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I FONDAMENTI DEL CRISTIANESIMO

Capitolo 2

Introduzione agli scritti cristiani

INDICE

In questo capitolo vedremo:

1. I problemi relativi agli scritti cristiani

2. I libri nelle prime comunità

3. Il canone del N.T.

4. La trasmissione del testo del N.T.

5. Conclusione generale

1. I problemi

Abbiamo visto, seguendo soprattutto le testimonianze di autori non cristiani del I e II sec., che è

attestata l'esistenza di Gesù, vissuto nel I sec., e che egli è il fondatore del Cristianesimo.

Però i dati che tali autori ci forniscono sono assolutamente insufficienti per conoscere bene il pensiero di

Gesù ed i fatti della sua vita.

A questo scopo l'ideale sarebbe di avere qualche scritto di Gesù, ma siccome, almeno per ora, di lui non

possediamo nulla, dobbiamo rivolgerci agli scritti (e sono molti) dei suoi discepoli.

Ci limiteremo però ai documenti cristiani del I e II secolo, perché quelli posteriori sono troppo lontani

dai fatti per offrirci garanzie di sufficiente attendibilità storica.

Purtroppo di tali documenti (come pure degli scritti degli storici non cristiani già citati) non p ossediamo i

testi originali, ma solo copie manoscritte, le più antiche delle quali, allo stato attuale delle ricerche, sono

del III secolo1.

Ora si sa che, copiando a mano dei documenti, si possono commettere errori. Viene perciò spontanea la

domanda: Possiamo ricostruire i testi così come sono usciti dalle mani degli autori?

È il problema della trasmissione del testo.

Analizzando poi i libri antichi in nostro possesso noi vediamo subito che questi libri non avevano tutti la

stessa importanza nelle comunità cristiane. Infatti di alcuni di essi possediamo migliaia di copie (circa

5200) scritte fra il III ed il XV sec., mentre di altri possediamo solo poche copie e a volte neanche

complete.

Ciò si spiega perché i primi erano letti in pubblico nelle varie Chiese cristiane e perciò fu necessario

moltiplicarne le copie e così una parte di esse è sopravvissuta all'usura del tempo, mentre i secondi no.

Sorge così un altro problema: Perché gli uni erano (e sono tuttora) letti in pubblico nelle

liturgie cristiane e gli altri no?

È il problema del canone = elenco dei libri ufficiali cristiani.

I documenti per rispondere a questa domanda non sono molto abbondanti, ma sufficienti per avere una

risposta accettabile.

2. I libri nelle prime comunità (I - II sec.)

1. Perché nascono

Poiché cristiano è colui che si impegna a vivere secondo gli insegnamenti di Gesù, gli è necessario

conoscerne il genuino pensiero. E poiché Gesù non ha scritto nulla che sia giunto a noi (per ora), i primi

1 C'è anche un manoscritto del II secolo, il P52, ma è molto piccolo e perciò inutile ai fini della ricostruzione del testo.

C'è poi una proposta del prof. Y.K. Kim (fatta nel 1988) di collocare negli anni 90 il papiro P46 (Chester Beatty), che

contiene una buona parte del Nuovo Testamento, però si attendono, per accettarla, ulteriori conferme.

 cristiani, per risolvere il problema, si rivolgevano agli apostoli, testimoni di quanto Gesù aveva detto e

fatto.

Valga la testimonianza di Giovanni: "Quello che era fin da principio, quello che abbiamo udito, quello che

abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato, del

Verbo di vita... ve l'annunciamo"(1Gv 1,1).

Essi erano dunque la norma viva della fede cristiana, poiché raccontavano gli insegnamenti di Gesù.

Ma poiché gli apostoli stavano morendo, fu necessario affidarsi sempre più a libri che, in qualche modo,

risalissero a loro. Scomparsi i testimoni oculari, infatti, non sarebbe stato più possibile controllare la

veridicità di quanto continuava ad essere predicato su Gesù, soprattutto di fronte ad eventuali nuove

affermazioni a suo riguardo. Inoltre, col diffondersi del Cristianesimo, non era più così facile per tutti

incontrare qualche apostolo, per poter effettuare le necessarie verifiche.

Documentazione

* Prologo del vangelo secondo Luca:

"Poiché molti hanno messo mano a ordinare la narrazione dei fatti compiuti in mezzo a noi, come

tramandarono a noi quelli che dall'inizio videro con i propri occhi e (sono) diventati servi della parola,

parve anche a me, avendo seguito ogni cosa da principio diligentemente, di seguito (o con ordine),

scriverti, ottimo Teofilo, affinché tu conosca la saldezza della parola con la quale sei stato istruito" (Lc 1,

1-4).

* 2ª Lettera di Pietro:

"...e la magnanimità del Signore nostro ritenetela salvezza, come anche l'amato nostro fratello Paolo,

secondo la sapienza data a lui, scrisse a voi, come anche in tutte le lettere, parlando in esse di queste

cose; nelle quali vi sono alcune cose difficili ad intendersi, che gl'ignoranti e deboli stravolgono, come

anche le altre scritture, per la perdizione" (2 Pt 3, 15-16).

La lettera, scritta verso il 66/67 o verso il 75, sembra supporre che esistesse una raccolta, almeno

parziale, delle lettere di Paolo. Tale epistolario viene messo sullo stesso piano dell'Antico Testamento, se

si interpreta la parola "scritture" come riferita ad esso.

