PARROCCHIA
DI SAN MARTINO COMUNE
DI GRAFFIGNANO
LA
MADONNA DEL CASTELLONCHIO
GRAFFIGNANO
Un
Santuario Mariano nella Teverina
Seconda
Edizione
CARFINIANUM
Nisi Dott. Norberto
Sindaco di Graffignano
INTRODUZIONE
ALLA PRIMA EDIZIONE
Prefazione alla seconda edizione
L’Ambiente
- il territorio
Il Patrimonio di San Pietro, comunque, nei sec. XIV e XV fu sconvolto da lotte intestine e violenze di ogni genere per l’assenza del papato da Roma (dal 1309 fino al 1377 ad Avignone), per la rivalità tra i nobili e tra le potenti casate romane e per l’aspirazione ad una maggiore autonomia delle città e dei castelli.
LA
TRADIZIONE POPOLARE
LA STORIA DALLE ORIGINI AL SECOLO XIX
IL
NUOVO SANTUARIO
Graffignano
lì 13 Febbraro 1906
Dopo l’ultimo colloquio
avuto con l’Eccellenza Vostra, questo Municipio si fece premura far subito
redigere il progetto d’ampliamento del Santuario della Madonna SS. che ho
l’onore rassegnare con la presente.
I lavori è vero ascendono ad una somma abbastanza rilevante, ma
essi certo si rendono di una stretta necessità sia perché reclamati da
tutti i fedeli che ogni anno occorrono numerosi, anche da lontani paesi, a
venerare la Miracolosa Immagine; sia perché una forma di Tempio modesto, ma
decente, varrà indubbiamente a ravvivare la fede e la devozione verso Maria
Santissima; sia infine per addimostrare apertamente che la carità cristiana sa
far tesoro delle elemosine dei fedeli, custodirle gelosamente ed erogarle a
tempo opportuno a beneficio delle popolazioni povere e bisognose.
Compiacciasi adunque ,
Eccellenza, prender visione del progetto e benignarsi porre a disposizione del
Comitato erigendo, di cui Ella è
stato ad unanimità designato quale Presidente Onorario, i fondi necessari ed
occorrenti per eseguire i lavori.
Non si intende però, con ciò che il denaro venga versato in mani del
Comitato stesso, ma che rimanga sempre presso l’attuale cassiere od altra
persona di sua fiducia per poter estinguere
le note specifiche settimanali del lavoro.
Nella certezza che l’eccellenza Vostra si compiacerà prendere sollerti
decisioni al riguardo, mentre ho l’onore, facendomi interprete dell’intero
popolo Graffignanese , attestarle la comune riconoscenza e gratitudine, sento il
dovere dichiararmi con massimo ossequio e devozione
Dell’Eccellenza Vostra
Dev.mo
Il Sindaco
Polverini”[33]
Le
fondamenta del nuovo Santuario furono
gettate nel 1907 e nell’anno successivo l’opera era già compiuta grazie
alla partecipazione ed
“al contributo dei devoti forestieri
e Graffifnanesi, ma soprattutto di questi che, con spirito di fede e con
operosità febbrile, trasportarono sulle proprie spalle e sulla testa,
entusiasticamente e gratuitamente, sassi e materiali d’ogni genere”[34]
La nuova chiesa fu costruita orientandola in senso opposto all’antica alla quale, però, è collegata dalla sacrestia. Questa, come documentano alcune rare foto dell’inizio del secolo, già faceva parte della primitiva chiesa ed aveva, allora, anche un camera superiore praticabile.
L’architettura del nuovo edificio è semplice ed austera ed invita al raccoglimento ed alla preghiera.
Ha un'unica navata ed il tetto a capriate, il presbiterio è chiuso da una balaustra di marmo, che nel 1948 sostituì quella originaria in legno.
Al centro del presbiterio è situata l’edicola che contiene l’immagine della Madonna fra i Santi Rocco e Sebastiano.
L’unico altare , originariamente in muratura, nel 1946, venne rifatto in marmo policromo e dal 1998, secondo le nuove disposizioni liturgiche, è stato staccato dall’edicola della Madonna e rivolto verso il popolo.
Dall’arco sopra la balaustra pendevano tre lampadari con gocce di cristallo e due angeli, ai lati dell’altare, sorreggevano ciascuno un candelabro a tre candele.
La costruzione del nuovo Santuario richiamò un maggior
numero di fedeli da ogni parte dei territori
vicini e lontani tanto è vero che l’Amministrazione Comunale il 12
marzo 1911, propose l’istituzione
di due fiere di merci e bestiame,” il 2
maggio e la terza domenica di settembre nella località Bosco Selve prossima
alla Chiesa della Madonna”[35]
Nel settembre del 1913, poi, il timore, già comparso anni prima, di una improvvisa epidemia di colera, spinse la Giunta municipale a fare scorta di acido fenico e cloruro di calce quali disinfettanti e, dietro invito del Sottoprefetto, deliberò :
“di reperire
quale locale da adibire a lazzaretto la camera attigua alla Chiesa della Madonna
del Castellonchio che dista dal
paese un chilometro e mezzo e può contenere una ventina di letti”, che
sarebbero stati requisiti “dai privati
del paese[36]”.
L’11 marzo del 1920, di nuovo il consiglio comunale “
considerato il gran concorso di gente nel mese di maggio, affluente alla
venerazione della Madonna detta di Castellonchio” deliberò
“di istituire una fiera di merci e bestiame il due di maggio di ogni anno”.[37]
Queste decisioni dimostrano come il Santuario, da sempre,
abbia fatto parte integrante della vita non soltanto religiosa ma anche
economica e sociale del paese.
L’AFFRESCO
L’affresco, dipinto da mano ignota, è collocabile, sia per la tecnica che per il contenuto, nei modi stilistici propri del tardo Quattrocento. Infatti, la Madonna della Misericordia fra i Santi fu il tema dominante della produzione iconografica dei secoli XV e XIV ; inoltre, con la rappresentazione dei Santi Rocco e Sebastiano, l’artista ha voluto evidenziare la locale e particolare devozione verso i due taumaturghi invocati contro le epidemie.
Il titolo, poi, di Salus Infirmorum, salute degli infermi, ammalati, speranza dei sofferenti, con il quale la Madonna è venerata, dà conferma che la chiesa del Castellonchio sia sorta come luogo specifico per implorare alla Vergine grazie e sostegno per quanti erano afflitti dalle sofferenze morali e materiali o contagiati dalle epidemie.Per secoli, fino al 1910, l’affresco era posto sulle parete di fondo della vecchia chiesa, sopra l’unico altare.
Costruito il nuovo Santuario si rese necessario traslare la sacra immagine per collocarla al centro del presbiterio, dove era stata predisposta un’apposita edicola.
Questa, armonica e funzionale, termina, in alto, a conchiglia con teste d’angeli di stucco sul giro frontale dell’arco e con rosoni a raggiera nella cavità. Il tutto è sorretto da finte colonne scanalate.
Il distacco dell’affresco fu eseguito il 28-8-1910 dall’artista Paolo Dall’Osso, il quale aveva anche progettato l’edicola, che doveva accoglierlo.
Per facilitare il lavoro, le figure del dipinto, in un tutto unico, dovettero essere separate. L’affresco fu, poi, ricomposto a trittico e ciascuna immagine fu racchiusa in una cornice in ferro per rendere più agevole la traslazione nel nuovo Santuario, che avvenne l’8-9-1910.
“ Intervenne a tanta solennità e benedisse la nuova Chiesa Mons.
Angelo Maria Dolci.[38],
allora
Arcivescovo di
Nazanzio, poi Cardinale di S. R. C., spentosi nel Signore a Civitella d’Agliano
sua patria nativa il 13 settembre 1939.
