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DA IL PANTECO - Dicembre 1994

Gli ex-voto della chiesa campestre del Crocifisso a Favignana

di Michele Ponzio

I "miracoli" di Favignana costituivano un piccolo gruppo, ora andato disperso, di ex-voto dipinti su tela, su legno o su lamiera.
Uno di questi, particolarmente significativo. rappresentava una goletta affondata dopo che l'intero equipaggio era riuscito a salvarsi. Il loro racconto è il viaggio nella memoria di chi li ricorda appesi alla parete scrostata della chiesa campestre del Crocifisso e, attraverso tale viaggio, si muove alla ricerca di una identità che non ci si rassegna a considerare perduta per sempre. 
  


La chiesetta, datata 1402, è il luogo della "rivelazione" della divinità e della sua potenza. Racconta don Zinnanti nei Cenni storici delle Isole Egadi che "un uomo, di cui si ignora il nome, essendo andato a caccia, pervenuto vicino alla grotta trasformata ora in chiesa (...) vide un coniglio che andava ad intanarsi in quella e lo seguì addentrandosi nella grotta. Ma quale non fu la sua meraviglia mista a tenerezza, nello scoprire al lato sinistro dell'entrata nella grotta la figura, dipinta al vivo, del S.S. Crocifisso". 
Il sordomuto che rinvenne la "miracolosa" immagine riacquistò l'udito e la parola e divenne testimonianza degli effetti della prodigiosa immagine. Nel 1837 la sacra immagine salvò l'isola dal colera e per tante stagioni aride fu meta di pellegrinaggi degli isolani che accompagnavano la Madonna di Custonaci, protettrice delle campagne, in visita al proprio figlio Crocifisso, per chiedere la pioggia.
La piccola chiesa campestre, che dal 1831 divenne il centro del nuovo cimitero, è il luogo di intermediazione per eccellenza tra l'umano e il divino. Essa è un piccolo luogo di culto con un'area di utenza estremamente limitata, ma è allo stesso tempo un sistema di correlazioni devizionali che ha come nucleo centrale quelli del Cristo Crocifisso.

Nella chiesa del cimitero la comunità isolana nella sua interezza sociale e territoriale ostentò e istituzionalizzò l'uso devozionale e cerimoniale dell'ex-voto. 
Situate nel luogo deputato per riposo dei trapassati, divenne il tramite con una miriade di "amici invisibili facenti parte della comunità dei viventi per le loro qualità di mediazione con il divino nell'ottenere protezione. 
Gli ex-voto della chiesa del Crocifisso appartenevano tutti alla serie dei naufraghi in mare, come si può ben immaginare dato il continuo e vitale rapporto degli abitanti con il mare. 
Nel rapporto con il mare il pericolo non rappresentava un'eccezione ma la quotidianità del negativo, e la serie degli ex-voto sottolineava la consuetudine degli isolani a ricorrere all'invocazione dell'intervento soprannaturale per superare i normali incidenti della loro vita marinaresca. Questi "miracoli", nell'immutabilità della loro struttura pittorica, ci spiegano in maniera semplice il legame tra cielo e terra e l'importante ruolo di mediazione svolto tra l'alto e il basso dalla figura del santo che, con la morte, ha superato l'imperfezione primigenia e si trova nella condizione di poter intercedere in favore di coloro che da questa imperfezione sono limitati. 
Gli ex-voto connettono nello scenario pittorico della tavoletta questa componente umana imperfetta a quella perfezione soprannaturale. 
Nello spazio deputato, in alto a destra o a sinistra, dove il pittore lo ha collocato, il Cristo Crocifisso appare dentro aloni di luce o nelle nuvolette e ha ai suoi piedi una figura di santo, a volte la Madonna stessa o le anime del purgatorio (forse le anime degli isolani trapassati).
Questi "amici invisibili" consentono alla preghiera degli uomini in pericolo di superare la soglia tra l'alto e il basso, tra il perfetto e l'imperfetto e consentono al "legno" di approdare sicuro in porto. 
Tutte le tavolette della chiesa del Crocifisso avevano un cartiglio nella parte bassa.  Questo cartiglio permetteva di identificare colui che aveva fatto voto, completava la descrizione della circostanza della grazia e permetteva la datazione. 
Ricordo a memoria che la serie votiva di Favignana risaliva al XIX secolo. All'"interno" della tavoletta votiva c'era una sequenza narrativa elementare quasi sempre identica: come prima funzione un'"improvvisa tempesta con forte vento di maestro" introduceva un miglioramento da ottenere, al quale seguivano i gesti propiziatori attualizzati come richiesta dell'intervento del protettore e codificati come "processo di miglioramento".   Questa funzione mediana si legava alla terza e ultima visualizzata nell'elemento divino, il cui apparire nella parte alta della tavola testimoniava, insieme alla presenza del dipinto sulla parete della chiesa, il miglioramento ottenuto. 
Nel racconto proposto dagli ex-voto ogni funzione impone come necessaria quella che la segue nella sequenza. Proviamo a considerare oltre alle "presenze" anche le "assenze", cioè i naufragi avvenuti, i miracoli non realizzati; allora la tavoletta nei punti di stasi narrativa permette al lettore di inserirsi e arricchire la combinazione delle sequenze in un labirinto narrativo di successioni non più obbligate. 
Il "lettore" che scorre con il naso all'insù la teoria delle tempeste, delle golette con le vele strappate e gli alberi spezzati, che rivive nella memoria i gesti di altri naufraghi, ascoltati, letti, immaginati, colloca il Cristo Crocifisso nella sfera degli eroi che, separandosi dalla comunità, si presentano come "agenti" grazie ai quali si realizza lo sperato rovesciamento della situazione. 
Questi eroi sono i mediatori personalizzati tra la situazione-prima e la situazione-poi. Sono gli eroi intorno ai quali i "lettori" di ogni epoca di "miracoli" elaborano i loro racconti che, nascendo dalla materia degli ex-voto, diventano fantasticherie narrative individuali. 
Quante "fantasticherie narrative" hanno suggerito gli ex-voto della chiesa campestre del Crocifisso agli isolani che nel corso degli anni li hanno guardati con curiosità e stupore, appesi alla parete scrostata, prima della loro scomparsa?  Non la sapremo mai. 
Non sapremo mai quante avventure essi abbiano immaginato nei luoghi, a volte esotici, nominati dalla scrittura degli ex-voto. Una scrittura che, ridondante rispetto alla scena, aggiungeva particolari accrescendo il pathos narrativo dell'immagine, mutandone la sintetica staticità in elemento di una sequenza dinamica e consentendo al "pubblico" di dare sviluppi imprevedibili alle sequenze della tavoletta. La difficoltà nella campionatura delle varianti prodotte dal "pubblico" non deve deporre contro questa ipotesi interpretativa, che è simile, per certi versi, a quella proposta da Eco per l'opera d'arte. 
Gli ex-voto permettono "l'attività cooperativa che porta il destinatario a trarre dal testo quello che il testo non dice"? 
Permettono le tavolette dipinte di "...riempire spazi vuoti, connettere quello che vi è in quel testo con il tessuto dell'intertestualità da cui questo testo si origina e in cui si andrà a confluire"?  Un'ipotesi suggestiva da verificare. E' utile aggiungere comunque che il piacere che nasce, oggi come ieri, dall'osservare i "miracoli", viene proprio da questa possibilità di cooperazione narrativa.