La diffusione dellEssere
1.
La dottrina della emanazione
La dottrina della emanazione è stata concepita da Plotino per
spiegare l'origine delle cose dall'uno. L'Uno di Plotino è prima della conoscenza (Nous)
e dell'essere; perciò non conosce né sceglie le cose che fuoriescono da lui, esse
scorrono via spontaneamente, come i torrenti dalla fonte, come i raggi dal sole. Gli
esseri emanano dall'Uno grazie alla sua esuberanza e sovrabbondanza.
L'ordine delle emanazioni secondo Plotino è il seguente: per
prima procede l'Intelligenza (Nous), che è l'unica realtà che abbia origine immediata
dall'Uno. Il Nous, pensando se stesso, si distingue dall'Uno e, pertanto, dà origine
all'Essere. Dall'intelligenza (che è la seconda Ipostasi eterna, dopo l'Uno, che è la
prima) procede l'Anima universale (terza Ipostasi eterna), dalla quale procedono le anime
dei singoli individui. L'ultima emanazione dall'Uno è la materia, che in tal modo si
trova all'estremo opposto dell'Uno e del Bene e per questo si identifica col male.
I filosofi cristiani non hanno mai condiviso la soluzione
emanatista del problema dell'origine delle cose e ad essa hanno sempre contrapposto la
soluzione creazionista, una soluzione che trae certamente origine dalla Bibbia, ma che
successivamente, già a partire da Filone Alessandrino ha acquistato uno spessore
rigorosamente razionale.
Il concetto cristiano di Dio è abissalmente diverso dal concetto
plotiniano. Il Dio cristiano non è l'Uno imperscrutabile di Plotino, il quale subisce per
necessità naturale l'emanazione degli enti. Quello cristiano è un Dio personale, dotato
di intelligenza, volontà e libertà. E tale è anche l'Ipsum esse subsistens a cui ci ha
condotto la nostra resolutio nonché la contemplatio entis. Ora, proprio perché l'Esse
subsistens è dotato di intelligenza, volontà e libertà, gli enti non possono procedere
da lui necessariamente. Come osserva S. Tommaso, agire necessariamente è proprio delle
cause naturali; ma Dio non è una causa naturale.
Come nell'ascesa dagli enti all'essere sussistente i passaggi
erano garantiti dai principi di causalità, partecipazione e finalità, altrettanto nella
discesa i passaggi sono assicurati da analoghi principi a cui diamo il nome di creazione,
comunicazione, partecipazione. Solo questi tre principi fanno piena luce sulla natura
della diffusione dell'Essere sussistente: Egli diffonde se stesso portando alla luce nuove
realtà senza disperdere il proprio essere, facendo loro dono di un'esistenza alla quale
non possono vantare nessun diritto, e rendendole partecipi del proprio essere.
Il primo passaggio, passaggio radicale e decisivo, è la
creazione.
2.
La dottrina della creazione
Per creazione si intende "la produzione di una cosa dal
nulla, e il nulla riguarda sia la sua individualità sia la materia di cui è composta .
Il concetto di creazione, che era già presente nella filosofia
cristiana sin dai tempi di Clemente Alessandrino e Origene, nella metafisica dell'essere
di S. Tommaso acquista un valore semantico più ricco e profondo a causa del concetto
forte, intensivo dell'essere.
Grazie a tale concetto il Dottore Angelico può pensare
radicalmente l'essere e il nulla e, quindi, anche l'emersione degli enti dal nulla.
Essendo atto d'essere sussistente, pienezza d'essere non delimitata in alcun modo, l'Ipsum
esse subsistens è "potenza infinita", e pertanto è l'unica realtà in grado di
creare dal nulla.
Il principio di creazione pone l'accento sul nulla del punto di
partenza (ex nihilo) di ciò che è oggetto dell'azione creatrice. S. Tommaso mette bene
in luce quest'aspetto di origine assoluta, di salto ontologico radicale, dalla condizione
del nulla alla condizione dell'essere, che ha luogo nella creazione, nella seguente
definizione: «La creazione è la produzione di qualche cosa in tutta la sua sostanza
senza che di questa ci sia presupposto alcunché sia creato sia increato".
