Le origini
e
origini della primitiva chiesetta (tale era all'inizio) nella contrada "quae
vulgo appellatur della Macchia" dove si adorava un'immagine della Madre di
Dio "Mater Providentiae" sono avvolte nel più fitto mistero. I dissesti
subiti nelle varie epoche dagli archivi ecclesiastici degli edifici di
culto sorti in tempi diversi nei borghi rurali della vecchia Contea di
Mascali, e la circostanza storica di essere soggetti (per
antica costituzione
risalente al periodo normanno) alla giurisdizione ecclesiastica messinese,
hanno contribuito non poco a rendere oscura la genesi di molte
chiese rurali del territorio. D'altronde, se essa fosse sorta - tra la
fine del '600 ed i primissimi decenni del '700 - per la munificenza di un
privato donatore, laico o religioso, avremmo sicuramente trovato traccia
in atti pubblici o private scritture di epoca successiva. L'ipotesi più
attendibile è, quindi, che il popolo sia stato l'artefice della
costruzione scegliendo il terreno, ceduto gratuitamente dal legittimo
proprietario (o presunto tale), apprestando i materiali necessari: pietra
grezza delle vicine cave, sabbia del torrente, calce, argilla e pomice
vulcanica, legname del vicino bosco, pensando anche a dotarla di cera,
olio, e degli arredi occorrenti per lo svolgimento delle funzioni
liturgiche.
Riguardo le origini del paese, si sa con certezza che già molti secoli
addietro un punto obbligato della vecchia strada consolare, che da Catania
portava a Messina, era denominato "Passo della Macchia" come attestato da
alcuni documenti del 1561. In base però a quanto è scritto nei quaderni
della Contea di Mascali alla quale il territorio di Macchia è appartenuto
sino al 1815, anno del distaccamento di Giarre da essa, la storia della
comunità viene fatta iniziare nel 1613 circa quando i vescovi di Catania
impossibilitati di far fronte ai lavori di disboscamento e di
trasformazione dei loro possedimenti, che ormai rendevano poco, decisero
di dare le loro terre in enfiteusi per avere un reddito più alto. Cominciò
così l'insediamento di famiglie, nella zona di Fondo-Macchia, che, per
essere vicini alle loro terre, costruirono in loco le loro abitazioni. Col
passare degli anni, col crescere dei figli e anche per la loro
sistemazione familiare, cominciò a crearsi una comunità di tipo
patriarcale. Questi insediamenti sono andati crescendo nel corso del XVII
secolo non solo a "Fondo-Macchia", ma anche più ad est, in pianura, sul
costone alto del torrente. Questi coloni, provenienti dalla Contea di
Mascali, per dare testimonianza della loro fede, costruirono nel luogo dei
loro primi insediamenti tre icone (atareddi). L'insediamento, nella prima
metà del Settecento, cominciò ad assumere la dimensione di un quartiere,
pressappoco con le caratteristiche topografiche di oggi. (Il territorio,
probabilmente, aveva ospitato l'antica "apotheca", un villaggio di epoca
romana o greca, ciò è testimoniato dal fatto che in località "Fondo
Macchia" è stato ritrovato un "dolium", un'antica giara di epoca romana e
che questo toponimo è resistito fino a pochi cinquantenni fa per indicare
i terreni circostanti il paese).
Piuttosto
scarne, comunque, sono le notizie sui primi decenni di vita della chiesa,
né esistono indizi di formazione posteriore che ci possano utilmente
orientare nella ricerca.Un dato certo, assistito da un riferimento
cronologico coincidente con l'anno 1741 (data riportata nello Statuto
della Confraternita) è che a quest'epoca la chiesetta doveva essere stata
già da alcuni anni benedetta dal Vicario di Mascali e dichiarata
ritualmente “sacramentale” dall'Arcivescovo di Messina, al fine di potersi
celebrare la Santa Messa e praticare il precetto la domenica e nelle
festività più importanti del calendario. La presenza già in quell'anno (ed
il “Liber Defunctorum” decorre dal 1742) di una Congregazione laica
operante nel tessuto sociale, esemplarmente stretta attorno alla guida
spirituale di un cappellano, presuppone infatti un esercizio del culto
protrattosi da tempo, e di riflesso un'evangelizzazione avanzata della
comunità di appartenenza.
Di quel periodo la testimonianza dello storico Sacco: “Macchia
fabbricata in pianura a due miglia dal mare e a quattro da Mascali, esiste
una Chiesa sacramentale e due confraternite laicali”, una quella
sopracitata, l'altra quella di S. Matteo Apostolo allora canonicamente
sottoposta alla chiesa di Macchia e degno luogo di sepoltura.