* Lettera ai Colossesi:

"E quando sia stata letta da voi la lettera, fate in modo che anche nella Chiesa dei Laodicesi sia letta e

che quella dei Laodicesi anche voi leggiate" (Col 4, 16).

La lettera fu scritta da Paolo, prigioniero a Roma, verso il 61/63.

Questi scritti cristiani si leggevano nelle riunioni comuni, assieme ai testi dell'Antico Testamento, che già

erano letti nelle sinagoghe ebraiche.

Che circolassero tra le varie comunità cristiane anche i libri dell'Antico Testamento è

dimostrato dalle abbondantissime citazioni di esso che si possono rintracciare nei libri dei

primi cristiani.

Documentazione

* 1ª Lettera di Paolo ai Tessalonicesi:

"Vi scongiuro nel Signore che questa lettera sia letta a tutti i fratelli"(1 Tess 5,27).

* Lettera ai Colossesi (4,16), già citata sopra.

* Giustino, filosofo cristiano, scrive verso il 155:

"... E nel giorno chiamato del sole, tanto quelli che abitano in città come quelli che abitano in campagna

si adunano nello stesso luogo e si fa lettura delle memorie degli apostoli (vangeli) e degli scritti dei

profeti (Antico Testamento), sin che il tempo lo permette.

Quando il lettore ha terminato, il preposto (il capo) tiene un discorso per ammonire ed esortare

all'imitazione di questi buoni esempi" (1ª Apologia - n. 67).

Però, al tempo in cui furono composti, questi libri cristiani non erano giudicati "Sacra Scrittura". Per i

primi cristiani Sacra Scrittura rimaneva l'Antico Testamento.

La prima citazione di un passo di Paolo, considerato sicuramente come Sacra Scrittura, si trova nella

lettera di Policarpo ai Filippesi (12,1), scritta verso il 150:

 "So che siete molto versati negli scritti sacri e che nulla in essi vi sfugge, cosa che a me non è concessa.

Tuttavia voglio ricordarvi solo queste frasi, che in essi sono scritte: Sdegnatevi pure, ma non fino al

peccato (Salmo 4,5), e ancora: Il sole non tramonti sopra la vostra ira (Ef 4,26).

Beato chi se le ricorda, come sono certo che voi fate!".

2. Autori

Molti di questi scritti sono attribuiti direttamente o indirettamente (a volte anche falsamente) agli

apostoli, la cui autorità nelle Chiese cristiane era indiscussa. Ad essi infatti i cristiani avevano creduto,

perché testimoni della vita di Gesù (il fondatore in radice del Cristianesimo) e proprio sulla loro

testimonianza erano sorte le Chiese.

Documentazione

* Molti libri portano il nome di apostoli: vangelo secondo Matteo, secondo Giovanni, lettere di Paolo, ecc.

* Già nei primi anni dell'attività di Paolo però, alcuni tentarono di diffondere delle lettere falsamente

attribuite a lui.

Lo assicura Paolo stesso: "...Vi preghiamo, o fratelli, di non lasciarvi così facilmente turbare la mente, né

allarmare, sia da spirito, sia da dicerie, sia d a lettere, come se fossero inviate da me..." (2 Tess. 2,1-2), e

finisce la lettera così: "Il saluto è di mio pugno, di me, Paolo; esso è il segno che distingue ogni mia

lettera. Io scrivo così " (2 Tess 3,17).

* Conosciamo parecchi vangeli e lettere attribuiti ad apostoli, ma non accettati dalla Chiesa (apocrifi):

vangelo di Giacomo, di Pietro, di Tommaso...

Quanto al vangelo di Pietro, è nominato da Serapione di Antiochia, come riferisce Eusebio di Cesarea nel

318.

Si noti ancora che tutte le lettere nelle Chiese cristiane del II - III sec. imitavano le lettere di Paolo: per

es. quella di Clemente di Roma o quelle di Ignazio di Antiochia. Ciò significa che erano ben conosciute.

* Giustino afferma:

"... gli Apostoli nelle memorie fatte da loro, che si chiamano vangeli..." (1ª Apologia, n. 66).

* Il Canone Muratoriano ci dà analoghe informazioni.

3. Nuovi libri

Si scrivevano anche nuovi libri. Fra essi bisogna distinguere due gruppi:

- scritti che, pur senza pretendere di risalire agli apostoli, avevano autorità simile a quella degli

scritti che fanno oggi parte del Nuovo Testamento. Vengono chiamati Padri Apostolici, perché i

loro autori hanno conosciuto gli apostoli;

- scritti, piuttosto fantasiosi o ricchi di dottrine strane, sorti dal desiderio di colmare le lacune dei

vangeli (canonici), falsamente attribuiti agli apostoli, allo scopo di aumentarne l'autorità. Vanno

sotto il nome di Apocrifi o Pseudoepigrafi.

Poiché tali libri aumentavano rapidamente, nacque il problema di controllarne l'attendibilità.

4. Copie

Di alcune lettere venivano fatte copie fin dall'origine. Si presentano infatti come "circolari" destinate a

varie comunità.

Documentazione

* Lettera di Paolo agli Efesini:

"Paolo, apostolo di Cristo Gesù secondo la volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso..." (Ef 1, 1).

