VERSO
IL 2000 ASPETTATIVE...SPERANZE... |
|
Vi proponiamo le testimonianze raccolte nel 1996, in occasione del trentesimo anniversario della posa della prima pietra della nostra chiesa di S. Pietro Apostolo, di parrocchiani di tutte le età che hanno vissuto (e continuano a vivere) l'esperienza di formare continuamente una comunità di credenti guidata da Gesù. Nel
trentennale della posa della prima pietra della chiesa. A
quelli che verranno..... ERA VERSO SERA ... Era verso sera del 20 Novembre 1965, quando il Card. Giovanni Urbani, Patriarca di Venezia, inseriva in un piccolo contenitore cilindrico una pergamena e lo metteva nell’incavo della Prima Pietra, fissandola poi sulle fondamenta della chiesa, sul lato interno nord-est della stessa. In
quella pergamena c’erano i nomi di alcune persone: il Patriarca di Venezia
Card. Giovanni Urbani, il 1° Parroco don Vincenzo Agnoletto, i progettisti
dell’opera architetti Giancarlo Baessato e Marino Franzoi, il Presidente del
comitato organizzatore dott. Mariano Bazzarin e altri nomi di persone che ora
non nomino, ma non meno benemerite. Quello
fu un momento molto emozionante per me allora, e continua ad esserlo anche oggi
dopo oltre trenta anni di vita pastorale vissuta qui. Dopo
quasi trenta anni sono state eseguite notevoli ristrutturazioni nella chiesa.
Allora mi faccio alcune domande alle quali cerco di dare una risposta: Perché
la ristrutturazione del Presbiterio della chiesa? Perché
in una Parrocchia oltre alla chiesa ci devono essere anche le varie strutture? Una
risposta di fondo e generica: è proprio dell’uomo cambiare, rinnovare,
cercare il meglio...questo vale anche per la Chiesa e le sue strutture. Da tener presente che la nostra chiesa è stata costruita un po' frettolosamente per vari condizionamenti: l’aumento forte della popolazione, scarsezza di mezzi economici e, diciamo pure, poca chiarezza circa l’edilizia liturgica. Infatti
subito dopo la prima Visita Pastorale alla Parrocchia fatta dal Card. Urbani nel
1968, mi ero posto la domanda se era il caso di tentare di rendere la chiesa più
funzionale per la liturgia e più bella artisticamente. Si è pazientato,
ovviamente per quasi trenta anni, così nel 1994 l’architetto Maurizio
Bergamo, in collaborazione con il Presidente della commissione di Arte Sacra
della Diocesi, ha ideato la ristrutturazione del Presbiterio della chiesa e
dell’impianto elettrico secondo le leggi attuali. Oggi
ormai si vive e si ammira la migliore funzionalità della chiesa e di
conseguenza una migliore accoglienza per i fedeli e per tutti un clima per
pregare meglio ammirando i preziosi marmi, il mosaico, la nuova sistemazione del
Tabernacolo, l’immagine di Maria Immacolata e un posto decoroso per sistemare
il Fonte Battesimale. Io
mi auguro che sia di gradimento a tutti e sia anche di richiamo per frequentare
la chiesa nei vari momenti di Preghiera e di ascolto della Parola di Dio. Il
vostro Parroco VERSO IL 2000: ASPETTATIVE ...SPERANZE La
nostra comunità risente in questi anni delle difficoltà, delle inquietudini,
delle incertezze della società sempre più complessa ed articolata di cui fa
parte. Le
famiglie che la compongono vivono quotidianamente i loro problemi ma sono anche
sedi di affetti, di comprensione reciproca, di slanci generosi. Si auspica che
esse siano sempre più quei piccoli nuclei dove si sperimenta l’amore, si
pratica il servizio, si appianano le difficoltà, si superano le incomprensioni,
si aiuta, si incoraggia, si sprona. I
bambini, ormai poco numerosi, rappresentano il nostro futuro, sono spesso
frastornati da tante sollecitazioni esterne ma sempre disposti ad accogliere il
bene, l’amore, l’amicizia che loro si offrono. Essi siano costante oggetto
di attenzione affettuosa da parte dei genitori, non si domandi esclusivamente e
genericamente alla società o alla scuola la soluzione dei problemi che si
presentano quotidianamente; vadano indirizzati ed educati ad accoglier tutti
coloro che ci circondano perché ognuno è portatore di ricchezze interiori e
siano avviati nei gruppi che la Comunità parrocchiale offre assecondando il
loro entusiasmo, gli interessi che li aprono alla vita. I
bambini siano spronati in caso di difficoltà e “benevolmente” guidati
all’uso dei mass-media suscitando delle motivazioni. Dai
ragazzi e dai giovani, future speranze, a volte perplessi e disorientati di
fronte al contraddittorio mondo che li circonda, possano scaturire inaspettate
risorse e slanci di operosità e generosità proprie della loro età che
fiorisce. La Comunità assegni loro un posto speciale: siano accolte le loro
aspettative, le loro ansie, il loro desiderio di trovarsi in gruppi guidati. La
loro vitalità ed esuberanza siano incanalate e guidate. Si accettino le loro
incertezze di fronte ad un mondo che appare privo di valori morali, di ideali e
si consenta loro di mettere in discussione se stessi e ciò che li circonda per
costruire il nuovo. Gli
adulti, asse portante di una Comunità impegnata, esempio nel campo sociale, nel
volontariato ma spesso distratti dalla quotidianità della vita, assediati dal
quieto vivere, dal perbenismo, lasciano a volte poco spazio alle aperture verso
il prossimo, il “diverso”, il vicino. Siano gli adulti invece a tracciare un
percorso sicuro, a dare sicurezze, ad offrire sostegno, esempio. Tengano saldi i
principi e i valori di onestà, coerenza, impegno, solidarietà, religiosità
attiva e matura e soprattutto vivano la vita come servizio ed apertura agli
