Da piccoli gli adulti ci parlavano spesso delle origini di Budrio. Raccontavano di una grande palude che ricopriva tutto il territorio e di un gruppo di frati che, con le loro mani, avevano bonificato il terreno, sul quale poi avevano costruito una piccola cappella (che coinciderebbe con l’attuale vecchia sagrestia). Decisero di chiamare il paese Budrio (“Budrium”-“Putridum”) per ricordarci che una volta il terreno era paludoso.
Abbiamo approfondito il contenuto di questa tradizione orale attingendo a ricostruzioni storiche documentate dalle quali ho potuto ricavare queste informazioni.
Il territorio di Correggio si formò nel periodo pleistocenico quando imponenti esondazioni di fiumi appenninici colmarono lentamente, con ciottoli, sabbia e limo, la profonda palude che ricopriva tutto il territorio. Sulle poche terre emerse nel V sec. A.C. si stabilirono prima genti Italiche provenienti dal Veneto (lo testimoniano alcuni ritrovamenti archeologici) e poi genti Galliche (lo si suppone dall’etimologia d’alcuni nomi di località). Più tardi grandi alluvioni ricoprirono nuovamente il territorio. Riemerse alcune terre vi si stanziarono genti Romane, mentre i Liguri si stabilirono lungo i margini di un grande lago: il BONDENO (7.500 ettari). Il lago, molto probabilmente era ciò che ne restava della profonda palude.
L’avvento romano portò alla colonizzazione delle terre emerse, al coinvolgimento d’alcuni corsi d’acqua ed alla costruzione d’alcune strade principali.
Al tempo della caduta dell’impero Romano l’alluvione ricoprì ancora il territorio che tornò quasi deserto d’uomini per alcuni secoli. La vita ritornò con i Longobardi che lasciarono molte tracce, da questo punto comincia la storia vera e propria di Correggio e di Budrio.
Nel febbraio del 1891 da alcuni scavi, compiuti lungo la riva del cavo Naviglio, in un podere denominato San Martino a quel tempo in proprietà del sig. Domenico Rota, vennero in luce residui di tombe di età tardo - imperiale d’epoca romana, formate di mattoni in cotto. Poi cocci di stoviglie, avanzi di mattoni, chiodi di ferro, una fibula di bronzo e un oggetto, sempre in bronzo, alto 11 cm e largo 10. Si tratta molto probabilmente di un oggetto ornamentale, una maschera a sembianza umana contornato da una raggiera. Nella parte superiore, due teste di cani e due gruppi di fogliame rovesciati riuniti al centro da un nodo. Tale placchetta risale probabilmente al basso impero.
In una carta del Monastero di san Prospero di Reggio, datata 935, apprendiamo che un certo Ildeprandus de Budrio dona alla cattedrale di Reggio i suoi beni “in loco Villa Budrie”. Questo è il documento più antico che testimonia l’esistenza di Budrio.
Su questo territorio fu eretto un castello che nel 1006 risulta essere di proprietà di una certa Valperga e proprio qui fu stillato l'atto di donazione che la stessa fece al monastero di San Prospero di Reggio Emilia. Di tale castello abbiamo notizie fino agli anni trecento, periodo in cui molto probabilmente venne distrutto.
Il castello di Budrio viene definito come una motta que vocatur castrum illorum de Lupis (la motta detta il castello dei Lupi) con riferimento alla proprietà che anche sul castello di Budrio, in un periodo non conosciuto, avrebbe avuto la famiglia dei Lupi di Canolo, famiglia di rilievo nella vita politica del comune di Reggio tra il XII e XIV secolo. Il castello sorgeva dietro la chiesa, leggermente scostato da essa. Nel 1750 i ruderi del castello, secondo la tradizione, sarebbero stati utilizzati nella riedificazione della chiesa locale.
Su una bolla attribuita ad Innocenzo II si fa riferimento alla chiesa di S. Pietro di Budrio, nominata già dall’anno 1140 e di patronato dei Lupi, che l’avrebbero fondata. Tale bolla è un falso costruito probabilmente nel trecento; il contenuto della bolla potrebbe però essere stato elaborato utilizzando dati storicamente veri, infatti, l'esistenza di una chiesa a Budrio può essere ricavata da un documento del 1172.
