Riflessioni biologiche, filosofiche e giuridiche
sull’identità dell’embrione
umano
Seminario di “biologia per
l’educazione”
presentato al prof. Polizzi V. s.d.b.
Roma, 15/05/1996
L’identità
Biologica Dell’embrione
L’avvento
ed il perfezionamento delle tecniche di fecondazione assistita, e quindi la possibilità
di poter operare nel campo delle prime fasi di
sviluppo dell’essere umano, hanno acuito la necessità di definire in maniera
scientificamente esaustiva le varie fasi di questo sviluppo, sia per poter tutelare
l’individualità di un potenziale essere umano, sia per poter circoscrivere le fasi
in cui questa individualità non è ancora biologicamente presente ed è quindi eticamente
accettabile l’ipotesi di una ricerca scientifica, o di un intervento terapeutico o
eventualmente abortivo. Uno dei problemi che si pone l’embriologia moderna, riguarda
i meccanismi che determinano il destino delle prime cellule dell’embrione. Infatti,
secondo molti studiosi, le ricerche sul destino delle cellule embrionali possono aiutare a
capire in quale momento l’embrione può essere considerato un individuo, consentendo
di rileggere una serie di punti di vista etici in una prospettiva biologica.[1]
Al giorno
d’oggi la realtà del concepimento umano, considerata dal punto di vista scientifico,
non è più un mistero. Pur rimanendo, come accade in ogni conquista del sapere, ancora
molto da comprendere e da ricercare, le osservazioni raccolte fino ad oggi ci forniscono
un materiale di discussione più che sufficiente. A partire dall’oggettività di
questi dati scientifici, però, si sviluppano linee di pensiero che divergono in maniera
sostanziale circa il riconoscimento della identità
individuale dell’embrione. Per riuscire bene ad inquadrare i motivi della
questione in atto, è conveniente fare una veloce esposizione biologica delle fasi che accompagnano lo sviluppo
dell’essere umano, dal concepimento fino ai 15-20 giorni seguenti.
Lo sviluppo
di un individuo ha inizio con la fecondazione. Durante questo processo due cellule
altamente specializzate (i gameti), l’una
derivante dall’uomo (lo spermatozoo) e
l’altra dalla donna (la cellula uovo), si
uniscono per dare origine ad uno zigote (uovo fecondato). In preparazione alla fecondazione
ambedue i gameti sottostanno ad una serie di modificazioni che hanno due particolari
scopi:
a) Preparare dal punto di vista formale i
gameti alla possibile fecondazione (capacitazione).
b) Ridurre
il numero dei cromosomi alla metà di quello della cellula somatica cioè da 46 a 23
cromosomi (maturazione o meiosi). La riduzione
è necessaria, altrimenti la fusione della cellula maschile con una femminile avrebbe come
risultato un individuo provvisto di un numero di cromosomi doppio rispetto al normale.[2]
Quando questo processo è avvenuto, i due corredi cromosomici vengono detti aploidi.
L’unione
dei due corredi cromosomici aploidi porta alla formazione dello zigote (stadio unicellulare dell’embrione).
Lo zigote, appena avvenuta la fecondazione, presenta queste particolari caratteristiche:
a) E’ diploide (46 cromosomi) in quanto consegue alla
fusione di due nuclei aploidi. I cromosomi saranno metà di origine paterna e metà di
origine materna, con una combinazione che li renderà differenti da quelli di entrambi i
genitori.
b) E’ già determinato nel sesso del
nuovo individuo.
c) E’ già in fase di sviluppo. In
esso, infatti, ha origine un processo (la segmentazione) che lo trasformerà in un organismo
pluricellulare complesso, per permettere la formazione delle nuove strutture che mano a mano andranno differenziandosi.
La segmentazione consiste
nella rapida successione di divisioni mitotiche[3], che portano alla formazione
di numerose cellule sempre più piccole dette blastomeri
e permettono la trascrizione dell’informazione genetica contenuta nello zigote. La
prima divisione avviene a trenta ore dalla fecondazione e si conclude con la formazione
dei primi due blastomeri. Nelle ore successive, ma non oltre il terzo giorno, le divisioni
porteranno l’embrione fino ad uno stato di suddivisione in 16 cellule chiamato morula (il nome deriva direttamente dalla
somiglianza al frutto del gelso). Il processo di segmentazione avrà termine allorché le
cellule (i blastomeri), diventate sempre più piccole avranno raggiunto le dimensioni
proprie della specie.
Ciascun
blastomero, fino allo stato embrionale di 16 blastomeri[4], è totipotente, cioè è capace di svilupparsi da solo
dando vita ad un embrione completo. Negli stati embrionali successivi i blastomeri perdono
questa loro prerogativa per diventare cellule pluripotenti,
capaci cioè di dare vita a parti via via sempre meno complesse di un organismo. Questo
passaggio è importantissimo perché se, nel momento in cui i blastomeri sono totipotenti,
avviene una divisione di questi, allora si
svilupperanno dei gemelli in maniera tale che dallo stesso zigote si formano individui
differenti.
Nel 4-5 giorno dalla fecondazione, allo stadio di
32 blastomeri, comincia a formarsi nella morula una cavità detta blastocele, ripiena di liquido. A questo punto la
morula diventa blastocisti. Nella blastocisti
avviene la prima differenziazione tra blastomeri, i quali si dividono, alcuni per andare a
formare la placenta[5],
altri per andare a formare il nodo embrionale da
cui si genererà l’embrione.