Eventi catastrofici di varia natura, alluvioni e prevalentemente terremoti
che fecero tremare la terra nel corso del ‘700 consigliarono, come si è
detto, il rafforzamento della struttura sacra esistente, e fin dove
possibile il suo ampliamento. Una necessità, quest'ultima, imposta anche
dalle variazioni in aumento della popolazione, che già nella seconda metà
del Settecento, pur conservando una marca caratterizzazione agricola, o
dedita ad attività sussidiarle all'agricoltura (pastorizia, taglio del
legname, ecc.), abbracciava nondimeno l'esercizio organizzato di mestieri
artigianali. Così a metà Settecento, Macchia è gia un adulto quartiere,
con un'identità ben definita dal punto di vista socio-economico ed
ecclesiastico. Per avere altri dati su fatti importanti che riguardano la
Chiesa, bisogna arrivare al 1774, anno in cui fu comprata una campana che
reca questa scritta: PIETAS POPULI ME CONSTRUXIT (Mi ha fatto costruire la
pietà del popolo); con la collaborazione delle famiglie più agiate che
fornirono notevole quantità d'argento per la fusione, per iniziativa
popolare, un'altra campana verrà costruita in loco, dedicata a: “Dio, alla
Vergine Maria e a S. Vito”; è risalente infatti a questi anni, la
devozione al Martire di Mazzara.
Il borgo divenne sede dell'Eletto particolare nel secondo decennio
dell'Ottocento quando Giarre, come già detto, divenne comune autonomo
(1815), retto a partire dal 1818 da un Sindaco collaborato da decurioni
che rappresentavano anche i vari quartieri.
I primi restauri
La
prima ricostruzione della Chiesa sacramentale, ascrivibile
cronologicamente agli inizi della seconda metà del Settecento è da mettere
fondatamente in correlazione con il progressivo espandersi dell'abitato
verso est, cioè in direzione del tracciato della vecchia consolare (S.
Leonardello, S. Matteo, Macchia, Tagliaborsa, vecchia Mascali), che a quel
tempo aveva già subito una deviazione verso Giarre con una biforcazione
che iniziava prima di Trepunti (bivio per Rovettazzo) e proseguiva quindi
per Altarello. Nel 1851 Macchia risulta già collegata con Giarre da una
rotabile, attraverso la via più breve, incessantemente percorsa da
mulattieri e carrettieri provenienti da S. Alfio, diretti alla rada di
Riposto con il loro carico di vino e di altre mercanzie.
Nel corso dell’Ottocento, almeno in tre occasioni di scosse telluriche di
inaudita violenza il carattere fiero e lo spirito di ripresa dei macchiesi
furono messi a dura prova. Il primo terremoto si ebbe nel febbraio del
1818, per i danni provocati, l’Intendenza di Catania istituì ad Acireale
una Commissione con il compito di coordinare gli interventi nei centri del
mascalese; il 18 luglio 1865 vi fu un altro sisma, l’abitato di Macchia fu
gravemente colpito, la chiesa di S. Matteo Apostolo che fino ad allora
aveva svolto la funzione di "calvario" fu dichiarata inagibile e quindi
interdetta al culto. Dopo poco tempo, il perimetro murario della Chiesa
Madre, gravemente lesionato, fu oggetto di un secondo ampliamento, con
irrobustimento delle strutture portanti, sfruttando le cognizioni tecniche
del tempo; fu allora che venne definito l’organismo architettonico della
chiesa nella sua configurazione attuale a tre navate suddivise da colonne
sormontate da eleganti capitelli corinzi, ma nel 1871 le opere non
dovevano ancora essere complete visto lo stanziamento per i lavori di £
500. In quest’anno, vennero espropriati dal comune di Giarre i locali dei
Padri Francescani Scalzi e dei Padri Carmelitani che fino ad allora erano
stati presenti a Macchia; ciò era accaduto anche in molti altri centri
della Sicilia, molti ordini erano stati soppressi ad opera del Governo
dell'Italia post-unitaria.