Il popolo di Graffignano pianse di tenerezza ed esultò rimirando attonito la dolce e cara sua Madre Protettrice rifulgere di nuova gloria nel novello tempio più vasto e sicuro, protestando ad Essa tutto il proprio affetto filiale e la venerazione profonda nella speranza indefettibile del Suo Patrocinio, come per tanti secoli ebbero a sperimentare i loro maggiori.” .[39]
Al signor Dall’Osso, coadiuvato dal figlio, per l’opera compiuta furono corrisposte lire 200 ed altre 42 lire vennero spese per il vitto e l’alloggio .
Nel 1911 la pittura fu ritoccata dal romano Ulderico Bellioni per un compenso di lire 40. Nel 1972, sull’immagine della Madonna, intervenne di nuovo il pittore, concittadino, Fausto Tardani, poiché ignoti ladri nell’asportarne la corona l’avevano danneggiata.
Questi interventi e quelli eseguiti nei secoli precedenti, avevano, sicuramente, alterato l’originalità del dipinto, tanto che anche l’occhio del profano era in grado di scorgere la diversità tra i colori tipici degli affreschi quattrocenteschi e le ridipinture specie con colori ad olio.
Da qui l’esigenza di riportare l’opera, mediante un’adeguata azione di restauro, al primitivo stato. Per questo, nella primavera del 1996, l’allora parroco di Graffignano, Don Tancredi Muccioli, prese contatti con la dott.ssa Anna Lo Bianco, addetta alla Soprintendenza dei beni artistici del Lazio e con il Maestro, restauratore, Rossano Pizzinelli, che visitarono il Castellonchio e procedettero ad una prima sommaria ricognizione del dipinto..
Costoro ritennero che le qualità delle immagini meritavano un idoneo intervento, specialmente sulla figura della Madonna, che avrebbe dato verità storica e nuova dignità a tutto l’affresco..
Si pose mano all’opera circa un anno dopo, sia perché nel frattempo la titolarità della parrocchia era stata demandata al nuovo parroco don Raffaele Caprini, sia perché fu necessario reperire i fondi.
Il nuovo parroco, in vero, dimostrò subito attenzione al Santuario e si prodigò con entusiasmo per portare a compimento, quanto prima, non solo il restauro delle immagini ma anche la sistemazione di tutto il complesso.
I lavori ebbero inizio il 20 marzo del 1997 e circa un mese dopo, il 30 aprile successivo , alle ore 17, il suono festoso delle campane ne annunciò il termine.
Subito, come ad un richiamo con ansia atteso, molte persone accorsero al Castellonchio mettendosi a disposizione per provvedere alla pulizia ed al riordino della chiesa, poiché l’indomani si sarebbe aperto solennemente il mese mariano.
I restauratori Rossano Pizzinelli e Marco di Palantario hanno lavorato intensamente con perizia, maestria e responsabilità.
In un primo momento hanno provveduto a consolidare l’intonaco sul quale era stato realizzato l’affresco mediante l’infiltrazione di particolari materiali; quindi, con un complesso e laborioso lavoro di pulitura e rifinitura meccanica a bisturi chirurgico, hanno provveduto a liberare completamente la superficie del dipinto da ogni residuo di materiale che non fosse originale.
Dopo ciò si è resa necessaria un’opera di riduzione, lisciatura e stuccatura di tutte le lacune. Queste, infine, sono state reintegrate con colori ad acquarello Windsor & Newton usando la tecnica del tratteggio e, in alcune parti, della velatura.[40]
La ripulitura, in particolare, dell’immagine della Madonna, ha messo in evidenza che nell’operazione del distacco dal vecchio al nuovo Santuario avvenuta nel 1910, l’affresco fu notevolmente danneggiato, in particolare nella veste e nel manto della Vergine, ma anche in altre parti, che vennero ricoperte con stuccature in gesso e quindi con colori ad olio che non rispettarono affatto l’originalità e la delicatezza dell’opera.
Con molta probabilità tutta la parte inferiore dell’affresco andò perduta, tanto è vero che le tre figure sono prive dei piedi.
E’ possibile quindi supporre che l’artista, per riparare ai danni e per motivi devozionali abbia ridipinto con colori diversi, in particolare il manto e la tunica della Madonna; il primo azzurro con risvolto chiaro ed interno grigio scuro, l’altra bianca con pieghe.
Il restauro ha riportato il dipinto a risplendere nella sua originaria bellezza. Ora, questo, appare notevolmente diverso, almeno da come i pellegrini ed i devoti del secolo ventesimo erano abituati a vederlo.
I colori, le tonalità, le sfumature risultano di una suggestione unica e fanno risaltare in modo particolare l’immagine della Madonna.
L’abito della Vergine è uniforme, senza pieghe e di colore ocra, il manto è di una gradazione più scura con risvolto ed interno di color verde, che richiama nei disegni il tendaggio retrostante le figure dei Santi.
Tutto ciò pone in evidenza la delicatezza del volto della Vergine, che prima era appesantito da una mal posta corona, testimonia la preziosità delle immagini, l’abilità dell’antico artista e l’importanza che l’opera ebbe per il suo facoltoso committente.
Il visitatore, ora, rimane particolarmente colpito dai nuovi , più caldi e luminosi colori , che risaltano maggiormente anche per una studiata e più attenta ripulitura della chiesa.
La severa nudità dell’unica navata, infatti, non distrae lo sguardo del pellegrino che rimane attratto dal trittico al centro del presbiterio, in cui risalta in tutta la sua bellezza l’immagine della Madonna- Salus Infirmorum.
La Vergine, misericordiosa, allarga con le mani il suo manto offrendo protezione ai popolani inginocchiati ai suoi piedi.
Il volto, dai lineamenti amabili, reclinato sulla spalla destra, appare sereno e maestoso. Alla destra è raffigurato San Sebastiano, un giovane fulvo seminudo, soltanto un panno violaceo cinge i suoi fianchi, legato ad un tronco e trafitto da frecce; il suo volto guarda verso la Madonna. A sinistra un chiomato e barbuto San Rocco, che, vestito della mantellina da romeo e munito di bordone, il lungo bastone del pellegrino, mostra attraverso le lunghe calze una ferita sulla coscia destra, segno del contagio.
I fondali delle due figure di Santi ricordano dei tendaggi: rosato per San Sebastiano, verde per San Rocco.
La vera protagonista del dipinto, però, è l’immagine della Madonna, che indossa una veste di color ocra rossa, rigida e stretta alla vita da una semplice cintura. La delicata e candida bordura di una leggera sottoveste affiora dalla scollatura della tunica.
Dal capo della Vergine scende , adagiato morbidamente sulle spalle, un manto di tonalità più scura del vestito, riccamente foderato di tessuto damascato color verde chiaro e trattenuto sul petto da una fibula dorata.
Il manto regale sembra essere in contrasto con la tunica semplice ed all’apparenza rude.
E’ lecito supporre che questo fu un omaggio a Maria del ricco signore che finanziò l’acquisto di preziose misture per ottenere quei colori, oppure fu soltanto l’abile tecnica dell’ignoto artista, che avendo dato alla Madonna l’aspetto di una donna e di una madre del popolo, volle poi sottolineare la sua celeste regalità impreziosendone il manto ed esprimendo al meglio il suo estro creativo con una particolare espressione del volto.
Spingendosi fin sotto l’altare e guardando con attenzione, si può godere pienamente della bellezza del volto della Vergine, delicato nei tratti e trasparente nell’incarnato.
Altero e nel contempo dolce, invece, appare lo sguardo penetrante come a voler comunicare, con materna severità, con il fedele che a lei confida le sue pene, scrutandone il cuore e l’anima.