Verso la
fine della settimana (6°-7° giorno) la blastocisti
incomincia ad impiantarsi nella parete uterina e si consolidano, a livello cellulare,
le interazioni tra embrione ed organismo materno, già presenti a livello
biochimico-endocrinologico nell’ambiente tubarico.
“Nella
seconda settimana di sviluppo avvengono stati biologici molto significativi:
a) da una parte (dal 7° al 12° giorno)
l’ impianto della blastocisti giunge a
completamento e si distinguono nettamente la componente embrionaria da quella
extra-embrionaria;
b) dall’altra parte (da 13° al 15°
giorno)compare la linea o stria primitiva che
permette di identificare l’asse cranio-caudale, le superfici dorsale e ventrale, la
simmetria destro-sinistra, in altre parole il piano costruttivo dell’embrione.
La comparsa
della stria primitiva rappresenta il punto di non ritorno per la suddivisione gemellare.
In questo momento, infatti, se non in casi particolari (come quelli dei gemelli siamesi)
si fissa definitivamente il numero di individui suscettibili di svilupparsi da un solo
uovo fertilizzato.”[6]
Le
informazioni precedenti ci permettono di affermare che:
a) Ogni individuo ha un genoma[7] diverso da quello di un
altro, se questo altro non è un suo gemello monozigote; quindi può essere identificato
sicuramente come appartenente alla specie umana, essendone garantita l’identità genetica, fin dal momento della
fecondazione. Tuttavia identità genetica ed identità individuale non sono condizioni
sovrapponibili necessariamente. Infatti due individui distinti possono condividere lo stesso patrimonio genetico
(come nel caso dei gemelli monozigoti).
b) Lo sviluppo dell’embrione umano
avviene in un modo continuo ed orientato attraverso meccanismi di interazioni
molecolari che non sono ancora adeguatamente conosciute.
La
cronologia dello sviluppo embrionale riassunta fin qui, non offrendo una risposta
immediata e diretta al problema del momento in cui si determina l’identità
individuale umana, ha dato luogo a diverse interpretazioni che possono essere ridotte a
due linee di pensiero principali e contrapposte: quella che sostiene l’ origine immediata della vita embrionale e quella
che sostiene l’origine successiva della vita
embrionale.
Questa linea
di pensiero rielabora le informazioni biologiche in modo tale da affermare che
l’embrione, considerato periodo iniziale dello sviluppo, non è in possesso delle
caratteristiche che ne fanno una persona. In questo senso si è espresso Carlo Flamigni
(professore di Fisiopatologia della riproduzione umana all’ Università di Bologna)
il quale asserisce che “ bisogna distinguere tra l’embrione pre-impiantatorio e l’embrione impiantato, non perché si abbia a che
fare con strutture biologiche fondamentalmente diverse ma perché sono entità che
possiedono caratteristiche e possibilità proprie e distinte. Quando ci si riferisce
all’embrione pre-impiantatorio è conveniente parlare di pre-embrione il quale non va riconosciuto come
persona, perché ciò che caratterizza l’essere umano è l’individualità. Il
pre-embrione invece:
· Può produrre gemelli monozigoti
· Dopo l’impianto perde il 25-30%
delle sue cellule che vanno a formare strutture le quali, se la gravidanza procede, saranno distrutte.
· E’ possibile che in corso di
segmentazione possa evolvere in maniera tale da trasformarsi in struttura tumorale.”[8]
Sulla stessa
linea si muove, in maniera molto determinata, Norman Ford, preside del Catholic Thelogical
College di Melbourne. Egli rifiuta la possibilità di considerare lo zigote un individuo
perché “fino alla comparsa della stria
primitiva, a circa 14 giorni dalla fertilizzazione, le cellule identiche che da esso
si formano possono diventare naturalmente un individuo umano. Con la comparsa della stria
primitiva viene a stabilirsi per ogni individuo umano (anche nel caso dei gemelli
monozigoti) un piano di simmetria corporale lungo l’asse cranio-caudale. Solo quando quest’ultimo si è formato, si
costituisce un individuo spazialmente distinto, cioè un individuo con la destra e la
sinistra, il davanti ed il dietro.”[9]
Secondo
questa linea di pensiero, l’inizio della vita umana pienamente individuale si colloca
al momento della fecondazione. “Il dato inoppugnabile è messo in chiaro dalla
genetica: al momento della fertilizzazione i due gameti dei genitori formano una nuova
entità biologica, lo zigote che porta in sé un nuovo progetto-programma individualizzato. Il fatto che
si deve notare è che questo nuovo programma non
è inerte, né è eseguito ad opera di organi fisiologici materni. Esso è un nuovo progetto che si costruisce da solo ed è
l’attore principale di sé. Il tentativo di declassificare l’embrione a
pre-embrione è una violazione della verità oggettiva”[10].
Secondo il prof. A. Serra “il
programma di fronte al quale ci troviamo nello stato iniziale dell’embrione è
caratterizzato da tre proprietà biologiche importanti:
1) la coordinazione: Lo sviluppo embrionale, dal
momento della formazione dei due gameti fino alla formazione della blastociste, è un
processo in cui si ha un coordinato succedersi ed
interagire di attività cellulari e molecolari sotto il controllo del nuovo genoma.
E’ precisamente questa coordinazione che esige una rigorosa unità dell’essere
in sviluppo.
2) la continuità: alla fusione dei due gameti umani
incomincia un nuovo ciclo vitale di un nuovo essere umano. Questo ciclo procede senza
interruzioni: gli eventi singoli (come la moltiplicazione cellulare) non sono altro che
l’espressione di una successione ininterrotta di avvenimenti. Questa continuità
implica unicità.
