Parmenide
Bisogna seguire non i sensi, ma il pensiero, per giungere alla verità;
e il pensiero ci attesta l'essere, che l'essere è, e il non-essere non è;
se il non-essere non è, nemmeno può essere ciò che dal non-essere è composto;
il divenire e la molteplicità sono composti di essere e di non-essere (infatti divenire significa non-essere più quello che si era, ed essere quello che non si era; e le molte cose sono molte appunto perchè ognuna non è le altre)
dunque il divenire e la molteplicità non sono (non sono reali)
dunque i sensi che ci attestano il divenire e la molteplicità ci ingannano.
Tuttavia una certa qual forma di realtà Parmenide la riconosce anche al mondo sensibile (diveniente e molteplice);
ma la vera realtà è l'essere, uno, eterno, ingenerato, incorruttibile, immutabile.
Parmenide è il primo a riconoscere con nettezza una dimensione fondamentale della realtà:
in termini scientifici il principio di identità / non contraddizione
in termini esistenziali, la permanenza di una struttura intelligibile
e, potremmo dire, di una bellezza/bontà del reale: la realtà "è solida",
"non affonda, non si sbriciola, nè lo potrebbe". Su tutto domina ciò che
resta, e ciò è bello.
Senza sapere come, Parmenide intravvede che dietro tutto ciò che cambia, più forte di
tutto ciò che cambia, c'è qualcosa che resta l'Eterno.
Il limite del suo pensiero è di affermare in modo unilaterale la permanenza dell'essere, il che lo porta a concepire un Eterno non distinto dal mondo (immanente), e concepito come finito.
Parmenide, Poema della natura,
D - K B2: «Bisogna che tutto tu sappia e il cuore che non trema della ben rotonda verità, e le opinioni dei mortali in cui non c'è vera certezza. Orbene io ti dico, e tu dopo averlo ascoltato prendi cura del mio discorso, quali sole vie di ricerca siano pensabili. Quella che dice che l'essere è e che non è possibile che non sia, e questo è il cammino della persuasione che si accompagna alla Verità; e quella che dice che non è e che è necessario che non sia, e questo io ti dico che è un sentiero inscrutabile, né infatti potresti conoscere ciò che non è - non è infatti possibile - né dirlo. Lo stesso infatti è pensare ed essere.»
Diels -Kranz B 2: «Per la parola il pensiero bisogna che l'essere sia, solo esso infatti è possibile che sia e il nulla non è. Su questo ti esorto a riflettere. Innanzitutto da questa via di ricerca ti tengo lontano, ma anche da quella su cui i mortali che nulla sanno vanno errando: gente dalla doppia testa, l'incapacità infatti nei loro petti dirige la errabonda mente, essi sono trasportati, sordi e insieme ciechi, attoniti, gente incerta, per i quali essere e non essere sono ritenuti lo stesso e non lo stesso, e di tutte le cose il cammino è reversibile»
Diels - Kranz B 7: «Le cavalle che mi portano fin dove vuole il mio cuore mi conducevano poiché le dee mi ebbero guidato sulla via molto famosa che per ogni città porta l'uomo che possiede il sapere. Là mi slanciavo. Là mi portavano le sagaci cavalle tirando il carro e le fanciulle additavano il cammino. L'asse nei mozzi mandava un suono stridente, tutto in fuoco perché premuto da due ruotanti cerchi da una parte e dall'altra, ogni volta che le figlie del sole, abbandonate le case della notte, affrettavano il corso verso la luce liberando il campo dai veli. Ivi è la porta che mette ai sentieri della notte e del giorno, e un architrave e una soglia di pietra la puntellano e si leva in alto riempita da grandi battenti, di cui la Giustizia che molto punisce ha le chiavi che aprono e chiudono. Ad essa le fanciulle rivolsero dolci parole e abili la persuasero a togliere per loro in un baleno il chiavistello serrato dalla porta che spalancandosi aprì l'immenso vano dei battenti, facendo girare in un senso e nell'altro gli assi di bronzo nei cardini fissati con perni e chiodi. Là subito attraverso la porta le fanciulle diressero lungo la strada carro e cavalle. La dea mi accolse benevola. Nella sua mano la mano destra mi prese e mi rivolse la parola dicendo: "O giovane, condotto da guide immortali che con le tue cavalle aneli alla mia casa, sii il benvenuto. Non è una sorte funesta che ti ha condotto a percorrere questa via che in vero è fuori del cammino degli uomini, ma Themi, la legge divina, e Dike, la Giustizia. Bisogna che tutto tu sappia, e il cuore che non trema della ben rotonda verità e le opinioni dei mortali in cui non c'è vera certezza»
Diels- Kranz B 8: «L'essere, come potrebbe esistere in futuro, come potrebbe essere nato? Se fosse divenuto non sarebbe, né si estingue la nascita e la morte scompare. Ma immobile, costretto nei limiti di vincoli immensi è senza principio né fine, poiché nascita e morte furono respinte lontano, le allontanò la vera certezza. Perciò saranno tutte soltanto parole quante i mortali hanno posto, credendo che fossero vere: nascere e perire, essere e non essere; e cambiare di luogo e mutare lo splendente colore.»
Diels - Kranz B 8: «Come sarebbe nato e da dove? Dal non essere non ti permetterò né di dirlo, né di pensarlo, infatti dell'Essere non si può dire né pensare che non è. Quale mai necessità lo avrebbe spinto, proveniente da nulla, a nascere prima o dopo? E inoltre non è divisibile perché è tutto uguale. Né vi è da una parte un di più, né da una parte un di meno che possa impedirgli la contiguità di sé con se stesso, ma è tutto pieno di essere, perciò è tutto contiguo, difatti l'essere è a contatto con l'essere»
Diels - Kranz B 8: «Ma immobile costretto nei limiti di vincoli immensi è senza principio né fine, poiché nascita e morte furono respinte lontano, le allontanò la vera certezza. Rimanendo identico con un identico stato giace in sé stesso e così rimane lì immobile, ché la potente Necessità lo tiene nelle catene del limite che tutto intorno lo cinge. Perché l'Essere non può non Essere compiuto. Infatti non manca di niente, perché se di qualcosa fosse manchevole mancherebbe di tutto»
Diels -Kranz B 3: «Lo stesso infatti è pensare e essere. Per la parola e il pensiero bisogna che l'essere sia, solo esso infatti è possibile che sia e il nulla non è. Su questo ti esorto a riflettere. E' la stessa cosa pensare e il pensiero che è, infatti senza l'essere in cui è espresso non troverai il pensare. Niente altro infatti è o sarà all'infuori dell'essere»