La bocca finemente disegnata, tuttavia, accenna ad un sorriso, appena percettibile che tranquillizza e rasserena.
Il viso intero è reso ancor più luminoso e diafano da un velo bianco che incornicia la fronte e scende, leggero, fino allo scollo della tunica.
Sapiente è stata la tecnica dell’artista nel rappresentare sull’intonaco la finezza e la trasparenza di quel velo attraverso un abile lavoro di lievi e ravvicinate picchiettature[41] visibili appena all’occhio di chi guarda. Un aureola di luce rende l’immagine ancor più leggera.
Il fondale, a mo’ di tendaggio, dalla calda tonalità dell’arancio e disegnato con motivi geometrici e floreali fa risaltare l'intera figura.
Le mani della Madonna aprono con grazia il manto sotto il quale appaiono figure di oranti in ginocchio e raggruppati in maschi e femmine rispettivamente a sinistra e a destra di chi osserva.
Le figure maschili, dai monotoni e scuri colori, sono palesemente diversi nella tecnica e nello stile. Queste furono rifatte, con molta probabilità, durante uno dei vari interventi di restauro che il dipinto subì nel corso dei secoli.
Ciò appare con maggiore evidenza nel confronto con le oranti, che con le loro colorate vesti popolane ed il capo coperto da bianchi “velicelli”[42] , invece, si intonano armonicamente con i tratti propri dell’affresco quattrocentesco.
LE
ATTENZIONI VERSO IL SANTUARIO –
I Graffignanesi sono stati sempre attenti al decoro del Castellonchio e tutto il complesso reca l’impronta della loro generosità unita a quella dei pellegrini.
Costruito, infatti, il nuovo tempio, ogni occasione fu propizia per renderlo più accogliente.
Nel 1926, il due maggio, i paesani residenti a Roma offrirono l’acquasantiera in marmo collocata a destra dell’ingresso.
Nel 1935, in occasione del 25° anniversario della costruzione della nuova chiesa, venne posta una lapide che riporta i nomi dei cittadini che, pur lontani dal paese, offrirono il loro contributo, implorando grazia e benedizioni.
Qualche anno dopo, nella notte del 26-9-1943, ladri sacrileghi penetrarono nella chiesa con l’intento di appropriarsi di alcuni oggetti preziosi posti negli ex voto.
Fortunatamente, il rettore del Santuario, alcuni giorni prima, aveva messo al sicuro “l’oro della Madonna”[43] ed i ladri poterono asportare soltanto una pisside ed un calice. Delusi per il mancato colpo distrussero gran parte degli ex voto.
Da allora il Vescovo diede ordine che nessun oggetto di valore fosse esposto nella chiesa.
Nel 1948 fu tinteggiata la chiesa e successivamente furono rivestite di marmo le fiancate dell’altare (1953) ed eseguiti ,mediante cantieri scuola, lavori di ampliamento e sistemazione della strada che dal paese porta al Santuario (1954).
Un tempo, infatti, questa era ripida e stretta fino al fosso, il quale si doveva attraversare camminando su grosse pietre, che affioravano dall’acqua.
Nella primavera del 1963 fu rifatto il tetto, livellata l’area circostante la chiesa e messe a dimora diverse piante ornamentali.
I suddetti lavori, effettuati per dare più respiro all’insieme ed agevolare il transito dei fedeli, cambiarono l’originario aspetto naturale, aspro e selvaggio, che si presentava chiuso fra un dirupo ed un’altura ricoperta di fitta vegetazione.
Nel 1965 fu costruita una veletta ed in essa posta una campana, dono del Vescovo Adelchi Albanesi (1938 –1942)trasferito a Viterbo il 7- 6 -1942 ma legato al Castellonchio da profonda devozione.
Alla Madonna, infatti, egli dedicò una magnifica
preghiera e nei quattro anni in cui fu Vescovo di Bagnoregio furono attuati due
pellegrinaggi diocesani al Castellonchio con grande affluenza di religiosi e
fedeli, poiché egli intendeva “allargarne
il Culto e farne addirittura il centro diocesano di pietà mariana”.
Per questo nel maggio del 1939 aveva affidato la gestione del Santuario alla Curia Vescovile, che provvedeva direttamente al culto ed alla amministrazione mediante sacerdoti inviati da Bagnoregio.
Ciò, però, indispettì non poco i Graffignanesi, che mal sopportavano tale ingerenza.
Nel 1942 la cura e l’amministrazione del Santuario ritornò nelle mani del parroco di Graffignano.
Nel maggio e giugno del 1972 ci furono altri tentativi di furto . Il 2 settembre dello stesso anno, poi, i ladri, saliti sull’altare infransero il vetro impadronendosi degli orecchini, della collana e divelsero la corona, credendola preziosa, staccando parte dell’intonaco e deturpando così, leggermente, l’immagine.
Nel 1977 l’Amministrazione Comunale, l’Università Agraria e la popolazione provvidero a rialzare ed allargare il ponte e correggere la curva, alquanto pericolosa, appena le “Fontanelle.”
Questo avrebbe permesso ai pellegrini, che sarebbero arrivati in pulman, di non scendere più a Graffignano e poi proseguire a piedi.
Venne, inoltre, portata l’illuminazione elettrica al Santuario, recintata con staccionata un’ampia zona all’esterno della chiesa e collocata nell’interno una semplice e graziosa “Via Crucis” in ceramica.
In quello stesso anno fu presa l’iniziativa di chiudere il mese di maggio con una fiaccolata, che partendo dal paese culmina con la celebrazione di una S. Messa notturna sul piazzale antistante.
Fu, anche, rifatto l’intonaco, riattati il tetto e le finestre e poste alcune panchine sul prato.[44]
Sempre nel 1977, aderendo all’invito del sac. Alessandro Vinciotti, rettore del Santuario del Divino Amore in Roma, l’immagine della Madonna fu portata, seguita da numerosi cittadini, nella sala dell’esposizione di quel Santuario.
Nel 1979 nella vecchia chiesa venne rifatto il pavimento, intonacate le pareti deturpate dalle scritte dei visitatori ed aperte due finestre. Il locale sarebbe servito a sala convegni e studi mariani o per ritiri spirituali.
L’Università Agraria nella primavera del 1984 provvide a recintare la parte antistante la chiesa con muretto e rete metallica, vennero costruiti servizi igienici ed una scalinata che conduce, evitando l’antico percorso poco agevole, alla cosiddetta “Acqua della Madonna”.
Questa sgorga alla base del pianoro sul quale sorgono le due chiese. E’ tappa d’obbligo per i pellegrini, che ad essa sono soliti bagnarsi, si dissetano e la attingono con devozione, segnandosi gli occhi e portandola a casa anche per i malati.[45]
In occasione dell’anno mariano (1988) , indetto da S. S. Papa Giovanni Paolo II , un gruppo di Volontari “Amici del Castellonchio”, provvide a far effettuare lavori di consolidamento e restauro del complesso del Santuario per una spesa il cui importo superò i 28.000.000 di lire offerti da Enti , istituzioni e devoti.
L’anno successivo (21-5-1989) il Vescovo diocesano Mons. Fiorino Tagliaferri (1986– 1997)elesse la Madonna del Castellonchio Compatrona di Graffignano e benedisse l’artistico stendardo processionale confezionato per la neonata Confraternita femminile.
Nello stesso giorno l’on. Oscar Luigi Scalfaro, allora Ministro degli Interni, poi, 9° Presidente della Repubblica(1992 –1999), visitò il Santuario illustrando ai fedeli la fondamentale figura della Vergine nel disegno divino per la salvezza.