3) la gradualità: è data dallo sviluppo di un
progetto individuale unico che implica un succedersi di forme, passando da una struttura
complessa ad una più semplice. Questa caratteristica esige una regolazione intrinseca
all’embrione stesso il quale mantiene il suo sviluppo orientato in direzione della
forma finale.”[11]
Le qualità
appena mostrate mettono in evidenza l’individualità, l’identità,
l’unicità dell’embrione che rimane
sempre lo stesso individuo lungo tutto il processo di sviluppo, che inizia al momento della fusione dei gameti.
“La
difficoltà che potrebbe a prima vista avere qualche rilevanza biologica è quella che si
basa sul fenomeno della gemellanza monozigotica. Il punto da chiarire è questo: il fatto della eventuale divisione non smentisce quanto
appena detto, anzi lo comprova. La divisione, infatti prevede l’intervento di una
causa interferente nel progetto: non avviene cioè in forza di un meccanismo evolutivo ma
contro di esso. Inoltre il risultato è ancora conforme allo sviluppo descritto nel genoma
e tale sviluppo (autocostruttivo e determinato) si ripete in ognuna delle porzioni divise.
La natura di queste porzioni di zigote è
ancora un progetto umano.
Un’altra
difficoltà che viene riportata da alcuni si basa sul fatto che l’embrione può
essere interrotto nel suo sviluppo prima dell’impianto. Ma questo fatto non nega che
l’embrione, se non fosse disturbato da cause esterne, continuerebbe a svilupparsi in
maniera autonoma secondo il suo programma. Le cause esterne possono anche interrompere lo
sviluppo embrionale, ma da questo non si può
dedurre che l’embrione non sia capace di sviluppo autonomo. In conclusione il
neoconcepito ha una propria e ben determinata realtà biologica”[12].
E’ il
caso di osservare che la logica di tale controversia può essere individuata nel fatto che
il criterio di valutazione, che è stato usato per discutere, a livello biologico, del momento in cui si può
affermare la presenza della realtà individuale nell’embrione, è soltanto un criterio. Pertanto
l’interpretazione dei dati biologici finisce per essere influenzata dalle opzioni morali dell’interprete, ossia dal modo
in cui egli ritiene di doversi atteggiare di fronte all’embrione sin dalla
fecondazione.
Identità
filosofica dell’embrione umano
Alla fiducia
illimitata, all’ottimismo incrollabile, all’approvazione incondizionata nei
confronti della crescita, delle realizzazioni della scienza e della tecnologia, è
subentrato negli ultimi decenni un atteggiamento piuttosto diffuso di diffidenza e di
paura.
Stiamo vivendo senza dubbio il passaggio dallo
scientismo all’antiscenza, o meglio dalla valutazione della scienza come qualcosa di
assolutamente e incondizionatamente buono in sé, alla considerazione della stessa come
qualcosa di assolutamente e incondizionatamente cattivo.
Entrambi gli atteggiamenti naturalmente ci sembrano
scorretti, nel senso che sono essenzialmente irrazionali, come lo è di solito ogni
posizione che metta l’accento esageratamente sull’uno di due estremi, essendo
incapace di vedere l’altro.
Così, lo scientismo ha condotto a scaricare su
agenti “esterni” alcune conseguenze e alcuni impatti negativi dello sviluppo
tecnologico, riducendo la responsabilità degli scienziati alla pura esecuzione corretta
del loro lavoro di professionisti specializzati, ed ha portato a denunciare ogni possibile
proposta tesa alla regolamentazione della scienza come un tentativo oscurantista contro la
sua intoccabile libertà.
L’anti-scienza ha condotto a scaricare sulla
scienza e sulla tecnologia la responsabilità di tutti gli impatti negativi menzionati,
negando così che la scienza meritasse una qualsiasi forma di libertà.
Come precedentemente accennato, entrambe le
posisioni sono erronee: la scienza e la tecnologia sono certamente buone, ma non
incondizionatamente buone, mentre è innegabile che numerosi aspetti negativi sono emersi
in connessione del loro sviluppo.
Questo non giustifica la proposta di bloccarle, non
tanto perchè sarebbe probabilmente impossibile farlo, in quanto il loro sviluppo non è
un processo automatico, ma qualcosa
che è
promosso da esseri umani, e, in quanto tale, è in linea di principio suscettibile di
essere orientato e intenzionalmente guidato.
Il problema dunque è quello di rendere compatibile
la legittima crescita della scienza e della tecnologia con l’eliminazione dei loro
impatti negativi, e, possibilmente, anche con la promozione di alcuni diversi valori
umani.
Non ci sembra di esagerare affermando che la
soluzione di questo problema può essere vista come la più grande sfida del nostro tempo,
soluzione che deve portare a trovare una
via di una
possibile regolamentazione della scienza e della
tecnologia.
Ovviamente tutto questo si riflette anche e
soprattutto sul campo della bioetica. Uno dei problemi più rilevanti della bioetica, è
costituito dal cosiddetto “status ontologico” dell’embrione: infatti, dai
contenuti che si danno a tale nozione derivano conseguenze anche in merito alla tutela
giuridica che si ritiene giusto attribuire all’embrione. Per avere tuttavia un quadro
completo del “problema embrione”, ci è parso opportuno esaminare lo
“status” biologico di esso, chiarendone i processi di formazione e sviluppo, per
poi così trattarne più cocretamente il problema ontologico, e da qui arrivare a
chiarirne lo “status giuridico”. Così, in definitiva abbiamo preso in esame
alcune domande di scottante attualità: l’embrione è persona ? Quali sono e quali
dovrebbero essere i suoi diritti ? Cosa concerne lo “status biologico”
dell’embrione ?
