Una struttura edilizia fatiscente e dall'incerto destino, ecco come si presenta oggi un complesso di magazzini cadenti, disposti in quadrato attorno ad un'area di circa 2.000 mq., sita nei pressi dello scalo San Leonardo.
L'incertezza di una ben precisa destinazione di utilizzo sembra anzi essere una costante di questa struttura fin da quando tale Eugenio Pretto, genovese, pose mano alla sua realizzazione.
Era il 1873 ed in Favignana la vita fluiva senza quelle implicazioni di ordine socio-economico alle quali oggi assistiamo. Le attività produttive che si svolgevano a Favignana erano essenzialmente l'agricoltura e la pesca, condotte con caratteristiche autarchiche e cioè dirette a soddisfare le sole esigenze della popolazione residente. Unica eccezione a tali caratteristiche produttive ed a siffatta delimitazione economica era l'attività della pesca del tonno, nonché quella della sua conservazione con procedimenti industriali.
Entrambi queste due attività erano appannaggio dei Marchesi Pallavicino-Rusconi e venivano date in "gabella" ad altri imprenditori non residenti nell'isola.
Uno di questi fu Vincenzo Florio (nato a Bagnara Calabra) che tenne la gabella delle due tonnare (Favignana e Formica) e dello stabilimento conserviero fino al 1854.
Successivamente la gabella fu assunta da certo Giulio Drago, proveniente da Genova.
Tale era la situazione alla data del 1873.
Il disinteresse sempre manifestato dalla famiglia Pallavicino a gestire direttamente le tonnare, si spinse in quell'anno fino alla decisione di vendere tutto quanto il possedimento nelle Egadi.
Questa notizia fu evidentemente raccolta nell'ambiente genovese, dove i Pallavicino risiedevano, incontrando l'interesse di certo Pastorino.
Questi però, prima di decidersi all'acquisto, ritenne opportuno inviare a Favignana Eugenio Pretto, al fine di operare una indagine di validità economica sull'iniziativa da intraprendere.
Pretto, per non scoprire i suoi veri intendimenti e per non compromettere il potere negoziale del suo mandante nell'eventuale acquisto, giustificò la sua presenza nell'isola con l'intenzione di dar vita ad una nuova attività industriale: quella della frittura e conservazione delle sarde.
A tal proposito costruì nello slargo di San Leonardo alcuni capannoni, delimitando l'area di quel complesso, che nel linguaggio popolare venne denominata "Pretti".
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L'utilizzazione di quell'area apparve, fin dalla sua prima individuazione, destinata ad assumere carattere di provvisorietà, e tale caratteristica, come un crudele destino, ha sempre conservato nel tempo, pur nel succedersi dei vari eventi che l'hanno riguardata.
Nell'anno 1874 Ignazio Florio, intuendo i propositi del Pretto, si portò a Genova e - a sorpresa - concluse abilmente con gli eredi dei Pallavicino (Durazzo e Rusconi) l'acquisto delle Egadi.
Eugenio Pretto, bruciato anzi tempo nella sua indagine economica, abbandonò la sua falsa iniziativa industriale e vendette ai Florio la struttura edilizia che aveva realizzato in zona San Leonardo.
Oggi tale struttura, ormai cadente, trova precaria utilizzazione come rimessaggio di attrezzature da pesca, ma l'area nella quale insiste, per la sua posizione nel contesto urbano dell'isola di Favignana, sembra destinata ad assumere, finalmente, una ben più precisa vocazione di servizio, nell'interesse economico e sociale espresso da quanti nell'isola hanno ragioni di presenza.
Pietro Torrente
Favignana
- Panorama ai primi del 900
Notizie sulla Famiglia Pretto
(di
Erina Giangrasso)
Eugenio Pretto, emissario dei Pastorino, fallita la compra delle isole, impianta una tonnara in Sardegna e una friggitoria a Genova. Alla sua morte eredita tutto il figlio Giuseppe Alberto che sposa Maria Cassanello.
Dalla loro unione nascono due figli: Eugenio II e Pierino; il primo muore a 34 anni per polmonite, un mese prima dell'arrivo in Italia della penicillina; Pierino a 12 anni di meningite. Alla morte dei figli, Giuseppe Alberto dona ai Padri Salesiani il terreno necessario alla costruzione di un Istituto e dispone nel testamento che il ricavato della vendita dell'intero patrimonio venga utilizzato dopo la sua morte (1964) e quella della moglie, per costituire una fondazione che tutt'oggi, a loro nome, destina sussidi e borse di studio ai ragazzi degli istituti tecnici professionali.
La Famiglia Pretto dopo la morte di Giuseppe Alberto si è totalmente estinta.
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