Nel 1990, ricorrendo l’ottantesimo anniversario della edificazione della nuova chiesa, venne rifatto il portone, in legno, dell’ingresso e sistemato nell’oculo della facciata il nuovo rosone ispirato al tema delle tre virtù teologali “Fede, Speranza, Carità”: un collage di 212 pezzi ideato dall’artista romana Laura Belforti .
Nel luglio del ’92 sono state sistemate, a semicerchio, davanti all’ingresso delle due chiese pietre di basaltina donate dalla stessa società di Bagnoregio.
Il 3 dicembre dello stesso anno il Vescovo Fiorino al Castellonchio, in occasione della visita pastorale, sottolineò l’importanza che il Santuario ora riveste non solo per Graffignano ma per l’intera Diocesi di Viterbo. In questa occasione lo definì “Cuore di Graffignano” e promise, per il maggio successivo, di comporre una “ sua “ preghiera per la Vergine.
Tale definizione è quanto mai appropriata poiché il Castellonchio, è veramente “Il Cuore di Graffignano. La “Madonna,” infatti, qui da secoli venerata, costituisce il luogo in cui, indistintamente, tutti i Graffignanesi ritrovano il senso della loro comune umanità e fede.
Nell’aprile del ’94 ebbero inizio i lavori di asfaltatura della strada, che porta al Santuario e l’Amministrazione Comunale si fece carico della spesa .
Il primo maggio dello stesso anno i lavori erano ultimati realizzando così il desiderio dei devoti, che finalmente avrebbero potuto raggiungere agevolmente il Santuario evitando polvere e fango.
Nel settembre dello stesso anno, per una spesa di circa 20 milioni, vennero ultimati i lavori di sistemazione del tetto della nuova chiesa.
Domenica due marzo 1997 il Vescovo Fiorino consegnò, ai delegati della zona pastorale di Bagnoregio, convocati al Castellonchio, il libro del Primo Sinodo della nuova Diocesi di Viterbo ed annunciò gli imminenti lavori di restauro dell’affresco, compiuti, in vero, nel mese successivo.
Nell’aprile del 1997 l’Amministrazione Comunale dispose l’ampliamento del parcheggio espropriando del terreno nella zona antistante .
Nel novembre dello stesso anno con l’operazione “Mettiamo un albero per una persona cara scomparsa” vennero messe a dimora nel parco del Santuario, 8 tigli, 20 abeti, 7 querce, 3 salici e 100 cespugli.
Nel febbraio – marzo del 1988 fu messo a norma l’impianto elettrico completandolo con prese esterne per la illuminazione del parco .
All’interno fu installata una illuminazione più confacente ed un impianto di amplificazione. Il soffitto venne ripulito con sabbiatura e le travi trattate con sostanza impermealizzante.
Tutto l’interno della chiesa fu tinteggiato con colori più luminosi e più adatti a far risaltare il restaurato affresco .
Nello stesso periodo è stata ritrovata l’antica sorgente la cui acqua, condottata alle fontanelle, ha reso il flusso più ricco e permesso l’apertura di una nuova cannella.
Il 22 Marzo il nuovo Vescovo Mons. Lorenzo Chiarinelli , accompagnato dal Vicario generale della Diocesi di Viterbo, ha inaugurato le opere eseguite nel Santuario.
Il Vescovo è stato accolto, per la prima volta e con la dovuta solennità, da tutta la popolazione di Graffignano con a capo il parroco, Don Raffaele Caprini, il Sindaco, il Maresciallo dei Carabinieri, le Confraternite e la Banda musicale
Significativa è stata la scelta del Castellonchio per accogliere il Vescovo. Non c’è luogo , infatti, più indicato per richiamare i Graffignanesi agli alti valori religiosi e civili e sperare, con l’aiuto della Madonna, in un futuro migliore.
Di ciò si sono fatti interpreti il Parroco ed Il Sindaco nel salutare il Vescovo, che ha risposto apprezzando la sincerità dei sentimenti della popolazione, la sua spontanea generosità e la profonda devozione alla Madonna.
Nel marzo – aprile del 1999 consistenti lavori hanno permesso di condurre le acque dal fondo valle fino al piazzale del Santuario.
Un’autoclave solleva l’acqua e la porta nei bagni e in sei pozzetti con rubinetti per l’irrigazione del parco, che si vuole sempre ricco di fiori e di verde.
Nello stesso periodo è stata realizzata e donata da artigiani del luogo una artistica e preziosa fontana in pietra basaltina di Bagnoregio.
Questa, posta nella zona antistante l’antica chiesa, permette, ora, ai devoti specialmente anziani di attingere “l’Acqua della Madonna” senza doversi portare con fatica, specie nelle calde giornate di maggio, nel dirupo sottostante.
L’inaugurazione della fontana è avvenuta il 2 maggio del 1999 alla presenza di tutte le autorità, di numeroso popolo e rallegrata dalla banda musicale “Progresso”.
Nei primi mesi del 2000 è stato rifatto con maggior cura estetica il muro di recinzione che delimita sul davanti la zona propria del Santuario ed una pregevole ed elegante cancellata in ferro battuto ha sostituito una disarmonica sbarra posta all’ingresso.
Ora il tutto si sposa con più semplicità e grazia con la natura circostante ed offre all’intero complesso una solennità che maggiormente lo esalta e qualifica.
Tanta cura ed attenzione sono benedette da Maria con grazie, che solo Lei sa dispensare.
Senza dubbio è una grazia della Madonna che, per il Grande Giubileo del Duemila, il Vescovo di Viterbo, Mons. Chiarinelli, ha accordato “…La possibilità .della pratica giubilare presso il Santuario di Castellonchio nel periodo che va dal 21 al 31 maggio”[46]
Ogni giorno, comunque, e proprio nel mese di maggio, la Vergine sembra rivolgersi, grata, a quanti Le rendono omaggio.
La luce del sole, infatti, dalle ore 17,45 alle 18, 15 circa, entra dalla finestra, posta sul lato destro dell’abside ed accarezzando pian piano il dipinto si sposta verso l’alto, indugia sul volto della Madonna, ne accentua il sorriso e lentamente si spegne. Segno questo di predilezione e di affetto, oltre che per i devoti, anche per il luogo che in determinati periodi dell’anno, nel rigoglio fresco ed incantevole della natura, appare di una suggestione e di una serenità incomparabili.
Preghiera a Maria SS. Del Castellonchio
Salus Infirmorum
Preghiera
BIBLIOGRAFIA
[1]
Selva Pagana era un ampio tenuta, appartenente a diversi proprietari,
situata al di qua dal Tevere posseduta per metà dai conti da Persano, di
origine longobarda, e da altri condomini, che ne possedevano l’altra metà.
Questa confinava a nord con Civitella d’Agliano, a sud con
Sipicciano, ad est con il Tevere e ad ovest con Torena (Piantorena). Fino al
1927 questi sono stati i confini amministrativi del Comune di Graffignano.
Nella tenuta di “Selva
Pagana” oltre al Castellonchio vi era la chiesa di San Leonardo, una
cappella dedicata alla Madonna ed un ospedale dei lebbrosi, fatto costruire
dal nobile Bonconte da Persano, ed un Castellare , abitazione dei Conti da
Persano, distrutto ai tempi di Federico secondo
Vedi Francesco Macchioni –
Storia Civile e Religiosa della
città di Bagnoregio dai tempi antichi sino all’anno 1503 “
Agnesotti - Viterbo 1956, pag.177.
[2] Archivio Storico Comunale – Graffignano- R. Corte d’Appello d’Aquila, in sede di rinvio per le principesse S. Croce e Apolloni- Paparelli contro Comune di Graffignano e Civitella d’Agliano . Roma Tipografia Sociale “Polizzi & Valentini 1908.