altri. Gli anziani, in numero sempre maggiore, fonte ancora di saggezza ed esperienza, sono diventati spesso “preziosi” per risolvere problemi familiari ma anche “pesanti” quando le forze vengono a mancare o le malattie ne riducono le capacità fisiche e mentali. Possano essi trovare all’interno della nostra Comunità il piacere di stare insieme, sentano che sono portatori di valori ancora attuali, si vedano accolti e valorizzati nelle famiglie, non emarginati. Questo
è l’augurio che noi come Comunità di San Pietro ci facciamo. E’
un cammino possibile anche se non facile perché implica impegno, rinunce,
attenzione reciproca, riflessione sul nostro essere cristiani. Giuseppina Ceolin SONO UN BAMBINO.... Il
mio nome è Michele, ho dieci anni e frequento la Parrocchia di S.Pietro
Apostolo. Partecipo agli incontri e feste A.C.R., seguo il catechismo,
sono chierichetto ed in passato ho partecipato al gruppo canto. Gli
animatori A.C.R. sono molto allegri e scherzosi ma battono tutti i records
specialmente Marco, Matteo, Lisa ed Elena. Un
po' meno allegri i sacerdoti che nella loro scura “divisa”
sono, a volte, seri e, come le maestre a scuola, ci rimproverano perché
creiamo confusione parlando troppo forte. Don Stefano ha sempre la battuta
pronta e Don Vincenzo accresce o diminuisce ogni nome proprio di persona per
metterci a nostro agio o per “addolcire” la conversazione. La
Parrocchia, con la chiesa, la sacrestia, la sala-teatro, gli “uffici” per il
parroco, per gli animatori e per il cappellano, le aule dove si riuniscono i
bambini per il catechismo con le insegnanti, li conosco bene, li sento
familiari, insomma mi ci sento come a casa mia. All’esterno
ci sono anche dei campi sportivi da calcio e da pallacanestro dove a volte gli
animatori A.C.R. ci portano a giocare. Qualche volta durante gli incontri essi
ci fanno riflettere sulla amicizia, sulla generosità e la disponibilità che
dobbiamo imparare ad avere nei confronti di tutti se vogliamo davvero seguire
gli insegnamenti di Gesù. Io
amo la mia Parrocchia e la mia chiesa e non vedo l’ora che sia ancora più
bella ed accogliente con il nuovo mosaico che sovrasterà l’altare. Michele Castagnino NESSUN
UOMO E’ UN’ISOLA... ...Così
recitava il titolo di un romanzo di Thomas Merton: in effetti l’esistere di un
uomo è da sempre un co-esistere, uno stare in mezzo agli altri. Per fortuna,
aggiungo io, dal momento che non riuscirei ad immaginare una situazione in cui
ognuno fa parte a se. Sarebbe come se un pianeta che ruota attorno a se stesso
non fosse più controbilanciato dalla forza gravitazionale degli altri corpi
celesti: cadrebbe ineluttabilmente su se stesso. In
un’ottica cristiana, la vita comunitaria è una prerogativa dalla quale non si
può prescindere. Proverò a scrivere alcune impressioni su come io sento e vivo
la comunità di cui faccio parte, premettendo che il mio rammarico è quello di
“dire” ciò che invece dovrei “testimoniare" con la vita. Faccio e
chiedo ammenda della mia incoerenza. Mi
ha sempre impressionato, nella lettura della Bibbia e in particolare del Vecchio
Testamento, la dimensione di “popolo”, meglio di “popolo in cammino”,
peregrinante lungo le strade della storia. Ripenso alla mia esperienza: sono
entrato a far parte di questo popolo in cammino con il Battesimo. Una comunità
di Chiesa mi ha accolto e ho incominciato il mio viaggio. Certo, non è questo
un biglietto da visita che risolve tutto! La strada è tanta; non si passa
subito dall’Egitto alla Terra Promessa: c’è tutta la fatica del
“camminare verso”, a volte si ha voglia di tornare indietro, di maledire chi
ci guida, di credere che non ne valga la pena. Proprio nella comunità, un po'
alla volta, si impara a riacquistare la fiducia; ho sperimentato e sperimento
tutta la mia fragilità e la sconfitta delle mie sicurezze, ma pur all’interno
di queste situazioni ritrovo via via il volto del Dio provvidente che tenta di
rivelarmi ciò che c’è nel mio cuore. Poi
sono stato cresimato! Sono stato unto con l’olio santo e riconfermato nel
ruolo di sacerdote, re e profeta. Incredibile a dirsi, se penso alla mia
sostanziale incapacità ad essere fedele, ad essere testimone ed annuncio. Nella
comunità vivo a fianco a fianco con chi condivide i miei dubbi, con chi mi può
indicare un’alternativa, con chi nonostante tutto ha bisogno di me. Ho
imparato ad adattare i miei passi a quelli degli altri e a quelli di Dio, per
non bruciare le tappe, per riprendere fiato e riprogettare il cammino, per non
dividermi dagli altri ma, al contrario, per condividerne le esperienze; ho
imparato a riconoscere Dio non nelle cose grandi e sbalorditive ma nei segni
poveri di chi cammina al mio fianco. Ho capito che il mio essere profeta dipende
dal saper leggere la storia con gli occhi di Dio; la sacerdotalità che
condivido con tutti mi porta a rendere grazie e mi è possibile consacrare tutto
il creato a Dio. Nella
comunità ho dato corpo alla mia scelta di vita, il matrimonio. Un momento
particolarmente felice perché pieno non solo della gioia mia e della mia
compagna, ma di tutti! Se accettiamo l’idea che è Dio che ci chiama alla
vita, è anche vero che ci chiama all’amore: e in questo offrirmi all’altro,
nel sacerdozio, nel celibato, nel matrimonio c’è un po' del tempo del
“fidanzamento”, del primo amore tra Dio e il suo popolo. Con
e nella comunità sperimento la sconvolgente esperienza del perdono e della
riconciliazione; anzi la nostra missione di sacerdoti comunitari dovrebbe essere
quella di riconciliare il mondo a Dio, annunciare al mondo che Dio lo ama.
Certo, occorrerebbe per primi essere segno di questa riconciliazione; eppure
all’interno della comunità stessa quanta voglia di giudicare gli altri, di
essere i primi della classe, di avere la ricetta pronta per ogni situazione!
