Documentazione
È non conoscere l’uomo proporgli solo dell’umano.
Aristotele
All’uomo assai più indispensabile della propria felicità, è sapere ed
ad ogni momento credere che c’è in un certo luogo una felicità
perfetta e calma, per tutti e per tutto… Tutta la legge dell’esistenza
umana consiste solo in ciò: che l’uomo possa sempre inchinarsi
dinanzi all’infinitamente grande. Se gli uomini venissero privati
dell’infinitamente grande, essi non potrebbero più vivere e morrebbero
in preda alla disperanza.
F. Dostoevskij
In realtà solo nel mistero del Verbo incarnato il mistero dell’uomo
veramente si rende chiaro.
Gaudium et spes
Con la rivelazione del mistero del Padre e del suo amore Cristo,
nuovo Adamo, manifesta pienamente l’uomo all’uomo e gli svela
la sua altissima vocazione.
Gaudium et spes
Finché gli uomini si sono accontentati delle loro rustiche capanne,
finché si sono limitati a cucire i loro abiti fatti di pelle con spine o
lische, ad adornarsi di piume e di conchiglie, in breve, finché si
sono applicati solo a opere che un uomo poteva fare da solo, ad arti
che non richiedevano il concorso di molte mani, essi sono vissuti
liberi, sani, buoni e felici, nella misura in cui potevano esserlo secondo
la loro natura.
J.J. Rousseau
Abbiamo solo la felicità che siamo in grado di capire.
M. Maeterlink
La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile
della felicità.
Russel
Un uomo gira tutto il mondo in cerca di quello che gli occorre, poi
torna a casa e lo trova.
G. Moore
L’uomo più felice è quello che è in grado di collegare la fine della
sua vita con l’inizio di essa.
W. Goethe
Il segreto della felicità è trovare la propria gioia nella gioia degli
altri.
G. Bernanos
A che servirebbe fabbricare la vita stessa, se avete perduto il senso
della vita?
G. Bernanos
L’infelicità dell’uomo, credo, venga dalla sua grandezza; perché
v’è in lui un Infinito che non può del tutto seppellire sotto il Finito.
T. Carlyle
Chiunque è felice renderà felice anche gli altri.
Frank
La felicità è uno strano personaggio: la si riconosce soltanto dalla
sua fotografia al negativo.
G. Cesbron
Ci sono felici superficiali e infelici profondi.
K. Krauss
Chi pretende tutto dall’altro e rifiuta ogni dovere, non troverà mai
la felicità.
F. Dostoevskij
Anche se il denaro non compra la felicità, certamente ti permette di
sceglierti la tua forma di tristezza.
Anonimo
Ci sono due modi per vivere la propria vita. Uno è quello di pensare
che non esistano miracoli e l’altro è quello di pensare che ogni
cosa è un miracolo.
Einstein
Dovessi insegnarti la strada più breve e sicura per la felicità e la
perfezione, ti direi di darti una regola: ringraziare e lodare Dio per
tutto ciò che ti accade.
W. Law
Giacomo Leopardi,
L’infinito, dai Canti.Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Strappa all’uomo medio le illusioni per cui vive, e con lo stesso
colpo gli strappi la felicità.
H. Ibsen
La ricerca della felicità è un’autocontraddizione: più lottiamo per la
felicità, meno la raggiungiamo. La prospettiva di poterla inseguire
è illusoria.
V.E. Frankl
Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara
al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più.
O. Wilde
Uno dei mali che affliggono l’uomo di oggi è la ricerca illimitata
del benessere materiale come surrogato della felicità spirituale,
liquidata come un chimerico e inesistente sogno del passato. Non
tendiamo persino a evitare di pronunciare la parola ‘felicità’? Non
la usiamo sempre più di rado e timidamente, quasi vergognandoci,
come se appartenesse al lessico delle illusioni della giovinezza?