Domitilla Cesi, della nobile famiglia dei Cesi, sposò Adriano Baglioni, dei Baglioni di Castel di Piero (San Michele in Teverina) e signore della terra di Graffignano ;alla morte del marito (1622) rimase erede del feudo, che, poi, sempre per eredità, avendo la di lei figlia Giovanna sposato Giulio Cesare Borromeo, passò a questa nobile casata.
[3]
Francesco Macchioni o. c. pag.
178
[4] Cipriano Manente da Orvieto – Historia di Orvieto. Vinegia 1561 .Alla pag. 139 afferma “ In tal tempo (1274) il Conte Pandolfo Anguillara, Capitano e Podestà di Viterbo venne sopra Civitella ad un luogo detto il Serraglio, fu terminato il confino fra Orvieto , et Viterbo, et fu decretato che Castel di Piero et Mugniano fusse nel territorio di Orvieto, et Graffignano territorio di Viterbo”.
Vedi
anche Feliciano Bussi -Istoria della città di Viterbo –Roma 1742 che alla pag 52 afferma
“ Perzano. Era questo Castello della
città di Viterbo…”” alla pag 52
..”Celleno e Sipicciano. Queste due terre erano di Viterbo….Graffignano,
Castel Fiorentino. Questi due Castelli furono di Viterbo…”
Ancora oggi al confine tra i territori di Graffignano e Civitella d’Agliano, in località tra Cercquetelli e Pian dell’Arco è visibile un cippo in pietra con la scritta “Orvieto”
[5] L. Fumi .Cronica Antiqua- Annales Urbevetani, pag 181.
[6] Da Francesco Macchioni o. c. alle pag. 329-447-592;
da Mario Signorelli “Storia Breve di Viterbo” Agnesotti-Viterbo –1965, pag 169-194- 276- 280;
da Francesco Petrangeli Papini “Bagnoregio - Cronologia Storica”- Agnesotti – Viterbo-1972 pag. 77-90-113, è possibile avere un quadro abbastanza preciso della peste che a più riprese colpì le terre del Patrimonio di San Pietro
Nel 1348, infatti, imperversò la celebre peste nera ben evidenziata dal Decamerone di Giovanni Boccaccio. Questa scoppiò, importata dall’India, con grande violenza nell’Italia Centrale.
Si manifestava nel corpo con formazioni di macchie nere. Persone sane al mattino, il giorno dopo erano cadaveri deformi.
In Viterbo morirono due terzi degli abitanti e nove decimi in Orvieto. Qui in un sol giorno morirono cinquecento persone. Due terzi morirono in altre parti della Tuscia.
Nel 1399 -1400 la peste colpì Viterbo, Orvieto, Bagnoregio e tutta la Tuscia . Questa si ebbe per il passaggio delle compagnie dei Bianchi, penitenti d’oltralpe che si dirigevano a Roma per il Giubileo del 1400.
Secondo quanto afferma il cronista Fr. Francesco d’Andrea si apprende che “ Lo papa fece l’anno del giubileo et fu anno Sancto, et in quell’anno fu gravissima mortalità: et dice .. che furno numerati per lo Vescovo de Viterbo che morirno abitanti 6.663 persone tra grandi et piccoli”.”
Nel 1449, dalle riforme di Orvieto in data due giugno, si sa che il morbo, di natura quanto mai contagiosa si era propagato in molte città e luoghi circonvicini. A Viterbo muore metà della popolazione..
Anche nel 1467 la peste infuriò in gran parte delle terre del Patrimonio di San Pietro.
Nel 1497 la peste era ad Orvieto e fu presente in questa città fino al 1499 anno in cui scoppiò violenta a Bagnoregio, dove i morti furono così numerosi da essere seppelliti nelle pubbliche strade.
Sappiamo per tradizione che, nel colmo della pestilenza, il miracoloso crocifisso, che si venera nell’antica chiesa Cattedrale di Civita, parlasse ad una pia vecchierella che pregava per la fine del flagello e le dicesse che con la sua morte il morbo avrebbe avuto fine.
Nel 1522 la peste infuriò di nuovo ad Orvieto fino al 1524 e tra la città ed il contado fece 7000 vittime; di certo colpì anche Bagnoregio. Nel 1527 era di nuovo a Viterbo e nelle sue vicinanze.
Nel 1657 colpì Montefiascone e Viterbo. I disinfettanti erano aceto per le persone e calce per gli ambienti: Rimedi erano unguenti, cerotti, impiastri di olio di scorpione, camomilla, petali di rosa, erbe aromatiche.
Gli Orvietani, per invocare la salvezza dal grave pericolo, fecero pubblico e solenne voto di osservare il digiuno il giorno della vigilia del Corpus Domini.
Questa epidemia colpì anche la Comunità di Graffignano,. Infatti, nella seduta del Consiglio Comunale del 21 marzo 1662 si evidenzia “ …il calo della metà del popolo per la morte successa di molte persone et estintione di molte famiglie” .
[7] Molto incerti sono i dati biografici di San Rocco vissuto fra il 1295 ed il 1327 o tra il 1360 ed il 1365. Francese, di Montpellier (?) e forse morì ad Angera sul lago Maggiore.
Dal sec XV è invocato, insieme a San Sebastiano, come taumaturgo o protettore contro la peste perché avrebbe perduto la vita con questo male curando gli appestati.
Le sue immagini sono rare prime del 1485 quando, secondo una tradizione, i Veneziani ne trasportarono le reliquie dall’Oriente.
Da allora il culto del Santo ebbe grande impulso e dappertutto sorsero chiese, Confraternite ed Oratori in suo onore specie nelle campagne.
E’ rappresentato giovane, barbato, in abito da pellegrino, in atto da indicare un bubbone sulla gamba ed è spesso accompagnato dal cane, che talvolta reca un pane in bocca a ricordo della leggenda secondo la quale il nobile Gottardo mandava con un cane il cibo al Santo, malato, presso Piacenza.
I cicli pittorici sono rari. Il più famoso è quello del Tintoretto nella scuola di San Rocco a Venezia dove si conservano le reliquie del Santo. La festa si celebra il 16 di Agosto.
Nel nostro territorio il suo culto è abbastanza diffuso. Infatti, il Santo è ricordato oltre che nell’affresco del Castellonchio anche con chiese ,cappelle o edicole un po’ ovunque come a Celleno , Montecalvello, (festa patronale 16 agosto) ,Capodimonte, Acquapendente. Secondo la tradizione egli sostò proprio ad in quest’ultima cittadina e qui si prodigò per i malati e compì miracoli..
[8] San Sebastiano (sec,III) oriundo di Narbona, altri dicono appartenente ad una famiglia cristiana di Milano, che intorno al 270 si era recato a Roma per entrare nella guardia dell’imperatore. Dopo essere stato arruolato si distinse talmente per intelligenza, lealtà e coraggio che in breve scalò tutti i gradi della gerarchia militare e divenne tribuno della prima coorte, anche con l’appoggio diretto degli imperatori Massimiano e Diocleziano, i quali non sospettavano della sua fede cristiana. Grazie al potere di cui fu investito, Sebastiano, poté aiutare “dall’interno” i cristiani oppressi dalla persecuzione.
Un giorno che i figli di un tal Tranquillino furono arrestati perché ritenuti cristiani, egli andò in carcere per invitarli a perseverare nella loro testimonianza e a non cedere al ricatto di sacrificare agli dei pagani. Mentre parlava loro, i presenti nel buio del carcere, lo videro avvolto da una grande luce ed una donna, muta da sei anni, gli si inginocchiò supplicando la grazia del Signore e la donna riprese a parlare.
