Se Cristo avesse avuto un cane…
Ah se Cristo avesse avuto un cane forte e gentile, come uno dei miei, con il naso nero nero e ben a punta, una coda a cavatappi, e il pelo fitto, e due grandi occhi sgranati, tenerissimi, tutti lucidi d’ambra e dedizione!
Ebbene quel cane, sono sicuro, come avesse annusato Gesù avrebbe capito che si trattava di Dio, e, fiutando per terra in qualche luogo la sua traccia, l’avrebbe trovato e seguito assai prima di Pietro. Avrebbe pianto a vedere Giuda così tristo, e come Giovanni avrebbe amato stargli accanto.
Ma so che Gesù non aveva un cane perché spesso fu solo, senza amici, senza niente. Quella notte, nell’Orto degli Ulivi, quando i suoi lo abbandonarono all’angoscia, come esso si sarebbe gettato ai piedi del Maestro, e, senza sapere perché, con Lui avrebbe pianto.
Con la lingua rosa avrebbe leccato le sue dita contratte, la sua mano serrata, perché si sentisse meno derelitto. E, al sopraggiungere delle guardie, si sarebbe avventato rabbiosamente contro di esse, prima che Pietro estraesse la spada.
E poi avrebbe seguito il Maestro, da Caifa ad Anna, da Erode a Pilato. Con il naso appiccicato dietro ogni porta, avrebbe atteso, contando le grida e i colpi inferti, rammaricato di non essere che un povero cane impotente.
E per la strada del Calvario, a ogni caduta di Gesù, più rapido della Veronica si sarebbe precipitato, nonostante le guardie e le pedate, a leccare il volto dell’amatissimo Maestro lordo di sangue, sputi e sudore.
Più tardi sarebbe andato ad accucciarsi ai piedi della croce, sotto Gesù in agonia, e al suo grido ultimo, credendo di essere chiamato, come sarebbe scattato, saltando come un pazzo per arrivare fino a Lui e difendere ancora una volta l’Amico.
Avrebbe seguito Gesù portato al Sepolcro e non l’avrebbe più lasciato e, la mattina di Pasqua, turbato l’angelo avrebbe trovato là un piccolo cane morto, troppo stanco di attendere il Maestro che non tornava e, a sua idea, non si sarebbe più rivisto sulla terra.
In pace dunque se ne sarebbe andato l’amico di Gesù, perché nella testolina avrebbe sempre saputo che se un uomo poteva aver bisogno di un cane, Lui, Cristo, non avrebbe più avuto bisogno di nulla, perché lassù una folla di angeli impazienti doveva pur attenderlo da molto tempo.
Questa è la ragione per cui il Maestro ha affidato un cane adorabile a chi è vecchio, deluso, cieco, fragile e senza compagnia: ha donato i cani perché gli uomini smarriti potessero trovare in essi un po’ di calore. Come il Padre donò a Lui il Cireneo per aiutarlo a portare la croce al Calvario, Cristo offre a noi questo tesoro di amicizia e fedeltà, perché ci lasciamo guidare da questo animale dallo sguardo amoroso così bello, al quale non manca che la parola… perché ci lasciamo guidare, noi che abbiamo la Parola, e abbiamo così poco quello sguardo d’amore.
Guy Gilbert, Dealer d’amour (Paris: Stock,1997, pp.235-237)
(traduzione di Basilio Gavazzeni)
Parrocchia di Sant’Agnese (Matera) : Settimana Santa 2002