I nuovi orizzonti aperti dal progresso scientifico
nell’ambito biomedico sollevano con urgenza domande etiche per la definizione dei
confini di liceità dell’intervento dell’uomo sulla vita. Il problema
dell’uomo e del significato globale della persona umana si ripropone oggi con
crescente attualità. Quali confini definiscono la doverosità morale del rispetto della
vita umana? L’embrione è persona? L’intervento sulle altre forme di vita
sub-umana è giustificato quando è a vantaggio dell’uomo?
La bioetica,
in quanto “studio sistematico della condotta umana nel campo delle scienze della vita
e della cura della salute alla luce di valori e di principi morali,”[13]implica
e presuppone necessariamente sul piano fondativo e giustificativo una riflessione
filosofica antropologica e morale.
Antropologia
filosofica e filosofia morale si coimplicano strutturalmente in bioetica.
Non è
possibile fondare i principi e i valori che orientano la condotta umana senza porsi la
domamda su cosa è l’uomo, così come un indagine sull’uomo non può prescindere
dal valore dell’essere umano e dall’indicazione dei criteri morali
dell’agire per la realizzazione piena dell’essere e delle potenzialità della
persona.[14]
Per comprendere meglio il significato
del termine persona umana è utile tracciare un rapido quadro di riferimento
dell’evoluzione della riflessione filosofica su tale concetto.
E’
interesante subito notare come nè nelle culture greca e latina precristiane, nè nelle
culture orientali anche odierne, esiste qualcosa di assimilabile alla nozione di
“persona” per definire l’uomo. Se infatti si consulta un vocabolario
latino, alla voce “persona” troveremo che esso, almeno fino a prima del secolo
IV, significa la maschera che l’attore indossava nelle rappresentazioni teatrali per
poter interpretare in essa diverse parti, così come era costume nel teatro greco-romano.[15]
“Così
applicato all’essere umano, il termine “persona” stava ad indicare le
diverse identità che possono essere attribuite ad un essere umano, nei diversi contesti e
situazioni, a seconda del ruolo che è chiamato a svolgere in queste situazioni”[16].
E’ facile notare come tale significato sia esattamente l’opposto di quello che
noi, oggi, in occidente, consideriamo: sinonimo, cioè di individuo nella sua irriducibile
ed unica identità.
Successivamente
il concetto di persona è stato approfondito dalla patristica nelle dispute trinitarie: la
difficoltà era infatti, quella di riuscire a definire l’individualità delle Tre
Persone Divine, nonostante la comunanza della natura che li faceva tutti, ugualmente a
Dio. Come si può immaginare la risoluzione del problema non fu facile: bisognerà
aspettare così il magistero di tre padri della Chiesa della Cappadocia ( Basilio,
Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa ) che dopo Nicea, nella seconda metà del IV
secolo, chiarirono definitivamente il problema distinguendo tra ousìa, “essenza”, e ypòstasis, “sostanza”.
Tuttavia,
nonostante vari tentativi fatti, soprattutto da sant’Agostino, non si è giunti
ancora ad una definizione completa di “persona”. Per essa dobbiamo aspettare
l’elaborazione successiva di altri due eminenti medievali: Severino Boezio e Tommaso
d’Aquino.
Proprio
Boezio definì la persona come “una sostanza individuale di natura ragionevole ( naturae rationalis individua sostanzia)”.[17]Con
tale definizione il termine “persona” acquisisce una essenziale caratteristica:
il riferimento alla natura razionale. “Una persona, infatti, non è solo natura, non
è solo sostanza, non è solo individuo: a questi tre elementi colti dal pensiero
cristiano prima di Boezio, occorre aggiungere la “differenza specifica” che
definisce la persona rispetto a qualsiasi altri ente, sia esso sostanza o accidente: la razionalità.”[18]
Con tale arricchimento, così, la persona viene a caratterizzarsi come una sostanza
individua che possiede una natura razionale.
Tommaso
d’Aquino, nel secolo XIII, fa propria la definizione boeziana di persona, la difende
da tutte le critiche, ma soprattutto la approfondisce.
Sintetizzando
la dottrina tomista sulla persona così come Tommaso la presenta, potremmo così dire: la
persona è un ente reale, una sussistenza particolare, concretizzata nell’individuo
singolo. La sussistenza indica l’esistere della persona in sè e per sè in virtù
del proprio atto di essere. L’individuazione si riferisce alla unicità e
irripetibilità della persona umana che si distingue dalle altre persone grazie alla
corporeità che consente la materializzazione della forma, l’esistenzializzazione
dell’essenza e l’incarnazione dello spirito. La corporeità è il principio di
individuazione e di differenzazione della sostanza che si manifesta secondo le coordinate
spazio-temporali.
