LE VISITE PASTORALI DEL PATRIARCA


   Le visite pastorali costituiscono un momento importante nella storia di una parrocchia. Se il significato fondamentale è quello dell’incontro del Vescovo con i sacerdoti e i fedeli locali, esse assumono anche altri risvolti, da quello conoscitivo, a quello ispettivo e di stimolo.
   La prima visita pastorale nella nostra comunità fu compiuta dal card. Giovanni Urbani il 28 aprile del 1968, a circa quattro anni e mezzo dalla istituzione della parrocchia. Fu preceduta da un lungo e minuzioso questionario sui vari aspetti della vita della comunità, che si doveva compilare e spedire in Curia in antecedenza.
   Non mancarono gli aspetti di plauso e di incoraggiamento. Ma come si diceva in precedenza, quelli erano anni piuttosto difficili, di innovazioni ma anche di incertezze in molti campi, tra cui quello liturgico.
   Il Patriarca era accompagnato nella sua visita proprio dal cerimoniere patriarcale dell’epoca, don Vittorio Dinon, massima autorità in tema di liturgia. Una delle prime domande del vescovo al parroco, in tono bonario,fu: ”Ma tu fai ancora la messa beat?”.
   A questo punto è necessario un breve preambolo. La riforma liturgica aveva introdotto l’italiano al posto del latino nella messa e ciò aveva comportato anche la sostituzione dei vecchi canti tradizionali.
   In alcune parrocchie della diocesi i gruppi dei giovani pensavano fosse più opportuno accompagnare queste nuove composizioni con le chitarre, piuttosto che con l’organo o strumenti simili.
   In quel periodo nella musica giovanile dominava il complesso inglese dei Beatles e perciò la nuova messa fu chiamata, in modo peraltro ardito e sbrigativo, “messa-beat”.
   Anche nella nostra chiesa il gruppo dei giovani, insieme a don Bruno Frison, cominciò a sperimentare queste nuove modalità di accompagnamento della liturgia domenicale.
   Don Vincenzo espresse qualche distinguo e qualche cautela, ma non era pregiudizialmente contrario alle novità e non si oppose.
   L’iniziativa, come era facile prevedere, provocò molti entusiasmi ma anche parecchie contrarietà.
   Alla fine si troverà un equo accomodamento: l’organo elettronico, troppo concertistico e profano, verrà sostituito dal più sobrio harmonium; e si darà la preferenza alle chitarre classiche rispetto a quelle elettriche, piuttosto assordanti con i loro amplificatori.
   Altre osservazioni riguardarono la presenza di alcune immagini di santi nelle nicchie laterali delle navate: i nuovi orientamenti liturgici sottolineavano la centralità dell’unico altare nel presbiterio, senza altre strutture che potessero far pensare ai tradizionali “altari laterali”.
   I rilievi sorpresero un po’ il parroco e i suoi collaboratori, anche perché sembravano riferirsi ad aspetti abbastanza secondari rispetto alla realtà nel suo complesso: una parrocchia ancora molto giovane, che aveva comunque saputo realizzare così tanto in così poco tempo.
   La seconda visita effettivamente risultò più “pastorale” e fu vissuta con maggior serenità. A parte un piccolo disguido iniziale: al previsto appuntamento a Piazzale Roma il Patriarca e don Vincenzo non riuscirono a trovarsi; per cui il presule chiese un passaggio al vicino posto di polizia e arrivò a Favaro con un mezzo di trasporto piuttosto insolito. Essa fu compiuta nel novembre del 1973 dal Card. Albino Luciani.
   Fu preceduta da una lettera in cui il vescovo intese presentarsi come colui che voleva seguire le orme di Gesù sulle strade della Palestina, avvicinando i piccoli, gli ammalati, i giovani. Il 23 e 24 novembre infatti visitò classe per classe tutte le scuole elementari, nel pomeriggio del 24 alcuni ammalati ed anziani. Domenica 25 avvenne l’incontro nelle solenni celebrazioni liturgiche.
   Nei giorni seguenti furono realizzate due riunioni con i giovani studenti e i catechisti delle due parrocchie di Favaro.
   Alla fine visita il Patriarca espresse il suo apprezzamento e mandò un suo messaggio: ”essere semplici e non complicati nel nostro essere umano e cristiano; non lasciarsi superare dalle difficoltà della vita; né lasciarci soffocare spiritualmente dal benessere materiale; moderarci nelle nostre tendenze meno buone”.
   Un messaggio pacato, com’era nello stile di Albino Luciani, e che don Vincenzo sembra condividere pienamente annotando a margine: ”Una visita semplice, del tutto pastorale”.
   Il Patriarca aveva programmato una sua seconda visita per la fine del 1978. Ma, come si sa, in quell’anno venne eletto papa col nome di Giovanni Paolo I. Il suo pontificato durò solo 33 giorni, ma furono sufficienti per far apprezzare alla Chiesa intera quello cha aveva mostrato in fondo anche alla comunità di Favaro: la semplicità e la sensibilità pastorale.
   La terza visita avvenne il 28-29 gennaio del 1984: era allora Patriarca il Card. Marco Cè. Fu comunicata per tempo e preparata con cura, con il coinvolgimento del Consiglio Pastorale Parrocchiale. Fu stesa una relazione per ognuno dei principali gruppi parrocchiali allora attivi: il già citato Consiglio Pastorale, i catechisti, il gruppo interparrocchiale delle coppie di sposi, il gruppo degli adulti, quello dei giovani e dei ragazzi.
   Anche il Patriarca Cè volle visitare i malati, “con l’imperversare del maltempo”.
   Fu in questa occasione che venne solennemente inaugurata la nuova sala parrocchiale. Alla fine il vescovo mandò una lettera di plauso e di incoraggiamento a proseguire con zelo, in una parrocchia che viene definita “giovane, eterogenea e in continua fluttuazione demografica”.