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Intervento Pastorale dell’Educazione e della Scuola

S. Gabriele 3 gennaio 2008

Appunti

 

1. Occorre riflettere su ciò che il Papa ci ha detto a Verona ed ha reso ancora più esplicito nell’Enciclica “Spe Salvi”.

Se c’è un errore che possiamo fare, è quello di dare per scontato il centro della nostra fede e quindi della nostra speranza. Così il Papa ce lo ripete: il Signore Risorto, questo fatto accaduto nella storia che ha apportato nei discepoli e in tutti noi l’ingresso di un nuovo ordine di cose per cui S. con Paolo possiamo dire”non sono più io che vivo, Cristo in me”.

Così siamo un soggetto nuovo e non siamo più soli grazie al Signore che ha riempito la nostra solitudine con la Sua compagnia.

La nostra vocazione sta nel cooperare affinché giunga a compimento ciò che lo Spirito ha intrapreso in noi nel Battesimo: uomini nuovi per testimoniare il Risorto.

Il Papa nell’intervento di chiusura del convegno di Verona sottolinea come l’Italia si presenti come terreno bisognoso e al contempo favorevole per la testimonianza.

Bisognoso poiché, dopo aver escluso Dio dall’ambito della vita intera per relegarlo nella sfera del privato, l’occidente si trova a ridurre l’uomo stesso a mero prodotto della natura: un uomo senza libertà.

Tale visione dell’uomo non riesce però – così ristretta nell’ambito dello scientificamente dimostrabile – a rispondere alle domande di senso della vita, per il semplice fatto che le esclude a priori anche se esse riaffiorano drammaticamente nella vita di ogni uomo seriamente impegnato con la propria umanità.

Dunque il bisogno di questa cultura, in cui tutti un po’ ci riconosciamo, è bisogno di speranza, una speranza attendibile che prende la forma di una fede certa.

Lo staccarsi dalle radici cristiane da parte dell’Italia deve offrirci l’occasione di un incremento di vita, non di un vittimismo o di una lamentela. Di vita e di rapporti.

E’ necessario che la fede sia vissuta in rapporto alla sfida che il nostro tempo ci propone      

E la prima sfida riguarda la concezione della famiglia, della scuola, della cura dei più deboli. E’ una sfida educativa.

2. La prima domanda al Papa , all’Agorà dei giovani a Loreto fa riflettere molto su ciò che è il contenuto di tale sfida. Dicevano i due ragazzi:”A noi giovani manca un centro, un luogo di persone capaci di dare identità. Siamo senza storia, senza prospettive, senza futuro. Sembra che ciò che aspettiamo veramente non capiti mai. Di qui l’esperienza della solitudine. Santità, c’è qualcuno o qualcosa per cui possiamo diventare importanti...com’è possibile sperare quando la realtà nega ogni sogno di felicità, ogni progetto di vita?”

Capite la portata della domanda che emerge dai giovani. Spesso la risposta è un atteggiamento scettico da parte degli adulti, che genera giovani scettici. Il problema dei giovani infatti non sono i giovani, ma gli adulti.

La domanda di questi ragazzi insomma, non può rimanere spunto per un richiamo spirituale, ci chiede chi siamo! Perché il punto da cui partire sono io. E’ la mia persona che comunica se stessa.

Se dobbiamo dare una definizione di educazione essa è comunicazione di sé.

All’inizio del nostro essere cristiano, non c’è una decisione etica, ma l’incontro con una persona, l’incontro con Cristo Gesù.(cfr. Deus caritas est)

 (Lettura di Gv. 1,35-39).

La prima conseguenza di questo incontro rinnovato con Cristo è che la nostra fede non è qualcosa accanto, ma dentro l’ambiente dentro cui abitualmente viviamo, dentro la scuola. Questo è il luogo ove Dio ci mette.

Cosa ci spinge ogni mattina ad affrontare il viaggio che ci porta a scuola, in macchina o a piedi; il viaggio cioè l’avventura di un volto che incontriamo sia quello dell’alunno che del collega; il viaggio della nostra intelligenza e passione nell’insegnare.

S’io non fossi tuo mio Cristo, sarei creatura finita direbbe S. Gregorio di Nazianzio che abbiamo ricordato ieri nella memoria liturgica.

L’incontro con Cristo che ha dato speranza alla nostra fragile vita è il punto d’inizio di ogni viaggio, di ogni intrapresa umana.

Questi ragazzi, questi colleghi, la nostra compagnia oggi, qui, non ce la siamo data noi: ci è data, donata.

La realtà è la prima sfida: l’educazione non è spiegare il reale, ma aiutare ad entrare in esso, liberi dagli esiti. E’ una esperienza dentro cui si gioca tutto il nostro essere trasformato dall’incontro con Cristo. La crisi dell’insegnamento, diceva Peguy, non è crisi dell’insegnamento, ma di vita! Chi ci sta togliendo la forza di vivere che il Signore ci ha donato? Perché accade che ci togliamo via dal reale? Poiché il reale è Cristo tutto ciò che insegnamo rimanda segretamente a Lui, il mistero che fa tutte le cose. Con che coscienza apriamo la porta delle nostre classi, ancor prima, ci alziamo, salutiamo i colleghi insomma facciamo tutto ciò che facciamo? Occorre leggere bene le pagine della Spe Salvi e lavorarci sopra.