Come già
accennato , un ulteriore specificazione della persona umana nel contesto ontologico
tomista è la “natura raginevole”, ossia l’essere dotato di ragione, intesa
come facoltà intellettiva che consente di astrarre, universalizzare, progettare e dare
significato alle cose. “L’attribuzione della caratteristca della razionalità
alla persona umana, ha dato origine a molte ambiguità. Ci si è chiesti: la razionalità
va intesa come capacità di esercizio attuale o come attributo che connota la
sostanzialità della persona ? Nella prima ipotesi si esclude dal riconoscimento della
dignità di persona ogni soggetto che non esercita attualmente il raziocinio: non
sarebbero persone i dormienti, gli ubriachi, gli handicappati mentali, gli anziani , ma
nemmeno gli embrioni. Se, al contrario, la ragione indica l’attributo appartenente
alla natura umana, ogni soggetto anche non esercitante attualmente la funzionalità
celebrale neurologico-sinaptica, è persona in quanto sostanza individua dotata per natura
di ragionevolezza”.[19]
La
fondazione ontologica del concetto di persona consente il riconoscimento di una
trascendenza che garantisce all’essere umano il rispetto in ogni manifestazione della
vita fisica contro ogni tentativo filosofico-antropologico riduzionistico. Tuttavia dopo
l’apice raggiunto con Tommaso, si è assistito al declino moderno della nozione di
persona: “il riconoscimento ontologico del carattere sostanziale della persona si
indebolisce sino ad essere negato sia nelle correnti di pensiero di indirizzo
razionalistico che di indirizzo empiristico.”[20]
L’unità
individuale della persona umana, nella sua composizione psicofisica di anima e corpo, dove
l’anima deve essere intesa come “forma sostanziale” della materia che
costituisce il corpo umano, implica
immediatamente un altro problema, che ci permetterà chiarire se l’embrione è o meno
persona: la creazione dell’anima.
Se
l’anima è forma sostanziale dell’individuo, è chiaro che non appena
l’individuo umano manifesta le caratteristiche innanzitutto biologiche
dell’umanità già si deve parlare di presenza in esso della sua forma sostanziale,
della forma che organizza, distingue, attualizza la sua materia. Da questo punto di vista
esistono due problemi storici e teoretici da chiarire riguardo al “quando” di
questa creazione dell’anima umana,[21]l’uno che riguarda la
posizione di Tommaso d’Aquino su questo punto, l’altro che riguarda la posizione
di alcuni filosofi e moralisti moderni sulla delicata questione delle manipolazioni
genetiche su embrioni umani.
“La
posizione di Tommaso, anche se formalmente e decisamente negativa nei confronti
dell’aborto come il resto della tradizione patristica cristiana, difendeva una teoria
dell’animazione sucessiva, non simultanea
cioè all’atto del concepimento dell’embrione.
In questo
Tommaso dipendeva dai principi erronei della biologia aristotelica che supponeva che
l’embrione umano passasse per successivi stadi di vita animale e vegetale, prima di
giungere al livello di vita propriamente umana ( cf. Aristotele, De Gentile. An., II, 3 ).”[22]
Ciò
dipendeva dal fatto che il principio dell’unicità della forma sostanziale, per cui
quella di livello più alto inglobava le funzioni di quella del livello più basso,
implicava che l’embrione sviluppasse prima gli organi delle essenziali funzioni
vegetative, per poter accedere ad una forma di vita animale e non solo vegetale come
quella presente al concepimento, e che quindi sviluppasse gli organi essenziali delle
funzioni sensomotorie per poter accedere alla forma di vita
umana legata alla creazione da parte di Dio dell’anima razionale. “ Solo
quando il corpo aveva sviluppato un abbozzo di funzione nervosa esisteva infatti la
materia “ben disposta” a ricevere quell’ulteriore perfezionamento
dell’ “ominizzazione” da parte di un’anima spirituale creata
direttamente da Dio, quel perfezionamento cioè che solo la forma di un’anima
razionale poteva dargli”.[23]
In questo
senso per Tommaso la creazione dell’anima spirituale avveniva solo alcuni giorni dopo
il concepimento vero e proprio.
Naturalmente
alla luce della biologia contemporanea il medesimo ragionamento metafisico che portava
Tommaso a propendere per l’ “ominizzazione” sucessiva all’atto del
concepimento dell’embrione, ci deve far affermare oggi la dottrina
dell’animazione simultanea da parte di Dio
all’atto del concepimento. Infatti la scoperta del corredo genetico tipicamente umano
anche nella prima cellula fecondata ci deve far affermare che l’embrione fin dal
primo istante vive una vita tipicamente umana ed è dunque dotato di una forma sostanziale
umana, anche se per poter eseguire operazioni tipicamente umane, quali quelle del pensiero
logico e dell’azione consapevole bisognerà attendere molto tempo.
Addirittura
bisogna attendere non solo il tempo della gestazione e della nascita necessari per lo
sviluppo completo di organi del corpo umano, ma, se dobbiamo dar retta alla psicologia
dell’età evolutiva, un bambino comincia a divenire responsabile delle proprie azioni
ad una età relativamente tarda ( intorno al settimo anno di età ) e capace di pensiero
logico-formale astratto addirittura ancora più avanti ( dopo il dodicesimo anno di età
).
“
Nondimeno come nessuno osa negare l’attributo metafisico di persona umana al bambino
anche prima di divenire capace di atti di deliberazione e di pensiero consapevoli, prima
cioè che sia capace di aver sviluppato una personalità psicologica davvero autonoma,
così nessuno dovrebbe negare un simile attributo all’embrione nei diversi stadi del
suo sviluppo a cominciare dai primissimi.”[24]
Malgrado
ciò, da parte di alcuni filosofi e moralisti nonché di alcuni genetisti, viene fatta una
ulteriore distinzione per negare dignità di persona all’embrione nei primissimi
giorni di vita prima dell’annidamento nell’utero materno che avviene di solito
intorno al ventesimo giorno dopo il concepimento. Se infatti grazie all’evidenza del
corredo genetico è difficile negare di “umanità” al prodotto del concepimento,
esiste un problema legato al fatto se si possa parlare di “individualità”
autonoma di quel prodotto rispetto al corpo materno. Tale individualità è negata in due
sensi:
1. Nel senso di una mancanza reale di autonomia rispetto al corpo materno: esso viene
visto piuttosto come una sorta di prodotto dell’azione dell’apparato generativo
materno.
