L'enunciazione o proposizione
L'enunciazione o proposizione è il segno verbale del giudizio, così come la parola è il segno verbale del concetto. Diciamo del giudizio, perché una domanda, una preghiera, una supplica, una esclamazione non sono proposizioni. Scrive Aristotele in Sull'interpretazione: "Qualsiasi discorso (logos) è significativo (semantikòs) ma non ogni discorso può essere detto una frase enunciativa (apophantíkòs). Noi chiamiamo enunciazione soltanto una frase a cui compete la proprietà di essere vera o falsa".7 L'enunciazione è quindi chiamata da Aristotele apofasi, la quale, precisa subito lo Stagirita, può essere affermativa oppure negativa.
L'espressione
verbale del giudizio è detta anche proposizione se la si considera come parte di un
ragionamento.
Ma
questa distinzione non ha importanza, per cui useremo le parole enunciazione e
proposizione indifferentemente, dando la preferenza al termine proposizione perché il
giudizio è ordinato al ragionamento.
La
proposizione si compone di tre elementi: il soggetto, il predicato e H verbo. Il soggetto,
che nella enunciazione viene detto nome, esprime una realtà concepita come sostanza, e
quindi non ha nessuna connotazione temporale, perché il tempo è la misura del divenire,
non dell'ente. Il predicato può consistere di qualsiasi proprietà, essenza qualità,
azione, movimento ecc. La predicazione viene formalmente compiuta dal verbo. E verbo
esprime il divenire e perciò implica una determinazione di tempo. A proposito del verbo
ricordiamo la distinzione tra verbo sostantivo o esistenziale e verbo attributivo o
copulativo. Verbo sostantivo è il verbo essere quando non fa da copula, ma esprime
l'esistenza. Verbi attributivi sono tutti gli altri e si dicono attributivi non già
perché attribuiscano o aggiungano qualche cosa al nome, ma perché presuppongono il verbo
"essere" e aggiungono ad esso un altro attributo. Per es. "Pietro
dorme" equivale a "Pietro è dormiente".
Nel
Sull'interpretazione Aristotele non considera che un tipo di enunciazioni (proposizioni),
quelle che si chiamano categoriche, e passa sotto silenzio quelle che si chiamano
ipotetiche queste sono state introdotte solo più tardi dalla Scuola Stoica. t senza
dubbio una lacuna, ma siccome le proposizioni ipotetiche sono composte dalle categoriche,
è chiaro che bisogna incominciare da queste.
Categorico
significa semplicemente attributivo. La proposizione categorica è detta semplice in
opposizione a quella ipotetica che è composta di categoriche. Nella proposizione si
distingue una materia e una forma. La materia sono i termini di cui è costituita,
soggetto e predicato; la forma è il nesso tra i termini. Si dice predicazione
l'attribuzione di un predicato a un soggetto. La predicazione suppone sempre una identità
tra soggetto e predicato, non però una identità formale (identità nei concetti) ma una
identità materiale (ossia di ciò che è espresso dai concetti), Dire che l'uomo è
animale significa riconoscere che la realtà significata dal concetto "uomo" è
quella stessa che è significata dal concetto "animale".
Essendo
specchio del giudizio le funzioni e le divisioni della proposizione coincidono
sostanzialmente con quelle del giudizio di cui abbiamo appena finito di parlare. Ma vale
la pena di insistere su qualche punto per completare e chiarire ulteriormente il
precedente discorso.
LA
CLASSIFICAZIONE DELLE PROPOSIZIONI
Se
si prendono in considerazione le proprietà generali dei concetti, la comprensione e
l'estensione, si noterà che una stessa proposizione può essere presa "secondo la
comprensione" e "secondo l'estensione". Nel primo caso, essa fa rientrare
il predicato nella comprensione del soggetto: afferma che un dato soggetto ha un dato
carattere. Nel secondo caso, essa fa rientrare il soggetto nell'estensione del predicato:
afferma che il soggetto fa parte di una determinata classe. Le due interpretazioni sono
ugualmente legittime ma la prima è non soltanto la più naturale, ma anche quella
fondamentale. Per questo si dice che la proposizione categorica pone l'appartenenza o
l'inerenza del predicato al soggetto: praedicatum inest subiecio.
