Il settantunesimo senso è un'espressione rabbinica riferita alla Torà:
nella concezione ebraica antica il mondo era formato da settanta popoli e a questi, tutti, è stata offerta la Torà.
Non solo, settanta indica sì la totalità dell'offerta ma siccome tutti e settanta i popoli hanno lingue diverse
indica anche una molteplicità di interpretazioni, tutte necessarie, più una: la nostra!
E se questo vale per la Scrittura dove Dio fa le cose e le racconta, le racconta e le fa essere,
a maggior ragione vale per le scritture: il testo vive solo se chi lo legge lo interpreta (ri)costruendone
il significato. Come l'albero è fermo e mobile insieme, il testo è stabile, e l'interpretazione lo fa
crescere ma non lo cambia!
E' difficile capire se il pregio migliore del libro stia nella poesia o nelle immagini che ornano e
impreziosiscono il testo. Fulvio Mariani, pittore oltre che poeta, commenta a modo suo
(come con la splendida quercia della copertina) i propri versi.
Il lettore ha spesso l'impressione che le poesie siano delle pennellate sulla tela,
o che le immagini interne (tutte in sfumature di grigio) siano versi lineari e conclusi.
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