La chiesa di Macchia non fu risparmiata dall’onda sismica che, a distanza,
di nemmeno venti anni (11 febbraio 1881), si abbatteva nuovamente sul
territorio, dove non si era ancora spento l’eco della precedente
catastrofe. La Giunta Comunale, presieduta dall’ avv. Lucio Quattrocchi,
si riunì e provvide entro certi limiti stanziando una cifra che ammontava
a £ 800 (erano stati valutati danni alla costruzione ammontanti a circa
1500 lire). La chiesa, questa volta, rischiò veramente di crollare,
essendo risultati gravemente lesionati i muri di fabbrica e la volta, e
per porvi riparo non bastò la carità cittadina. Tuttavia i danni non
furono tali da comportare modifiche all’assetto architettonico-funzionale
e decorativo interno. La posa, a ridosso della parete di mezzogiorno, di
tre robusti pilastri in conci lavici squadrati, legati ad opera d’arte e
distanziati l’uno dall’altro, è verosimilmente di questo periodo.
Don Salvatore Fiamingo
Una
figura di cappellano che lasciò un’impronta indelebile nella storia della
chiesa sacramentale è quella di Don Salvatore Fiammingo, secondogenito
dell’intraprendente capostipite Don Giuseppe. Nato a Macchia il 5 marzo
1785, venne ordinato sacerdote nell’anno 1808, quindi nominato dal
Magistrato Municipale di Mascali-Giarre cappellano della Chiesa
Sacramentale di Maria SS. della Provvidenza di Macchia il 31 agosto 1813.
Dieci anni più tardi, l’elezione con decreto reale del 9 settembre 1823 a
primo arciprete parroco “Primus Archipresbiter parochus” della Chiesa di
S. Isidoro del comune di Giarre e delle chiese Filiali di tutto il suo
territorio.
Una carica prestigiosa che conservò sino al 27 dicembre 1868, data del
decesso a Macchia, luogo di sua abituale residenza. Con atto pubblico del
22 luglio 1861, donò filantropicamente alla Chiesa Matrice di Macchia “un
tenimento di case site nella strada Ospizio” ed un vigneto ubicato in
contrada S. Matteo. Quest’atto di liberalità consentì il sorgere, ad
iniziativa dello stesso donatore, di una struttura didattico-educativa al
servizio delle ragazze povere della frazione, come “scuola franca”
accessibile gratuitamente a chi volesse ricevere “un’educazione morale
e religiosa” ed anche pratica (leggere e scrivere), apprendendovi
altresì il “mestiere donnesco di costura”.
Il munifico arciprete guardava al futuro della sua Macchia, e si direbbe,
all’emancipazione in prospettiva della donna. Ed anzi si era riservata la
nomina della maestra-istruttrice nella persona di Franca Sebastiana
Sorbello di Zafferana, da lui ritenuta la più adatta al compito assegnato;
aveva inoltre arricchito la Chiesa di Macchia (e altre chiese minori di
Giarre) di paramenti e arredi. Dopo la morte dell'arciprete Fiamingo, con
la nomina del primo Vescovo di Acireale (1872), Mons. Gerlando Maria
Genuardi, le visite pastorali si fecero più frequenti tanto da suscitare
nel cuore di molti macchiesi un vivo interesse religioso. Alla fine
dell’Ottocento, numerose erano le funzioni religiose che venivano svolte
tra cui ricordiamo: la predicazione quotidiana nel mese di maggio sulla
Vergine Maria; predicazione ogni primo venerdì del mese sul Cuore di Gesù;
predicazione nei sabati del Rosario e nella novena di Natale; quattro
sante messe, in ore diverse, la domenica e nelle feste di precetto,
compresa la messa di mezzogiorno come nelle grandi parrocchie; novena e
panegirico di S. Vito, in preparazione della festa (ultima domenica di
agosto), Sacre Quarantore in occasione della festa della Madonna della
Provvidenza e molte altre. Nel 1887 la Chiesa Madre di Macchia è dotata di
un organo e un anno dopo viene donato il terreno sul quale sarà subito
edificata la nuova Chiesa del Calvario.
La Chiesa M. SS. della Provvidenza diviene
parrocchia
La
storia della parrocchia autonoma di Macchia è abbastanza travagliata. La
spinosa vicenda prende l’avvio da una rituale (e breve) ispezione alla
Chiesa giarrese compiuta da un Visitatore Apostolico, il 30 novembre 1907
(il vescovo Genuardi era morto il 4 giugno 1907). L’alto rappresentante
della gerarchia vaticana si incontrò, nello svolgimento del suo mandato,
con i fedeli di Macchia, lasciando intendere che essi potevano
legittimamente aspirare a rompere nelle forme previste dal diritto
canonico i secolari rapporti che li legavano all’Arcipretura di Giarre,
già da quando Don Salvatore Fiamingo era stato eletto parroco della chiesa
di S. Isidoro di Giarre.
