresponsabilità
pastorale; III. la parrocchia luogo della dinamica missionaria " (cost. 136, §
3).Tali direzioni costituiscono le arti- colazioni del capitolo sulla parrocchia e offrono
ai Consigli parrocchiali le motivazioni profonde del loro esistere e, insieme, le linee
dell'azione pastorale di cui essi devono essere protagonisti.
Il capitolo sulla parrocchia diventa così il testo a cui i Consigli parrocchiali
devono continuamente riferirsi, non solo in fase di rinnovo e di avvio del loro lavoro, ma
anche nello svilupparsi della loro azione. Certamente, le difficoltà di azione dei
Consigli sono dovute a molteplici fattori (come anche in seguito si illustrerà), ma se
manca l'effettiva convinzione della centralità della parrocchia come figura di Chiesa o,
per esprimersi con paro- le più semplici, se non si scommette sulla parrocchia, ogni
sforzo di miglioramento diventa vano.
1.3 Il ruolo di laici, presbiteri, diaconi e con- sacrati nella Chiesa e nella
parrocchia
Un terzo aspetto fondamentale per impostare correttamente la vita e le funzioni dei
Consigli parrocchiali è quello della consapevolezza del ruolo delle diverse componenti
della Chiesa. La Chiesa popolo di Dio è costituita dai battezzati, aventi tutti la stessa
dignità di figli di Dio e tutti la stessa universale vocazione alla santità (cf. cost.
369), ma ognuno con la propria specifica vocazione e, quindi, con il proprio compito nella
comunità cristiana.
I capitoli che il Sinodo 47° dedica alle varie vocazioni vanno quindi approfonditi,
assimilati e messi in pratica anche ali' interno della parrocchia. Senza dimenticare il
Capitolo 23 dedicato ai ministeri ordinati (presbiteri e diaconi) e il Capitolo 22 sulla
vita consacrata, occorre dare particolare attenzione al Capitolo 20 sui fedeli laici. Il
Consiglio pastorale parrocchiale e, con la sua specificità, il Consiglio per gli affari
economici della parrocchia sono infatti composti prevalentemente da fedeli laici. È
necessario, quindi, che i consiglieri laici, per primi, ma anche l'intera comunità
parrocchia- le, abbiano la giusta consapevolezza sull'insostituibile ruolo dei laici nella
vita della Chiesa e della parrocchia. Tale consapevolezza può essere raggiunta solo con
un impegno di formazione, sia attraverso la catechesi, in particolare degli adulti, sia
attraverso iniziative specifiche per quella che il Sinodo chiama la formazione della
coscienza cristiana (cf. costt. 377-384) e per la formazione degli operatori pastorali
(cf. costt. 391-392).Non va dimenticato l'impegno che il Sinodo propone ai presbiteri
circa la loro formazione alla corretta concezione della Chiesa e del ruolo dei laici ( cf.
cost. 389. § 2. lett. a: cost. 134. § 2. lett. h-i).
Alla luce dei capitoli sopra indicati, vanno poi accolte le indicazioni date
specificamente per la parrocchia da parte del Sinodo in riferimento alle diverse
vocazioni: la cost. 144 sui ministri ordina- ti, la cost. 145 sui fedeli laici nella
parrocchia e la cost. 146 sui consacrati nella parrocchia. Va, infine, tenuto presente che
non è possibile dare avvio o rilanciare l'esperienza dei Consigli parrocchiali senza che
ci sia un minimo di consapevolezza circa il ruolo differenziato e corresponsabile dei
fedeli nella Chiesa. D'altra parte, la stessa attività dei Consigli parrocchiali diventa
occasione per far crescere tale consapevolezza. I Consigli parrocchiali non sono
primariamente luoghi di catechesi o di formazione, ma con il loro stesso esistere e
operare diventano occasione di autoformazione ecclesiale, per chi vi partecipa, e stimolo
all'intera comunità parrocchiale per vivere in pienezza la vocazione di ciascun fedele-
1.4 La parrocchia come soggetto unitario
Il Sinodo 47° sottolinea con forza un altro aspetto della parrocchia, che è
presupposto indispensabile per comprendere il ruolo dei Consigli parrocchiali; Si tratta
della soggettività dell'intera comunità parrocchiale in riferimento all'azione
pastorale. Tale azione non può essere vista come sostanzialmente riservata al parroco e
agli altri eventuali presbiteri con l'aggiunta di qualche laico impegnato, ma è propria
di tutta la comunità parrocchiale, "animata da vocazioni, carismi e ministeri
diversi e contrassegnata da un vivo senso della corresponsabilità. Tale soggettività
dell'intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere un 'affermazione astratta,
ma deve tradursi in realtà concreta in ciascuna parrocchia " ( cost. 142.8 1).