Dunque, quella che un tempo era chiamata felicità dal piano spirituale
viene retrocessa a quello materiale e fisico: essa consisterebbe
esclusivamente nel poter fruire di beni materiali nel maggior numero
possibile. Ma è proprio così?
G. Reale
La felicità è il compimento pieno e permanente dei desideri costitutivi
dell’uomo. Si differenzia dalla gioia che è come un anticipo
breve e parziale della felicità e dalla letizia che è uno stato d’animo,
tendenzialmente permanente, generato dalla speranza della
felicità
L. Giussani
Giacomo Leopardi,
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia,dai
Canti.Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
la vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
move la greggia oltre pel campo, e vede
greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera:
altro mai non ispera.
Dimmi, o luna:
a che vale al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo,
con gravissimo fascio in su le spalle,
per montagna e per valle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
al vento, alla tempesta, e quando avvampa
l’ora, e quando poi gela,
corre via, corre, anela,
varca torrenti e stagni,
cade, risorge, e più e più s’affretta,
senza posa o ristoro,
lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
colà dove la via
e dove il tanto affaticar fu volto;
abisso orrido, immenso,
ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
è la vita mortale.
Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
li prende a consolar dell’esser nato.
Poi che crescendo viene,
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
con atti e con parole
studiasi fargli core,
e consolarlo dell’umano stato:
altro ufficio più grato
non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi di poi quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
è lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
e forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
che sì pensosa sei, tu forse intendi,
questo viver terreno,
il patir nostro, il sospirar, che sia;
che sia questo morir, questo supremo
scolorar del sembiante,
e perir dalla terra, e venir meno
ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
il perché delle cose, e vedi il frutto
del mattin, della sera,
del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
rida la primavera,
a chi giovi l’ardore, e che procacci
il verno co’ suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
che son celate al semplice pastore.
Spesso quand’io ti miro
star così muta in sul deserto piano,
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovver con la mia greggia
seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
smisurata e superba,
poi di tanto adoprar, di tanti moti
d’ogni celeste, ogni terrena cosa,
girando senza posa,
per tornar sempre là donde son mosse;
uso alcuno, alcun frutto
indovinar non so. Ma tu per certo,
giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
che degli eterni giri,
che dell’esser mio frale,
qualche bene o contento
avrà fors’altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d’affanno
quasi libera vai;
ch’ogni stento, ogni danno,
ogni estremo timor subito scordi;
ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
tu se’ queta e contenta;
e gran parte dell’anno
senza noi consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
e un fastidio m’ingombra
la mente, ed uno spron quasi mi punge
sì che, sedendo, più che mai son lunge
da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
e non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
o greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
dimmi: perché giacendo
a bell’agio, ozioso,
s’appaga ogni animale;
me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s’avess’io l’ale
da volar sulle nubi,
e noverar le stelle ad una ad una,
o come il tuono errar di giogo in giogo,
più felice sarei, dolce mia greggia,
più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
mirando all’altrui sorte, il mio pensiero;
forse in qual forma, in quale
stato che sia, dentro covile o cuna,
è funesto a chi nasce il dì fatale.
Ho commesso il peggior peccato che si possa commettere: non
sono stato felice.
J. L. Borges
La felicità dell’uomo moderno: guardare le vetrine e comprare tutto
quello che può permettersi, in contanti o a rate.
E. Fromm
La felicità è un gioire quieto duraturo per piccoli eventi.
P. Brown
Edgar Lee Masters,
George Gray, da Antologia di Spoon River.Ho osservato tante volte
il marmo che mi hanno scolpito –
una nave alla fonda con la vela ammainata.
In realtà non rappresenta il mio approdo
ma la mia vita.
Perché l’amore mi fu offerto ma fuggii le sue
lusinghe;
il dolore bussò alla mia porta ma ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma paventai i rischi.
Eppure bramavo di dare un senso alla vita.
Ora so che bisogna alzare le vele
e farsi portare dai venti della sorte
dovunque spingano la nave.