2. Nel senso di una mancanza di reale individualità, innanzitutto quantitativa[25], del prodotto del
concepimento. Infatti nel periodo che va dal secondo all’ottavo giorno dopo il
concepimento, è possibile che da un unico zigote possano derivare, per varie cause, più
gemelli detti appunto monozigoti.
In
definitiva, allora, alcuni tendono a definire l’embrione nei primi giorni di vita
prima dell’annidamento naturale nell’’utero materno come un pre-embrione, una sorta di materiale umano
pre-individuale e dunque pre-personale, intendendo così avvallare , sia moralmente che
giuridicamente, la liceità di interventi non solo abortivi, ma anche di ingegneria
genetica. Ora affermare ciò è un falso scientifico enorme. Infatti “il corredo
genetico di 46 cromosomi garantisce l’identità umana dello zigote fin dal primo
istante e la sua differenzazione individuale rispetto all’organismo dei genitori.
Inoltre lo zigote e l’embrione sono un prodotto che “si progetta” e
“si produce” ed è percui in grado di generare da se stesso l’informazione
necessaria a guidare adattivamente, finalisticamente, i passi dello sviluppo
dell’organismo a cui appartiene. Questo carattere “autopoietico” evidenzia
l’autonomia individuale dello zigote rispetto al corpo materno di cui è
ospite.”[26]
Ovviamente
l’autonomia è relativa non certo assoluta: ma quale persona umana, anche dopo la
nascita o i suoi primi anni di vita, può dirsi totalmente autonoma rispetto al proprio
ambiente, ai propri genitori e in particolare alla madre ?
Riguardo al
problema quantitativo cioè del numero di
indidividui che deriveranno dallo zigote, bisogna dire che, nei primissimi giorni di vita,
non è possibile, allo stadio attuale delle nostre nozioni scientifiche di bioetica,
stabilirlo. Ma ciò non toglie il fatto che in futuro possa essere dimostrato a livello
scientifico e soprattutto che altre caratteristiche fondamentali dell’essere
personale umano siano già attribuibili ad esso: soprattutto quelle caratteristiche di
essere indiviso in se stesso e diviso rispetto altro da sè che definiscono la nozione di unità trascendentale alla quale la nozione di individualità si riduce. Che poi a questa unità
trascendentale dello zigote non corrisponda in tutti i casi un’unita quantitativa di individui umani che
da esso deriveranno, nulla toglie al carattere di individualità sostanziale umana e
quindi incoativamente “personale” dello zigote rispetto al corpo della madre, la
quale dunque non può disporre a piacimento di esso, quindi avvallare che altri -
istituzioni mediche e/o scientifico-tecnologiche innanzi tutto - ne dispongano a
piacimento.
Ci sembra così di poter affermare
che nell’embrione è presente vita umana che manifesta un grado evidente di
autonomia, di autopoiesi rispetto agli organismi parentali. Come tale essa va rispettata e
difesa per se stessa poiché è per se stessa.
Dunque
nessuno ha, né i genitori, né alcun altra istituzione statale o sociale, scientifica o
tecnologica, potere di vita e di morte su di essa. Anzi la sua stessa fragilità, che si
manifesta proprio nella possibilità di manipolarla così radicalmente nei primi tempi
della sua esistenza, esige moralmente e giuridicamente una tutela ancora maggiore.
“La liceità degli interventi di ingegneria genetica sulla vita umana nei primi passi
del suo sorgere è dunque limitata a tutto ciò che può aiutare o promuovere lo sviluppo
di questa vita verso la sua piena realizzazione di persona(e) (p.es., l’intervento
sul genoma per correggere malformazioni e malattie ereditarie ), ma non certo a
distruggerla o stravolgerla per soddisfare immorali esigenze parentali o sociali (p. es.,
si pensi all’assurdità di interventi eugenetici per favorire certe caratteristiche
del nascituro, o per la determinazione del sesso secondo il gusto dei genitori, per
l’eventuale clonazione di individui se e quando questa divenisse tecnicamente
possibile anche per organismi complessi quali quello umano, etc.).”[27]
Identità Giuridica Dell’Embrione
Nel
grande dibattito internazionale sulla bioetica, iniziato da una ventina di anni, i
giuristi sono entrati molto tardi, spinti a forza dagli interrogativi rivolti loro da
un’opinione pubblica sempre più affascinata e turbata dai progressi della medicina e
della biologia e dalle sollecitazioni sempre più pressanti provenienti dagli stessi
scienziati e operatori bio-sanitari a non essere lasciati soli.
E con ancora maggiori indecisione vi
sono entrati politici e legislatori che solo di recente hanno fatto seguire a
condivisibili dichiarazioni di intenti (costantemente incentrate sulla rilevanza dei
problemi bioetici) interventi concreti e incisivi nei singoli ordinamenti giuridici.
Soprattutto nei paesi più avanzati
non mancano norme e indirizzi amministrativi ma hanno tutti carattere episodico perchè
mancano quelle autentiche e meditate teorie giuridiche alle quali riconnettere le norme
positive e tramite le quali fornire letture univoche..
Nella stessa comunità internazionale
manca un comune ethos socio-politico che possa costituire, al di là della variabilità
dei singoli ordinamenti, un punto di riferimento obiettivo e certo.
Insomma: in materia bioetica parlano le leggi, (e per di più non sempre) ma tace il
diritto.
