Studio paleopatologico di Pandolfo III Malatesta
Regia: Lucio Morettini
Consulenza scientifica: Gino Fornaciari

Pandolfo Malatesta, secondogenito di Galeotto Malatesta e di Gentile dei Varano fu signore di Fano, nacque il 2 gennaio 1370 ed insieme ai fratelli garantì la continuità dinastica della famiglia. Fin dalla prima giovinezza aveva preso parte attiva alle imprese del fratello Carlo rivelandosi subito buon soldato e abile condottiero, caratteristiche che lo resero, in età adulta, un personaggio emblematico del Rinascimento italiano. Nell'epico scontro fra Giangaleazzo Visconti e la Repubblica di Firenze, i Malatesta sostennero ora una parte ora l'altra. Con lo sfaldamento dello stato visconteo, Pandolfo III ebbe l'opportunità di impadronirsi di Brescia e Bergamo dove creò una piccola signoria. La sua egemonia ebbe scarsa durata: sconfitto in battaglia, dovette riparare in Romagna e a Fano. Pandolfo morì per una febbre di natura ignota durante un pellegrinaggio a Loreto, il 3 ottobre del 1427, appena dopo il suo matrimonio, il terzo, con una giovane di 17 anni. Fu sepolto a Fano, nella chiesa di San Francesco.
Nel 1990 il Comune di Fano decise di restaurare il portico della chiesa, dove era il sarcofago che conteneva la mummia del Malatesta. Venne recuperato l'intero apparato funebre e in quell'occasione fu commissionato uno studio paleopatologico al gruppo di paleopatologia dell'Università di Pisa. Il corpo era in buono stato di conservazione. Dal punto di vista dello studio paleopatologico Pandolfo si presenta come un uomo robusto e alto, con un addome sporgente. La faccia conferma l'immagine della moneta. Si osservano i solchi prodotti sulla pelle da corde; numerose lesioni: una profonda ferita deturpante sulla coscia destra, la frattura di un incisivo superiore, una marcata callosità sui ginocchi, il sovrapporsi del secondo dito del piede. All'esame esterno ha fatto seguito quello antropometrico: cranio piuttosto alto, nuca schiacciata, naso prominente. Queste fattezza, insieme all'altezza: m.1.83, caratterizzano il tipo razziale "dinarico" diffuso dalla costa adriatica ai Balcani. L'investigazione con i raggi X ha mostrato: una osteoartrosi sternoclavicolare, l'ossificazione dell'inserzione dei muscoli posturali sulla cresta iliaca, la osteoartrosi funzionale delle ossa della mano destra e un varismo. Un esame accurato della cavità orale mostra una severa patologia dentale: ascessi e granulomi. Tutte queste patologie fanno supporre una origine dovuta alla sua vita di guerriero: andare a cavallo, usare armi ed armature e nutrirsi di cibi ricchi di zucchero. L'autopsia ha rilevato un fegato fibroso, osteoartrosi e discopatie della colonna vertebrale (probabile peso della armature) ed una possibile ipertrofia prostatica benigna. La presenza nell'intestino di alcuni semi di uva concorda con il periodo di vendemmia in cui è avvenuta la morte (ottobre). Osservazioni al microscopio ottico e a quello elettronico e la spettroscopia infrarossa hanno mostrato una buona conservazione dei tessuti e la preservazione degli acidi nucleici per cui saranno in seguito possibili studi genetici. L'analisi chimica con lo spettroscopio ad assorbimento rivela tracce di elementi che permettono ricerche paleonutrizionali. In genere la presenza di zinco nei tessuti ossei indica una dieta basata su carne mentre la presenza di stronzio rivela l'uso di alimentazione vegetale. In Pandolfo, come era presumibile per un signore di quei tempi, si ha una larga presenza di zinco. Lo studio paleopatologico di Pandolfo Malatesta è un esempio emblematico di come questa importante e recente branca della medicina possa essere di supporto alla ricerca storica rivelando abiti e malattie dei nostri predecessori.
La paleopatologia mostra che una tomba non è silenziosa se sappiamo ascoltarla.