Affinché la comunità parrocchiale sia effettivamente soggetto unitario di pastorale,
il Sinodo sottolinea la necessità di "sviluppare in essa, con le iniziative più
opportune (a livello catechetico, di predicazione, di formazione personale), alcuni
presupposti quali: una viva coscienza di appartenenza alla Chiesa come realtà di
comunione e di corresponsabilità, un 'autentica vita di carità, una reale capacità di
dialogo e di confronto, un 'attenta promozione delle diverse vocazioni e dei diversi
ministeri, un appassionato attaccamento alla propria comunità ecclesiale insieme a una
grande apertura alla cattolicità della Chiesa e a/la sua missionarietà" ( cost.
142. & 2).
Il Consiglio pastorale parrocchiale ha una particolare funzione nell'esprimere la
soggettività pastorale della parrocchia. Come ricorda la cost. 147, § 2, esso "ha
un duplice fondamentale significato: da una parte rappresenta l'immagine della fraternità
e della comunione dell'intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue
componenti, dall'altra costituisce lo strumento della decisione comune pastorale ".Il
Consiglio pastorale non esaurisce la soggettività della parrocchia, ma, in quanto è
autentica espressione della comunità e opera sempre inserito in essa, ne diventa lo
strumento specifico di decisione pastorale.
1.5 Oggettività dell'azione pastorale e progetto pastorale
La vita e l'azione pastorale della parrocchia non sono lasciate al caso o al succedersi
estemporaneo di iniziative dovute alla buona volontà del parroco o di alcuni fedeli, o a
gruppi e realtà di vario genere presenti nell'ambito della parrocchia. Va salvaguardata,
invece, l'unità dell'azione pastorale e l'oggettività della stessa. Secondo il Sinodo
47° uno strumento fondamentale per realizzare una effettiva comunione e unità di azione,
basata su criteri oggettivi, è il progetto pastorale della parrocchia, che viene così
descritto dalla cost. 143, § 3:
"Un 'espressione della comunione pastorale, che diventa strumento di oggettività
per tutta la parrocchia è il progetto pastorale. Le linee fondamentali del progetto
pastorale di ogni parrocchia sono quelle disposte dalla Chiesa universale e da quella
diocesana, ma queste vanno precisate per il cammino della concreta comunità parrocchiale
ad opera, in particolare, del parroco con il Consiglio pastorale. Il progetto pastorale di
ogni parrocchia deve interpretare i bisogni della parrocchia, prevedere la qualità e il
numero dei ministeri opportuni, scegliere le mete possibili, privilegiare gli obiettivi
urgenti. disporsi alla revisione annuale del cammino fatto, mantenere la memoria dei passi
già compiuti. Esso è un punto di riferimento obiettivo per tutti, presbiteri, diaconi,
consacrati e laici; come pure per tutte le associazioni, i movimenti e i gruppi operanti
in parrocchia. Va tenuto, infine, presente che la precisazione dei criteri oggettivi di
conduzione della parrocchia favorisce la continuità della sua vita anche al di là del
cambiamento dei suoi stessi pastori ".
