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VENERABILE FRA SANTO
MONACO AGOSTINIANO SCALZO QUESTUANTE A FAVIGNANA
 

Il Venerabile Fra Santo, chiamato al secolo Vito Antonio, nacque a Trapani il 5 agosto 1655, da Giuseppe di Santo e da Paola Iugali.
 

 

Ancora fanciullo fu addetto come garzone presso un calzolaio, da cui imparò l’arte, che poi lodevolmente esercitò fino all'età di 29 anni, traendo onesti guadagni che impiegava nel soccorrere i poveri.

La preghiera assidua e fervorosa, la devozione al SS.mo Sacramento, la purezza ed il distacco dai beni caduchi della terra furono le virtù che maggiormente coltivò crescendo negli anni della giovinezza.
Anelando ad una vita più perfetta entra tra gli Agostiniani Scalzi a Marsala in qualità di fratello converso. Il 22 maggio 1685 emette la professione religiosa col nome di Fra Santo di S. Domenico. Da Marsala ritorna a Trapani e qui gli viene affidato l'ufficio gravoso di questuante che esercita ininterrottamente per 43 anni. A Favignana Fra Santo venne non solo per la questua, ma soprattutto per pregare nella solitudine.
Esiste in Isola, a ricordo del suo passaggio, una zona chiamata «Punta di Fra Santo» o «Punta di Santu Vituzzu» (Fra Santo da molta gente veniva chiamato col vezzeggiativo del nome di nascita). In quella stessa zona si può ammirare ancora oggi «il Pozzo di Fra Santo», così chiamato per il prodigio da lui operato.  Accanto a questo pozzo vi è una casa rustica e abbandonata dove il Servo di Dio passava la notte a dormire e pregare.
Così egli passò tra noi, umile, paziente e pio, sotto il peso delle bisacce, chiedendo l'amorosa carità per i suoi frati e lasciando in cambio, il suo sorriso, la sua dolce parola e la benedizione del Signore. Il Suo amore per Dio non conobbe confini. Mosso da fervido zelo per la Sua gloria, con le elemosine faticosamente raccolte potè costruire a Trapani la Chiesa di S. Maria dell’Itria dove riposa dal 16 gennaio 1728, giorno della sua morte.
Dio che si è degnato operare grandi prodigi per mezzo del suo servo fedele ancora vivente, per sua intercessione continua a concedere grazie straordinarie ai suoi devoti.
 

LU SANTISSIMU CRUCIFISSU


Crocifisso dipinto su tavola nel 1820 
da D. Guglielmo Marceca
 

Rievocazione
Era l'anno 1402 quando un sordomuto, intento al suo quotidiano lavoro, rinvenne in una grotta nei pressi dell'attuale cimitero di Favignana, un'immagine del SS. Crocifisso raffigurata nel tufo.
Deve essere stata per l'umile contadino un'emozione sconvolgente, tanto da fargli riacquistare l'uso della favella e consentirgli così di portare in paese l'annuncio del miracoloso rinvenimento.
La notizia ci è stata tramandata dalla tradizione popolare, ma non vi è dubbio che essa ha una sua valenza storica, giacché costituisce il primo elemento di una serie di accadimenti successivamente annotati con precisi riferimenti a fatti storici.
Ci sia, comunque, consentita una breve considerazione: per noi credenti è bello pensare che la scelta dell'umile soggetto autore della scoperta, l'evento straordinario inserito in un quotidiano impegno di lavoro, l'annuncio avvenuto per mezzo della ritrovata favella di un sordomuto, rientrino in un grande disegno divino del quale possiamo solo intuire il supremo messaggio diretto ad un rinnovo di fede.
La fede e la devozione alla Santa Croce hanno, infatti, avuto successivamente un radicamento nella coscienza popolare tale da farceli ritrovare ancora vivi e palpitanti dopo oltre quattro secoli dall'evento.
Nel 1820 la venerazione dell'immagine sacra era ancora così profondamente sentita dalla popolazione favignanese da determinare la volontà di dare ad essa una più adeguata collocazione nel luogo di culto che la grotta aveva ormai assunto. Il Crocifisso che si trovava nella parete sinistra della grotta è stato spostato in posizione più centrale, nella parete di fronte all'ingresso.
Fu necessaria l'opera di alcuni tagliapietra per estrarre in blocco dalla primitiva parete l'immagine e portarla in fondo alla grotta. Successivamente un certo signor Coniglio da Trapani affidò a Giacomo Torrente la costruzione della chiesa sopra la grotta.

La gente accorreva per pregare davanti al SS. Crocifisso e, tale era l'intensità del suo sentire, che non si faceva scrupolo di raschiare la pietra per ricavarne polvere, alla quale attribuiva potere miracoloso. Questa consuetudine rischiava di deturpare l'immagine e per evitare ciò è stato costruito un Crocifisso di latta, sovrapponendolo poi a protezione di quello originario.
Evidentemente tale precauzione non ha dato i risultati sperati, giacché si ha notizia che in epoca quasi immediatamente successiva «...certo Guglielmo Marceca da Trapani, orefice, fece costruire una croce di legno in cui si ammira, ricopiata, ancora l'identica figura dell'originale. Nel 1837 in occasione del colera, che nell'isola faceva immensa strage, i favignanesi per viva fede pensarono di trasportare questa Croce nella chiesa Madrice». (Mario Zinnanti, "Cenni storici" 1912).
La croce del Marceca è ancora quella che ogni anno viene portata in processione per le vie del paese nel giorno della celebrazione (14 settembre) della festa del SS. Crocifisso.
Ben diversa e movimentata è la storia dell'originale rinvenuta in contrada Piana dipinta sul tufo, poi sistemata nella chiesetta del cimitero.
Nel 1866 il sacerdote Matteo Gandolfo, cappellano di quella chiesa, nell'intento forse di ravvivare i colori della croce rinvenuta nella grotta, diede incarico al professore Pietro Croce di ritoccare gli elementi deteriorati. Questi, però, anzicché operare un vera e proprio ritocco, fece applicare sull'immagine – quale appariva in quel tempo – uno strato di cemento, affrescandovi poi il Crocifisso riprodotto nella croce di legno del Marceca. Fece, cioè, una copia della copia tratta dall'originale.
Nel 1890, infine, l'arciprete Giuseppe De Vita, accorgendosi che la pittura del professore Croce si era deteriorata a causa dell'umidità, ne affidò il restauro a certo Ciofalo (pittore di stanze). «Il presunto pittore ricoperse d'un nuovo strato di cemento l'opera del professore Croce, ed – a suo modo – dipinse di nuovo il Crocifisso, facendo così scomparire la vera effige dell'originale ritrovato.
Si riconosce ora come vero originale il Crocifisso della Croce di legno
». (M. Zinnanti, citato).

 

 

 
Crocifisso dipinto su tela nel 1984 dal pittore veneziano Bernardino Gianola