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CHE COS'E' LA METAFISICA

Per rispondere alla domanda “Che cos'è la metafisica?” dobbiamo anzitutto chiarire il significato del termine "metafisica".

Origine del nome

L'origine del termine metafisica è legata all'opera di Aristotele e al destino dei suoi scritti dopo la sua morte.

Aristotele morendo lasciò la propria biblioteca al discepolo Teofrasto. Essa conteneva, oltre le opere già conosciute (edite) di altri filosofi e dello stesso Aristotele, anche gli scritti privati del maestro, riservati alla stretta cerchia dei discepoli, tra i quali quel gruppo di trattati che più tardi (come si dirà più sotto) sarà conosciuto con il nome di Metafisica. A sua volta, morendo, Teofrasto lasciò con la propria biblioteca anche quella di Aristotele a Neleo, discepolo di entrambi. Questi la trasportò a Scepsi, nella Troade, sua patria. Qui i suoi eredi, per sottrarla alle ricerche dei sovrani di Pergamo e Alessandria, che intendevano arricchire le proprie raccolte acquistando tutte le opere importanti su cui riuscivano a metter mano, la nascosero in un sotterraneo, dove rimase poi abbandonata e quasi ignorata fino verso il 100 a.C., anno in cui il bibliofilo Apellicone la scopri, l'acquistò e la portò ad Atene. Quando nell'86 a. C. Silla conquistò la città, fece portare i preziosi manoscritti a Roma, dove furono affidati ad Andronico di Rodi, affinché ne curasse l'edizione completa. Egli prese a catalogarli e a suddividerli in sezioni e, poiché dopo avere ordinato le opere di fisica si era trovato davanti a un gruppo di 14 opuscoli senza nome, decise di chiamarli “i libri che vengono dopo la fisica” (tá metà tà physikà). Quel nome, originato in modo così casuale, corrispondeva effettivamente al contenuto dei volumi: essi infatti trattavano di realtà, qualità, perfezioní, sostanze, esseri che non si trovano o che non si restringono necessariamente al mondo fisico, ma vanno oltre, sono cioè "metafisiche"; tutto ciò costituiva per Arístotele la “filosofia prima” (prote pbilosophia). Quindi il nome "metafisica", dato casualmente a un gruppo delle sue opere, è passato giustamente a designare quella parte della filosofia che si occupa delle cause ultime, dei principi costitutivi supremi delle cose.

 

Definizione

Molte sono le formule che sono state avanzate dai filosofi per definire la metafisica. Lo stesso Aristotele, uno dei creatori di questa disciplina, la definisce in due modi: o come "scienza che studia l'essere in quanto tale e le proprietà che la accompagnano necessariamente", oppure come "scienza che esplora le cause prime e i principi primi"; Heidegger definisce la metafisica come "immersione della propria esistenza nelle possibilità fondamentali dell'essere considerato nella sua totalità"; Severino come linguaggio che esprime il rapporto degli enti con la totalità dell'ente. L'elenco delle definizioni potrebbe continuare ancora, ma quelle riportate bastano a indicare qual è la preoccupazione che dà vita all'indagine metafisica: quella di scoprire il fondamento ultimo delle cose, il loro principio primo e universale.

Tra tutte le definizioni della metafisica quella intorno a cui si registra il maggior consenso è "studio dell'ente in quanto ente". Di qui la tendenza ad identificare la metafisica con l'ontologia. Ma questa identificazione è illegittima, perché la metafisica è la ricerca del fondamento, ossia di ciò che spiega esaustivamente, conclusivamente e definitivamente il reale, tutto il reale. Perciò, più propriamente la metafisica va definita come ricerca delle cause ultime o del principio primo.  Per attingere le cause ultime dei fenomeni che cadono sotto la nostra osservazione, occorre uscire da questo mondo, andare oltre il mondo, "prendere coscienza che questo mondo non è tutto" (Wittgenstein). Si dà pertanto metafisica ogniqualvolta si realizza un superamento assoluto del mondo della esperienza: quando si compie il salto del metà. Poco conta ciò che viene oltrepassato (l'ente, il divenire, l'ordine, l'uomo, la religione, l'etica, la storia ecc.); pertanto non è importante il punto di partenza: ogni elemento della nostra esperienza, ogni realtà fenomenica, mondana, può fungere da punto di partenza per la grande "spedizione" metafisica. Ciò che conta è prendere coscienza dell'assoluta contingenza del mondo, della sua precarietà, della sua indigenza, e capire che è necessario uscire da esso, andare oltre il mondo e oltre l'uomo per cogliere il suo ultimo fondamento.