Il Sinodo precisa che il cammino pastorale unitario della parrocchia, garantito in
particolare dal riferimento al progetto, "intende evitare la dispersione o l'egemonia
di persone o gruppi particolari e favorire la presenza e la crescita di tutti i fedeli con
i propri carismi" (cost. 143, § 1): non si tratta, quindi, di un 'unità che
mortifica, ma che fa convergere nella comunione l'apporto di ciascuno. Sempre il testo
sinodale ricorda che il riferimento a criteri oggettivi nell'ambito dell'azione pastorale
non si oppone all'iniziativa e alla genialità di ciascuno, a cominciare dal parroco, ma
fa in modo che la ricchezza delle varie personalità venga portata nella vita della
comunità, "in un 'ottica di comunione e di fedeltà al Vangelo di Cristo e
all'insegnamento e alle scelte, anche di natura pastorale, della sua Chiesa, evitando ogni
forma di soggettivismo " (cost. 143, § 2). Il Consiglio pastorale trova nel progetto
pastorale unitario l'oggetto della propria attività e il riferimento centrale per ogni
decisione. Primo compito del Consiglio pastorale è, infatti, quello di elaborare e
periodicamente aggiornare il progetto pastorale, per fare in modo che le singole decisioni
relative alla vita della parrocchia vengano prese in continuità con lo stesso, garantendo
così uno sviluppo unitario e armonico della vita parrocchiale. Il progetto parrocchiale
costituisce inoltre il conte- sto in cui il Consiglio per gli affari economici deve
inserire le decisioni relative agli aspetti economici della parrocchia. Le risorse della
parrocchia sono infatti primariamente a servizio della sua vita e della sua azione
pastorale, che si articolano secondo le scelte del progetto pastorale.
Il Consiglio pastorale trova nel progetto pastorale unitario l'oggetto della propria
attività e il riferimento centrale per ogni decisione. Primo compito del Consiglio
pastorale è, infatti, quello di elaborare e periodicamente aggiornare il progetto
pastorale, per fare in modo che le singole decisioni relative alla vita della parrocchia
vengano prese in continuità con lo stesso, garantendo così uno sviluppo unitario e
armonico della vita parrocchiale.
Il progetto parrocchiale costituisce inoltre il contesto in cui il Consiglio per gli
affari economici deve inserire le decisioni relative agli aspetti economici della
parrocchia. Le risorse della parrocchia sono infatti primariamente a servizio della sua
vita e della sua azione pastorale, che si articolano secondo le scelte del progetto
pastorale.
1.6 Presiedere e consigliare
La cost. 134 invita a fare in modo che nei vari Consigli, compresi quelli parrocchiali,
"si attui sapientemente il' consigliare. e il presiedere ' " ( § 2, lett. g).
Questi due verbi designano sinteticamente due atteggiamenti fondamentali per una buona
realizzazione dei Consigli parrocchiali. Si tratta di due modi di porsi che non sono in
parallelo o in contrasto tra loro, ma che devono trovare una sintesi armonica, a livello
parrocchiale, soprattutto nel Consiglio pastorale. In questo senso va evitato l'errore di
considerare che quanto più in una comunità parrocchiale è ampio il ruolo del
consigliare, tanto più è ridotto lo spazio per il presiedere o viceversa. È vero
l'opposto: un consigliare ecclesialmente autentico esige un punto di convergenza e di
responsabilità ultima nel presiedere; un presiedere esercitato correttamente stimola il
consigliare e lo fa nascere e crescere dove non esiste o è carente. In concreto, il
Sinodo 47° definisce il consigliare in riferimento ai due consigli parrocchiali nel § 1
della cost. 147: "Un momento signifìcativo della partecipazione all'azione pastorale
della parrocchia si realizza anche mediante il 'consigliare nella Chiesa " in vista
del comune discernimento per il servizio al Vangelo. Il consigliare nella Chiesa non è
facoltativo, ma è necessario per il cammino da compiere e per le scelte pastorali da
fare. Il Consiglio pastorale parrocchiale e, nel suo settore e con la sua specifìcità,
il Consiglio parrocchiale per gli affari economici, sono un ambito della collaborazione
tra presbiteri, diaconi, consacra- ti e laici e uno strumento tipicamente ecclesiale, la
cui natura è qualifìcata dal diritto-dovere di tutti i battezzati al/a partecipazione
corresponsabile e dall'ecclesiologia di comunione" Il ministero della presidenza in
riferimento al parroco, e ai presbiteri che con lui partecipano della cura pastorale della
parrocchia, è descritto molto bene dalla cost. 142, § 4: "Un ruolo fondamentale per
la realizzazione di una vera comunità parrocchiale, capace di esse- re vero soggetto di
pastorale, è quello del parroco: a lui, come pastore proprio della parrocchia, è
affidato il ministero del/a presidenza, non come modalità esaustiva di tutta l'azione
pastorale, ma come compito di guida dell'intera comunità nella realizzazione di una
comunione di vocazioni, ministeri e carismi e nell'individuazione e nell'attuazione delle
linee del progetto pastorale".