A questo prodigio ne seguirono altri che determinarono un gran numero di conversioni, ma un giorno anche Sebastiano venne scoperto e condannato al martirio da Massimiano, che, cieco di rabbia per la fiducia tradita gli disse :” Io t’ho sempre tenuto tra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”. Detto questo lo fece legare ad un palo e trafiggere da così tante frecce da “sembrare un riccio”( così narra la Passio di S. Sebastiano).
Irene, una nobile donna romana, lo raccolse che era ancora in vita e miracolosamente riuscì a salvarlo. Ma Sebastiano, appena guarito, andò a proclamare la sua fede dinanzi agli imperatori, che questa volta gli inflissero il martirio della flagellazione e ne gettarono il corpo nella cloaca massima.
Nella notte il Santo apparve in sogno ad una matrona romana di nome Lucina rivelandole il luogo dove il suo corpo era approdato e consentendo così ai cristiani di ritrovarlo.
Fu sepolto nelle catacombe sulla via Appia sopra le quali poi venne innalzata nel IV sec. a Papa Damaso I (366 – 384)una Basilica in onore del Santo. A poche centinaia di metri vi è il cimitero di San Callisto.
Questo complesso cimiteriale fu il primo ad essere chiamato ad Catacumbas ed il nome di catacomba si estese poi a tutti i cimiteri sotterranei cristiani.
Nei monumenti più antichi appare vestito di tunica e clamide, reca la corona gemmata ed è barbato e d’aspetto anziano. A partire dal 14° sec. é raffigurato giovane, nudo, legato ad una colonna o ad un tronco e crivellato da frecce, che per essere state il simbolo della peste lo fecero assumere, insieme a S. Rocco, come protettore contro tale epidemia.
Nello Statuto del Comune di Graffignano del 1561 nel libro IIII “Delli estraordinari “al cap XVIIII si faceva obbligo a tutti di celebrare la festa dei santi Rocco e Sebastiano “ sotto pena de dieci libbre per ciascuno contraffacente”.
[9] “Sassetto”. Gioco un tempo molto popolare tra i ragazzi: ogni giocatore puntava una determinata moneta metallica, che, per stabilire chi dovesse iniziare il gioco, a turno, veniva lanciata, da una determinata distanza, verso un punto stabilito, detto lecco.
Colui che più si avvicinava al lecco iniziava, gli altri seguivano nell’ordine. Le monete, poi, venivano raccolte e messe una sopra l’altra, tutte per un verso.
Il gioco vero e proprio consisteva nello scagliare, con una certa arte, un sasso (da ciò il nome sassetto) sopra il mucchio di monete. Quelle che si capovolgevano erano vinte.
[10] Mons Luigi Rosa nominato a Vescovo di Bagnoregio (1942–1967) negli anni tristi della guerra, nei momenti del pericolo, è stato sempre vicino ai suoi diocesani mettendo a rischio la sua vita senza alcun timore.
Durante l’occupazione tedesca, dal settembre del 1943 al giugno del 1944 , dimostrò fierezza e coraggio nell’affrontare i prepotenti e con animo generoso e paterno consolò ed aiutò i sofferenti.
In occasione delle solenni celebrazioni del 25° del suo Episcopato (8-10-1967), il Comune di Graffignano offrì un contributo di £ 78.000 pari a £ 300 per ogni abitante (la popolazione contava 2.600 unità compresa la frazione di Sipicciano) da elargire al Sindaco di Bagnoregio ( delibera N° 68 dell’8-9- ’67 G.M.) per l’acquisto di un dono unico dei Comuni della Diocesi.
Per la stessa occasione, con separato atto deliberativo dell’8-9-’67, inoltre, la Giunta Municipale propose, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il conferimento, a S.E. Mons. Luigi Rosa, della Commenda al Merito della Repubblica Italiana.
Al Vescovo L. Rosa don Vittorio Bartoloni, parroco di Graffignano (1942-1988) intitolò la sala cinematografica parrocchiale.-
Mons. Rosa nel novembre del 1967, in conformità alle nuove disposizioni del Concilio Vaticano II°, presentò le dimissioni per raggiunti limiti di età.
Queste vennero accettate il 28 aprile 1967 e nello stesso giorno fu nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Bagnoregio Mons. Virginio Dondeo (1967-1970) Vescovo di Orvieto.
Il Vescovo Rosa conservò, tuttavia, il titolo e la residenza in Bagnoregio fino alla morte avvenuta il 3 ottobre 1971.
Nel 1970 venne nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Bagnoregio Mons Luigi Boccadoro (1970 – 1986) già Vescovo di Aquapendente , Montefiascone, Tuscania e Vitebo.
Nel 1986 queste cinque Diocesi, in seguito alla ristrutturazione della Chiesa Italiana, vennero dichiarate estinte ed i loro territori uniti nella sola Diocesi di Viterbo.
l nome della Diocesi, però, non è cessato, infatti,. continua con i Vescovi non più residenziali ma titolari. Il primo dei quali è stato Mons. Mario Rizzi, che nel 1991 fu inviato come Amministratore Apostolico a Sofia, in Bulgaria.
[11] Vittorio Bartoloni . Manuale del Pellegrino al Santuario del Castellonchio- Graffignano 1978 pag. 37
[12] Fancesco Macchioni o. c. pag. 489 – La procurazione era una tassa annua fissa, dovuta dalle chiese per essere esentate dalle spese che avrebbero dovuto sostenere, in caso di visita, per il Vescovo ed il suo seguito. Per ogni procurazione era imposto un fiorino, i rettori di due chiese riunite, di solito ne pagavano due
[13] Il convento di Santa Maria Apparuta, detta anche della Maestà o dell’Assunta, sorgeva dove attualmente è la casa canonica e la chiesa Parrocchiale di San Martino. All’epoca era fuori del centro abitato (Extra moenia) in località chiamata “Cerqueto”. –
“Si
celebra in questa Chiesa la festa delli 15 agosto di ciascun anno dalli
bifolchi di questo luogo quali fanno il signore e danno l’offerta
all’immagine della Madonna in un cero. E’ solito farsi la questua ogni
terza domenica del mese e coll’elemosine che si fanno ci si celebra la
messa per li bifolch”.
Vedi Vittorio Bartoloni – Il Castello di Graffignano , cenni storici e curiosità di vita civile e religiosa dai tempi lontani ad oggi- Silvio Pellico Montefiascone (VT) 1985. Pag. 126.
[14] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio – atti civili - Vol. 11, 10.10.1586, cart. 208
[15] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio, Benef.iciari A – B, 1570 – 1644, pag.140 e seg.
[16] P. Maestro B. Theuli “Apparato Minoritico della Provincia di Roma” Roma Edizioni Lazio Francescano- Lungotevere Farnesina ,12, 1967. Pag. 201. Cap X – Annotato ed aggiornato dal P.M. Antonio Coccia alunno della stessa Provincia.
[17] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio , Viste pastorali G.H. - 1696 - c. 297
[18] Bernardini T. Tanzella A. Il feudo di Graffignano- Maggiorelli – Vinci (FI) 1991 Vol Primo pag.74
[19] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio- Visite pastorali G. H. 1654 c. 74.
[20] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio- Visite Pastorali :
Vol. 10,- 1715 pag .366; Vol. 11, 1722,- c.192 ; 1725, c. 284; 1728 c. 334; Vol., 12, 1732 c 62; .Vol. 13, 1746 c. 140 t.;.1748 c. 174; , 1750 , c.. 209;– 1752, c. 245 T; Vol.14 , 1755 c.45 t ;Vol. 16 , 1759 c. 125; 1761 c. 153; 1763 c.180; Vol .16 , 1765 c. 33;– 1775 pag.631; 1777 pag. 679; 1779 pag. 755; 1783, pag . 855;-.; Vol 19 . 1793 c. 17 t. Vol. 20 1796 c. 345. Vol. 21 1804 c. 28 .1808 c. 367.: Vol 24 n 120- 128.