Ma l’intervento del diritto
appare indilazionabile, soprattuto rispetto al problema della definizione di
uno“statuto giuridico” dell’embrione umano.[28]
La legge sull’aborto (194/1978)
se pur portò in sede parlamentare il
dibattito sul problema dell’embrione “umano” affrontato da diverse prospettive: (biologica, filosofica è di quegli anni anche la nascita della
meta-biologia), riuscì ad evitare di rispondere alle domande a chi appartiene
l’ebrione, chi può disporne, è un soggetto o un oggetto, una persona o una cosa, è
un fine o un mezzo, domande che oggi appaiono
ineludibili[29].
Infatti quel lontano 1978 appare preistoria di fronte agli avanzamenti dell’ingegneria genetica e
della fecondazione artificiale.[30]
Si
è partiti con Louise Brown, (il primo essere umano concepito in provetta), nata a Londra
nel 1978,poi si sono incominciate ad applicare all’uomo tecniche di fecondazione
artificiale precedentemente usate in zootecnia. Ci si riferisce in particolare alla
fecondazione in vitro, attraverso la quale si provoca l’incontro dello spermatozoo
con l’uovo-cellula al di fuori del corpo materno.
In tale caso il “prodotto del
concepimento”, non più nascosto e protetto dall’apparato riproduttivo della
donna, è a disposizione di persone estranee, prevalentemente medici, in laboratori
scientifici o ospedalieri; può essere congelato e conservato per un tempo indeterminato;
può essere utilizzato come materiale per sperimentazione ( teorica e applicata); può
essere, infine, introdotto nell’utero femminile per tentarne l’’ulteriore
sviluppo fino alla nascita di un neonato, con tecniche diverse, la maggior parte delle
quali, produce un rilevante “ spreco”di embrioni.
Però mentre il legislatore, se pur
con leggi permissive, ha regolamentato i rapporti madre-embrione dal momento
dell’impianto, nulla ha predisposto per una regolamentazione diretta del
comportamento umano a riguardo dell’embrione nella fase del pre-impianto.
Ed
ecco allora, come dicevamo all’inizio, che si ripropone ineludibilmente il problema
della tutela giuridica dell’embrione umano, e tale tutela si porta dietro anche
inevitabilmente tutte quelle domande circa la natura dell’embrione. E’ evidente
quindi che nonostante la prospettiva dalla quale guarderemo l’’embrione sarà
principalmente giuridica, sarà però impossibile, anche se vedremo c’è chi la pensa
diversamente, evitare il campo biologico e filosofico.
Procederemo in questo modo: vedremo
innanzitutto qual’è attualmente la
tutela dell’embrione impiantato e del
feto nel diritto positivo italiano e dopo affronteremo, per quanto possibile, il dibattito
sullo “statuto giuridico” dell’embrione precoce (non impiantato) che
rappresenta il problema bioetico più dibattuto e controverso negli ultimi due decenni in
quanto la risposta a tale domanda diventa cruciale anche per la questione della liceità
dell’aborto (che oggi ai più sembre inattaccabile) o, più recentemente, per la
creazione di embrioni umani al fine di superare certe forme di sterilità o acquisire
conoscenza scientifica.Dopo il dibattito cercheremo di tirare qulche conclusione per
quello che sarà possibile.
Tale tutela è regolamentata dalla
legge 194/1978 che regola l’interruzione volontaria di gravidanza (comunemente chiamata legge sull’aborto).
In pratica, rispetto
all’interruzione volontaria di gravidanza si danno diversi gradi di tutela
all’embrione:
Ricordandoci che stiamo parlando
dell’embrione già impiantato (gravidanza in atto).
a)Prima
dei 90 giorni, lo “status” del prodotto del concepimento è fortemente
dipendente dalla volontà materna essendo l’aborto
autorizzato allorchè la donna
“accusi circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo
per la sua salute fisica o psichica”, o in relazione al suo stato di salute, o alle
circostanza in cui è avvenuto il concepimento; o a previsioni di anomalie o malformazioni
del concepito;
b)Dopo
i primi 90 giorni, l’’interruzione della gravidanza può essere praticata:( vedi
art.6 legge1944/1978):
1)quando la gravidanza o il parto
comportano un grave pericolo per la donna;
2) quando siano accertati processi
patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro,
che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Tuttavia ai sensi dell’articolo seguente (Art.7/III):
“quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione di
gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui al punto 1) e il medico che esegue
l’interruzione deva adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del
feto”.
Tala articolo ha valore generale ed
esclude una valutazione “opzionale”.
Anche
se questa legge non ha giustificazione nè biologica, nè etica intendende comunque
affermare la tutela della vita umana e in particolare del vita prenatale sin dal suo
inizio e un diritto alla sopravvivenza stabilito appunto dall’art.7/III della
suddetta legge.
Come dicevamo in precedenza,
l’’embrione umano precoce (prima dell’impianto) è “formalmente”
privo di una protezione giuridica, al momento attuale,perchè la “gravidanza” in
senso tecnico inizia con l’impianto dell’’uovo, anche se il
“rapporto” dell’embrione con la madre incomincia immediatamente (dal
momento della formazione dello zigote) almeno sotto l’aspetto della prospettiva di
tradursi in gestazione.
Ma la questione non è soltanto
questa, infatti anche a detta di persone di correnti di pensiero “laiche” ,visto
che oggi è possibile produrre l’embrione per fecondazione in vitro, la manipolazione
dell’embrione umano porrebbe comunque in causa la dignità della vita e della specie
umana, anche se non ancora la dignità dell’individuo; Ed è con questa motivazione
che essi rispondono alla corrente di pensiero che reifica l’embrione umano (che
analizzeremo subito) e per cui Zatti afferma che anche in difetto di una esplicita
disciplina le norme da applicare sarebbero quelle relative all’ordine pubblico e al
buon costume.