Alcuni manoscritti, invece di "in Efeso", hanno "in Laodicea". Altri ancora hanno uno spazio bianco che

probabilmente serviva per scrivervi il nome della città in cui si trovava la comunità cristiana destinataria

della lettera.

 Potrebbe trattarsi dunque di una lettera circolare a cui di volta in volta veniva cambiato l'indirizzo.

* Si confronti inoltre la già citata lettera ai Colossesi, 4,16.

È lecito supporre che anche di tutti gli altri scritti apostolici, data la loro importanza per la fede, si

facessero copie che circolavano fra le Chiese.

Di qui la spontanea e graduale formazione di raccolte di scritti.

Però questo non impediva che fosse tramandato ancora a voce l'insegnamento di Gesù e che spesso

questa tradizione orale avesse maggior peso di quella scritta.

Lo sappiamo per es. da Papia di Gerapoli, II sec.: "Ecco quanto soleva dire l'anziano (forse Giovanni):

Marco, diventato interprete/traduttore di Pietro, tutto quello che ricordava stese giù con cura, anche se,

sia dei detti che dei fatti del Signore, scrisse disordinatamente. Egli non ascoltò il Signore, né fu mai alla

sua sequela, perché solo più tardi, te l'ho già detto, divenne intimo di Pietro. Questi annunciava

l'evangelo tenendo conto delle necessità dell'uditorio, senza voler fare una sintesi o composizione

d'insieme dei detti del Signore. Così Marco non ha fatto errori scrivendo alcune cose come se le

ricordava" (Eusebio, St. Eccl. III, 39,15).

La cosa si spiega facilmente se si pensa che, presso gli antichi, erano pochi quelli che sapevano leggere e

che i libri erano molto costosi.

La cultura si tramandava essenzialmente per via orale.

3. Il canone del Nuovo Testamento (= elenco dei libri ufficiali cristiani)

Sicurezza che nei testi sia contenuto il pensiero di Gesù

1. La formazione del canone

* La situazione, nella prima metà del II sec., era la seguente:

a) circolavano nelle comunità

- scritti originali risalenti direttamente o indirettamente agli apostoli,

- copie di tali scritti,

- scritti falsamente attribuiti agli apostoli,

- scritti che non risalivano agli apostoli, ma che godevano quasi della stessa autorità;

b) erano scomparsi o quasi scomparsi i testimoni attendibili, capaci di risolvere le controversie di

attribuzione dei testi;

c) stava prendendo vigore il movimento filosofico-teologico dello gnosticismo.

Il termine "gnosi" proviene dal greco e significa conoscenza. Secondo gli gnostici solo la conoscenza può

condurre alla salvezza.

* In generale gli gnostici partono dal problema del male nel mondo: Dio non può fare né volere il male -

dunque il male non viene da Dio. Esistono due princìpi increati: uno, Dio-spirito, da cui deriva il bene e

l'altro, la materia, da cui deriva il male. Questi due princìpi sono in perenne lotta fra di loro.

* Luogo della lotta fra il principio del bene (spirito) e il principio del male (materia) è il cuore dell'uomo,

in quanto l'uomo è appunto composto di materia e di spirito.

* Questa penosa situazione in cui l'uomo viene a trovarsi ha impietosito Dio, il quale ha inviato nel

mondo Gesù per operare la salvezza: guidare gli uomini alla vera conoscenza, onde distaccarli dalla

materia.

* Gesù, essendo puro spirito (bene), non poteva rivestirsi di un corpo materiale (che era male). Quindi,

per venire nel mondo, ha preso solo una parvenza corporea (greco: dokéo = sembro, da cui anche il

nome di doceti dato a questi pensatori).

* Importanti al riguardo sono Basilide, Carpocrate, Valentino, ma soprattutto Marcione.

Secondo Marcione (verso il 140 d.C.) il messaggio di Gesù, predicato anche da Paolo, era stato il

superamento definitivo dell'A.T., di cui nulla andava conservato. Sarebbe stato successivamente alterato

in senso giudaizzante, mediante l'introduzione di scritti non autentici e la manipolazione dei testi

originari.

Rifiutava perciò in blocco l'A.T. e, quanto ai vangeli, voleva riportarli "alla forma originale", eliminando

quello che costituirebbe un'alterazione fatta dopo. In concreto, rifiutava i vangeli secondo Matteo, Marco

 e Giovanni e sopprimeva in Luca i racconti dell'infanzia e ogni accenno alla reale corporeità di Gesù (in

Gesù-spirito, non potevano esserci manifestazioni di corporeità, come crescere, essere stanco, aver

paura, soffrire, sudare sangue...).

* Marcione fu il primo a fissare una lista di libri a cui attingere quella che, secondo lui, era la genuina

dottrina cristiana. La lista comprendeva: il vangelo secondo Luca (nella versione rimaneggiata da lui) e

dieci delle lettere di Paolo (escluse le lettere pastorali).

* Contro Marcione le comunità cristiane dovettero prendere posizione:

a) stabilendo un elenco "ortodosso" (canone), relativamente fisso di libri da prendere come norma della

genuina fede cristiana: il Nuovo Testamento (i criteri per questa selezione saranno presentati fra poco);

b) affidando ai vescovi il controllo sulle nuove copie del N.T. che venivano confezionate, per essere sicuri

che fossero conformi al testo antico2.