Tenendo presente il giusto rapporto tra presiedere e consigliare è possibile
comprendere come il Consiglio pastorale parrocchiale possa essere definito solo in termini
analogici come "consultivo", mentre la sua prima definizione è quella, offerta
dalla costo 147, § 2, di "soggetto unitario delle deliberazioni per la vita della
comunità, sia pure con la presenza diversificata del parroco e degli altri fedeli ".
Vale la pena riportare per esteso il proseguimento della stessa costituzione, perche
precisa come realizzare tutto ciò anche quando non è facile arrivare a una decisione
unitaria: "È quindi possibile definirlo [il Consiglio pastorale] organo consultivo
solo in termini analogici e solo se tale consultività viene interpretata non secondo il
linguaggio comune, ma nel giusto senso ecclesiale. I fedeli, in ragione della loro
incorporazione alla Chiesa, sono abilitati a partecipare realmente, anzi a costruire
giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro apporto è prezioso e necessario. Il
parroco, che presiede il consiglio e ne è parte, deve promuovere una sintesi armonica tra
le differenti posizioni, esercitando la sua funzione e responsabilità ministeriale.
L'eventuale non accettazione, da parte del parroco, di un parere espresso a larga
maggioranza dagli altri membri del Consiglio potrà avvenire solo in casi eccezionali e su
questioni di rilievo pastorale, che coinvolgono la coscienza del parroco e saranno
spiegati al Consiglio stesso. Nel caso di forti divergenze di pareri, quando la questione
in gioco non è urgente, sarà bene rinviare la decisione ad un momento di più ampia
convergenza, invitando tutti ad una più matura e pacata riflessione; invece nel caso di
urgenza, sarà opportuno un appello all'autorità superiore, che aiuti ad individuare la
soluzione migliore ".
1.7 I beni economici come strumenti a servizio della pastorale. La responsabilità dei
Consigli parrocchiali
.7.1 Il rilievo dei beni economici nella Chiesa
Ogni parrocchia, in modo più o meno sufficiente, ha a disposizione delle strutture e
delle risorse, provenienti per la maggior parte dalle libere offerte dei fedeli. Tali
strutture e risorse trovano senso solo se destinate alle finalità per le quali la Chiesa
utilizza i beni temporali, che "sono principalmente: a. provvedere alle necessità
del culto divino; b. fare opera di evangelizzazione, con particolare attenzione
all'educazione cristiana di giovani e adulti, alla cooperazione missionaria e alla
promozione culturale; c. realizzare opere di carità, specialmente a servizio dei poveri;
d. provvedere all'onesto sostentamento del clero e degli altri ministri; e. promuovere
forme di solidarietà tra comunità ecclesiali, all'interno della Chiesa cattolica e con
le altre Chiese cristiane" (cost. 323).
I beni economici sono, pertanto, ecclesialmente importanti. Non sono una realtà neutra
rispetto alla vita della comunità e alle sue scelte pastorali, ma strumenti da utilizzare
con grande discernimento, verificando continuamente la fedeltà al Vangelo.
Solo la convinzione della rilevanza e insieme della delicatezza di tutto l'ambito dei
beni può portare una parrocchia a dare il giusto rilievo al Consiglio per gli affari
economici e alle responsabilità che il Sinodo affida al Consiglio pastorale a tale
riguardo.