Sostanzialmente la metafisica è ricerca dei fondamento di ciò che non risulta adeguatamente fondato. Ora, ciò che non risulta adeguatamente fondato è il mondo della nostra esperienza, il mondo fisico, materiale. E’ questo mondo che ha spinto Platone a compiere la sua " seconda navigazione" verso un altro mondo, il mondo delle Idee; che ha sollecitato Aristotele ad andare oltre il divenire per ancorarlo al Motore immobile; Plotino a trascendere il molteplice per raggiungere l'Uno; Spinoza a lasciarsi alle spalle la Natura naturata per radicarla nella Natura naturante; Leibniz a oltrepassare le monadi finite per fondarle nella Monade infinita.

Fare metafisica vuol dire compiere questo sforzo di guadagnare il Fondamento. Noi ci troviamo circondati da realtà caduche A prima vista, tutto sembra venire dal nulla e far ritorno al nulla. Ma allora: “ perché l'ente e non il nulla?” si chiede Heidegger e con lui ogni metafisico. E se dal nulla non può provenire alcunché, perché ci troviamo circondati da realtà che tuttavia non si autogiustificano? Qual è la giustificazione del loro essere? Quale il loro fondamento?

Ecco perché la definizione più appropriata della metafisica è quella che la presenta come studio dell'ente in quanto ente, trattandosi del concetto più comune e più universale e quindi capace di fornire il punto di partenza più solido ed esteso.

La metafisica studia l'ente in quanto ente, ossia in quanto ha rapporto con l'essere, in quanto ha l'essere, in quanto partecipa dell'essere. Questo è il suo oggetto formale. La metafisica non studia l'ente

in quanto materiale (cosmologia) o in quanto bello (estetica) o in quanto buono (etica) o in quanto sacro (religione) o in quanto utile (economia), ma precisamente in quanto legato e relazionato all'essere.

All'inizio della propria ricerca la metafisica non dispone di uno spazio ontico distinto da quello delle altre scienze (lo acquisterà alla fine), il suo spazio ontíco è sempre questo mondo. Ma il taglio della sua ricerca è diverso, è vedere gli enti come frazioni, partecipazioni, simboli dell'essere. Così mentre il sapere scientifico è sempre settoriale, quello metafisico è globale: studia tutta la realtà e la studia totalmente. La metafisica ha di mira l' intero. Già Platone e Aristotele caratterizzano la metafisica come studio dell'intero. Lapidaria l'affermazione di Platone: "Chi è capace di vedere l'intero è filosofo, chi no, no". Più elaborata ma egualmente perentoria l'affermazione di Aristotele: "C'è una scienza che considera l'ente in quanto ente e le proprietà che gli competono in quanto tale. Essa non si identifica con nessuna delle scienze particolari: infatti nessuna delle altre scienze considera l'ente in quanto ente in universale, ma, dopo avere delimitato una parte di esso, ciascuna studia le caratteristiche di questa parte".