Quanti se ne sono andati perché non hanno trovato accoglienza, disponibilità,
ascolto! L’annuncio della Parola, da solo, senza condannare sconfigge
l’errore e ridona la vita. Infine
anche l’esperienza della sofferenza e della morte passano attraverso la
comunità. In molte occasioni ho avuto l’impressione che il dolore, la
tristezza venissero quasi diluite perché condivise da tanti, gli amici, i
conoscenti, i volti sconosciuti che fanno da cornice a questo estremo dono di
noi stessi al Padre. Alla
fine di questa breve riflessione, mi resta la voglia di dire e scrivere tante
cose; vorrei poter dialogare con tutti e soprattutto con chi non crede; con chi,
come me, è pieno di dubbi e di domande...Vorrei poter augurare alla comunità
di Chiesa di cui faccio parte, ma soprattutto a quella comunità che va oltre i
confini stretti della Parrocchia e che si apre e abbraccia tutti coloro che
sentono il richiamo del profondo, di essere il lievito vivo che si sparge nel
mondo per dare vita al mondo, non per cambiarlo (è già di per se stesso
meraviglioso!) ma per ridargli tenerezza e calore, giustizia e pace...La Chiesa
così non può avere confini perché tutta la storia è oggetto dell’amore di
Dio ed è una sola per tutti; la vera solidarietà è il sapere di non potersi
salvare da soli e che ognuno è chiamato a compiere la sua parte. Dio stesso si
fa uomo perché l’uomo possa diventare Dio. Sarò
forse un pessimo cristiano ma, dopo tutto ciò, come posso non essere innamorato
di Cristo? Roberto Maurizio GLI SPOSI MINISTRI DEL SACRAMENTO DEL MATRIMONIOIl
gruppo sposi parrocchiale è nato nell’82 da un' esperienza di alcune coppie
che già da diversi anni si incontravano a turno nelle loro case per riflettere
sul sacramento del matrimonio e sulla vocazione del nostro essere sposi
cristiani. Il
ritrovarci assieme confrontandoci con la Parola del Signore ci aveva fatto
crescere nella consapevolezza e nella gioia del dono che avevamo ricevuto con il
matrimonio; e così piano piano ci siamo aperti agli altri. Abbiamo pensato di
non tenere solo per noi questo tesoro. All’inizio
il gruppo parrocchiale era formato da una quindicina di coppie, ci si ritrovava
ogni tre settimane con la presenza di Don Michele (è stato lui per primo a
capire e a trasmetterci l’entusiasmo e la “novità” del matrimonio), si
cercava di capire i vari documenti che la Chiesa aveva scritto sul Sacramento
del matrimonio e sul suo ministero: Tutto
questo ha portato il gruppo ad una naturale apertura verso i bisogni della
comunità e, ogni coppia secondo i propri carismi, si è impegnata in qualche
servizio. E’ così che sono iniziati i corsi per fidanzati in preparazione al
matrimonio e la preparazione dei genitori che chiedono il Battesimo per i loro
figli. Alcuni si sono impegnati come catechisti, altri come animatori del gruppo
canto altri ancora come responsabili del Gruppo Natura. Al di là di una lunga
elencazione di cose fatte, ci piace ricordare soprattutto lo spirito di
condivisione e di amicizia che ha subito legato il nostro gruppo e ci ha
permesso di portare avanti i molti impegni pur con limiti e difficoltà. La
fatica ogni tanto si fa sentire ma prevale in ogni caso la consapevolezza che
solo attraverso il dialogo, il confronto, la ricerca, si può crescere come
sposi cristiani e poter essere così testimoni credibili nella nostra Chiesa. Aspettiamo
con speranza giovani coppie che desiderano condividere con noi un cammino di
fede. Gruppo Sposi PERCHE' PROPRIO NOI?Non
per merito visto che viviamo in questa realtà da pochi anni, ma proprio perché,
arrivando da “fuori”, abbiamo vissuto una serie di emozioni e situazioni
mettendo quasi alla prova la capacità di accoglienza di questa comunità fatta
di pietre vive. Quando
si comincia a pensare seriamente alla possibilità di sposarsi, si inizia anche
a progettare, immaginare e, in certi momenti, a idealizzare il proprio futuro:
la vita in due (e probabilmente in tre o quattro, o...), la nuova casa da
sistemare, il nuovo ambiente da conoscere, i vicini con i quali creare dei
ponti. Presi dal desiderio di creare un solido legame di coppia, a volte si
rischia di pensare alla propria famiglia come ad un caldo nido d’amore da
difendere dal mondo esterno richiudendosi in uno “splendido isolamento”. Gesù
però ha un progetto più grande per tutte le famiglie: essere segno del suo
amore che si manifesta solo nell’apertura agli altri. Non
sappiamo se eravamo proprio coscienti di questo quando, cinque anni fa, ci siamo
avvicinati alla Parrocchia; tutte persone nuove per noi (compresi Don Vincenzo e
Don Roberto, allora c’era lui) che si salutavano, si chiamavano e,
soprattutto, ci guardavano incuriositi: ci sembravano tutti così indaffarati e
impegnati in varie attività e servizi che la voglia di far parte di questa
comunità e la paura di non essere ben accetti, ci facevano tentennare.
Veramente noi ci aspettavamo un segno, un gesto che indicasse la disponibilità
ad accoglierci, ma, come ci siamo resi conto più tardi, a volte, nella nostra
comunità prevale un atteggiamento che, in nome di un certo rispetto umano, fa
perdere delle occasioni per farsi sentire una vera famiglia. Poi
la fortunata idea di voler far parte del gruppo sposi: mai fino a quel momento
ci eravamo sentiti così ben accetti. Fu una gioia scoprire persone così aperte
e disponibili. Certo, le altre coppie erano sposate da molto più tempo di noi,
vivevano problematiche diverse dalle nostre, avevano forse esigenze diverse, ma
il poter stare insieme con altri sposi e confrontarsi ci ha aiutato anche nel
nostro stare insieme e, perché no, ad affrontare certi problemi e a fare certe
scelte con più serenità. Il
sentirci ormai parte della comunità ci spinse a cercare di dare un contributo
pratico all’attività pastorale della Parrocchia; e qui sorsero altri problemi
(anche perché nel frattempo la famiglia si era ingrandita con l’arrivo di
Raffaele): come conciliare le necessità familiari e il lavoro con le necessità
della comunità parrocchiale? E’ vero che al primo posto deve esserci la
famiglia, ma è pure vero che, a volte, questo discorso diventa una scusa per
rimandare indefinitamente il proprio impegno comunitario. D’altra parte le
forze operanti attivamente sono così poche che, chi si rende disponibile
rischia di trovarsi caricato di un peso a volte ritenuto insopportabile. Anche
qui però la possibilità di confrontarsi con altri sposi che hanno vissuto e
vivono esperienze simili è una fonte da cui è possibile attingere
continuamente forza e consiglio (ci stiamo rendendo conto che probabilmente lo
Spirito agisce anche attraverso queste persone). Se
dovessimo riassumere la nostra esperienza in questa comunità, potremmo
affermare che ci sono stati “alti” e “bassi”. Ci sono stati momenti in
cui abbiamo sentito la vera comunione e altri in cui ci siamo sentiti più
“lontani” (anche per colpa nostra); momenti di gioia per vivere assieme
esperienze forti e momenti di sofferenza per la delusione di non essere stati
capiti o per essere stati fraintesi, momenti di soddisfazione per qualcosa che
è andato a buon fine e momenti di rabbia perché si vorrebbe che le buone idee
si concretizzassero immediatamente (e così non è). Di
una cosa siamo certi: questa è la “nostra” comunità, la “nostra”
parrocchia e noi non vogliamo essere spettatori. Luciana e Gianluca Ferro IL NOSTRO CAMMINO IN QUESTI TRENT’ANNI 1963: nascita
della parrocchia in un oratorio-stanza in via Altinia e designazione di Don
Vincenzo
Agnoletto a primo parroco. 1964:
benedizione di una sala adibita a chiesa parrocchiale. Ora è stata
ristrutturata ed è sede di locali
per attività varie.
Presa di possesso canonico del Parroco; designazione conferita da Mons.
Olivotti. 1965: posa
della prima pietra (20/11) della costruenda chiesa. 1967: (11/3)
consacrazione ed apertura al culto della nuova chiesa; la comunità è di circa
6.000
persone. 1968: prima
visita pastorale del Patr. g. Urbani (28/4). Già in questa occasione si rilevò
la necessità di
provvedere a dare adeguata sistemazione al Battistero, alla sede del
celebrante e all’ambone
(luogo da cui si proclama la Parola di Dio). Fu ancora suggerito di
trovare una collocazione più
adatta alle immagini della Madonna e di S. Antonio.