Ma forse nell’animo dei macchiesi covavano già propositi di autonomia
parrocchiale, mescolati ad interessi di natura non strettamente religiosa,
resi noti dall’arciprete parroco dott. Carmelo Patanè che, in un vero e
proprio processo canonico, difese strenuamente l’unità parrocchiale di
Giarre, rimproverando ai macchiesi di non essere numerosi abbastanza per
costituire una parrocchia e di avere nella propria comunità ben quattro
cappellani e già servizi religiosi più che soddisfacenti. L’istruzione del
processo si completò nel 1910 e fu subito spedita a Roma; la Sacra
Congregazione Romana, in un rescritto, rimetteva al vescovo di Acireale,
l’allora Mons. Giovanni Battista Arista, la facoltà di concedere secondo
il suo “arbitrio e coscienza” la “grazia della dismembrazione”.
Ancora sette mesi di ponderate richieste, ed il 12 gennaio 1911 il vescovo
emise con decreto la Bolla di erezione:
“Separiamo e dismembriamo la sopraddetta Chiesa Filiale ed esistente
nella zona di Macchia con i suoi abitanti, le famiglie ecclesiali e i loro
redditi dalla Chiesa Parrocchiale della località di Giarre e: la
costituiamo e la erigiamo in Chiesa Parrocchiale secondo i suoi confini
concordemente riconosciuti, dei quali si parla negli atti”
L’opera di erezione a parrocchia, però, non fu completa a causa di
particolari di rilevanza giuridica, fino a quando nel 1921, con l’elezione
a vescovo di Acireale di Mons. Salvatore Bella, furono sancite
definitivamente le erezioni di ben 42 parrocchie nel territorio diocesano.
Don Giuseppe Patanè
Il
primo Arciprete della parrocchia “Maria
SS. della Provvidenza” fu il sacerdote Don Giuseppe Patanè, che
nato a Macchia il 29 maggio 1874 e ordinato sacerdote il 12 agosto 1906,
dopo aver vinto il concorso per il parrocato svoltosi il 10 maggio 1921,
prese possesso della parrocchia il 3 luglio dello stesso anno. Con
l’arrivo del primo parroco, accolto trionfalmente dalla popolazione,
Macchia si accingeva a vivere uno dei periodi più esaltanti della sua
storia ecclesiastica, che veniva ora ad arricchirsi del carisma ricco di
contenuti spirituali e dottrinari del giovane pastore (non era ancora
cinquantenne), che forte dell’esperienza di vice parroco maturata nella
Chiesa Madre di Riposto dal 1° gennaio 1907 sino al dicembre 1916 e di
integerrimo Ministro di disciplina al collegio S. Michele di Acireale, non
perdeva tempo ad organizzare una scuola di catechismo per i fanciulli, le
sue creature predilette.
I “paggetti del SS. Sacramento” con patrono S. Tarcisio (del quale oggi
resta un piccolo simulacro in sagrestia), furono oggetto delle sue
costanti cure, convinto com’era che l’educazione cristiana dei giovani
virgulti potesse contribuire all’elevazione morale della società, opera,
questa, a cui si dedicò interamente e senza pause coadiuvato dalla
presidente dell’Azione Cattolica, signorina Grazia Russo. Istituì inoltre
corsi serali di catechismo per gli adulti, un Oratorio Festivo, una
Filodrammatica, e non tralasciò per questo i suoi doveri di ministro del
culto; il “piccolo clero” (i chierichetti) fu il suo confessato orgoglio.
