Il
punto di partenza della metafisica.
Dalla nostra rassegna storica risulta che i punti di partenza della metafisica possono essere molteplici. Questo vale sia per le metafisiche costruite dall'alto come per quelle costruite dal basso. Nelle metafisiche costruite dall'alto i punti di partenza possono essere l'Uno, la Verità, il Bene, il Bello, l'Infinito, la Sostanza, l'Essere, l'Io puro, l'Idea ecc. Nelle metafisiche costruite dal basso i punti di partenza possono essere il molteplice, il finito, il contingente, l'ente, il divenire, l'ordine, la vita, la persona ecc.
Abbiamo anche visto che il punto di partenza
della metafisica è sempre la realtà: una realtà assoluta (l'Uno, la Sostanza,
l'Essere, il Bene, l'Infinito ecc.) nelle metafisiche costruite dall'alto;
realtà contingenti, fenomeni di questo mondo o tutto il mondo considerato come
fenomeno, nelle metafisiche costruite dal basso.
Tenendo conto delle lezioni che ci vengono dalla
storia, vediamo anzitutto i punti di partenza che la metafisica deve evitare,
se vuole affrontare con successo la “seconda navigazione”.
I
punti di partenza errati
I punti di partenza che si devono evitare si
possono ridurre a quattro: il pensiero,
il linguaggio, la prassi, il nulla.
IL
PENSIERO
Anche se un tratto caratteristico della
metafisica moderna è quello di iniziare il discorso metafisico dal problema
della conoscenza, riteniamo che questa impostazione non sia opportuna, anche se
non errata, e questo per varie ragioni. Anzitutto perché il concetto di essere,
che è l'oggetto proprio e primario della metafisica, gode di tale evidenza da
non subire mai le insidie del dubbio: il pensiero è sempre pensiero dell'essere
e mai del nulla. Sono incalzati dal dubbio gli enti, non l'essere. In secondo
luogo, perché chi assume come punto di partenza il pensiero finisce per
sostituire la gnoseologia all'ontologia, come hanno fatto Cartesio, Leibniz e
Kant, oppure, peggio ancora, finisce per assorbire l'essere nel pensiero, come
accade negli idealisti (Fiche, Schelling, Hegel). Infine, perché risolvere il
problema della conoscenza, che è indubbiamente importantissimo, non è compito
della metafisica ma della gnoseologia. La metafisica lo suppone già risolto
positivamente.
IL
LINGUAGGIO
Sappiamo che la filosofia del Novecento, nella
prima metà, ha compiuto la "svolta linguistica" e nella seconda metà,
la "svolta ermeneutica", assumendo come punto di partenza il
linguaggio e le sue interpretazioni, anziché il conoscere e i suoi dubbi.
Senonché fissando per il linguaggio criteri di significazione e di verità
troppo angusti, quasi tutte le filosofie del linguaggio e le nuove ermeneutiche
hanno negato valore oggettivo a qualsiasi discorso metafisico e hanno
considerato pseudo‑problemi gli interrogativi della metafisica. D'altra
parte si può benissimo svolgere un'analisi del linguaggio, che " alle sue
frontiere" va incontro alla metafisica.Comunque il linguaggio è un
"materiale" troppo soffice, una realtà che rischia di ridursi a un
flatus ‑ vocis, per costituire un buon punto di partenza per la
metafisica.
LA
PRASSI
Neppure la prassi può accampare il diritto di
fungere da punto di partenza della metafisica. C'è indubbiamente anche una
filosofia della prassi, e una buona filosofia della prassi, a un certo punto,
può imboccare la strada della metafisica, ma diventa un itinerario molto lungo
e complesso. Perciò è meglio evitarlo.
