RACCONTARE
da Camminiamo Insieme
- anno 30, n.41 del 23/06/2013
Inizia
il periodo delle vacanze. Tra le tante opportunità perché non valorizzare
il racconto? Mi sono convinto alla luce di un brano scoperto in un testo
di Martin Buber: "una storia va raccontata in modo che sia di aiuto". Invece
c'è spesso un più o meno manifesto protagonismo. Essere di aiuto significa
mettersi nei panni di classici favolisti antichi o moderni. Gesù stesso
con le parabole ci offre ancora oggi tanto aiuto. Non si tratta di imporre
una storia, ma di sentire che chi mi è davanti aspetta una esemplificazione
per arrivare ad una decisione. Raccontare la vita è comunicare il senso,
aiutare a capire la realtà. Mi succede con una certa frequenza di usare
un episodio del mio vissuto per aiutare una persona. Tanti rimangono mortificati
da parole, gesti del genitore anziano e infermo. Racconto la mia esperienza
con mia madre che non voleva che andassi a trovarla. Al mio "perché?" rispondeva
che Desio era lontano da Busto, che dovevo fare il Parroco. Un giorno però
mi disse: "non voglio che tu mi veda così". L'ho rassicurata con un bacio.
Il racconto non solo aiuta, ma permette di cogliere lo straordinario nella
ripetitività di tanti momenti. Mi piace raccontare ai ragazzi la bellezza
di una preghiera in ginocchio prima di andare a letto. Un papà mi racconta
del bene ricevuto da un gesto di preghiera vissuto dal proprio figlio. L'ordinario
per il bambino è diventato straordinario per il padre. La vita è vissuta
veramente quando è rivissuta nel cuore, nella mente. Il linguaggio della
cronaca è un susseguirsi difatti elencati proprio come la telecronaca di
una partita di calcio. Immerso nella cronaca avverto il bisogno di scrivere
la storia. Non certo quella dei libri, ma quella che lascia un'impronta
che poi uno possa seguire. Non è ambizione, è decisione di compiere qualcosa
che rimanga. Gesù lava i piedi ai discepoli, e aggiunge: "vi ho dato l'esempio
perché anche voi facciate altrettanto". Ogni storia ha un suo "c'era una
volta", o "in principio", "in quel tempo", per arrivare all'oggi senza dimenticare
la fine dei giorni. Allora raccontare è abbracciare il passato perché sia
luce per il presente, per costruire un futuro che si apra sull'eternità
beata, promessa da Gesù ad ogni servitore fedele.
don Piergiorgio