Don Vincenzo e la
sua famiglia
Ricordo bene la famiglia di don Vincenzo: erano otto
fratelli, due maschi e sei femmine. Abitavano in una baracca in Via
Lazzaretto e poi in Via dell’Essiccatoio: era una zona di bassura, che
andava talora sotto acqua. Ci passavo spesso quando mi spostavo, come si
usava allora, “traverso campi”.
Gli erano mancati presto il padre, la madre e una sorella.
Conoscevo in particolare suo fratello Luigi : siamo stati richiamati
insieme per la guerra di Abissinia. Lui poi è ritornato a casa come
capofamiglia. Io invece la guerra l’ho fatta davvero e sono rimasto
assente per circa 11 anni, compresa la seconda guerra mondiale, la
prigionia in Africa e poi in India.
La terra della chiesa
Conoscevo i proprietari della terra su cui è stata costruita
la chiesa, i due fratelli Scaramuzza. La loro casa colonica era situata
dove ora c’è la villa dell’ex medico condotto dott. Mariano Bazzarin,
in Via S. Maurizio. Si chiamavano Gino e Annibale, figli di Adamo
Scaramuzza. Erano proprietari di molte terre a sudovest di Via S. Donà,
fino ad arrivare all’attuale Via Cavergnaghi. Altre ne possedevano a
Favaro (Via Lazzaretto e Ca’ Colombara) e a Dese.
L’ingresso di don Vincenzo come parroco
Quel giorno stavo facendo una riparazione d’urgenza alla
muretta della casa del signor Alberto Bolzonella, nelle vicinanze della
Chiesa. Una mia lontana parente, la signora Maddalena Bolzonella, che
tornava dalla cerimonia, mi ha un po’ rimproverato perché ero lì a
lavorare invece di partecipare di persona a quella giornata solenne. Mi ha
raccontato che il dottor Mariano Bazzarin aveva fatto un caloroso discorso
in Piazza e aveva anche consegnato a don Vincenzo un bellissimo anello.
I cappellani
Mi ricordo l’ingresso di don Bruno Frison nel 1965.
Stavo facendo il mio lavoro di muratore in una casa in Via S. Maurizio e
mi ero fermato un attimo per osservare i lavori della nuova chiesa, che
stava sorgendo lì vicino. E’ arrivato questo giovane prete e l’ho
salutato. Mi ha risposto: “Lei è il primo parrocchiano di Favaro che
incontro!”.
Era un bel pretino, simpatico e sorridente. E intelligente:
aveva un bel modo di parlare e di stare con la gente.
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