IL
NULLA
Per nulla si intende ciò che non esiste sia in
senso assoluto sia con riferimento a qualche particolare determinazione. Così
si distingue tra un nihil negativum o nulla assoluto, che è l'assenza completa
di qualsiasi realtà, e un nihil privativum o nulla relativo, che designa
l'assenza di qualche perfezione: è quello della materia rispetto alla forma o
della potenza rispetto all'atto. Il nichilismo è una teoria che afferma il
primato assoluto del nulla; è il rifiuto di ogni fondamento e la negazione di
ogni verità. Il nichilismo dice che alla base di tutto sta il nulla, non
l'essere, la materia, la vita ecc.; pertanto tutto ciò che l'uomo pensa, dice, opera,
produce è senza senso e completamente privo di valore. Nel mare del nulla in
cui naufraga ogni cosa, impegni, propositi e azioni dell'uomo diventano assurdi
o inutili.
Ma questo tentativo di fondare l'apparente sul
nulla anziché sull'essere è assurdo, insensato, contraddittorio, perché il
nulla non possiede alcuna realtà. Il nulla, se è veramente tale ‑‑,
è un pozzo del tutto vuoto, anzi non è neppure un pozzo: è un buco nero; esso
non contiene parole, pensieri, azioni, enti. Tutto ciò che l'uomo fa, pensa,
dice, vuole, progetta, costruisce è sempre, implicitamente oppure
esplicitamente, un rifiuto del nulla. Perciò non c'è passaggio dal nulla
all'essere, tranne là dove interviene un atto creativo che tuttavia non è un
trarre l'essere dal nulla, come se il nulla fungesse da materia dell'essere, ma
un porre l'essere e un dare l'essere a chi ancora non lo possedeva. Questo è il
senso della formula creatio ex nihilo Ciò che è, è soltanto l'essere, il quale
tuttavia può realizzarsi o in modo totale, nel caso di Dio, o in modo parziale,
nel caso delle creature.
Il celebre interrogativo heideggeriano:
"Perché vi è, in generale, l'essente e non il nulla? ", è un
interrogativo sensato essendo evidente che l'ente (l'essente) non è causa sui,
come la Sostanza di Spinoza, non è necessario ma contingente, e sembra
destinato a essere inghiottito dal nulla. Non ha invece senso l'interrogativo
"Perché l'essere e non il nulla?", dato che l'essere è inattaccabile
dal nulla, che invece non è. L'essere è, ed è contraddittorio affermare che non
è. Lessere si impone per la sua totale, assoluta evidenza. Nulla c'è di
tenebroso, di oscuro, di occulto nell'essere. La metafisica è,. quindi,
possibile solo assumendo come punto di partenza l'essere, non il nulla.
L'oggetto
della metafisica
Anche se storicamente sono state costruite
metafisiche sull'Uno, il Vero, Bello, la
Sostanza, l'Infinito ecc. noi intendiamo costruire la nostra metafisica
sull'essere, perché l'orizzonte ontologico e semantico dell'essere è
universale: abbraccia anche la sostanza, l'uno il bello, il bene ecc. Infatti
in sede ontologica, se l'uno, il bello, il bene, la sostanza ecc. non hanno
l'essere non sono nulla, e in sede logica il concetto di essere è incluso in
tutti gli altri: nei concetti di sostanza, bontà, bellezza, verità ecc.
Come spiega Aristotele , anche le altre scienze
studiano l'essere, ma ciascuna lo studia da un punto di vista particolare: la
matematica in quanto misurabile, la fisica in quanto corporeo, la biologia in
quanto vivente ecc., solo la metafisica lo studia in se stesso, in‑quanto‑tale,
studia l'ens ut sic come dice Suarez.
Riguardo all'oggetto della metafisica si suole
distinguere tra oggetto materiale e oggetto formale.
L’oggetto materiale è ciò che essa ha in comune
con le altre scienze, ed è l'ente/essere. Invece l'oggetto formale è ciò che la
distingue dalle altre scienze, ed è l'ente‑in quanto tale e i suoi primi
principi o cause ultime
Diciamo anzitutto che l'essere che interessa
direttamente la metafisica è l'essere reale e non l'essere logico: non studia
l'essere in quanto pensato e le caratteristiche che possiede in quanto pensato,
ma studia l'essere in quanto è in se stesso, indipendentemente dal fatto che
sia o no pensato, sia o no espresso linguisticamente.
