Mio figlio Dario è
stato battezzato proprio là, nell’appartamento che serviva da chiesa
nei giorni feriali. Abbiamo trasportato il fonte battesimale (che ancora
esiste in parrocchia, anche se ormai non è più utilizzato). Il locale
era piccolo e spoglio, ma la cerimonia è stata suggestiva lo stesso.
Il Comitato Parrocchiale
Ho fatto parte fin dall’inizio del Comitato Parrocchiale.
Per la raccolta dei fondi andavamo a distribuire le buste in coppia (in
tutto 15-20 coppie) e ognuna aveva la sua strada. Io andavo in Via
Marmolada e il mio compagno era il signor Domenico Zanchettin. Lui era il
fac-totum del Comitato: sempre puntuale e disponibile, meriterebbe un
monumento!
Quando i progettisti ci hanno mostrato il plastico della
chiesa ci ha subito fatto una buona impressione. Insieme a don Vincenzo,
qualche tempo dopo, abbiamo suggerito una modifica : una pensilina sopra
alla porta di entrata, in modo che nei giorni di pioggia ci fosse uno
spazio riparato per aprire e chiudere gli ombrelli.
Il Comitato festeggiamenti
Era più allargato rispetto al Comitato Parrocchiale, e anche di
impostazione più laica. Alcune persone lavoravano in entrambi i gruppi.
Don Vincenzo si interessava per chiedere i vari permessi per la Pesca di
Beneficenza, i fuochi d’artificio, ecc..
Lo scopo era quello di festeggiare la ricorrenza del Patrono
e insieme di raccogliere fondi per la costruzione della nuova Chiesa. Si
programmavano tra le altre cose: avvenimenti sportivi e culturali,
l’arrivo delle giostre, stand gastronomici (il signor Angelo
Tagliapietra, ad esempi,o fece venire i pescatori di Burano a preparare il
pesce fritto per tutti), la già citata Pesca e i fuochi d’artificio.
Io mi interessavo in particolare della Pesca di Beneficenza,
insieme a Toni Trabucco, detto “demonio” per un suo simpatico
intercalare (“porco demonio!”) che ripeteva in continuazione.
Abbiamo fatto costruire il baracchino da un artigiano; una
volta smontato veniva conservato nei locali della parrocchia per l’anno
dopo.
Ci si preparava già da due mesi prima. Dopo la richiesta dei
permessi, la cosa più importante era ovviamente raccogliere i regali. Il
grosso arrivava dalle vetrerie e dalle “fornase” di Murano, dove don
Vincenzo era stato prima cappellano. Il parroco, il signor Domenico
Zanchettin e il signor Francesco Maurizio facevano il loro giro, e poi una
barca portava tutti “i vetri” a Piazzale Roma e di qui a Favaro.
Parecchi regali venivano offerti dai commercianti ed artigiani del paese.
Altri ancora venivano acquistati, a prezzo conveniente, dal signor Casarin
di Mestre, che faceva il grossista di articoli casalinghi. Completavano il
tutto i regali più importanti e di richiamo: ad esempio una televisione,
una lavatrice, una barca.
Ci voleva una settimana per montare il baracchino e
un’altra per smontarlo. Durante i festeggiamenti, di notte, facevamo
spesso la guardia a turno.
Ricordo ancora la parlantina sciolta e le frasi ad effetto
che il signor Elio Scroccaro diceva per invitare all’acquisto dei
biglietti: “Venite alla Pesca di Favaro, la perla della terraferma
veneziana! ... E’ appena arrivata una comitiva dall’aeroporto di
Tessera per venire a pescare alla nostra Sagra! ... Peppone e don Camillo
a Favaro!”.
Qualche piccolo screzio sorse tra il Comitato Festeggiamenti
e gli organizzatori della locale “Festa dell’Unità”. C’era
confronto e rivalità tra le due manifestazioni, anche perché la Festa
dell’Unità seguiva “a ruota” la Sagra.
Le polemiche potevano riguardare qualche presunta irregolarità
sulle modalità di immissione dei biglietti “più importanti”
nell’urna della Pesca. Oppure il tentativo di anticipare la data di
inizio della Festa dell’Unità sempre più a ridosso della Sagra, fino a
farle in parte coincidere: ”Tanto non c’è problema, un bicchiere di
vino la gente può berlo sia di qua che di là!”
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