Dare un senso alla vita può sfociare in follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio:
è una nave che desidera il male ardentemente ma ha paura.
Blaise Pascal,
Pensieri scelti, dai Pensieri.264
L’uomo non è che un giunco, il più debole della natura; ma è un
giunco pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per
schiacciarlo; un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo.
Ma, quand’anche l’universo intero lo schiacciasse, l’uomo
sarebbe sempre più nobile di ciò che l’uccide, perché egli sa di
morire e conosce la superiorità che l’universo ha su di lui; l’universo
invece non ne sa nulla.
Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. (…)
Edgar Lee Masters,
Johnnie Sayre, da Antologia di Spoon River.Papà, non saprai mai
l’angoscia che mi strinse il cuore
per la mia disobbedienza, quando sentii
la ruota spietata della locomotiva
affondarmi nella carne urlante della gamba.
Mentre mi portavano dalla vedova Morris
vidi ancora nella valle la scuola
che marinavo per saltare di nascosto sui treni.
Pregai di vivere fino a chiederti perdono –
e poi le tue lacrime, le tue rotte parole di conforto!
Dalla consolazione di quell’ora ho ricavato una infinita
felicità
Sei stato saggio a scolpire per me:
«Strappato al male a venire».
Edgar Lee Masters,
Robert Southey Burke, da Antologia di SpoonRiver.
Spesi i miei soldi per farti eleggere sindaco,
A.D. Blood.
Ti prodigai tutta la mia ammirazione,
ai miei occhi rasentavi la perfezione umana.
Tu facesti scempio della mia personalità,
e dei miei ideali giovanili,
e della forza d’una fedeltà generosa.
E tutte le mie speranze nel mondo,
e la mia fede nella verità,
vennero fuse al calore accecante
della mia devozione per te,
e plasmate a tua immagine.
Ma quando scoprii chi eri:
la tua anima meschina
e le tue parole false
come i tuoi denti di porcellana azzurrina,
e i tuoi polsini di celluloide,
odiai l’amore che avevo per te,
odiai me stesso, odiai te
per la mia anima perduta, e la mia giovinezza perduta.
E dico a tutti, attenti agli ideali,
attenti a non sperperare il vostro amore
con anima viva.
Edgar Lee Masters,
Lois Spears, da Antologia di Spoon River.Qui giace il corpo di Lois Spears,
nata Lois Fluke, figlia di Willard Fluke,
moglie di Cyrus Spears,
madre di Myrtle e Virgil Spears,
bimbi dagli occhi limpidi e dal corpo sano –
(io nacqui cieca).
Fui la più felice delle donne,
come moglie, madre e donna di casa,
curando i miei cari
e facendo della casa
un luogo d’armonia e di ospitalità generosa:
passavo per le stanze
e il giardino
con un istinto infallibile quanto la vista,
come avessi gli occhi sulla punta delle dita.
Gloria a Dio nell’alto dei cieli.
Agostino
La conoscenza di Dio
26.
37. Dove dunque ti trovai, per conoscerti? Certo non eri giànella mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti trovai,
per conoscerti, se non in te, sopra di me? Lì non v'è spazio dovunque:
ci allontaniamo, ci avviciniamo, e non v'è spazio dovunque.
Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi
contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su
cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono
chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre
ode la risposta che vuole. Servo tuo più fedele è quello che non
mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te
ode.
L'incontro con Dio
27.
38. Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai.Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme,
mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e
non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti
se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia
sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti
la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame
e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.
Eugenio Montale,
Felicità raggiunta, si cammina, da Ossi diseppia.
Felicità raggiunta, si cammina
per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.
Eugenio Montale,
Forse un mattino andando in un’aria di vetro,da
Ossi di seppia.Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me ne andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Vangelo di Matteo,
L’impegno con la vita, capitolo 16, versetti24-27
24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire
dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
25 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà
la propria vita per causa mia, la troverà. 26 Qual vantaggio
infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la
propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria
anima?
