A
Venezia, nella Chiesa di Santa Maria Formosa, ho raccolto dal parroco la storia
della Santa. “Secondo il Martirologio Romano,Santa Marina si festeggia il 18 giugno, e
il 17 luglio si celebra la
traslazione delle sue reliquie da Costantinopoli a Venezia, avvenuta
nel 1231. Le notizie della sua
vita sono chiamate legenda. Nella chiesa infatti
si raccoglievano le gesta dei
santi che poi venivano trascritte perché fossero di esempio
a tutti i cristiani e
venivano lette durante la messa, perciò si chiamavano “legende”
- quia
legenda erant
– perché dovevano essere lette. L’altare di questa santa è meta di pellegrini
provenienti da tutto il mondo, in
particolare dalle località dell’Italia centro meridionale,
dove è ancora venerata”. In
Egitto un vescovo copto sostiene che Marina è la
protettrice dei cristiani maroniti del Libano.
Quella
che segue è una versione della sua vita secondo l’attuale Sinassario
Maronita.
"Marina era nata a Qlamoun nel Nord del Libano. Suo padre Eugenio era un pio
uomo.
Sua madre morì quando Marina
era molto piccola. Fatto che indusse il padre a rinunciare al mondo per
ritirarsi nel Monastero di Qannoubine nella Valle Santa, accompagnato dalla figlia,
che
vestì da maschio, introdotta ai
monaci col nome di Marino. La giovane si dedicò alla
pratica delle virtù monastiche con
massima spiritualità e precisione. Un giorno, mandato
in missione in una città
vicina, dovette trascorrere la notte a casa di un amico dei
monaci che sia chiamava Paphnotius, la cui figlia era incappata in adulterio e rimasta
incinta. Quando
il padre scoprì il fatto s’infuriò e la figlia attribuì la colpa al monaco.
L’uomo andò subito al
Monastero dal Superiore che chiamò Marino e lo sgridò, ma
questi non disse nulla per
discolparsi. Il suo silenzio fu interpretato come un’ammissione
di colpa e Marino fu
condannato a svestire l’abito. Quando la figlia partorì, il
nonno
portò il bambino al Monastero e
lo affidò a Marino che lo allevò con ciò che i monaci
usavano dargli, latte di capra e
avanzi. Marino sopportò la vergogna senza nessun lamento
per quattro anni, poi il
Superiore mosso a compassione lo riammise al Monastero
sotto severissime condizioni.
Marino perseverò nella sua opera ascetica fino alla
morte quando i segni del suo
volto brillavano di luce divina. Grande lo stupore dei monaci
quando, nel preparare il corpo per
la sepoltura, scoprirono che Marino era una donna.
Il Superiore e i monaci
s’inginocchiarono davanti al corpo immacolato, chiedendo perdono
a Dio e all’anima della santa divina.