La
classificazione fondamentale delle proposizioni è quella che si basa sulla materia, la
quantità, la qualità e la modalità. Rispetto alla materia una proposizione può essere
necessaria, impossibile, possibile e contingente. Sono materia necessaria il genere, la
specie, il proprio e la differenza specifica, ossia i primi quattro predicabili. Sono
pertanto proposizioni necessarie quelle che corrispondono a questi predicabili. Lo stesso
vale per le impossibili, poiché sono l'antitesi delle prime. Invece le proposizioni
possibili e le contingenti corrispondono al quinto predicabile, l'accidente.
Rispetto
alla qualità una proposizione può essere affermativa oppure negativa. Rispetto alla
quantità una proposizione è universale, particolare, o singolare. Se si combinano la
qualità e la quantità delle proposizioni, si ottengono quattro tipi di proposizioni che
si designano con le quattro prime vocali: universale affermativa (A), universale negativa
(E), particolare affermativa (I), particolare negativa (0). Per memorizzarle più
facilmente i medioevali hanno composto il seguente distico:
Asserit
A. negat E. verum generaliter ambo.
Asserit
I. negat O verum particulariter ambo.
La
modalità di una proposizione si ottiene mediante la designazione del modo in cui il
predicato si attribuisce al soggetto; in altre parole si determina la copula con un
modo" che indichi a quale materia si riferisca. Vi sono dunque quattro modi: il
necessario, l'impossibile, il possibile e il contingente. In ogni proposizione modale
occorre distinguere il dictum, che attribuisce il predicato al soggetto, e il modus, che
indica il modo di questa attribuzione. Così, nella proposizione «Dio è necessariamente
sapiente", il dictum è "Dio sapiente" e il modus
"necessariamente".
L'OPPOSIZIONE
DELLE PROPOSIZIONI
Anche
le proposizioni, come i concetti, sono suscettibili di due tipi di operazioni: sulle
proposizioni, e con le proposizioni. Le operazioni sulle proposizioni sono l'opposizione e
la conversione; mentre le operazioni con le proposizioni sono le argomentazioni. Qui
esamineremo l'opposizione e la conversione; delle argomentazioni ci occuperemo nel
prossimo capitolo.
Nella
logica formale per opposizione si intendono le diverse maniere in cui si possono
contrapporre due proposizioni che hanno lo stesso soggetto e lo stesso predicato, l'una
delle quali è affermativa e l'altra negativa. Tenendo conto allo stesso tempo della
quantità e della qualità delle proposizioni si ottengono tre specie di opposizioni: la
contraddizione, la contrarietà e la subcontrarietà.
Due
proposizioni che differiscono sia in qualità sia in quantità sono contraddittorie. Ciò
può avvenire sia quando una è universale affermativa (A) e l'altra è particolare
negativa (0); sia quando una universale negativa (E) e l'altra particolare affermativa .
Le
proposizioni che differiscono solo in qualità sono contrarie se sono tutte e due
universali (A e E); sono subcontrarie se sono tutte due particolari (I e 0).
Importanti
sono le regole che riguardano la verità di due proposizioni opposte. Occorre però
distinguere tra materia necessaria e materia contingente. In materia necessaria (per es.
L'uomo è ragionevole) le proposizioni opposte sono sempre una vera e una falsa. Infatti
se una proprietà è necessaria devono possederla tutti i membri di quella classe. Invece
se la materia è contingente la situazione cambia. Se si tratta di proposizioni
contraddittorie sono sempre un vera e una falsa. Se si tratta di contrarie sono sempre
tutt'e due false, perché in materia contingente non si può generalizzare. Infine se si
tratta di subcontrarie (I e 0) possono essere tutte e due vere e possono anche essere una
vera e una falsa.
L'opposizione
massima è quella delle contraddittorie; opposizione minore quella delle contrarie; ancora
minore è l'opposizione delle subcontrarie, appunto perché possono essere entrambe vere.
L'opposizione
tra proposizioni modali verte sul modus e non sul dictum. Sono contraddittorie la
proposizione necessaria e la contingente, l'impossibile e la possibile; sono contrarie la
necessaria e la impossibile, subcontrarie la possibile e la contingente.