* Il fatto veramente importante è costituito dall'idea della necessità di un canone: le Chiese dovettero

riconoscere di non poter più controllare da sole le tradizioni su Gesù che stavano pullulando e andarono

perciò alla ricerca di norme o criteri per stabilire quali libri accettare e quali escludere, al fine di conoscere

il genuino pensiero cristiano.

2. I criteri di canonicità

Dai documenti a nostra disposizione possiamo ricavare che i criteri utilizzati dalle Chiese per stabilire il

canone furono principalmente due: ecclesialità ed apostolicità dei libri. Nel caso in cui l'apostolicità non

fosse certa, si ricorse al criterio sussidiario della tradizionalità3.

Vediamoli meglio:

a) Ecclesialità: furono scelti come "ufficiali" i libri che erano accolti e letti nella liturgia da tutte (o quasi)

le comunità che li conoscevano.

Furono le comunità che selezionarono i libri del Nuovo Testamento, non attraverso pronunciamenti

ufficiali, ma attraverso il "sentire" dei cristiani: in quei libri essi riconoscevano fissata la fede che avevano

ricevuto nella predicazione ed accettato.

Ma perché i cristiani leggevano questi libri?

b) Apostolicità: furono scelti quei libri che si ritenevano prodotti direttamente o indirettamente dagli

apostoli (se a torto o a ragione oggi è difficile/impossibile da stabilire, senza un atto di fede nelle

comunità cristiane dei primi secoli).

"Si può dire che il concetto di "canone", sia derivato in modo diretto da quello di apostolo. L'apostolo ha

nella Chiesa una funzione unica, che non si ripete: è un testimone oculare.

Per conseguenza solo gli scritti che hanno per autore un apostolo o un discepolo di un apostolo sono

reputati garantire la purezza della testimonianza cristiana" (O. Cullmann, Le Nouveau Testament, Paris

1966; ed. ital. Bologna, 1968, pag. 141-142).

1. Quanto ai vangeli, le comunità giudicarono che i loro autori o fossero apostoli o avessero scritto bene

ciò che avevano udito dagli apostoli.

Per questa ragione furono rifiutati i vangeli apocrifi.

2. Quanto alle lettere, era compito dei destinatari garantire sul mittente. Si noti però che spesso un

autore si serviva di uno scrivano-segretario che "metteva in bella" il testo.

È per questa ragione che scritti come la Didaché o la lettera di Clemente di Roma, nonostante fossero

dello stesso periodo e sullo stesso argomento dei libri del Nuovo Testamento, non furono accolti.

Ne consegue che, per le comunità cristiane antiche, norma di fede non erano gli scritti, ma le

testimonianze apostoliche che si fissarono poi in tali scritti:

era canonico (= normativo) solo ciò che era apostolico.

E nel caso in cui l'apostolicità non fosse certa?

Si ricorse al criterio sussidiario della

c) Tradizionalità: furono scelti quei libri che erano in armonia con la tradizione orale.

Furono rifiutati tutti quei libri che presentavano la figura di Gesù in modo difforme da quello tradizionale,

quello cioè che i cristiani conoscevano bene per averlo ascoltato dalla viva voce degli apostoli e dei loro

discepoli.

2 Da ciò derivò in seguito l'uso, ancora attuale, dell'Imprimatur (= si stampi): un vescovo garantisce che un libro

cattolico sul cristianesimo è conforme alla dottrina cristiana e ne autorizza la stampa.

3 Controllare oggi se le comunità cristiane dei primi secoli abbiano fatto o no un buon lavoro è assai difficile, se non

impossibile. Si può solo scegliere di fidarsi o di non fidarsi in base ad "indizi", non in base a "prove".

 * Questo successe per es. per il vangelo di Pietro come dice questo documento di Eusebio di Cesarea che

cita la testimonianza di Serapione:

"Costui (= Serapione) ha composto anche un altro trattato sul vangelo detto secondo Pietro con l'intento

di esporre la falsità degli argomenti in esso contenuti, per il bene di alcuni membri della chiesa di Rhossus

(in Siria), che a causa dell'opera suddetta furono preda di dottrine non ortodosse. Sarà bene riportare qui

alcune frasi del suo scritto per rilevare il suo giudizio su quel libro. Egli scrive: Fratelli, noi accettiamo

Pietro e gli altri apostoli come Cristo, ma, da uomini prudenti, respingiamo quanto è falsamente scritto

sotto il loro nome, ben conoscendo che da loro non abbiamo ricevuto tali cose. Quando, infatti, io fui

presso di voi, pensavo aderiste tutti alla retta fede e, non avendo letto il vangelo sotto il nome di Pietro,

di cui parlavamo, dissi: Se era questo l'unico motivo del loro turbamento, leggetelo pure! Ma ora, da

quanto mi è stato detto, ho compreso che nella loro mente era annidata una eresia: avrà dunque cura di

venire nuovamente da voi. A presto, dunque, fratelli. Voi sapete che genere di eresia era quella di

Marcione e come egli si contraddiceva, non comprendendo quanto andava diffondendo, imparerete (la

verità) da quanto ho scritto per voi. Ho infatti avuto la possibilità di avere tra le mani proprio questo

vangelo da coloro che se ne servono, cioè dai successori di quelli che sono stati i suoi autori, ai quali

diamo il nome di doceti, in quanto molte delle loro idee appartengono a questa scuola, di scorrerlo e di

constatare che in gran parte ha sul Salvatore un insegnamento giusto, ma alcune cose sono nuove e ne

ho tracciato una lista per voi. Questo è quanto si riferisce a Serapione" (Hist. eccles.,VI, 12,2-6: PG,

20,545).

