Origine della filosofia
perché in Grecia
la
filosofia nasce in Grecia, e non in altre
civiltà (Egitto, Mesopotamia, Persia). è tesi condivisa che
tale origine si spieghi con le particolari condizioni che il mondo greco offriva:
in ambito politico: la libertà
in ambito culturale: un senso critico più sviluppato che presso
altre culture, e la volontà di capire, spiegare la realtà in termini razionali.
Lo stesso mito greco, e la religione greca, non contengono quegli elementi mostruosi e
irrazionali che si trovano presso altri popoli
in
particolare i greci avevano, ancor prima della nascita della filosofia, un vivo senso che
la realtà obbedisce a delle leggi razionali, ossia è retta dalla giustizia. Vediamo
qualche brano che illustra tale convinzione.
testi
il senso della
giustizia
Il dio appunto che, come dice il
discorso antico, tiene il principio e la fine e il mezzo di tutte le cose che sono,
raggiunge diritto il suo scopo attraversando secondo natura ogni cosa, e a lui sempre
viene dietro Dike, punitrice di coloro che si allontanano dalla legge divina...
(PLATONE, Leggi 715e-716a)
... stimando
massimamente Eunomia, amante delle cose giuste, la quale preserva tutte le città e i
paesi. E a favore dell'inesorabile e veneranda Dike - che al dire di Orfeo, il fondatore per noi delle più sacre iniziazioni, sta
seduta accanto al trono di Zeus e contempla tutte le cose degli uomini - chiunque sia
abituato alla fiducia in se stesso deve decretare così, astenendosi e guardandosi dal
disonorarla.
(PSEUDO DEMOSTENE, Contro Aristogitone I, II)
E c'è Giustizia, Vergine, nata da
Zeus,
e nobile e veneranda per gli dèi
che hanno l'Olimpo;
e quando qualcuno l'offende e,
iniquamente, la disprezza,
allora sedendo presso Zeus padre,
figlio di Crono,
a lui racconta gli ingiusti pensieri
degli uomini:
che paghi il popolo le scelleratezze
dei re
i quali, nutrendo propositi tristi,
le loro sentenze stravolgono
iniquamente parlando.
A questo pensate, o re, raddrizzate le
vostre parole,
voi mangiatori di doni, e le vostre
inique sentenze scordate;
a se stesso prepara mali l'uomo che
mali per altri prepara
e
un cattivo pensiero pessimo è per chi l'ha pensato;
lo sguardo di Zeus tutto vede e tutto
notando
anche questo, se vuole, scorge, né
gli fallisce
qual è questa giustizia che la città
racchiude dentro di sé
[..]
Tale è la legge che agli uomini impose il figlio di Crono:
ai pesci e alle fiere e agli uccelli
alati
di mangiarsi fra loro, perché fra
loro giustizia non c'è,.
ma agli uomini diede giustizia che è
molto migliore;
se infatti qualcuno è disposto a dare
giuste sentenze
cosciente, a lui dà benessere Zeus
onniveggente;
ma chi sia testimone, e
deliberatamente, commette spergiuro
e mente e Giustizia offendendo pecca
senza rimedio,
oscura dopo di lui la sua stirpe
sarà;
migliore invece sarà la stirpe
dell'uomo che il giuramento rispetta.
(ESIODO, Opere e
giorni, 256-269, 276-28)
si fanno ricchi dietro all'ingiustizia
senza riguardo ai beni sacri o
pubblici,
chi di qua chi di là saccheggiano,
rapinano,
spregiando i fondamenti di Giustizia.
Ella non parla: conscia del presente e
del passato,
arriva sempre, vindice, col tempo.
(SOLONE, D3)
Ogni virtù nella giustizia si compendia.
(Focilide, D10)
Scegli piuttosto un'esistenza pia con pochi mezzi
che la ricchezza frutto d'ingiustizia.
ella giustizia tutti i privilegi
assommano,
e il giusto è sempre un ottimate,
Cirno.
[ ]
C'è una cosa, che inganna gli uomini:
i beati puniscono la colpa variamente.
Se c'è chi paga di persona il debito,
e non lascia in sospeso sui figli la
rovina,
c'è chi sfugge alle grinfie di
giustizia:
acerba morte gli cala sulle palpebre,
lo stronca.
(TEOGNIDE 1, 145-148,
203-208)
La Giustizia come legge
dell'universo
Principio degli esseri è
l'infinito... da dove infatti gli esseri hanno l'origine, ivi
hanno anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la pena
e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo.
(ANASSIMANDRO)
La Giustizia come armonia della vita
Ora ecco il pavimento è terso e le
mani di tutti e i calici. C'è chi ci circonda il capo di ritorte ghirlande, e c'è chi
porge in una tazza l'essenza profumata. Il cratere è lì, ripieno di allegria,
e c'è pronto altro vino nei vasi, che dice che mai verrà meno, dolce come il miele,
odorante di fiori; nel mezzo l'incenso emana il suo sacro effluvio; c'è acqua fresca e
dolce e limpida; qui accanto sono i biondi pani e la tavola sontuosa oppressa dal peso del
cacio e del biondo miele; nel mezzo l'altare è tutto quanto coperto di fiori e tutta la
casa risuona del canto e del tripudio. Bisogna anzi tutto, da uomini dabbene, levare canti
di lode a dio con racconti pii e con parole pure. Ma una volta che si
è libato e implorato di poter operare secondo giustizia (perché questa è invero la
prima cosa), non è eccesso peccaminoso bere fino a tanto che chi non è troppo vecchio
possa giungere a casa senza la guida del servo. È da lodare
quell'uomo che, dopo aver bevuto, rivela cose belle, così come la memoria e
l'aspirazione alla virtù glielo suggeriscono. Non narrare le lotte dei Titani o dei
Giganti o, ancora, dei Centauri, parti della fantasia dei primitivi, oppure le violente
lotte di partito, che son cose che non hanno pregio di sorta, ma bensì rispettare e
onorare gli dèi, questo è bene. (... )
Perché vale più la nostra saggezza che non ha la forza fisica degli uomini e dei cavalli.
Ben irragionevole è questa valutazione, e non è giusto apprezzare più la forza che non
la benefica saggezza. Difatti, che ci sia tra il popolo un abile pugilatore o uno valente
nel pentatlon o nella lotta o nella velocità delle gambe - che è la più celebrata
manifestazione di forza tra quante prove gli uomini compiono negli agoni -, non per questo
ne è avvantaggiato il buon ordine della città. Una gioia ben
piccola le verrebbe dal fatto che uno vince una gara sulle rive del
Pisa. non è questo infatti che impingua le casse della
città.
(SENOFANE, D21 Bl, B2)