In quest’anno fu ultimato il patronato con sei aule. 1973: (25/11)
visita pastorale del Card. A.Luciani che amministrò il Sacramento della Cresima
ad
oltre un centinaio di ragazzi. Alla vigilia lo stesso Patriarca aveva
presieduto un incontro-dialogo
con i cresimandi e i padrini. 1977: a 10
anni dalla consacrazione della chiesa la nostra comunità è costituita da 8.200
persone. 1980: la
comunità di S.Pietro festeggia il suo primo figlio sacerdote: don Gianni
Fassina attualmente
parroco a Quarto d’Altino. 1982/84:
costruzione della nuova sala adiacente alla chiesa; serve per attività
culturali e ricreative. Il
Patriarca M.Cè inaugura la nuova costruzione. Si sistemano i campi da
gioco attrezzati per i
ragazzi. Il 29/1/84 c’è la terza visita pastorale. Il Card. M. Cè si
compiace per il lavoro svolto
ed incoraggia la comunità
per il futuro. 1983: A
seguito della suddivisione della nostra comunità dovuta all’incremento degli
insediamenti
abitativi di via Triestina, viene creata la Parrocchia di S.Leopoldo
affidata allora a Don Michele
Somma. Gli abitanti della nostra comunità sono circa 6.000 e sono in
diminuzione. 1991: visita
pastorale del Card. Marco Cè (14 e 15/12). Da rilevare l’incontro domiciliare
del Presule
con numerosi parrocchiani ammalati. 1995: la
comunità conta circa 5.800 persone ed il decremento continua. Nell’anno
citato si sono
celebrati 21 Battesimi mentre i decessi sono stati 60. ...C’ERO
ANCH’IO! Niente
di meglio che esserci stati; tra l’altro è anche molto di moda in questo
tempo apparire, farsi vedere è senz’altro importante! Al
di là da ogni protagonismo, trent’anni fa, all’inizio della storia di
questa comunità giovane, c’ero anch’io. Nel Novembre 1965 avevo appena sei
anni e non capivo cosa stesse succedendo, sentivo soltanto, certi discorsi dai
grandi della famiglia. Il
ricordo invece si fa più nitido per ciò che riguarda la costruzione della
nuova e grande chiesa. Ho in mente, come fossero ora davanti a me, i grandi
cumuli di terra rimossi e disposti disordinatamente nel terreno occupato ora dal
campo da basket; facevano la gioia di tutti noi ragazzini che frequentavamo il
patronato per il catechismo e percorrevamo le “montagne di terra”, come le
chiamavamo noi, di corsa o, i più grandi e temerari in bicicletta. D’inverno
poi tutto questo terreno sconnesso gelava e le pozzanghere diventavano così il
nostro palaghiaccio, e che scivoloni! L’idea
più chiara di cosa stessero costruendo a Favaro, me l’ero fatta osservando il
modellino, per me stupendo, che era stato esposto e che riproduceva la nuova
chiesa così come sarebbe stata nella realtà. Mi sembrava un giocattolo
bellissimo e l’avrei voluto tutto per me, magari per giocarci. Ignoravo quello
che avrebbe significato la presenza di questa nuova e grande casa a Favaro. Il
mistero mi fu svelato pienamente il giorno della consacrazione, nel marzo 1967,
il primo grande avvenimento pubblico al quale ho partecipato. L’importanza
di questa nuova presenza in Favaro avrebbe segnato anche mutamenti dal punto di
vista sociale, il paese si stava ingrandendo velocemente, vicende e
trasformazioni successe sono certamente molte, ma nel frattempo tutto il vissuto
può essere sintetizzato nel ricordo personale di ciascuno. Anche
inconsapevolmente, il passaggio di molti, attraverso le attività e i gruppi
parrocchiali, ha lasciato delle tracce che “fanno” la STORIA DI QUESTA
COMUNITA’ e del suo territorio ed è bello rispolverare i ricordi per
trascriverli sulla carta affinché diventino testimonianza. I
quasi cinquantenni, o giù di lì, ventenni di allora, certamente ricorderanno,
magari perché furono protagonisti, le prime messe cosiddette “beat”
accompagnate con chitarre e batteria, oppure il Natale con il presepio che non
era mai di tipo tradizionale ma sempre moderno e ricco di messaggi e slogans
come quello con le immagini di J.Kennedy e Martin Luther King all’epoca della
guerra del Vietnam. Si
manifestava anche così la voglia di pace di tutti ed i giovani, presenza
costante, si sono succeduti con le generazioni, ognuna il prolungamento della
precedente, sempre caratterizzata dalla disponibilità a rispondere alle nuove
necessità e bisogni del nostro vivere. Abbiamo
cercato gli anziani, sempre più numerosi, per ricordarci di loro non solo
quando sono nella nostra famiglia. Ricordo noi giovani nelle Domeniche in visita
nella casa di riposo o in aiuto nelle piccole faccende di tutti i giorni. Poi
altri giovani in epoche diverse impegnati nel volontariato con gli amici più
sfortunati...storie di amicizie mai finite, anzi sempre fresche e nuove. La
risposta pronta e competente all’esigenza di nuovi interessi culturali:
concerti, teatro, musica, incontri per formarsi e crescere anche sotto questo
aspetto confrontandosi e collaborando con molti altri cittadini. E
ancora: il rispetto per l’uomo da estendere e completare anche verso
l’ambiente e la natura che ci contiene conoscendola sempre meglio; questi i
giovani e gli adulti di oggi. E’
curioso e bello insieme, incontrare nuovamente, a distanza di tempo, i ragazzini
con i quali si scivolava insieme sul ghiaccio tanto tempo fa. I
fatti della vita hanno portato ognuno in ambienti e realtà diverse ma per
necessità spirituali o educative si ritorna in Parrocchia: per i figli, per il
catechismo... Per
molti è un ritorno, il “c’ero anch’io” che si rifà presente. Siamo
cambiati tutti, il tempo ha trasformato, spesso migliorato, anche le cose, non
solo le persone. Resta
l’invito ad “esserci” come protagonisti della storia futura da costruire. Mariano Grassi NOI E IL TEMPO LIBEROCome
fondere queste due realtà. L’impegno pastorale ed educativo che si impone
oggi alla comunità cristiana è formidabile, la società con il processo di
industrializzazione è passata da un modo di vivere chiuso ad un modo di vita
soggetto a rapidissimi cambiamenti. Soprattutto la cultura, le conoscenze
scientifiche e sociologiche, hanno creato e distrutto sistemi, modelli e modi di
vivere e di pensare improntati spesso agli slogan pubblicitari. I valori e i
rapporti sociali e familiari hanno subito rapidissime evoluzioni. Cercare di
riportare a livelli normali questi valori è anche compito della Parrocchia e,
più precisamente, dell’oratorio che deve poter conservare i valori e le
dimensioni tradizionali (evangelizzazione, pastorale, parrocchia e diocesi) deve
in pratica, poter dare aiuto con diverse metodologie secondo le esigenze delle
diverse età. Questo indirizzo assume oggi, un’importanza particolare, se non
si vuole abbandonare la gioventù in preda all’emarginazione o alla tentazione
dell’auto-emarginazione; ogni persona infatti, giunta all’adolescenza: o
possiede la fiducia di avere in sé la capacità di realizzarsi, o non si sente
in grado di affrontare da protagonista, personalmente o con gli altri, la
propria affermazione e si adagia nell’indifferenza o si abbandona ad ogni
possibile deviazione. E’
molto difficile educare perché presuppone che l’adulto, deputato a questo
compito, abbia avuto egli stesso la disponibilità e la volontà di educarsi
insieme con i giovani che ha la responsabilità di far crescere da protagonisti. E’
certamente responsabilità della comunità, se non ci si impegna ad
un’assistenza concreta, con particolare riguardo alla preadolescenza e
adolescenza nelle nostre strutture educative. Sempre vivo è l’accorato
appello di Paolo
VI: “Dove non vi sono o dove funzionano male questi centri c’è
poca speranza per la comunità cristiana di domani” e la constatazione di Giovanni
Paolo II espressa ai partecipanti al pellegrinaggio del 2 Maggio 1981:
“Come è noto tanti ragazzi e giovani, dopo l’iniziazione rischiano di
essere abbandonati a se stessi, se non intervengono strutture adeguate, ad
offrire, in misura organica e stabile, una sollecitazione che faccia sentire
loro le esigenze vitali di una formazione continua e completa, non solo
liturgica e catechistica ma anche ludica e sportiva.”. L’attività
di teatro: commedie, recitals (a sfondo sociale o religioso); l’attività
della musica con cori, scuola di canto, canto corale liturgico, insegnamento
dell’uso di strumenti musicali; le attività di gruppo dei giovani (con
impegno nel sociale, nel servizio e nella carità), gli Scouts, l’Azione
Cattolica, i gruppi di animazione, possono tutti essere un grande luogo di
incontro per ragazzi e adulti, un ambiente nel quale si conoscono, nel quale
vedono valorizzate le proprie capacità espressive. Questo già è un grande
risultato, valorizzare le capacità espressive, dare quindi a lui o a lei la
sensazione di poter essere in qualche modo protagonista, di poter comunicare
perché troppe volte abbiamo dei cristiani che dentro di sé portano certo delle
buone convinzioni, portano dei valori ma non si sentono in grado di comunicarli. Vorrei,
consentitemi, citare fra tutte codeste attività: il Teatro. E’ questa una
delle vie più grandi di comunicazione interpersonale e collettiva, infatti
quando la rappresentazione, sia per il tema sia per il modo nel quale è stata
preparata, sia per il modo nel quale viene svolta, va nel senso giusto, un
effetto lo ha, perché i messaggi noi li riceviamo non solo in forma diretta, ma
anche in forma indiretta, in forma implicita. Su queste basi noi vorremmo dirigerci verso il 2000, verso il nostro futuro, un futuro teso a costruire un polo di aggregazione e una scuola di impegno alla comunicazione sociale e alla comunicazione cristiana. Sandro Bortolotti “AMARE LA NATURA COME DONO DI DIO”Il
Gruppo Natura, nato 9 anni fa come gruppo post-cresima, è una realtà tuttora
presente nella Parrocchia di S.Pietro. Motto
del Gruppo è: “Conoscere la natura per amarla e rispettarla in quanto dono di
Dio, mettendo al centro l’uomo”. Proprio
per questo le attività del Gruppo comprendono: escursioni montane, gite in
bicicletta, esperienze in canoa e in grotta con gli speleologi e non solo, ci
sono anche attività ed incontri formativi su tematiche adolescenziali il tutto
con l’ausilio di esperti, psicologi e sacerdoti visto che il tutto viene
rapportato ai valori cristiani. Le
attività si concludono ogni anno con un camposcuola che si svolge in montagna. Nel
corso della sua vita il Gruppo ha contato in media 100 presenze annue. All’interno
del Gruppo si lavora divisi in sezioni secondo l'età (dalla 1amedia
alla 3asuperiore) ed in esso i ragazzi imparano a vivere in
comunione, ad aiutarsi reciprocamente e ad avere l’umiltà di lasciarsi
aiutare riconoscendo i propri limiti. Il
Gruppo ha dato il via a diverse attività che con il tempo sono diventate
parrocchiali come la Giovane Festa, il Gulp (un giornalino parrocchiale) ed
iniziative come la vendita torte, mostre varie ed attività coinvolgenti anche i
genitori dei ragazzi. Nel
corso degli ultimi tre anni è nato anche un vero e proprio Comitato Genitori,
formato appunto dai genitori dei ragazzi iscritti, questo svolge servizio di
logistica e aiuta il gruppo di Coordinamento Animatori nella gestione del
Gruppo; inoltre anch’esso svolge delle proprie attività come gite ed incontri
di tipo formativo per favorire l’avvicinamento e la comunione con i propri
figli. Il
Coordinamento Animatori, visto il continuo crescere del Gruppo, ha sentito il
bisogno di incrementare le proprie “forze educative”e, per questo, ha creato
una Scuola per Animatori scegliendo i partecipanti dalla sezione Giovani del
Gruppo Natura. Ciò
che il Gruppo Natura si prefigge per il futuro è di continuare ad educare i
ragazzi secondo i valori cristiani partendo dalle realtà che li circondano,
avendo notato che, nella società di oggi, questi valori si stanno perdendo. Animatori del Gruppo Natura LAICI PER UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONEL’Azione
Cattolica è un’associazione di laici, giovani ed adulti, che si prefissa di
agire all’interno della comunità parrocchiale, diocesana e nazionale per la
formazione di un laicato maturo e responsabile a servizio della Chiesa e della
società, in unione di intenti e stretta collaborazione con i pastori. Nella
storia della nostra Parrocchia non è mai mancata la presenza dell’AC nelle
sue articolazioni (adulti, giovani e ragazzi). Forse però, soprattutto l’AC
Ragazzi, in questi ultimi anni, è stata l’esperienza attraverso la quale
molti sono entrati in contatto con l’Associazione; anche noi che scriviamo,
ora giovani (ventenni), siamo cresciuti, chi più chi meno, in A.C.R.; e oggi,
non senza difficoltà, vorremmo essere la nuova linfa dell’Associazione. Come
giovani ci sentiamo in dovere di agire su più fronti. Innanzitutto rinnovando
l’impegno di seguire, come educatori, i ragazzi e i giovanissimi, con i quali
cerchiamo di costruire pian piano un’associazione sempre più matura e ricca
di quello spirito tipico di chi vive con gioia il Vangelo: Quindi,
tramite i ragazzi, vorremmo raggiungere i genitori, i “nuovi adulti”, ai
quali dobbiamo rivolgere una particolare attenzione, spesso infatti, sono loro a
vivere di più quella secolarizzazione che porta ad un'apatia ed indifferenza ai
veri valori. A loro, come giovani, ci proponiamo come “nuovi
evangelizzatori”, per un rinnovato annuncio del Vangelo. Questa potrebbe
sembrare un’affermazione altisonante; in realtà vediamo come essa sia
un’esigenza sempre più impellente e necessaria per la vita quotidiana degli
uomini del nostro tempo, per questo l’AC diocesana e nazionale ne ha fatto
oggetto di studio e di impegno per il triennio ‘95-’98. Infine
i giovani, coloro che hanno la nostra stessa età, con i quali viviamo ogni
giorno; è forse la realtà parrocchiale più difficile che dobbiamo affrontare,
perché è più arduo, dove invece sembra più facile, uscire da noi stessi e
andare verso gli altri che, come pari, svelano a noi i nostri stessi limiti e
con i quali corriamo il rischio di rimettere in discussione noi e la nostra
fede. Vorremmo dunque essere per la nostra Parrocchia il sale e il lievito
dell’oggi e del domani; per questo dobbiamo prima di tutto convertirci e
convergere in Cristo, superando inutili divisioni, per costruire una vera
comunità. Nel far ciò dobbiamo responsabilizzarci e capire cosa vuol dire
essere Associazione per e nella comunità. Queste frasi possono sembrare a molti
“utopie”, ma forse nell’ottimismo dei nostri vent’anni e in una fede
forte e in costruzione, ci sentiamo pronti ad affrontare il futuro dell’AC a
San Pietro. Azione Cattolica HO VISTO NASCERE QUESTA PARROCCHIAHo
visto nascere questa Parrocchia. La nuova comunità era composta in buona parte
da persone giovani, animate da entusiasmo e disponibilità, sorretta da una
buona dose di coraggio del nuovo parroco don Vincenzo e si sono adoperate a
farla crescere sotto la sua guida saggia e costruttiva. Rileggendo
una relazione giusto di dieci anni fa, tracciavo un bilancio del cammino del
gruppo adulti impegnato in molteplici attività: catechesi, carità e i più
umili ma indispensabili servizi della chiesa e dei locali adiacenti; purtroppo
mi accorgevo che non eravamo più giovani ma quasi tutti già entrati nella
categoria anziani e pochissime persone giovani. Senza
perderci di coraggio cerchiamo tuttavia di renderci ancora utili alla comunità.