Sono gli spazi non coperti dalle scienze che consentono e richiedono l'intervento della metafisica. Tra metafisica e scienze non c'è continuità ma un salto: è un modo totalmente diverso di vedere il mondo. Mentre le scienze considerano il mondo chiuso in se stesso e studiano le leggi che lo regolano dall'interno, la metafisica si colloca alla fine del mondo e lo vede come insufficiente, contingente caduco, quasi una fuggevole apparenza e così scopre che l'orizzonte della realtà è più vasto di quello del mondo stesso. L'esame di questa realtà ulteriore e di quanto vi appartiene è l'oggetto proprio della metafisica, il suo spazio ontologico.

Certo la metafisica non può soppiantare le scienze, come fece per molti secoli prima di Bacone e Galilei; tanto meno però la scienza può cancellare la metafisica.

Dopo l'avvento del sapere scientífico il campo e l'oggetto della metafisica sono stati meglio definiti e precisati, ma non soppressi.

La metafisica è stata liberata da un lavoro di supplenza a cui per tanto tempo aveva provveduto in modo approssimativo e maldestro; allo stesso tempo essa è stata messa in condizione di assolvere pienamente al suo importante e nobile compito che è quello di condurre l'uomo fuori dalla caverna delle ombre (il mito della caverna di Platone nella Repubblica) e della menzogna, per mostrargli alla luce del sole l'incantevole e affascinante pianura della realtà e della verità.

Importanza e necessità della metafisica

Da quanto si è detto risulta evidente oltre che l'importanza anche la necessità della metafisica.

Per l'uomo la metafisica è un'esigenza biologica, ossia è un'esigenza connaturale, primaria e fondamentale, come quella di mangiare, dormire, vestirsi. L'uomo è naturalmente metafisico, un animal metaphysicum, come lo chiama Schopenhauer, perché è dotato oltre che di corpo anche di anima, di spirito. Ora lo spirito si spinge necessariamente oltre il fisico, la materia, la natura, supera le barriere spazio-temporalí e penetra nel trascendente. "La sete natural che mai non sazia" muove la ragione umana a voler spiegare gli enigmi del mondo.

L'uomo che rinuncia alla metafisica ricade nell'animalità.

"La negazione della metafisica viene a coincidere col trionfo della banalità ( ... ). Sia in pratica che in teoria, la vita umana ottiene le sue espressioni più alte quando raggiunge l'estasi: e con questo termine non voglio alludere alle esperienze dei mistici, ma ad ogni esperienza che si sollevi dalla pedissequa realtà della vita ordinaria, ad ogni apertura a quel mistero che ci circonda da ogni parte".

Fare metafisica è interrogarsi sul perché delle cose e degli accadimenti di questo mondo. Questa è l'attività propria, specifica, primaria dell'uomo. Infatti, l'uomo non è soltanto un "registratore" degli eventi che lo circondano, o un potentissimo "computer"; l'uomo non è soltanto memoria e fantasia; egli è anche e soprattutto ragione, e questa capacità lo porta a sollevare interrogativi, a porre questioni, a cercare i perché di quanto esiste e di quanto accade. Per questo motivo egli non si limita a constatare che tutte le cose mutano, ma si chiede perché mutano; non si accontenta di osservare che siamo tutti soggetti alla morte ma si domanda perché moriamo; non solo osserva che esiste un ordine meraviglioso nell'universo ma si interroga sulla sua origine; non solo constata che nella nostra società c'è grande malvagità e profonda corruzione, ma vuole scoprire i motivi e cercare i rimedi per questa penosa situazione. Fare metafisica significa fare esattamente questo: sollevare questioni radicali, ultimative, conclusive e cercare di proporre soluzioni accettabili sul piano della ragione.

Lo stesso Kant ammetteva che la metafisica non è un'invenzione arbitraria di un'epoca particolare dell'umanità, ma un'esigenza fondamentale della ragione umana.

Così, nonostante la forte ostilità che la metafisica incontra nell'ultima modernità e nella prima postmodernità, nessuno dei grandi movimenti filosofici che imperano nel mondo contemporaneo è riuscito a eliminarla né l'analisi linguistica, né la nuova ermeneutica, né la fenomenologia, né il personalismo, né il marxismo.

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