Negli anni successivi alla grande ristrutturazione, poi, curò con
regolarità i restauri alle statue e ai preziosi paramenti ricamati in oro
della chiesa, cosciente del loro immenso valore. Collaboratori del parroco
nel dare un impulso senza precedenti all’attività di apostolato e di
preghiera furono i sacerdoti Don Matteo Patanè e Don Vito Barbagallo
entrambi nativi di Macchia ed ordinati sacerdoti insieme all’arciprete
Patanè. Un valido sostegno fu dato anche de Don Benedetto Cesarò
amministratore della cera e poi cappellano della
Chiesa dell’Addolorata, a quel
tempo appena allestita. Completava questa eletta schiera di sacerdoti
macchiesi Don Salvatore Patanè. La grande ristrutturazione di cui si è
parlato, risale al 1922-23. Resasi improrogabile dopo l’ultimo terremoto
dell’ottobre 1920, essa fu ad opera dell’appaltatore macchiese Sebastiano
Caltabiano. Venne prima demolita la volta reale della navata centrale
perché gravemente lesionata e pericolante, la si ricostruì con céntine di
legno e lamiere di ferro cementato, si proseguì con l’abolizione delle
coperte di legno e dei coppi delle due navate laterali. Si rivestì la
volta centrale con decorazioni a cassettoni e le cappelle del protettore
S. Vito Martire e del SS. Sacramento all’apice delle due navate laterali
furono sfarzosamente decorate in oro zecchino. La chiesa fu inoltre
interamente pavimentata. Le spese totali ammontarono a £ 80.000 e grazie
all’interessamento del Comm. Carlo Parisi furono concessi finanziamenti
dal Ministero dei Lavori Pubblici e, dopo circa tre anni, fu istituita a
Macchia una commissione per il restauro totale della
Chiesetta del
Calvario. Il ripristino delle attività democratiche che segnò
la svolta storica del 2° dopoguerra, fece registrare a Macchia la nascita
del Circolo Artistico, che ebbe un’intensa stagione culturale-drammatica,
usufruendo del teatrino parrocchiale.
Padre Giuffrida e il "grande
restauro"
Il 1°
luglio 1945, il ministero parrocchiale passa al sacerdote che ormai da un
anno aveva avuto la nomina, prima di vicario e poi di economo da Mons.
Salvatore Russo, Vescovo di Acireale.
È Don Salvatore Giuffrida di Milo, che era stato ordinato sacerdote dallo
stesso Pastore diocesano. Negli anni che seguirono il dopoguerra non si
tralasciarono iniziative di solidarietà nei confronti dei più bisognosi,
vi fu una ripresa di tutte le attività ricreative della parrocchia e
nell’estate 1952, si inaugurò a cura dell’E.C.A. di Giarre, la colonia
diurna “S. Vito Martire” sotto la direzione dell’insegnante Carmelina
Sgroi. Gli anni ’60 e ’70 rappresentarono un arco di tempo in cui le forze
cattoliche si prepararono ad affrontare i grandi temi di riflessione sui
ministeri ecclesiali. Si diede importanza, come non mai, ai servizi
dell’accoglienza, della catechesi e del canto. Nello spirito di
rinnovamento ecclesiale voluto dal Concilio Vaticano II, si tennero
periodicamente le Assemblee delle Pontificie Opere Missionarie
sollecitando a collaborare clero e fedeli. Il 1960 vide l’arrivo a Macchia
delle suore “serve della divina Provvidenza”, anche se già prima, dal 1933
al 1956 un gruppo di suore cappuccine era stato presente a Macchia grazie
a suor Crocifissa al secolo Agatina Parisi al quale poi si era aggregata.
Le suore si dedicarono subito, anche grazie alla cessione gratuita di un
immobile in via Carcara (oggi via Risorgimento) da parte di suor
Crocifissa, all’educazione e all’assistenza dell’infanzia. È in questi
anni, poi, che la chiesa di Macchia subì un secondo grande
restauro, quello che la porterà ad avere esteriormente l’aspetto attuale.
La facciata della chiesa fu interamente ridefinita, il campanile
preesistente fu inglobato da questa e le tre porte furono leggermente
ristrette e abbellite con fregi. Tutto il frontespizio fu progettato
secondo canoni stilistici classico-rinascimentali armonici e lineari, e la
nuova facciata fu impiantata direttamente sulle murature già esistenti;
l’organo e l'altare maggiore della chiesa vennero profondamente
modificati.
Il 14 marzo 1970 la chiesa fu riaperta al culto e la cerimonia di
inaugurazione fu concelebrata dal parroco, dall’ausiliare del Vescovo
Mons. I. Cannavò e da S. Ecc.za P. Bacile il 24 ottobre dello stesso anno.
Tutta la comunità parrocchiale era in festa per un vero rinnovamento della
vita ecclesiale. Nello stesso periodo si prese in seria considerazione
l’ipotesi sostenuta dal prof.
Mariano Strano di costruire una torre campanaria a lato dell’abside, ma il
progetto non venne mai eseguito. Come detto vi fu un vero e proprio
rinnovamento nella vita della parrocchia e nei suoi gruppi, così nel
febbraio 1977 fu già tempo che la Filodrammatica “S. Vito Martire” (oggi
ass. cult. “Carlo Parisi”) si esibisse offrendo alla Comunità Parrocchiale
qualche ora di svago e di sano divertimento.