Sembra dunque questa la vera e definitiva norma di fede del cristianesimo:

l'insegnamento di Gesù fatto con le parole e con la vita e tramandato dalla tradizione orale delle Chiese.

CRITERI DI SCELTA DEI LIBRI "CANONICI"

* ECCLESIALITÀ: libri letti in tutte le Chiese che li conoscevano

* APOSTOLICITÀ: perché avevano come autore diretto o indiretto un apostolo

* TRADIZIONALITÀ: perché facevano su Gesù un discorso conforme alla Tradizione orale

In sintesi:

L'insegnamento di Gesù diventava dunque la cosa più preziosa, da conservare con somma cura.

Necessitava perciò un accurato controllo. Per questo si andavano a cercare prima i testimoni e poi, morti

quelli, i libri che trasmettevano il suo vero insegnamento.

Documentazione

La più antica lista di libri "canonici" a noi giunta è il canone muratoriano, un documento di ignoto autore,

compilato in un latino grossolano verso il 180 e scoperto nel 1740 da Ludovico Antonio Muratori nella

biblioteca ambrosiana di Milano.

Al testo mancano alcune righe d'inizio. Si può tuttavia immaginare che parlasse dei vangeli secondo

Matteo e secondo Marco, visto che presenta come terzo il vangelo secondo Luca.

"... ai quali pure egli (Marco?) fu presente e così ha (es)posto. Il terzo libro dell'evangelo (è quello)

secondo Luca. Questo medico, Luca, preso con sé da Paolo come esperto di diritto (o esperto del viaggio,

o della dottrina), lo compose dopo l'ascensione di Cristo secondo ciò che egli (Paolo) credeva. Neppure lui

però vide il Signore in carne, e perciò cominciò a raccontare così come poteva ottenere (il materiale),

dalla nascita di Giovanni.

Il quarto degli evangeli (è quello) di Giovanni, (uno) dei discepoli. Poiché i suoi condiscepoli e vescovi lo

esortavano, disse: "Digiunate con me per tre giorni da oggi e ci racconteremo a vicenda ciò che ad

ognuno verrà rivelato". In quella stessa notte fu rivelato ad Andrea, (uno) degli apostoli, che Giovanni

doveva mettere tutto per iscritto in nome proprio, mentre tutti (lo) avrebbero esaminato.

E perciò, sebbene diversi princìpi siano insegnati nei singoli libri dei vangeli, ciò non costituisce però una

differenza per la fede dei credenti, essendo tutte le cose spiegate dall'unico e normativo Spirito: ciò che

riguarda nascita, passione, risurrezione, vita sociale con i suoi discepoli, la duplice venuta, dapprima,

disprezzato nell'umiltà, che è già avvenuto, la seconda volta, illustre, con potere regale, che deve

(ancora) avvenire.

Che c'è di strano, dunque, se Giovanni tanto costantemente presenta anche nelle sue lettere delle

particolarità, dato che dice di se stesso: "Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi e udito con le nostre

orecchie e che le nostre mani hanno toccato, queste cose abbiamo scritto a voi" (1 Gv 1,1 ss.). Così non

solo egli si professa testimone oculare ed auricolare, ma anche scrittore di tutte le cose mirabili del

Signore, per ordine.

 I fatti poi di tutti gli Apostoli sono scritti in un unico libro. Luca raccoglie per l'ottimo Teófilo le singole

cose che sono state fatte in presenza sua e lo fa vedere chiaramente omettendo la passione di Pietro e

anche la partenza di Paolo dall'Urbe (= Roma), per la Spagna.

Le lettere di Paolo poi rivelano esse stesse, a chi vuol capire, da che località e in che circostanza sono

state inviate. Prima di tutte ai Corinzi, vietando l'eresia dello scisma; poi ai Galati (vietando) la

circoncisione; poi ai Romani (spiega) esattamente l'ordine delle Scritture e che Cristo è il loro principio.

Delle quali (lettere) è necessario che parliamo singolarmente. Lo stesso beato apostolo Paolo, in ciò

seguendo la regola del suo predecessore Giovanni [cfr. sette lettere di Apoc cap. 2 -3: si veda più avanti],

scrive nominativamente a sole sette chiese in quest'ordine: ai Corinzi la prima (lettera), agli Efesini la

seconda, ai Filippesi la terza, ai Colossesi la quarta, ai Galati la quinta, ai Tessalonicesi la sesta, ai

Romani la settima. Sebbene sia tornato a scrivere ai Corinzi e ai Tessalonicesi per correggerli, si vede

che una sola chiesa è diffusa per tutta la terra.

Perché anche Giovanni scrive nell'Apocalisse a sette chiese, ma parla a tutte.

Ma una a Filémone e una a Tito e due a Timóteo (le scrisse) per affetto e amore. Sono ritenute sacre

per l'onore della chiesa cattolica (= universale), per il regolamento della disciplina ecclesiale.