Come? Innanzitutto pregando, partecipando agli incontri di catechesi,
impegnandoci in lavori di utilità pratica e, per quanto lo permettano le
condizioni fisiche di ognuno, recandoci a far visita agli ammalati o ad anziani
come noi. Sono
tante ed in continuo aumento le persone anziane nella nostra Parrocchia! Molte
sono bisognose di aiuto e di attenzione da parte dei più giovani che sono pochi
e quasi tutti impegnati nel lavoro. C’è
anche chi desidera la compagnia, l’allegria. Allora di Domenica un bel
gruppetto si ritrova in una saletta confortevole attorno ad un tavolo per
giocare a tombola, dopo la recita dei vespri, passando in serena armonia un paio
di orette. Per
vedere il numero considerevole di non più giovani della nostra parrocchia basta
assistere alla ben consolidata “FESTA DEGLI ANZIANI”, che da molti anni
viene programmata e ben organizzata dai nostri Sacerdoti, con la collaborazione
dei gruppi giovanili. Si svolge a giugno in occasione della festa di S.Pietro,
nostro patrono. Inizia
con la partecipazione all’Eucarestia per ringraziare Dio del grande dono della
vita, per chiedere serenità, ma anche offerta ed accettazione delle nostre
debolezze e sofferenze per questo ultimo tratto di cammino che il Signore vorrà
ancora donarci. Continua poi con una serata di grande allegria e partecipazione
nel campo adiacente la chiesa o nell’ampia sala, se il tempo è perturbato.
E’ un momento veramente comunitario in cui senilità e giovinezza si
incontrano, con una gioia semplice ma vera lasciando in noi anziani la dolcezza
della gioventù che ci ha fatto compagnia in queste poche ore di una serata
d’estate. Una
domanda piena di speranza mi viene spontanea, quanti di noi assisteranno al
Giubileo del 2000? Antonietta B. “... ERO
MALATO E MI AVETE VISITATO” Noi,
tre suore di Nevers, siamo arrivate solo quattro anni fa nella Parrocchia, le
prime suore, per una semplice presenza in vista di collaborazione nella cura
pastorale degli anziani, degli ammalati e dei
poveri. Non essendo più giovani, e non conoscendo nessuno, abbiamo
iniziato l’attività andando in cerca delle strade e della gente con
l’elenco e gli indirizzi delle persone anziane o malate che Don Vincenzo ci ha
consegnato. La
nostra specifica missione è di affiancare la San Vincenzo femminile avvicinando
le persone per confortare, per essere disponibili all’ascolto, al dialogo
sulla fede, sulla carità o su altri problemi. Questo
ci ha portato finora a visitare oltre 200 persone, di cui alcune hanno già
lasciato questo mondo e un altro gruppo è passato alla Parrocchia di S.Leopoldo
perché residente in quella zona. In
accordo con i sacerdoti ad un gruppo portiamo periodicamente l’Eucaristia in
casa. Visitiamo inoltre negli ospedali gli ammalati del cui ricovero siamo state
informate. Con
tanti malati ed anziani si è intanto instaurato un rapporto di amicizia che si
è esteso anche ai loro familiari. Molti altri ci proponiamo di avvicinare, per
estendere le nostre relazioni e così partecipare alla crescita spirituale di
tutti ed essere di sostegno e di conforto a chi ne ha bisogno. Auspichiamo
che, data la mancanza di giovani suore, si trovino laici sensibili alla
pastorale degli ammalati e degli anziani per rendere loro un servizio migliore
perché il”lavoro è tanto e gli operai sono pochi...”. Suore di Nevers I
VICARI COOPERATORI DAL 1965 AD OGGI 1) Don BRUNO
FRISON: 1965-68 2) Don
MICHELE SOMMA: 1968-1989; negli ultimi tre anni Don Michele avviava la
formazione della nuova comunità di S.Leopoldo. 3) Don LUCIO
CILIA: 1979-80; ora egli è vicerettore del Seminario Patriarcale 4) Don CESARE
ZANUSSO: 1980-86; ora parroco a
S.Ignazio al Lido di Venezia. 5) Don
ROBERTO MARIUZZO: 1986-1993; ora parroco a Marano Veneziano 6) Don
STEFANO COSTANTINI: 1993-... ...A tutti
loro la comunità di S.Pietro Apostolo rivolge un sentito e sincero grazie per
la disponibilità e la sensibilità con cui hanno accettato di svolgere il loro
prezioso servizio. SENTIRSI CHIESAE’
da quando sono piccola che vado in chiesa, essa è diventata parte di me. Per me
la Chiesa è la scala dell’amore, ed io sto salendo, scalino per scalino,
aiutata da persone che mi amano: i miei genitori, i catechisti, i sacerdoti. Sono
queste persone che mi hanno dato la spinta fin da piccola, quando la mia
ingenuità mi dava un’immagine diversa della Chiesa e mi hanno donato
l’esempio in questa avventura verso Dio. Prima i miei genitori hanno chiesto
per me il Battesimo e così sono entrata a far parte della Chiesa, poi i