Vangelo di Luca,
Passi scelti, dal capitolo 12, versetti 13-32.Non accumulare tesori
13 Uno della folla gli disse: «Maestro, dì a mio fratello che divida
con me l'eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito
giudice o mediatore sopra di voi?». 15 E disse loro: «Guardatevi
e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza
la sua vita non dipende dai suoi beni». 16 Disse poi una
parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.
17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre
i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini
e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei
beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti
beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma
Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita.
E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula
tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».
Sigmund Freud,
Passi scelti, da Il problema della felicità.La domanda circa lo scopo della vita umana è stata posta innumerevoli
volte; non ha ancora trovato una risposta soddisfacente, forse
neppure l’ammette. Alcuni tra coloro che l’hanno posta hanno aggiunto
che, se dovesse risultare che la vita non ha alcuno scopo,
essa perderebbe di valore. Ma questa minaccia non cambia nulla.
Agostino di Ippona,
Passi scelti, dalle Confessoni.Dal libro primo
1.
1. Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tuavirtù, e la tua sapienza incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti, una
particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale,
che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti
ai superbi. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti.
Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai
fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.
Dal libro decimo
Ricerca di Dio, ricerca di felicità
20.
29. Come ti cerco dunque, Signore? Cercando te, Dio mio, iocerco la felicità della vita. Ti cercherò perché l'anima mia viva. Il
mio corpo vive della mia anima e la mia anima vive di te. Come
cerco dunque la felicità? Non la posseggo infatti, finché non dico:
"Basta, è lì". E qui bisogna che dica come la cerco: se mediante il
ricordo, quasi l'abbia dimenticata ma ancora conservi il ricordo di
averla dimenticata, oppure mediante l'anelito di conoscere una felicità
ignota perché mai conosciuta o perché dimenticata al punto di
non ricordare neppure d'averla dimenticata. La felicità della vita
non è proprio ciò che tutti vogliono e nessuno senza eccezioni non
vuole? Dove la conobbero per volerla così? dove la videro per amarla?
Certo noi la possediamo in qualche modo. C'è il modo di
chi la possiede, e allora è felice, e c'è chi è felice per la speranza di
possederla. I secondi la posseggono in modo inferiore ai primi,
felici già per la padronanza della felicità; tuttavia stanno meglio di
altri, non felici né per padronanza né per speranza. Però nemmeno
questi ultimi desidererebbero tanto la felicità, se non la possedessero
in qualche modo; che la desiderino, è certissimo. Non so come,
la conobbero, e perciò, perché la conoscono, la posseggono, in una
forma a me sconosciuta, che mi travaglio di conoscere. È forse
nella memoria? Se lì, ci fu già un tempo, in cui fummo felici; se
ciascuno individualmente, o nella persona del primo peccatore in
cui tutti siamo morti e da cui tutti siamo nati infelici, non cerco ora
di sapere. Ora cerco di sapere se la felicità si trova nella memoria.
Certo, se non la conoscessimo, non l'ameremmo. All'udirne il nome
tutti confessiamo di desiderarla in se stessa, e non è il suono della
parola che ci rallegra. Non si rallegra un greco quando l'ode pronunciare
in latino, poiché non comprende ciò che viene detto, mentre
noi ci rallegriamo, come si rallegra lo stesso greco all'udirlo in
greco, poiché la cosa in se stessa non è greca né latina, ed è la cosa,
che greci e latini e popoli di ogni altra lingua cercano avidamente.
L'umanità intera la conosce. Se si potesse chiederle con una sola
parola se vuol essere felice, non v'è dubbio che risponderebbe di sì.
Il che non accadrebbe, se appunto la cosa che la parola designa non
si conservasse nella memoria.