[21] Archivio Curia vescovile Bagnoregio Visite Pastorali Vol. 8 - 1706 c.161.
[22] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio Visite Pastorali Vol 11. Pag 111
[23] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio Assegne anno 1727 c. 345
Assegne: sono così chiamati una serie di documenti contenenti l’inventario dei beni che il parroco era tenuto a compilare e consegnare alla Curia in quanto responsabile di tutto ciò che gli veniva “ assegnato” (affidato) in cura ed in gestione
[24] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio – Visite Pastorali Vol. 13 ,1754 c. 269
[25] Archivio Curia vescovile Bagnoregio Vol. 18 , 1790 pag 120.
[26] Archivio Curia Vescovile Visite Pastorali Vol. 22, 1815 c. 51., Vol. 23, Decreti c. 57-66
[27] Luigi Cori , Brevi Memorie Storiche di Graffignano e del Piccolo Santuario di Maria SS.ma di Castellonchio Tipografia, Alesi - Roma 1940
[28] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio Corrispondenza varia.
Archivio Comunale Graffignano - Atti Criminali (1628- 1831) Busta 11 – Fasc. 96.
La festa della Madonna del Castellonchio ricorreva il due di maggio come risulta anche in un processo avutosi per una querela presentata il 2 maggio 1792 da Eutizio Urbani “ de terra Suriani” contro Francesco Tardani, Pietro Tardani, Bartolomeo Rossetti e Giovan Battista Chiovelli. L’Urbani vendeva limoni nella “ Piazzarella” del paese in occasione della festa della Madonna del Castellonchio ed ebbe a discutere con Francesco Tardani circa il prezzo dei limoni.
Dalle parole si arrivò alle mani ed anche al coltello e se non fossero accorsi gli Sbirri e altre persone la rissa avrebbe degenerato.
Al processo i testimoni “Luigi Annucci di Baschi, abitante al presente nella terra di Graffignano , incola ad presens in hac terra Graffignani, e Bartolomeo Rossetti che “ era di Arcis Alvetie e abitava in S. Angelo cura della Rocca del Veccio ed era venuto in Graffignano con Giovan Battista Chiovelli, accompagnandosi a Francesco Tardani e Pietro Tardani di questa terra, dove essendo qui festa solita della Madonna del Castel Onchio che sempre si celebra alli due di Maggio.”
[29] Archivio Comunale Graffignano processo XLVI 8 – 4 – 1806 .
In una querela, fatta da Antonio Trifoni contro chiunque indiziato, viene chiamato a testimoniare un certo “ Andrea Cori ventisettenne circa , bifolco prima al Pian della Nave ed ora col Principe Santa Croce.”. Interrogato dal giudice afferma “ Io fui Signore per la festa della Madonna di Castellonghio, e non avevo avuto tanto denaro, quanto mi era occorso per le spese di detta festa, tantochè specialmente dovevo passare le messi della festa suddetta.”
[30] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio miscellanea
“Questua per la festa della Madonna del Castellonchio anno 1857”. – “ Raccolto: 3 stara di grano, qualche vaglio di lana fu fatto poco perché era un anno scarso di raccolta. La questua fu effettuata da Baruffa Pietro e figlio di Grossi Giuseppe domiciliato in Civitella d’Agliano, nei territori di Civitella d’Agliano e Castel Cellesi”
[31] Archivio Storico Comunale Graffignano Libri dei Consigli e della Giunta municipale 1832
[32] Da tempo immemorabile la Vergine del Castellonchio riscuote venerazione anche tra gli abitanti di Montefiascone dovuta a particolari grazie dispensate dalla Madonna.
Un tempo, come alcuni testimoniano, i pellegrini, provenienti da quella località, si davano appuntamento nella zona di Montesecco, al crocevia di Sant’ Angelo e da lì, processionalmente, lungo la strada di campagna, che conduce alle “Selve”, arrivavano al Santuario.
[33] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio Scaffale XVII – Pluteo 1 Busta 6.
La carta intestata del Comune di Graffignano, su cui era scritta la lettera, offre una precisa documentazione circa l’ordinamento amministrativo del nostro territorio. Allora, infatti, il Comune era: Provincia di Roma,-Circondario di Viterbo - Mandamento di Bagnorea.
[34] Vittorio Bartoloni - Manuale Del Pellegrino al SANTUARIO del CASTELLONCHIO- cenni storici – cronache, preghiere e canti. Graffignano - Maggio 1978 pag. 20
[35] Archivio Comunale Graffignano – Libro dei Consigli e della Giunta – anno 1911
[36] Archivio Comunale Graffignano – Libro dei Consigli e della Giunta –anno 1913.
“La camera attigua alla Chiesa della Madonna del Castellonchio “ era l’ambiente del vecchio Santuario.
[37] Archivio Comunale Graffignano – Libro dei Consigli e della Giunta - anno 1920
[38] Angelo Maria Dolci nacque a Civitella D’Agliano il 12 luglio 1867.Discendeva dalla casata dei Dolci, nobile famiglia del patriziato orvietano. A 12 anni entrò nel seminario di Bagnoregio e dopo aver compiuto gli studi classici passò nella Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici, in cui ebbe come compagno di studi il futuro Papa Eugenio Pacelli. Fu ordinato sacerdote il 5 giugno 1890 nel seminario di Bagnoregio.
Il 17 aprile 1900 , a soli 32 anni, fu nominato Vescovo di Gubbio. Nel 1906 da Pio X fu promosso alla sede Arcivescovile di Nazianzo (antica città dell’Asia Minore, l’odierna Nienzi, fu patria di San Giovanni Nazianzeno), nominato delegato Apostolico in America Latina ed Arcivescovo titolare di Patrasso.
Nell’estate del 1910 , dopo aver assolto con successo la sua missione in America Latina, ritornò a Civitella per un periodo di riposo e proprio allora, nel settembre, venne al Castellonchio e benedisse la nuova chiesa.
Nel 1910,poi, fu chiamato a ricoprire la cattedra Arcivescovile di Amalfi. Qui non rimase a lungo perché l’11 giugno del 1914 venne inviato , quale Delegato Vicario Apostolico , a Costantinopoli ed incaricato a reggere contemporaneamente il Vicariato Patriarcale per i Latini nelle sede di Gerapoli in Siria.
Erano
gli anni terribili della guerra, dei massacri dei Greci e degli Armeni in
Costantinopoli, delle sofferenze dei cattolici in Libano ed in Siria. Il
Dolci, con il prestigio della sua personalità e del suo ruolo, seppe, con
intelligenza ed abilità, far valere le ragioni della fede e della carità
tra i vari contendenti ; alleviò dolori ed angustie di molti senza distinzioni, tanto che nei 1921 Turchi, Greci, ed
Armeni eressero in segno di riconoscenza, per l’opera svolta dalla Chiesa,
un monumento a Benedetto XV di fronte alla Cattedrale cattolica di
Costantinopoli. Il Dolci fu chiamato “l’uomo
del Vaticano in Levante”.
Il 30 maggio del 1923 fu nominato Nunzio Apostolico a Bucarest, in Romania. In considerazione dei meriti acquisiti nei posti di responsabilità Pio XI , nel Concistoro del 13 marzo 1933, lo nominò Cardinale di Santa Romana Chiesa con il titolo Presbiteriale di S. Maria della Vittoria e poi con quello di Arciprete della Basilica Patriarcale Liberiana (Santa Maria Maggiore)Il suo nome figura scritto sopra la Porta Santa di questa Basilica per la chiusura dell’Anno Santo della Redenzione 1933-1934.
