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La formazione di Saulo

Alla formazione di Paolo hanno concorso tre fattori che spiegheranno e favoriranno anche tutta la sua opera missionaria.
Dal punto di vista religioso, Saulo appartiene alla stretta osservanza giudaica appresa nella diàspora e a Gerusalemme. Lui stesso fornisce i dati certificanti «Circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge…irreprensibile secondo la "giustizia" che si ottiene mediante la legge» (Fil 3, 5s).Una originaria appartenenza che rivendicherà con fierezza, quando i giudeo-cristiani di Corinto tentano di minare la sua autorità: «Sono ebrei? Anch’io. Sono israeliti? Anch’io, Sono discendenti di Abramo? Anch’io» (2Cor 11, 22; cf Rom 11, 2). Non la rinnegherà mai, anzi ne vanterà i meriti (cf Rom 9, 3-5).
Altrettanto fiero Paolo sarà nel rievocare il suo passato di fervente aderente al giudaismo farisaico e rabbinico, al quale era stato introdotto fin dall’adolescenza trascorsa nel centro spirituale di Gerusalemme: «Io sono un giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi» (At 22,3; cf anche Gal 1, 13s; At 26, 5-7).
Sotto il profilo culturale e linguistico, Paolo deve non poco anche all’ambiente greco ellenistico. A Tarso – città dove convivevano razze e religioni diverse – frequenta la scuola elementare giudaica, nella quale però impara a parlare correntemente il greco e soprattutto a leggere la Bibbia in lingua greca, con la quale dimostrerà familiarità.
Fin dalla sua prima adolescenza, assorbe la grecità di allora, che trasparirà specificamente nelle sue lettere: la conoscenza naturale di Dio (cf Rom 2, 27; 3, 8); il tema della filosofia stoica riguardante l’autosufficienza dell’uomo (cf Fil 4, 11s: «Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione: ad essere povero o ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà o alla fame, all’abbondanza o all’indigenza»); il metodo della diatriba, che pone domande e vi risponde (cf Rom 2, 27 - 3, 8); un certo vocabolario nel definire la natura dell’uomo (cf 2Cor 4, 15 - 5, 9: uomo esteriore e interiore, corpo terrestre e celeste); il concetto di coscienza (Rom 2, 15: «Quanto la legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza»; cf 13, 5); la conoscenza dei giochi nello stadio (cf 1Cor 9, 24-27); il concetto di ritorno alla fine dei tempi applicato al Signore (cf 1Tes 2, 19; 3, 13); perfino la citazione di un proverbio attribuito al poeta Menandro (1Cor 15, 33: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi»).
Sotto il profilo amministrativo-politico, Saulo era civis romanus, fatto raro ai suoi tempi (su 60 milioni di abitanti dell’impero di allora, solo 4 erano "cittadini romani"; solo nel 212 Caracalla la estenderà a tutti). Il privilegio della cittadinanza romana gli era stata trasmessa dal padre, che se l’era procurata non si sa per quali meriti. Essa comportava diritti civili e giuridici: pubblico processo quando si era accusati di un crimine; esenzione di pene ignominiose, come la crocifissione, l’esecuzione sommaria e il linciaggio; diritto di essere giudicati soltanto dal tribunale imperiale di Roma, nel caso di processi capitali.
Paolo non esiterà ad avvalersene: «Potete voi flagellare un cittadino romano non ancora giudicato?» (At 22, 23-29; cf anche At 16, 37-40).

P. RE