 3. Rendere visibile il grande sì della fede nel luogo dove Dio ci ha chiamato a lavorare per Lui: la scuola. Cosa significa essere cristiani a scuola?

Educare per noi non è trasmettere qualcosa di neutrale non è solo una informazione ma ha un carattere performativo per via della grazia che ci è stata donata dall’incontro con Cristo.

Una vita informata dalla comunione.

Dio ci ha fatto incontrare perché vivessimo in comunione con Cristo rendendo visibile il suo volto nella Chiesa.

La caratteristica della comunione è vivere tutti gli aspetti della vita investiti da Cristo.

Essa non è solo spirituale ma visibile.

La comunione fra di noi nella scuola non è frutto di una nostra furbizia organizzativa, ci è donata. Per questo il gruppo di persone che vuol vivere la pastorale scolastica è una comunità educante dove l’incontro personale con Cristo genera, come agli albori del cristianesimo, una comunità nuova.

Dovunque nelle scuole vi siano cristiani, vivono in unità, e questa unità obbedisce al Vescovo.

La comunità così formata non vive isolata dalle altre, ma costituisce una ulteriore comunione con le altre comunità presenti nelle diverse realtà scolastiche.

Ciò che ci interessa è l’unità del popolo Cristiano attraverso questa rete di rapporti generati dalla grazia e dalla libertà.

Non si tratta di un artificioso moltiplicarsi di incontri, ma di una concezione nuova del nostro essere chiesa che da una parte mira all’unità del popolo cristiano, dall’altra tende a sottolineare i diversi apporti personali derivanti dall’appartenenza a gruppi, associazioni, movimenti parrocchie, o anche ad una fede vissuta con un accento diverso.

Non è possibile lasciare alla sola ora di religione il compito del significato della presenza cristiana nella scuola!

La coscienza di una comunità di questo genere non può essere che quella descritta da S. Paolo: non sono più io che vivo, Cristo in me.

4. I punti fermi di tale gruppo di amici:

- che sia un luogo educativo dove tutti ci richiamiamo ad una fede personalmente vissuta nella realtà che affrontiamo

- che ci siano gesti essenziali. Il primo è vedersi a scuola, aiutarsi. Un’umanità nuova che si incontra e diventa così, testimone per tutti.

- ci sia “il” gesto che sorregge tutti gli altri: L’Eucaristia. All’inizio di ogni tempo liturgico partecipare assieme alla S. Messa

- L’approfondimento del Magistero del Papa e dei Vescovi rispetto all’educazione, alla scuola, alla famiglia(tentativamente tenere presente tutti i passi che il Magistero ci chiede di fare), comunque in questo aiutiamoci.

Insomma basterebbe che in un anno ci si vedesse a livello diocesano 3 o 4 volte per mettere a tema testimonianze e domande assieme a nuove questioni che vengono fuori dal mondo della scuola e dell’educazione nell’ambito scolastico.

 

La proposta per il prossimo incontro è un lavoro sulla Spe Salvi.

Altri strumenti sono:

L’enciclica Deus Caritas Est

Il discorso del Papa a Verona

Il dialogo con i giovani a Loreto

FARE PASTORALE DELLA SCUOLA  OGGI IN ITALIA- CEI

I siti: www.diesse.org; www.culturacattolica.it

E tutti quelli che segnalerete.

Per quanto riguarda la consulta diocesana essa dovrà essere composta dalle varie componenti presenti in Diocesi  sotto l’autorità del Vescovo

La consulta ha il primo e immediato riferimento all'Ufficio Diocesano per l'Educazione e la Scuola che costituisce l'autorevole ed essenziale collegamento tra il momento consultivo e quello operativo nell'ambito della pastorale Diocesana della scuola.
La consulta è composta dai rappresentanti delle associazioni, organismi e movimenti di animazione cristiana del mondo della scuola, statale e non statale, di ogni ordine e grado.

Fa parte di diritto della consulta un rappresentante dell'Ufficio catechistico, un rappresentante del Consiglio pastorale Diocesano e un rappresentante della Consulta Diocesana delle aggregazioni laicali.

Possono essere chiamati a far parte della consulta singole persone, anche non appartenenti ad associazioni o movimenti specifici, a titolo di esperti, per la loro competenza e attività nel settore scolastico, dell'istruzione e della formazione.
Dovrà essere curata la partecipazione alla consulta di tutte le componenti della scuola (studenti, genitori, personale docente e non docente, dirigenti scolastici).

Non fanno parte della consulta le organizzazioni partitiche e sindacali.

Don Giuseppe Bonomo

 

 

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