Ne 1936 fu elevato all’Ordine dei Vescovi Suburbicari con giurisdizione sulla diocesi di Palestrina. Nel 1937 fu inviato quale Legato “ a latere” a presiedere il XII Congresso Eucaristico Nazionale Italiano, Intercoloniale, a Tripoli.
Nel marzo del 1939 partecipò al conclave, che elesse Eugenio Pacelli, Papa Pio XII. Nell’aprile del 1939 fu presidente ai Congressi internazionali della Gioventù Femminile e dell’Unione Donne di Azione Cattolica. Nell’estate ebbe qualche malore, si ritirò a Civitella, dove, il 13 settembre 1939, si spense serenamente nella “Villa Dolci”.
Attualmente questa è la sede dell’Ente Morale “Fondazione Cardinale Dolci” ed il luogo in cui le suore “Figlie del Calvario” , la cui casa fu fondata a Civitella d’Agliano nel 1919 dai Dolci, continuano a trasmettere alle nuove generazioni i valori morali, civili e religiosi che animarono il Cardinale
Vedi – Civitella d’Agliano e il suo Cardinale - di Suor Croce delle “Missionarie Figlie del Calvario”-
C Ceccarelli – Grotte di Castro – 1979 .
[39] Luigi Cori –Brevi Memorie Srtoriche di Graffignano e Del piccolo Santuario di Maria SS.ma di Castellonchio op. cit. pag 16
[40] Acquarello - Metodo di pittura che adopera pigmenti colorati temperati con gomma e quindi solubili nell’acqua.
Tratteggio - Uno dei mezzi grafici per ottenere il chiaroscuro nel disegno, nella incisione e nella pittura. Esso consiste in un tracciato di linee parallele o incrociate, più o meno fitte e più o meno forti in ragione delle gradazioni di ombreggiatura che si vogliono realizzare.
Velatura - Sottile strato di colore che il pittore distende sul dipinto ben secco sia per intonarlo meglio, sia per addolcire il modellato, sia per modificare la forza di un tono.
L’uso della velatura non è un ripiego, bensì un proprio artificio e se ne valsero con grande maestria specialmente gli antichi pittori veneti.
[41] Picchiettatura – Arte di punteggiare una superficie con macchioline , per lo più irregolari, di colore diverso.
[42] Statuto Municipale di Graffignano, 1640 – Libro III – “De Malefitii”- Cap. VII- Della pena di chi percoterà con la mano vota o piglierà per li capelli – “ …….per la trascinatura, il capuccio, o vero berretta all’homo, o velicelli, o panni del capo alle donne alcuno se ingiuriosamente leverà o getterà, in dieci soldi di pena per qualunque volta sia punito”.
[43] “L’oro della Madonna” consistente in diversi oggetti preziosi (anelli, orecchini, catenine) segno evidente di grazie e profonda pietà, oggi è stato inventariato e messo al sicuro.
[44] Vittorio Bartoloni - Manuale del Pellegrino al Santuario del Castellonchio -op.cit. pag. 24 - 23 - 35- 36- 29-30- 41- 37.
Gli antichi documenti descrivono la Chiesa del Castellonchio “ piccola e povera … da parte di mezzogiorno ..in mezzo ad una macchia.. rude e spoglia “.
Questo
testimonia che non aveva entrate proprie e che “tutto il necessario era
fornito dalla Chiesa dell’Apparuta o Conventino.”
Tuttavia verso la metà del secolo XIX sotto l’episcopato di Mons Gaetano Brinciotti (1854 –1867) si provvide, come afferma Luigi Cori nell’opera citata alla pag. 13 e 14, a nominare “un rettore amministrativo curatore e custode delle rendite incerte raccolte in quel sacro luogo”.
Per questo incarico venne scelto un laico nella persona del Signor Gerolamo Paparelli, quindi il figlio Tommaso e poi il nipote Daniele.
Dopo la rinuncia spontanea di quest’ultimo nel 1909, il vescovo diocesano mons. Rinaldo Camillo Rousset (1906–1909) affidò l’incarico della gestione al parroco don Luigi Cori, che lo tenne con scrupolosa precisione fino al 1938.
Sappiamo,
pertanto, che nella visita pastorale del
26 maggio 1913 il Vescovo Emilio Poletti (1913– 1918)approvò il registro delle entrate e delle
uscite del Castellonchio ed ordinò che “i
sopravanzi siano devoluti pel maggior decoro della Chiesa parrocchiale,
troppo misera e bisognosa di restauri e di aiuto”.
Il vescovo Mons. Tranquillo Guarnieri ( 1927 – 1937) confermò lo stesso ordine l’11 novembre del 1928 disponendo, inoltre, che una parte del sopravanzo, che era di £ 2.508,55, venisse devoluto alle suore ”Figlie del Calvario,” che proprio in quell’anno avevano aperto a Graffignano una casa con “laboratorio ed asilo infantile”.
Il parroco, così, per la nuova chiesa parrocchiale, poté corrispondere diversi acconti alla ditta Nisi Torquato, per complessive £ .4.911,10, inoltre, £ 1.300 per estinguere un mutuo con gli ex combattenti, altre somme per acquistare l’organo dalla cattedrale di Montefiascone e varie suppellettili necessarie alla chiesa.
Dopo il breve periodo (1939 –1942) , in cui l’amministrazione del Castellonchio, passò direttamente alla Curia, nel 1942 con il vescovo Mons. Rosa fu di nuovo affidata al parroco di Graffignano, che tutt’ora la gestisce.
- Le suore Missionarie Figlie del Calvario operarono nella parrocchia di San Martino per circa 50 anni, quando nel 1976 per mancanza di personale la Casa di Graffignano dovette essere chiusa, nonostante gli sforzi compiuti per impedire ciò dal parroco don Vittorio Bartoloni e da molti cittadini, che ritenevano, giustamente, insostituibile la loro presenza nel paese.
Esse durante questo periodo, infatti, si sono prodigate con abnegazione e spirito di servizio oltre che verso i bambini, gestendo l’asilo infantile, anche nell’educare diverse generazioni di giovani che intorno ad esse si ritrovavano per crescere nella umanità e nella fede.
Le suore, inoltre , sono state sempre attente al decoro della chiesa ed alla animazione liturgica, nonché a visitare e portare conforto agli infermi, agli ammalati ed a soccorrere quanti si trovavano nel bisogno sia spirituale che materiale.
[45]“ Alle falde del Santuario scaturisce, da sempre, una limpida sorgente, chiamata “Acqua della Madonna” .
I pellegrini l’attingono mediante due fontanelle che gettano acqua in due conchiglie di pietra, probabilmente due acquasantiere riutilizzate; una è polilobata, l’altra liscia con l’orlo terminante in due grosse spirali che si incontrano all’interno della vaschetta.
Sopra le due fontanelle c’è un’edicola con una riproduzione della Madonna del Castellonchio,
Per accedervi c’è una strada alquanto scoscesa ed una scalinata un po’ faticosa, specie per gli anziani.
Nel 1998, essendo stata ritrovata la vena, è stato possibile aggiungere una nuova cannella e dal ’99 l’acqua, mediante un’autoclave, alimenta anche una artistica fontana costruita davanti la vecchia chiesa, rendendo così un nobile servizio a quanti hanno difficoltà a scendere per attingere con devozione “l’acqua benedetta”.
[46] Tale disposizione è stata trasmessa al Parroco don Raffaele Caprini dalla Curia Vescovile di Viterbo in data 21 /03/ 2000 in risposta alla richiesta dello stesso del 10/03/ 2000. Questa è firmata dal Vicario Generale della Diocesi Mons. Pietro Concioli e contiene l’augurio di’ “ una felice esperienza pastorale ai sacerdoti che vi presteranno i loro servizi e ai fedeli che ne approfitteranno.”