Circola anche una (lettera) ai Laodicesi, un'altra agli Alessandrini, falsificate col nome di Paolo dalla setta

di Marcione, e molte altre cose che non possono essere accettate nella chiesa cattolica. Non conviene che

il fiele sia mescolato con il miele.

Però una lettera di Giuda e due con la soprascritta "di Giovanni" sono ricevute nella Chiesa cattolica,

come pure la Sapienza scritta in onor suo dagli amici di Salomone.

Riceviamo anche le rivelazioni (Apocalisse) di Giovanni e di Pietro soltanto. Alcuni di noi però non

vogliono che questa sia letta nella chiesa (= assemblea).

Il Pastore l'ha scritto poc'anzi, nella nostra città di Roma, Erma, mentre sedeva sulla cattedra della chiesa

della città di Roma il vescovo Pio, suo fratello. Perciò conviene che sia letto, però non si può leggere

pubblicamente nella chiesa al popolo, né tra i profeti il cui numero è completo, né tra gli apostoli della

fine dei tempi".

 

- Dei 27 libri che formeranno poi il Nuovo Testamento, ne vengono citati 23.

- Non sono citate: una lettera di Giovanni, una di Giacomo, una di Pietro e la lettera agli Ebrei.

3. Le controversie sul canone

* Tra il III ed il V sec. abbiamo un periodo di dubbi e di discussioni sui libri che dovrebbero appartenere

al canone.

Documentazione

* Una testimonianza di Eusebio di Cesarea, dell'anno 318 circa:

"Arrivati a questo punto, ci sembra ragionevole ricapitolare (la lista) degli scritti del Nuovo Testamento di

cui abbiamo parlato. E, senza alcun dubbio, si deve collocare prima di tutto la santa tetrade (=

quaterna) degli evangeli, cui segue il libro degli Atti degli Apostoli. Dopo questo, si debbono citare le

lettere di Paolo, a seguito delle quali si deve collocare la prima attribuita a Giovanni e similmente la

prima lettera di Pietro. A seguito di queste opere si sistemerà, se si vorrà, l'Apocalisse di Giovanni, su

cui esporremo a suo tempo ciò che si pensa.

E questo per i libri universalmente accettati.

Tra gli scritti contestati, ma tuttavia riconosciuti dalla maggior parte, c'è la lettera attribuita a

Giacomo, quella di Giuda, la seconda lettera di Pietro e le lettere dette seconda e terza di

Giovanni, che sono dell'evangelista o di un altro che porta lo stesso nome.

Tra gli apocrifi (lett. bastardi, spuri), vengono anche collocati il libro degli Atti di Paolo, l'opera intitolata Il

Pastore, l'Apocalisse di Pietro e, dopo questi, la lettera attribuita a Barnaba, i cosiddetti Insegnamenti

degli Apostoli (Didaché), poi, come s'è già detto, l'Apocalisse di Giovanni, se si vuole. Qualcuno, come ho

già detto, la rifiuta, ma altri la uniscono ai libri universalmente accettati. Tra questi stessi libri alcuni

hanno ancora collocato il Vangelo secondo gli Ebrei, che piace soprattutto a quegli Ebrei che hanno

creduto a Cristo.

Pur stando così le cose per i libri contestati, tuttavia abbiamo giudicato necessario farne ugualmente la

lista, separando i libri veri, autentici e accettati secondo la tradizione ecclesiastica, dagli altri che, a

differenza di quelli, non sono testamentari (= vincolanti), e inoltre contestati, sebbene conosciuti, dalla

maggior parte degli scrittori ecclesiastici; affinché possiamo distinguere questi stessi e quelli che, presso

gli eretici, sono presentati sotto il nome degli apostoli, sia che si tratti dei vangeli di Pietro, di Tommaso e

di Mattia o di altri ancora, o degli Atti di Andrea, di Giovanni o di altri apostoli. Assolutamente nessuno

mai tra gli scrittori ecclesiastici ha ritenuto giusto di ritrovare i loro ricordi in una di queste opere.

 D'altra parte, il carattere del discorso si allontana dallo stile apostolico; il pensiero e la dottrina che essi

contengono sono talmente lontani dalla vera ortodossia da poter chiaramente provare che questi libri

sono delle costruzioni di eretici. Perciò non si debbono neppure collocare tra gli apocrifi, ma si debbono

rigettare come del tutto assurdi ed empi" (Storia Ecclesiastica III, 25, 1-7).

- Secondo questo testo, i libri del Nuovo Testamento non ricordati, discussi o rifiutati, sono la lettera agli

Ebrei, le lettere di Giacomo e di Giuda, la 2ª lettera di Pietro, la 2ª e la 3ª lettera di Giovanni e

l'Apocalisse.

* Le controversie sul canone si chiarirono notevolmente già verso la fine del IV secolo:

- in oriente con la 39ª lettera pasquale di Atanasio, vescovo di Alessandria (anno 367),

- in occidente col sinodo di Roma del 382.

Vengono accettati come canonici 27 libri ritenuti di origine apostolica.

* Alla fine del secolo V, con l'attenuarsi delle dispute cristologiche e trinitarie, i dubbi scomparvero, sia

nelle Chiese latine, sia nelle Chiese greche. Perdurarono, invece, nelle Chiese della Siria, dove l'accordo si

stabilì all'inizio del secolo VI, con la versione del Nuovo Testamento fatta da Filosseno.