Per tutto il sec. XIII si hanno attestazioni sulla Chiesa di Budrio come chiesa parrocchiale con annessa cura delle anime, dipendente dalla Pieve di Caporotondo / Fosdondo. Da questa dipendevano anche diverse chiese poste nel territorio rurale correggese.
Nel Medioevo esisteva un solo tipo di chiesa parrocchiale: la Pieve. In essa si somministrava il battesimo, nel cimitero si seppellivano i morti, si celebravano le funzioni principali dell'anno liturgico. In essa si radunava il clero per le adunanze comuni. A Caporotondo venne eletto un capitolo canonicale e si istituì una scuola per la formazione dei sacerdoti. A tale Pieve spettava il diritto di ritirare la decima su tutti i prodotti.
La Pieve esercitava il suo potere su il plebanato, cioè su un territorio nel quale sorgevano anche diverse cappelle. In tale cappelle, che in età moderna diverranno le future parrocchie, i sacerdoti dipendenti andavano a celebrare la Messa nei giorni festivi. Non tutte le cappelle però facevano parte della pieve, alcune erano di proprietà dei signori (chiese proprie), altre dipendevano da Canoniche o da Monasteri reggiani.
Nel 1508 viene tolto ogni potere alle Pieve di Fosdondo e le chiese correggesi diventano soggette alla prepositura di San Quirino di Correggio.
Nel 1543 troviamo la chiesa di Budrio tra le chiese di nessuna Pieve, riceveva ancora gli oli santi dalla vicina Fosdondo in segno dell’antica dipendenza.
Dopo il Concilio di Trento i confini della parrocchia divennero "rigidi", a Budrio hanno sempre coinciso con i confini territoriali del paese.
Nelle parrocchie ogni sacerdote doveva svolgere la sua funzione di pastore e di controllo, dovevano aggiornare i registri dei battezzati, dei cresimati, dei defunti, dei matrimoni e gli stati delle anime. Ogni fedele per celebrare un sacramento in una parrocchia diversa dalla sua doveva chiedere il permesso al proprio sacerdote.
Un esempio interessante è l'accordo del 1789 tra il Capitolo Canonicale di San Quirino (Correggio) e i rettori delle parrocchie limitrofe. In base a tale accordo il curato cittadino accompagnava il cadavere di un defunto che aveva espresso il desiderio di essere seppellito in un cimitero di una villa rurale, fino agli estremi confini della sua parrocchia. A questo punto il parroco consegnava il feretro al rettore della parrocchia rurale.
Molte ed utili informazioni possiamo trarre, non solo dalle opere compiute dalla parrocchia nel tempo, ma anche dalla sua collocazione e dalla sua struttura.
Le Bras, ad esempio, sostiene che, ci siano, fondamentalmente, due ragioni diverse all'origine della costruzione di una chiesa e della formazione di un villaggio.
Da una parte abbiamo il villaggio che chiama la chiesa e intende in questo modo riferirsi a quelle chiese che sono sorte e si sono insediate in una comunità già formata (generalmente alla fine dell’antichità). Si tratta in alcuni casi di chiese private, sorte ed accolte in comunità che erano centri di produzione, di scambi e di difesa. Dall’altra parte abbiamo la chiesa che fa nascere il villaggio, si riferisce a quelle situazioni in cui la religione ha fatto da richiamo e ha fatto nascere il villaggio. Paesi che si sono sviluppati cresciuti attorno ad una chiesa o cappella preesistente.
Credo che la storia della parrocchia di Budrio faccia riferimento a questa seconda categoria; alle abitazioni sparse costruite a caso nelle paludi prosciugate o sulla traccia di dissodamenti occorreva un centro religioso che tutti potessero raggiungere con facilità, una chiesa posta al centro. Successivamente, intorno ad essa, è cresciuto un paese.
Il nome di un paese ci dice molto sulla sua storia, può essere classificato come un agiotoponimo cioè derivato dal nome di un santo (nel correggese, ci sono tre frazioni che hanno quest'origine: San Biagio, San Martino e San Prospero), oppure un geotoponimo, cioè derivato dalle caratteristiche geomorfologiche del territorio. A quest'ultima categoria appartiene il Toponimo Budrio (“Budrium”-“Putridum” Putreo – idus) che, come già detto, ci ricorda che una volta il terreno era paludoso.
Il nome è in ogni modo un elemento importante per gli abitanti di un paese, perché è un simbolo di unità e di continuità.