Quando il 30 aprile 1992 si spense a Favignana, all'età di 78 anni, la scultore naif
zu' Sarino (al secolo Rosario Santamaria), ignaro e ingenuo antesignano, fin dagli anni Settanta, di quella che oggi chiamiamo cultura dell'accoglienza nei confronti dei turisti, fu per coloro che lo avevano conosciuto come se fosse morto un amico, un meraviglioso e insostituibile punto di riferimento alle Egadi.
Sarino, infatti, dopo una vita dura da "cavatufo" era diventato da anziano (ma ancora energico e dinamico) una specie di jolly: sempre presente, sempre a disposizione anche degli sconosciuti, sempre pronto ad accompagnarti in giro per l'isola, a spiegarti qualcosa, a regalarti una sua scultura, senza chiedere nulla in cambio, semplicemente per il piacere di farti sentire a tuo agio, di farti nascere nel cuore un amore profondo per la sua terra.
Appena sbarcati sull'isola di Favignana, ci si imbatteva in questo strano personaggio. Sulla strada principale, all'interno di una veranda piena di pezzi di tufo scolpito, aveva in testa, come originale cappello, un ombrellino colorato. Anziano e smilzo lasciava trasparire una grande forza e gioia di vivere.
Dapprima, per come si comportava, si poteva pensare che si trattasse del matto del paese (sempre ce n'è uno in ogni villaggio che si rispetti). Ben presto però ci si rendeva conto che la sua originalità aveva qualcosa di più serio: sembrava infatti che tutti gli volessero bene e amassero chiacchierare con lui.
Sarino da giovane aveva lavorato nelle cave di tufo e da vecchio era stato spinto da uno strano attaccamento alla materia di cui è fatta la sua isola a scolpirla, dandole forme ingenue e primitive, piene di pathos.
Lo si poteva trovare intento a lavorare il tufo nella sua veranda. All'interno del muretto di recinzione c'era una gran quantità di sculture e anche composizioni di legno, dalle forme bizzarre, attaccate alle pareti.
Quello che colpiva erano le teste scolpite nel tufo. Ve n'erano dovunque: rettangolari, cubiche, ovali, e tutte ti guardavano, facendoti sentire osservato, quasi in imbarazzo.
Zu Sarino, vedendo un ospite interessato, chiedeva se c'era qualcosa che gli piacesse per poi fargliene omaggio. Nemmeno per un attimo si aveva l'impressione che tanta gentilezza derivasse dal voler vender qualcosa:
zu' Sarino, sorridendo, regalava, a chi la voleva, il frutto della sua opera.
Ed era tutto fuor che pazzo. Era saggio, gentile, generoso e ospitale. Era divertente parlargli perché, da buon isolano, era sempre polemico con chi, secondo lui, non amava abbastanza la sua isola che egli difendeva a spada tratta.
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Ed era un arricchimento conversare con lui di fatti e storie delle Egadi. Si prodigava per mantenere Favignana come un tempo, sia dal punto di vista ambientale sia delle tradizioni e dei valori.
Non sopportava la maleducazione, la prepotenza e la disonestà. Un giorno fu visto all'alba sulla banchina del porto intento a ripulirla da sacchetti e rifiuti buttati dai turisti. Diceva che era inconcepibile buttare i rifiuti in mare e che era una mascalzonata.
Infatti abbracciò la causa di "Marevivo", la nota associazione ambientalista, di cui divenne un convinto e
silenzioso sostenitore. Camminava per l'isola indossando la maglietta dell'associazione con i due simbolici delfini e regalando statuine in tufo che spesso riproducevano barche e animali marini.
Oggi zu' Sarino non c'è più, ma restano, in tante case sparse per il mondo, le sue opere, le sue facce, i suoi tonni in tufo a testimoniare la sua umanità e il ricordo di un'isola un po' primitiva e ingenua che forse se n'è andata con lui.
O zu' Sarinu
Aggiru pu' paisi cantava
e riverìa u turista c'arrivava;
amicu di ranni e picciriddi si facìa,
raccumannannu a iddi:
- rispettu mantiniti pi' "Faugnana mia".
Ravanti a na furma ri cantuni scalpiddava,
cu manu d'Artista criava
na facci, un pisci, n'arbunazzu chi vulava.
Nni parlanu li genti,
nni parla e su rriorda
cu' viri u so' ritrattu.
Ricennu - ci pinsati ô zu' Sarinu? -
Mustrava la so' arti
'nfacci dâ chiesa di Sant'Antuninu.
Maggio 1995, Silvestro Sinagra |
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