L'essere
in senso forte o in senso debole
Tutti i metafisici che seguono il paradígma
ontologíco sono concordí nell'affermare che il punto di partenza della
metafisica è l'essere reale. Tuttavia nella storia della filosofia dell'essere
reale incontriamo due concetti opposti: un concetto forte e uno debole di
essere.
Il concetto debole considera l'essere come
perfezione minima, che fa da base di ogni altra perfezione, come l'elemento più
comune, più indeterminato, più universale; per questo motivo viene detto esse
commune. Così gli enti si arricchiscono ontologicamente mediante l'aggiunta di
altre perfezioni.
Il concetto forte, invece, considera l'essere
come perfezione massima e come fonte di ogni altra perfezione. Così gli enti si
dispongono gerarchicamente secondo la loro partecipazione alla perfezione
dell'essere, che è piena nell'esse ipsum, limitata negli esseri partecipati.
Concepito alla maniera debole l'essere è
necessariamente univoco: tutte le cose lo possiedono allo stesso modo.
Concepito alla maniera forte, l'essere è necessariamente analogo: gli enti lo
possiedono secondo gradi molto differenziati.
Come punto di partenza della nostra indagine
metafisica noi assumeremo il concetto forte dell'essere. Esso ci consentirà di
dare un'impostazione non solo reale ma anche forte a tutta la nostra ascesa
(navigazione) verso la scoperta del Fondamento.
Il merito d'avere introdotto in metafisica il
concetto forte di essere, lasciandosi poi guidare in tutta la sua speculazione
da questo straordinario concetto, spetta esclusivamente a Tommaso d'Aquino. A
sostegno di questa nuova idea egli ha addotto argomenti incontrovertíbili. Ecco
i principali.
1. L’Essere è la perfezione massima e la radice
d'ogni altra perfezione
2. L’essere è un valore assoluto., che supera in
dignità e nobiltà qualsiasi altro valore.
"La nobiltà di ogni cosa dilpende dal suo
essere".
3. L'essere è l'atto supremo, ed è sempre e
soltanto atto, è l'atto di tutti gli atti, atto della stessa forma, che per
Aristotele costituiva l'atto per eccellenza. Primo nell'ordine dell'attualità,
l'essere diviene pertanto anche la sorgente di tutto ciò che in qualche modo è
in atto, e quindi l'essere diviene la sorgente o la causa di tutti gli enti,
che ricevono e partecipano all'atto dell'essere.
4. L'essere è l'elemento più intimo e più
profondo, che compenetra tutta la realtà di una cosa e la fa essere.
5. L'essere è anche il fine ultimo
d'ogniattività e operazione: "Ogni azione e movimento sono ordinati in
qualche maniera all'essere sia allo scopo che esso venga conservato nella
specie o nell'individuo, oppure perché venga acquistato nuovo".
In breve, nulla c'è di più forte, più potente,
più pervasivo più perfetto, più nobile e più prezioso, più desiderato e più
amato, più attuale e più, efficace, più intimo e più profondo, più luminoso e
più evidente, più bello e più affascinante, più vero e più intelligibile
dell'essere. Per tutti questi titoli di eccellenza giustamente S. Tommaso ha
scelto l'essere come guida della sua "navigazione" metafisica. Noi,
seguendo il suo esempio, faremo altrettanto.
La
proprietà della metafisica
La metafisica è un sapere del tutto singolare:
la più alta forma di sapere che l'intelligenza umana sia in grado di
raggiungere. Essa supera tutte le scienze naturali e umane: la fisica,
l'astronomia, la storia, l'antropologia, la psicologia ecc. Ma è un sapere
talmente nobile che anche per le menti più geniali resta più un'aspirazione che
una effettiva conquista.
Aristotele, che è il padre della metafisica, è
anche colui che ha meglio definito le sue peculiari proprietà.
l. La prima, è la prote philosophia (filosofia ‑prima).
L prima non nell'ordine pedagogico bensì nell'ordine assiologico, infatti non
viene insegnata per prima ma per ultima. Però nella scala gerarchica essa
occupa il gradino più alto. Essa precede tutte le scienze pratiche e tutte le
scienze speculative. E prima perché studia i principi primi, nonché le sostanze
separate e immobili, che sono le più elevate, nobili e perfette.