* Da allora e fino al XV secolo non ci furono più controversie sul canone.

* Lutero ha ripreso le discussioni ed il Concilio di Trento ha ribadito l'elenco tradizionale dei libri ufficiali.

4. Conclusione

Ritenere che (come faceva Lutero) la "norma di fede" sia la sola Scrittura senza la tradizione della Chiesa

è un errore logico, perché non è scritto nella Bibbia quali siano i libri della Bibbia. È solo la comunità

cristiana che può stabilire quali libri sono conformi alla tradizione orale preesistente ai libri stessi.

Infatti il Cristianesimo è sorto verso gli anni 30, mentre i primi libri cristiani sorgono dopo il 50. Quindi

per almeno 20 anni il cristianesimo esisteva già, mentre i libri cristiani non esistevano ancora.

Dunque il cristianesimo non può fondarsi sui libri, ma sulla tradizione che poi si è fissata negli scritti.

 4. La trasmissione del testo del N. T.

Sicurezza di possedere il testo originario.

 Stabilito dunque quali sono i libri ufficiali del Cristianesimo e visti i criteri con cui sono stati scelti,

possiamo rispondere alla domanda sulla sicurezza di possedere il testo originale:

a) quanto ai libri non canonici la sicurezza non è molta, perché abbiamo pochi/pochissimi manoscritti e

non molto antichi e quindi non si può fare tra loro un approfondito confronto per stabilire il probabile

testo originale.

Comunemente però non si è ipercritici nei loro riguardi e si suppone che il testo si sia tramandato

abbastanza bene (un'eventuale manipolazione va provata! Questo è il criterio valido per tutti i libri

antichi).

b) quanto ai libri canonici occorre vedere meglio il problema.

Poiché i testi originali sono andati persi, per ricostruire il testo, ricorriamo ai manoscritti antichi. Sono più

di 5200, prodotti tra il II e il XV secolo.

1. Considerazioni sui manoscritti

In base al materiale da cui sono formati, i manoscritti possono essere papiri o pergamene.

- I papiri del Nuovo Testamento sono i documenti più antichi che possediamo (ne abbiamo alcuni del III

sec. ed uno del II) e, quantunque non siano completi, sono tuttavia testimoni molto importanti del testo,

a causa della loro antichità.

I più importanti sono:

P52: papiro Rylands dell'anno 125 circa, contenente Gv 18,31b-33a sul recto, e 37b-38 sul verso, si trova

a Manchester.

P45, P46, P47: papiri di Chester Beatty del III secolo, contenenti insieme quasi tutto il Nuovo Testamento.

Si trovano a Dublino.

- Le pergamene (il nome deriva dalla città di Pergamo nella Misia-Turchia) sono pelli di pecora o di

capra trattate. Sono molto resistenti e perciò si prestano bene per la stesura di documenti importanti,

destinati a durare nel tempo. I libri scritti su pergamena si chiamano codici.

I più importanti sono:

B: codice Vaticano del IV-V secolo, quasi completo (Roma).

S: codice Sinaitico del secolo IV-V, completo (Londra).

A: codice Alessandrino del V secolo, quasi completo (Londra).

C: codice di Efrem, palinsesto del V secolo, quasi completo (Parigi).

D: codice di Beza del V-VI secolo; ha vangeli e Atti (Cambridge).

F: codice di Koridethi del IX secolo, completo (Tiflis).

2. Gli strumenti per ricostruire il testo originale del N.T.

Poiché il testo originale del N.T. è perso, per ricostruirlo ci serviamo dei seguenti documenti:

a) le copie del testo greco originale

Sono lo strumento principale per la ricostruzione del testo. Ognuna è ricavata da un manoscritto più

antico.

Si noti che ogni manoscritto è un'entità autonoma, dipendente da un modello, che però non viene

riprodotto fedelmente. Di solito il copista, quando non abbia la tendenza ad introdurre correzioni

volontarie, introduce nella copia degli errori dovuti a distrazione o fraintendimento d el modello ("errore

progressivo").

A volte, per creare il manoscritto, lo scrivano si è servito di due o più manoscritti precedenti,

confrontandoli fra di loro (collazione).

A volte in fondo al manoscritto, troviamo il colofone: è una frase che contiene varie informazioni

sull'editore, sul luogo e sull'anno in cui la copia è stata fatta, e sui manoscritti "predecessori" da cui essa

deriva (una sorta di genealogia della copia).

b) le versioni antiche

Del Nuovo Testamento greco possediamo anche versioni in lingue antiche.

Tra le molte conservate, ricordiamo:

- la siriaca, detta "Peshitta", del II secolo

- le versioni copte del II secolo

- la Vetus Latina del 150 circa

- la Vulgata fatta da Gerolamo verso il 400 in latino.

Poiché gli antichi traducevano alla lettera, analizzando una traduzione e supponendo che sia stata fatta

bene, riusciamo a risalire al testo greco usato dal traduttore.

 c) le citazioni dei Padri della Chiesa

Il Nuovo Testamento è stato molto citato e commentato dagli scrittori cristiani dei primi secoli (II-IX), i

Padri della Chiesa.

È stato scritto che se si perdesse il testo del Nuovo Testamento, lo si potrebbe ricostruire in base alle

citazioni dei Padri.