A proposito del nulla che costituisce, secondo il nostro modo di
dire, il punto di partenza dell'azione creatrice, va precisato (e S. Tommaso non manca di
farlo) che si tratta davvero del nulla e non di un orizzonte tenebroso o di un oceano
caotico. Noi siamo tentati di entificare il nulla (come hanno fatto Heidegger e Sartre)
facendo di esso il polo contrario all'essere. Ma ciò che ha realtà è soltanto l'essere;
mentre il nulla è assolutamente nulla, tanto che la stessa parola nulla non
è affatto nulla, bensì l'emissione di una voce o un insieme di lettere scritte. Il
nulla, se facciamo bene attenzione, è assolutamente ineffabile e incogitabile e non
semplicemente inconoscibile. Diventa così evidente che il modo di esprimersi e di
intendere al quale siamo ancorati quando diciamo che "il punto di partenza
dell'universo è il nulla", resta antropomorfico.
La creazione,
concepita dalla nostra ragione come una relazione intermedia fra il Creatore e la
creatura, è in effetti posteriore alla creatura, come ogni relazione è posteriore al
soggetto che la pone. Solo in quanto indica Dio come principio, la creazione può essere
riguardata come anteriore, logicamente, all'essere del mondo; ma sotto questo aspetto, per
così dire, non è più la stessa cosa. Nella sua realtà propria la creazione è una
relazione del creato ed è dunque posteriore al creato; così la proposizione "il
mondo è stato creato", significa per noi due cose e cioè: primieramente, il mondo
è; secondariamente, il mondo dipende dalla sua fonte.
Per quanto sconcertante, questa concezione si impone
manifestamente a chi si rende conto di quel che può essere un cominciamento assoluto. Un
tale cominciamento non può propriamente chiamarsi un cambiamento sopravvenuto, una
successione di stati, un passaggio dal nulla all'essere. Solo la nostra mente opera un
tale passaggio, se tenta di rappresentarsi l'irrapresentabile.
Leffetto proprio della creazione è l'essere e questo non
può avere altra causa che colui che già lo possiede in maniera eminente, perfetta, cioè
l'Essere sussistente stesso, che è Dio.
Così risulta parimenti dimostrato che il primo effetto prodotto
da Dio è l'essere stesso, perché tutti gli altri effetti lo presuppongono e su di esso
si fondano. Perciò è necessario che tutto ciò che in qualche modo esiste, riceva
l'essere da Dio.
L'azione creatrice è pertanto un'azione singolarissima, non
soltanto grazie al suo artefice che è Dio, e grazie al suo effetto che è l'essere, ma
anche in ragione della sua immediatezza, pervasività, incisività, intimità,
inarrestabilità. Essa investe non soltanto il cuore oppure la superficie degli esseri, ma
li attraversa e li pervade totalmente da capo a fondo. Nulla di quanto un ente possiede si
sottrae all'efficacia dell'azione creativa: materia e forma, sostanza e accidenti,
qualità e azioni, strutture e relazioni, sotto il profilo ontologico tutto si regge
incessantemente sull'azione creatrice di Dio.
3.
La dottrina della comunicazione
Il principio di comunicazione afferma che l'essere è un dono
totalmente gratuito, a cui il "donatario" non ha nessun diritto e per il quale
il donatore non ha nessun dovere.
Comunicazione significa quel darsi spontaneo e generoso
dell'Essere sussistente agli enti, perché da ciò dipende l'esistenza stessa e tutta la
realtà di colui a cui viene fatto il dono: col darsi dell'Essere sussistente fiorisce
l'ente nel deserto del nulla.
Se le cose in quanto sono perfette comunicano ad altre la propria
bontà, a maggior ragione conviene all'Essere sussistente di comunicare agli enti
analogicamente, nella misura del possibile, il proprio bene, vale a dire l'essere.
All'Essere sussistente compete la virtù della comunicazione perché racchiude in se
stesso qualsiasi perfezione, inclusa quella della bontà, e questa è, in forza della sua
stessa natura, benefica.
Come si vede, il principio di comunicazione illumina il punto di partenza e fa vedere che esso risiede tutto nell'Essere sussistente, nella sua generosa dedizione, che non ha nulla a che vedere né con l'emanazione necessaria dei neoplatonici né con l'alienazione dell'Assoluto degli idealisti.
4.