Epicuro,
Lettera a Meneceo.Nessuno che sia giovane indugi a filosofare, né divenuto vecchio si
stanchi di filosofare: perché l’età di ognuno non è mai immatura né
troppo matura per la salute dell’anima. E chi affermi che l’ora di
filosofare non è ancora giunta o è già passata, è come se dicesse
che l’ora della felicità non è giunta o è già passata, sì che bisogna
filosofare in gioventù o in vecchiaia, perché mentre invecchiamo
continuiamo la giovinezza nei beni per il grato ricordo del passato
e perché ancor giovani siamo a un tempo già antichi per l’impavida
sicurezza di fronte al futuro. Dobbiamo dunque meditare su tutto
ciò che ci possa procurare la felicità, perché, se l’abbiamo, noi tutto
abbiamo, se non l’abbiamo, noi tutto facciamo per averla.
I precetti che ininterrottamente ti diedi poni in atto e medita, con la
chiara consapevolezza che essi sono gli elementi fondamentali di
una vita bella. In primo luogo considera la divinità un essere vivente
immortale e beato – così come viene indicato dalla comune nozione
della divinità quasi impressa in noi dalla natura – e non attribuirle
nulla che sia estraneo alla sua immortalità o incompatibile
con la sua beatitudine. Ma tieni ben fermo che ad essa s’addice
tutto ciò che può confermare e non eliminare la sua beatitudine e la
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sua immortalità. Gli dei infatti esistono. Evidente è la loro conoscenza.
Ma non esistono quali il volgo crede, perché ritenendo che
siano tali quali crede, non li salva, ma li elimina. Empio non è chi
elimina gli dei, ma chi applica agli dei le opinioni del volgo. Perché
le affermazioni del volgo sugli dei non sono prolessi o vere prenozioni
o anticipazioni, bensì ipolessi o false supposizioni. A causa di
tali false supposizioni si fanno derivare da parte degli dei grandissimi
danni e benefici. Ma coloro che hanno una perenne familiarità
con le proprie virtù accolgono un’immagine coerente degli dei e
respingono come a essi estraneo tutto ciò che non si conforma alla
loro natura.
Abbi sempre a te consueto il pensiero che nulla è per noi la morte.
Ogni bene infatti e ogni male è nella sensazione, e la morte è privazione
della sensazione. Onde la retta conoscenza che nulla è per noi
la morte rende godibile la mortalità della vita, non perché vi aggiunga
un tempo indeterminato, ma perché elimina il desiderio
dell’immortalità.
Ché nulla di terribile vi è nel vivere per chi abbia la schietta consapevolezza
che nulla di terribile vi è nel non vivere. Sì che vaneggia
chi dice di temere la morte non perché presente può arrecarci dolore,
ma perché imminente ci addolora. Ciò infatti che presente non
ci turba, quando è atteso reca un dolore inconsistente. Dunque, il
più rabbrividente dei mali, la morte, nulla è per noi, perché, quando
noi siamo, la morte non è presente, e quando è presente la morte,
allora noi non siamo. Nulla è dunque la morte per i vivi, nulla è per
i morti perché negli uni essa non è, gli altri non sono più. Ma il
volgo ora fugge la morte come il più grande dei mali ora [la cerca]
come cessazione [dei mali] della vita.
[Ma il sapiente né rinuncia al vivere] né ha paura del non vivere;
ché il vivere non gli arreca tedio né egli crede che sia un male il
non vivere. E come non sceglie alla rinfusa il più gran numero di
cibi, ma solo i più soavi, così anche non del tempo più lungo, ma
del più soave coglie il frutto. Chi poi ammonisce il giovane a ben
vivere, il vecchio a ben morire, è stolto, non solo per quel che di
attraente ha la vita, ma anche perché la meditazione su una vita
bella coincide con la meditazione su una morte bella. Ma ancor
peggio è chi dice «bello non esser nati, ma, nati, al più presto varcare
le porte dell’Ade» [verso di Teognide]