È vero che questi scrittori sono vissuti a volte parecchi secoli dopo, però ci presentano il testo come

veniva letto ed interpretato ai loro tempi e cioè prima di molti codici a nostra disposizione.

Dunque per ricostruire il testo, possiamo risalire coi documenti scritti fino al III sec. e forse fino al I.

Passò dunque un tempo abbastanza limitato tra la stesura dei testi originali e le loro prime copie

complete in nostro possesso.

Si noti che il periodo di tempo che separa i manoscritti originali del N.T. dalla prima copia in nostro

possesso è inferiore rispetto a quello di qualsiasi altro testo antico.

3. Le "varianti" dei documenti

Questi documenti, pur così vicini nel tempo agli originali, non presentano tutte lo stesso testo, al

contrario, ci sono tra di esse numerose differenze, dette "varianti".

La cosa è del tutto normale se si pensa che i testi antichi erano scritti a mano ed in generale sotto

dettatura.

In tutto il Nuovo Testamento si rilevano complessivamente circa 250.000 varianti su circa 150.000 parole

che esso contiene. Però questa cifra così alta va molto ridimensionata, perché spesso di un'unica parola o

frase esistono parecchie varianti, la maggior parte delle quali sono solo di forma letteraria e non alterano

il pensiero. Varianti che toccano il senso della frase sono circa 200 e di queste soltanto una quindicina

sono davvero importanti.

4. Il lavoro per ricostruire il testo

Data la presenza di queste varianti, è lecito domandarsi: è possibile ricostruire il testo originale così

come è uscito dalle mani degli autori?

Si chiama critica testuale la scienza-arte che cerca di ricostruire il testo originale supposto alterato o,

almeno, di arrivare il più vicino possibile all'originale.

Per fare questo gli studiosi del testo lavorano in questo modo:

a) cercano di ridurre l'enorme numero di manoscritti a pochi, ma sufficientemente autorevoli;

Per fare questo studiano le varianti dei manoscritti, in modo da raggrupparli per "famiglie" e poi cercano

di stabilire i manoscritti "capostipiti", da cui molti altri sono derivati.

Giungono così ad una settantina di manoscritti "capostipiti".

b) confrontano questi "capostipiti":

- se presentano tutti lo stesso testo, esso viene accolto;

- se ci sono differenze, cercano di stabilire, mediante opportuni criteri, quale potrebbe essere il testo

scritto dall'autore (ma indicano in nota, ad uso degli altri studiosi, le varianti degli altri manoscritti);

c) producono un'edizione "critica".

Ultime in ordine di tempo sono quelle del protestante E. Nestle - 1ª edizione 1898; 27ª edizione 1969 - e

del cattolico A. Merk.

5. I risultati

Applicando alcuni criteri ormai comunemente accettati dagli studiosi, possiamo oggi affermare di avere

un alto grado di probabilità di leggere il testo del Nuovo Testamento così come è uscito dalle mani degli

autori e la sicurezza quasi totale di possedere il testo come girava nel III secolo4.

Tuttavia chi veramente assicura che il testo si sia conservato sostanzialmente integro è la Chiesa (=

l'insieme di tutti i cristiani), la quale fin dalla metà del II sec. si è preoccupata di controllare le copie che

venivano man mano confezionate, in modo da verificarne la conformità ai testi più antichi, quegli stessi

testi che venivano costantemente letti nelle varie comunità ed erano quindi assai ben conosciuti. E che la

Chiesa abbia usato un ottimo controllo è dimostrato anche dal fatto che i numerosi manoscritti scoperti in

questo secolo non fanno che confermare il testo ricostruito precedentemente dagli studiosi.

 

5. Conclusioni generali

Se vogliamo studiare il cristianesimo e studiarlo p er quello che è senza inventarlo, faremo il nostro lavoro

soprattutto sui testi del Nuovo Testamento.

Per continuare il discorso sui fondamenti del cristianesimo sono a questo punto necessari tre preliminari

atti di fiducia:

1. che del Nuovo Testamento possediamo oggi un testo assai vicino all'originale (atto di fiducia nelle

prime comunità cristiane che abbiano conservato bene il Nuovo Testamento);

2. che noi sceglieremo e proporremo alla lettura i testi cristiani che riteniamo più significativi per

conoscere questi fondamenti (atto di fiducia in noi);

3. che li abbiamo tradotti bene dalla lingua greca (atto di fiducia in noi).

Facciamo notare che il secondo atto di fiducia (quello della selezione dei testi da analizzare) è molto

piccolo. La scelta dei testi che presenteremo risponde solo alla necessità di essere brevi; pertanto si

porteranno solo quei testi che ci sembrano veramente fondamentali ai fini del nostro discorso.

Ovviamente ognuno potrà leggere per conto suo tutto il N.T. e, qualora trovasse testi migliori, è pregato

di segnalarceli.

Anche il terzo atto di fiducia (quello relativo alla nostra traduzione fatta dal testo greco) è semplice.

Premesso che si tratta di una traduzione il più possibile letterale, sulla 27ª edizione del Nuovo

Testamento greco del Nestle, la si può controllare o far controllare da qualche esperto e siamo sempre

disposti a discuterla.

D'altronde la traduzione in italiano appare necessaria per poter comunicare anche con coloro che non

conoscono la lingua greca antica.

Chi non se la sente di fare questi 3 atti di fiducia può smettere la lettura di questi capitoli.

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