2. E’ universale. L'universale (il katholou),
l'intero, infatti è il suo oggetto. La metafisica studia tutta quanta la
realtà; studia l'ente in quanto ente; studia le cause o principi primi che
stanno all'origine di ogni cosa e di ogni movimento; e le cause prime sono gli
"universali supremi" (ta malista katholou), grazie ad essi diventano
conoscibili tutte le altre cose.
3. E’ speculativa (theoretike) e non pratica.
Essa ha di mira esclusivamente la verità, la conoscenza della verità, la
contemplazione della verità; non mira ai risultati, al successo, all'utile. Invece,
fine della scienza pratica (la morale, la politica) è l'azione. Lo studio della
metafisica è fine a se stesso, a prescindere da ogni utile pratico, cioè è
condotto per puro amore di conoscere.
4. E'
libera, perché non è asservita né ad altre scienze né ad altri fini. "Come
diciamo uomo libero quello che ha il fine in se stesso e non è subordinato ad
altri, così diremo che questa sola fra tutte le scienze è libera: essa sola
infatti ha il fine in se stessa". Le scienze
che hanno scopi pratici o empirici, a tali scopi
rimangono necessariamente asservite; non valgono in sé e per sé, ma solamente
nella misura in cui mandano ad effetto quelli. Invece la metafisica è scienza
che vale in sé e per sé, perché ha in sé medesima il suo scopo.
5. E’ difficile, in quanto riguarda gli
universali supremi, i principi ultimi, le, sostanze separate, Dio stesso, che
sono le cose più difficili a essere conosciute, perché le più lontane dai
sensi. La ragione della difficoltà non è nelle cose ma in noi stessi; come
infatti si trovano a disagio gli occhi della nottola dinanzi alla luce del
sole, così anche l'intelletto della nostra anima davanti alle cose per natura
più evidenti".
6. E’ egemonica, in quanto è superiore a tutte
le altre e funge loro da guida, conoscendo i principi primi e il fine ultimo
(il bene) per cui l'uomo deve agire.
7. E’ divina. Questo titolo, precisa Aristotele,
alla filosofia prima, o sapienza, compete per due ragioni, perché tratta di
realtà divine (le realtà separate, Dio) e perché Dio la possiede in sommo
grado. Come dimostrerà Aristotele nel libro L (XII) della Metafisica, l'unica
attività che svolge Dio, il motore immobile, è di fissare eternamente lo
sguardo su se stesso, sostanza prima, perfettissima, verità somma, bene
sovrano.
8. beatificante. Per la gente comune la via
della salvezza è la religione: essa conduce l'uomo alla vita ultraterrena e
alla felicità eterna. Nel mondo greco (come in quello egiziano, indiano, assiro‑babilonese)
anche le classi colte riconoscevano questo ruolo alla religione e soltanto ad
essa (magari a qualche religione esoterica). Socrate, Platone, Aristotele ‑
i demitízzatorí della religione tradizionale ‑ prospettano una nuova via
di salvezza: la sapienza, vale a dire la conoscenza e la contemplazíone della
verità. Nell'Etica nicomachea Aristotele demolisce tutte le altre vie alla
felicità perseguite dalla maggior parte degli uomini, le ricchezze, gli onori e
i piaceri: tutte vie che prima o dopo conducono l'uomo alla rovina e alla
disperazione. L'unica via sicura per "salvarsi" e raggiungere la
felicità è la via della virtù. Ora, la più evidente di tutte le vírtù è la
contemplazione. E quindi soltanto nella contemplazione della verità e del sommo
bene l'uomo raggiungerà la felicità e diverrà uomo beato". Infatti nella
contemplazione l'uomo raggiunge la piena realizzazione della più nobile delle
proprie facoltà, il nous, e quindi la massima realizzazione di se stesso.
I primi Padri della Chiesa si approprieranno del
linguaggio di Platone e Aristotele:filosofia via di salvezza, ma la loro
filosofia non sarà più quella di Platone e di Aristotele bensì la
"filosofia di Cristo".