catechisti mi hanno aiutato nella strada verso la Comunione. Ora sto camminando
con i miei compagni verso la strada della Cresima, una tappa del mio percorso
verso l’amore di Dio. Io mi sento unita alla mia Chiesa, mi sento un piccolo
mattoncino del suo muro, perché so di poter fare qualcosa per Lei, anche solo
piccoli gesti. Per
me la Chiesa, attraverso i Sacramenti, è un caldo fuoco che abbraccia col suo
tepore la gente, e offre a chi vuole riscaldarsi dell’amore di Dio, un fuoco
d’amore che dà forza ai nostri cuori. La
Chiesa è una sorgente di acqua che ci disseta, che ci fa vivere; la Chiesa è
la fune dello Spirito Santo che ci tiene uniti. La
Chiesa siamo noi: ragazzi, adulti e bambini che siamo accomunati dall’amore
che Dio ci ha offerto nella sua casa. Io
mi sento parte della Chiesa di S.Pietro Apostolo di Favaro perché ci vivo, è
il luogo in cui rifletto con la Parola di Dio, dove mi diverto con i miei amici. Se
la Chiesa fosse un prato di margherite, io mi sentirei un petalo di quelle
margherite, e posso diventare un fiore quando finirò il mio cammino eterno
verso Dio. Sonia M. SONO
UNA CATECHISTA... Ho
iniziato il mio servizio tanti anni fa, quando ero molto giovane chiamata dal
parroco di allora Don Romano Lazzarato della Parrocchia di S.Andrea, l’unica a
quei tempi. All’inizio
avevo molta paura e mi frullavano per la mente tanti pensieri: sarò
all’altezza della situazione? Sarò in grado di trasmettere il messaggio del
Cristo? Con i bambini come me la caverò? Come farò a documentarmi e ad essere
sempre aggiornata? Sottovalutavo
il fatto che “LUI” era al mio fianco e sicuramente mi avrebbe dato una
mano... Così
gli anni sono passati, io ho continuato questo mio servizio, diventato un
gioioso impegno, con più entusiasmo e capacità professionale ma nello stesso
tempo sono aumentate anche la mia Fede e la mia preghiera. Certamente
le difficoltà in questi lunghi anni non sono mancate e gli scoraggiamenti
talvolta hanno avuto il sopravvento. Per fortuna “LUI” mi ha sempre fatto
cambiare idea e mi ha aiutato a proseguire con amore e dedizione. Sono
tuttora in servizio con i bambini, con i ragazzi, con gli adolescenti con più
competenza, ma sempre con grande entusiasmo e desidero operare al meglio ed
essere sempre all’altezza del compito che i sacerdoti mi hanno affidato. Grazie
a questo “lavoro" reso alla mia comunità parrocchiale ho riscoperto una
fede più adulta, sempre in cammino ed il vero valore della preghiera. Posso
dire, senza ombra di dubbio, che anche la mia vita privata ed i rapporti con i
fratelli che incontro ogni giorno sulla mia strada sono cambiati. Elda Marinzuli FINALMENTE!La
chiesa parrocchiale di san Pietro Apostolo mi è sempre sembrata tanto spoglia e
povera sì nella struttura architettonica ma anche per la mancanza quasi totale
di un particolare che potesse attrarre l’attenzione, suscitare l’interesse,
la riflessione, indurre ad atteggiamenti interiori tesi verso la religiosità ed
il misticismo che si dovrebbe provare in un luogo di culto. Da
venticinque anni, cioè da quando sono venuta ad abitare in terraferma da
Venezia, non ho mai notato alcun cambiamento. Per
me erano benvenute le spose che, in primavera ed in autunno, sembravano vestire
a festa la chiesa con delle composizioni floreali sempre belle e diverse che
facevano, almeno per qualche giorno, dimenticare il solito grigiore. Quando,
nell’autunno del ’94, ho visto un qualcosa di diverso, la presenza di
impalcature, mi sono detta: ” Finalmente!”. Accertatami
presso il parroco che realmente si trattava di restauri, ho offerto la mia
disponibilità per aiutare nel rinnovamento della chiesa anche perché,
recentemente, avevo frequentato dei corsi intensivi di restauro, graffito,
mosaico, strappo d’affresco... e, per un intero anno mi ero dedicata alla
realizzazione di opere secondo queste nuove tecniche, accantonando la pittura ad
olio che io usavo già da decenni. D’accordo
con l’architetto Bergamo ed il Parroco, ho eseguito a graffito il BATTESIMO DI
GESU’ come sfondo al fonte battesimale. L’ispirazione
è venuta dal mosaico (XIIIsecolo) del Battistero della basilica di s. Marco; i
colori hanno tenuto conto della presenza dei marmi grigio/verde. CRISTO, immerso
nel fiume Giordano, viene battezzato da Giovanni Battista. Assistono tre Angeli,
simbolo della trinità. Dall’alto giunge lo Spirito Santo sotto forma di
colomba accanto alla stella ad otto punte, simbolo della perfezione di DIO.