La dottrina della partecipazione
Sulla dottrina della partecipazione abbiamo già trattato.Abbiamo
visto che della partecipazione si può parlare sia in senso attivo che passivo. In senso
attivo significa comunicare "parzialmente" qualche cosa a un altro; invece in
senso passivo significa ricevere parzialmente qualche cosa (partem capere).
Nella fase ascendente della resolutio, la partecipazione era
intesa in senso passivo, e così il principio di partecipazione significava: "tutto
ciò che è partecipato è causato". Per contro nella fase discendente, che è quella
della fuoriuscita degli enti dall'Essere sussistente, la partecipazione è intesa in senso
attivo e il principio di partecipazione afferma che lEssere sussistente partecipa
agli enti il proprio essere".
Per intendere rettamente il principio di partecipazione (attiva)
dobbiamo fare alcune precisazioni.
Prima - L'essere sussistente in quanto perfezione di tutte le
perfezioni e attualità di tutti gli atti è, come abbiamo visto, infinito; perciò non si
può mai comportare come un partecipante (perché i partecipanti sono sempre finiti e si
trovano in condizione di potenzialità e ricettività rispetto al partecipato).
Seconda - La partecipazione dell'Essere sussistente è una
Partecipazione trascendentale e non predicamentale, proprio perché ha luogo a livello di
essere (actus essendi) e non della sostanza e dei suoi attributi (gli accidenti); inoltre
è una partecipazione ontologica e non logica, perché l'atto di essere che viene
comunicato è un atto reale (atto delle cose) e non logico (atto della mente).
Terza - La partecipazione non è una spartizione dell'essere. Come
la comunicazione non comporta nessuna alienazione, nessun calo di perfezione nell'Essere
sussistente, così la partecipazione, contrariamente a quanto potrebbe suggerire
l'etimologia, non implica nessun frazionamento, nessuna spartizione della perfezione
dell'Essere tra i singoli enti. Infatti l'Essere sussistente è assolutamente semplice e
non è suscettibile di alcuna scissione, divisione, frantumazione. Quindi, se parlando
dell'origine degli enti dall'Essere sussistente ricorriamo al termine
"partecipazione", questo non può significare dare una parte
dell'essere poiché nell'Essere sussistente non ci sono parti, ma vuol dire
comunicare in modo "particolare", "parziale", limitato l'infinita
perfezione dell'essere.
Quarta - I limiti della perfezione dell'essere prescritti dalla
partecipazione sono fissati dall'Essere sussistente stesso, quindi non sono imposti
dall'esterno o dal nulla. I limiti sono dovuti a quei ricettacoli dell'essere che sono le
essenze, le quali sono i modi secondo cui la mente divina (l'Essere sussistente) sa di
essere partecipabile. Come abbiamo visto , le essenze prima di essere poste in atto
dall'Essere sussistente non sono dei possibili, che si trovano a metà strada tra l'essere
e il nulla; esse sono dotate soltanto di una realtà logica, in quanto idee dell'Essere
sussistente.
Mediante la
partecipazione l'Essere sussistente fissa i gradi dall'essere e distribuisce gli enti
secondo un ordine e una gerarchia, che sono precisamente quelli che ammiriamo
nell'universo.
5.
Gli obiettivi della creazione
Nell'azione creatrice Dio segue un ordine logico che ha qualche
somiglianza con l'ordine che si registra nelle produzioni umane: Dio contempla la sua
infinita essenza e scorge in essa innumerevoli, infinite possibilità di riproduzione;
quindi programma una scelta tra le varie possibilità e, infine, ne decreta liberamente
l'attuazione. Solo che mentre nelle opere umane l'ordine comporta una successione
temporale, in Dio, che è al di fuori e al di sopra del tempo, non esiste nessuna
successione: Dio opera nell'eternità e nell'assoluta istantaneità.
Creando l'universo Dio, in quanto intelligente e libero, si propone certamente degli obiettivi, i quali non possono essere diversi da lui stesso, per il semplice motivo che prima della creazione non esiste altro essere dal quale e per il quale Dio possa essere indotto ad agire. Ma finalizzare la creazione a se stesso, alla propria gloria, non ha carattere egoistico come si potrebbe pensare a prima vista, perché proporre Dio come ultimo traguardo è esaltare al massimo le recondite aspirazioni che ogni creatura ha iscritte nel profondo del proprio essere.