Venne approntato un seguitissimo “calendario
degli spettacoli” con recita di commedie.
Il 30 settembre 1978 fu ordinato sacerdote il diacono Antonio Russo, oggi
parroco della chiesa
"Regina Pacis" di Giarre.
Il II Congresso Eucaristico Parrocchiale che si tenne dal 24 al 30 marzo
1983 con un ricco programma che coinvolse tutti, rappresentò un
avvenimento straordinario. Nel febbraio 1986 vi fu la prima visita
pastorale del Vescovo Mons. Giuseppe Malandrino. Nel 1986 giunse il
momento di acquistare, beneficiando di un contributo regionale, il nuovo
orologio da torre, che fece seguito all’elettrificazione delle campane.

Padre Saturnino e la parrocchia oggi
Essendosi dimesso il venerando parroco il 15 giungo 1992 per sopravvenuti
motivi di salute (morirà a Milo l’8 aprile 1996), al suo posto si insediò
con una solenne cerimonia svoltasi in chiesa il 9 agosto 1992
alla presenza di autorità civili e religiose, il sac. Sebastiano
Saturnino, nato a Giarre il 3 giugno 1937,
ordinato sacerdote il 15 marzo 1970 a San
Giovanni in Laterano a Roma e già vice-parroco della Basilica di San
Pietro di Riposto. Con Padre Saturnino, la parrocchia acquistò una nuova
dimensione liturgico-pastorale.
Nella notte tra il 10 e l’11 settembre, un fatto spiacevole, purtroppo,
segnò l'inizio della permanenza a Macchia di Padre Saturnino, vennero
infatti, trafugati 9 dei 10 quadri risalenti al 19° sec. probabilmente
dipinti dal maestro G. Zacco, incastonati alle pareti laterali; delle
fedelissime copie ottenute grazie ad avanzate tecnologie fotografiche,
saranno collocate negli spazi preesistenti nel marzo 1998. Nei primi
anni '90 vennero donate alla chiesa due case: una retrostante ad essa,
lasciata in eredità dalla signora Maria Cantarella dopo la sua morte ed
un'altra, sita in via del Biancospino offerta dal sig. Sebastiano
Bonaccorso.
Il 6 gennaio 1993 il reverendo parroco indisse la Missione Popolare
cittadina che si tenne dal 14 al 29 ottobre 1994; un gruppo di padri
passionisti, di religiose e laici giunse a Macchia, accolto dalla comunità
e da Mons. Giuseppe Malandrino. Furono giorni indimenticabili per i
parrocchiani che ancora ne portano un vivo ricordo.
L’11 settembre 1995, grazie al contributo della Regione Siciliana e di
tutti i cittadini, venne riaperta la
Chiesa del Calvario, interdetta al culto nel 1984 a causa di un
terremoto che ne aveva fatto crollare la volta e l'indomani iniziarono in
Parrocchia i festeggiamenti in occasione dell’Ordinazione Sacerdotale di
Mario Arezzi, che si svolse nell’Anfiteatro del Parco Giardino di Macchia
il 16 settembre: per la prima volta venne trasportato il quadro della
Madonna Addolorata dalla Chiesa omonima alla Chiesa Madre.
Ma gli eventi recenti sicuramente più eccezionali ed entusiasmanti sono
stati il Congresso Mariano–Mariologico celebratosi dal 15 al 30 ottobre
1997, in preparazione al Giubileo del 2000 - per la prima volta si ebbe in
parrocchia il reliquiario contenente le lacrime della Madonna di Siracusa
- e il III Congresso Eucaristico Parrocchiale celebratosi nel maggio 1999.
La Parrocchia Maria SS. della Provvidenza ha vissuto intensamente il
Grande Giubileo; il 2 gennaio 2000 alcuni bambini hanno preso parte in
Piazza San Pietro al giubileo dei ragazzi, mentre dal 15 al 20 agosto una
delegazione di giovani ha partecipato alla 15ª Giornata Mondiale della
Gioventù. Nel febbraio 2001 il nuovo vescovo di Acireale mons. Salvatore
Gristina è venuto per la prima volta in visita pastorale nella nostra
parrocchia.
BIBLIOGRAFIA
Vincenzo di Maggio, La Chiesa Maria SS. della Provvidenza di Macchia
Sac. Filippo Fresta, 90° Annivers. dell'Istituzione della Parrocchia
"M. SS. della Provvidenza" di Macchia
Isidoro M. Barbagallo, Da Giarre a Taormina, la Storia attraverso i
toponimi
|