Nelle acque del fiume appare un bambino: è la personificazione del fiume
stesso. L’insieme,
appena accennato, quasi delicatamente disegnato, è stato concepito e realizzato
sobrio, elegante, mistico, anche per contrastare e compensare lo sfolgorio
dorato del mosaico nel presbiterio. Il lavoro è stato piuttosto faticoso perché
intenso in quanto occorre lavorare quando la malta ha la giusta gradazione di
umidità. Ricordo con molta emozione la sera in cui, nel silenzio della chiesa,
sotto la luce di un riflettore, ho cercato di imprimere nelle linee morbide,
nell’armonia del chiaroscuro e soprattutto nella delicatezza dei volti, quel
misticismo che in precedenza avevo ricercato invano nella chiesa. La
tavola, a graffito, eseguita nella cappella a sinistra dell’altare maggiore,
raffigura s. Antonio da Padova ed è ispirata ad un affresco rappresentante il
Santo, eseguito da un pittore anonimo contemporaneo al Santo, che si trova nella
basilica del santo a Padova. Mentre
nel lavoro del Battesimo sono stata molto più scrupolosa nel seguire le
indicazioni dell’architetto, che mi aveva richiesto un insieme leggero, quasi
disegnato, nella tavola di S. ANTONIO ho deciso l’esecuzione in maniera più
autonoma. Nel
Gennaio 1996 un piccolo quadro molto tradizionale raffigurante S. RITA è stato
sostituito dall’attuale immagine della santa stessa, eseguita ad affresco su
tavola secondo la richiesta di don Vncenzo. La
Santa, rappresentata in un abbigliamento tratto da un’immagine di s. Rita
dipinta al tempo stesso della sua vita, è appoggiata ad una base rocciosa ed
appare in meditazione accanto ad un crocifisso, infisso su una roccia simile a
quella dove la Santa si ritirava in preghiera. Nello stesso luogo ora si trova
un monumento di bronzo che ritrae la santa morente nel paesetto di Roccaporena,
vicino Cascia. Nello
sfondo, a destra, è ritratto “lo scoglio", il roccione sulla cima del
quale S. Rita si recava spesso a pregare per staccarsi più nettamente dal mondo
terreno ed elevarsi a dio. Sulla cima di questo roccione oggi c’è un piccolo
santuario. Sotto, il povero paesetto di Roccaporena chiuso fra le solitarie,
verdi, ripide montagne, crea un ambiente suggestivo che induce alla meditazione
e alla preghiera. Anche
se sicuramente è più fresca, più nuova rispetto all’immagine che c’era
prima e la luminosità del cielo mi sembra diffonda su quella parete a mattoni
come un soffio di vita, la nuova S. Rita non mi soddisfa del tutto, perché non
è inserita in un contesto adeguato e non rientra in un progetto globale di
rinnovamento della chiesa, anzi di quella parte di chiesa dove stanno i fedeli. La
soddisfazione di aver eseguito questi tre lavori per l’abbellimento della
nostra chiesa è stato il mio unico, gradito compenso. Posso
offrire inoltre la mia disponibilità, sempre a titolo gratuito, ad eseguire
altre opere come la VIA CRUCIS in ceramica o in graffito purché rientrino in un
progetto suggerito dal parroco e dalla stessa comunità parrocchiale. Penso
di esprimere in questo modo il bisogno di ringraziare Dio verso il quale ho un
debito di riconoscimento perché mi ha fatto superare varie vicende dolorose e
perché mi concede ancora di godere del dono della vita. Nadia Tagliapietra CAMMINARE NELLA SPERANZAIn
un assolato pomeriggio d’estate, il primo agosto di tre anni fa, entravo nella
chiesa di San Pietro per prendere il primo contatto con la nuova comunità dove
il Signore, attraverso la voce dei superiori, mi mandava ad esercitare il mio
ministero di presbitero. La navata era immersa nel silenzio come silenziosa,
anzi deserta, era Favaro. Al centro della chiesa c’era un crocifisso, sui
banchi alcune persone raccolte in preghiera per ricevere l’indulgenza del
“Perdon d’Assisi”. In preghiera erano pure don Roberto, mio predecessore,
e il parroco don Vincenzo. Ripensando
a questa immagine impressa nella mia mente, vedo in essa come una “icona"
della Chiesa: un’oasi di silenzio in mezzo al “deserto” del mondo, nella
quale l’uomo può incontrarsi con dio e porre con semplicità e serenità
nelle sue mani, piagate per amore, la propria esistenza, spesso turbata da
angosce e paure, affidandosi alla sua misericordia, anche attraverso il
ministero dei pastori, uomini che conoscono la fragilità umana e per questo
insieme e per i fratelli supplicano il Signore. Certo,
pensare così la Chiesa può sembrare riduttivo, ma sono convinto che la Comunità
cristiana, anche la nostra, deve scoprire il suo “specifico”. La nostra
parrocchia, nata trent’anni fa, come tante parrocchie della periferia mestrina,
è stata centro di aggregazione e di servizio, ad un tempo civile e religioso,
di una comunità in formazione e in continua espansione. Oggi, terminata
l’espansione, iniziato anzi un declino numerico, in una società che si
raccoglie attorno ad altri “centri” ed ai servizi più “secolarizzati”,
quale può essere il ruolo della parrocchia, se non quello di venire incontro
all’esigenza sempre più forte, anche se non sempre riconosciuta, di
“spiritualità”, di “assoluto” in un mondo che, dopo aver svuotato
l’uomo di ideali e di speranze, lo lascia “sulla strada” sfinito e
dolorante? (Cfr. Lc 10,30). Ciò
non significa fare dello “spiritualismo”, come se questo volesse dire
dimenticarsi delle diverse dimensioni dell’uomo: significa piuttosto
progettare ogni iniziativa avendo presente che tutto ciò che si fa deve avere
una “carica”di annuncio, esplicito o implicito, che << in nessuno
altro, se non in Gesù il Cristo, c’è salvezza per l’uomo>> (Cfr. At
4,12). Questo può dare unità alle diverse iniziative che, a volte, potrebbero
essere, più il frutto di un entusiasmo del momento che di una ponderata
riflessione sul loro valore; e può favorire anche l’armonia e il rispetto tra
le varie persone e realtà presenti ed operanti nella comunità, e un minor
dispendio di energie, che, purtroppo, è inevitabile quando non si sa con
precisione dove si vuole o si deve andare. La ricorrenza dei trent’anni della posa della prima pietra della nostra chiesa può diventare, perciò, un’occasione per la nostra parrocchia di ripensare se stessa, per ritrovare nuova vitalità nello Spirito Santo che guida e sostiene la Chiesa di Cristo e avviarsi così con fiducia e speranza verso il terzo millennio. don Stefano Costantini IL
MIO CUORE E’ SEMPRE A FAVARO Vorrei dare anch'io un
piccolo contributo ad una comunità che si appresta a celebrare una data
significativa della sua vita: il 30° anniversario della posa della pietra della
sua chiesa parrocchiale. Devo dire che mi sono sempre sentito cittadino di S.
Pietro di Favaro, e mi sento tuttora, pur mancando ormai da diversi anni, da
quando sono diventato sacerdote circa 16 anni or sono. Per la verità forse i più
giovani non mi conoscono, perché ho svolto il mio ministero prima a Burano poi
a Catene di Marghera ed ora a Quarto d'Altino. Comunque quando mi chiedono da
dove vengo, rispondo subito senza esitazione: "Da Favaro, da S.
Pietro". Sono cresciuto ed ho sempre vissuto da bambino e poi da
seminarista in questa parrocchia, vedendo nascere la nuova comunità con la sua
chiesa attuale. Ricordo ancora con gioia e con grande riconoscenza al Signore il
mio umile servizio di chierichetto aiutando i sacerdoti Don Vincenzo a don Bruno
e poi da seminarista collaborando più direttamente in parrocchia oltre che con
il parroco anche con don Michele e anche, gli ultimi due anni, con don Lucio. Come si può dimenticare
una comunità con suoi componenti, i vari sacerdoti da cui ho imparato a vivere
la mia fede cristiana in un clima di gioia e di servizio agli altri? Certo i
legami che si sono creati sono i più vari perché dipendenti dal rapporto di
amicizia e stima che si è stabilito con ognuno; ma al di là dell'esperienza
concreta dei vari legami che ancora si mantengono, resta uguale per tutta la
comunità di S. Pietro un pensiero di stima e di riconoscenza. Penso che celebrare un
anniversario voglia dire ringraziare il Signore perché ha benedetto e fatto
vivere una comunità ricca di tante persone che hanno testimoniato la loro fede
lungo gli anni ed ancora testimoniano il loro amore, nell'umiltà della loro
vita. E se i primi anni di vita
sono importanti per un bambino che riceve ed immagazzina molto dalle persone che
lo circondano così anch'io devo dire di aver ricevuto molto dalla mia prima
parrocchia, in modo particolare le basi della vita comunitaria cristiana. don Gianni Fassina |
|
|
|