La questione dello “statuto
giuridico” dell’embrione libero (non solo) è
quindi di rilevante importanza.
Qual’è allora il panorama
italiano di fronte a tale discussione?
Siccome il nostro ordinamento, per
quanto riguarada la tutela in generale, prevede una previa
distinzione tra le persone e le cose, la questione dell’embrione si pone, in
termini generali, in questo modo: l’embrione è da ascriversi al regno degli oggetti
o a quello dei soggetti di diritto?
Ultimamente poi cì’è chi parla
di un tertium genus. ( Zatti 1990)
La prima ipotesi è fortemente
minoritaria (Bianca 1976), e non impedirebbe comunque, anche se fosse ammessa, lo
svilupparsi di una tutela giuridica proporzionata al valore della cosa (Zatti 1990).
La seconda ipotesi dà luogo alla
grande distinzione fra i giuristi, tra chi sostiene che gli argomenti biologici e
filosofici siano determinanti anche per il diritto (e iponendo anche agli embrioni la
protezione riservata ai soggetti di diritto) e chi invece ritiene l’ipotesi sostenuta
più da argomenti metafisici che da argomenti
giuridicamente fondati.
I primi sostengono che
l’individuo debba essere tutelato nel suo diritto all’esistenza (e correlati
diritti come quello dell’integrità e non manipolabilità arbitraria del proprio
patrimonio genetico) sin dal momento in cui sussiste la sua “natura umana”; essi
ritengono che un concetto giuridico autonomo di vita prenatale “non potrebbe mai
considerarsi proponibile, in quanto il diritto strumento di organizzzazione sociale,
cadrebbe in un’insanabile contraddizione se volesse descrivere secondo esigenze
precostituite la stessa realtà obiettiva sulla quale è chiamato ad incidere. Il concetto
di vita umana preesiste alla elaborazione normativa e da quest’ultima non può che
essere che recepito.[31]
I secondi, invece, assumono posizioni
più frastagliate, per quanto tutti concordino nel ritenere che la “capacità di vita
vita autonoma” e la “nascita”
siano segni inequivocabili di quella “separabilità biologica dei destini” che
dà pienezza giuridica al soggetto di
diritto.
Tra questi molti si affannano nello
stabilire un “tertium genus”.
Questa ipotesi intende elaborare una
linea plausibile che porti ad “anticipare” per quanto è possibile la tutela
giuridica dell’embrione, facendo assumere particolare rilievo all’
“accertamento” di una diversità
qualitativa fra una vita umana non individuale e l’esistenza di un organismo
individuale (biologicamente unico e inconfondibile) della specie umana. Tale criterio, per
Zatti (1990), permetterebbe di affermare nell’ambito di un diritto abituato al
sistema binario “persona”- “cosa”,
la “tutela giuridica da
attribuirsi alla vita umana non individuale”
In definitiva, chi milita da giurista
in questa corrente di pensiero, non si sottrae alle suggestioni di un’etica del
“consenso” (sostanzialmente utilitaristica)
su determinate posizioni, rese necessarie, secondo il principio democratico di
tolleranza, per il vivere comune.
Comunque un punto di incontro tra i
seguaci dell’una o dell’altra linea di riflessione giuridica dovrebbe essere
ricercato nello stesso art.1 della citata legge 194/1978, il quale a rigore configura le
norme sull’interruzione volontaria di gravidanza come “eccezioni” rispetto
al principio generale della tutela della vita umana “sin dal suo inizio”.
Si fà tuttavia osservare che a tale
costruzione giuridica per essere completa, sotto il profilo della tutela, mancano due
elementi fondamentali: il riconoscimento espresso dell’inizio della vita umana nel
momento della fecondazione e la mancanza di ipotesi specifiche di divieto munite di
corrispondente sanzione.
Preliminarmente va osservato che una
certa tutela potrebbe essere offerta al concepito, anche senza riconoscerlo titolare di
diritti. Infatti la protezione potrebbe essere motivata da ragioni estrinseche al suo
valore.
Così l’esigenza di combattere
in una nazione il crollo della natalità e l’invecchiamento della popolazione può
indurre a misure protettive della vita nascente, anche se a questa non è riconosciuta
autonoma soggettività. L’’interesse protetto sarebbe quello delle generazioni
complessivamente considerate.
Ma non ci si può fermare a ragioni
estrinseche bisogna ravvisare la ragione della tutela nel valore autonomo
dell’embrione umano. Per cui la domanda principale diventa chi (o cosa) è il
concepito e soltanto dopo tale indagine, che
verterà sulla qualità di “uomo”, cioè di essere appartenente alla specie
umana che si potranno attribuire al concepito dei diritti, appunto, umani.
E’ evidente che questa indagine non rientra nell’ambito della nostra
trattazione a noi ne spetta una di tipo giuridico, nella quale però potremo notare come i
vari ordinamenti giuridici, il Parlamento Europeo, il consiglio d’Europa e la corte
costituzionale non negano diritti alla vita nascente anche nella sua fase prenatale,
prorio perchè l’embrione è un essere umano nella fase più giovane della sua
esistenza.
Partiamo dalle leggi legalizzatrici
dell’aborto volontario, sia in quella italiana come in quella francese non c’è
il presupposto logico di negare l’identità umana del concepito, anzi vi sono talora
impegni di “tutela della vita umana sin
dal suo inizio” che, seppur non chiariscono la ragione della protezione mal si
conciliano con la negazione di qualsiasi significato della vita concepita.
A questo riguardo è meritevole il
giudizio che il Parlamento Europeo ha data sulla ratio delle varie leggi sull’aborto
vigenti nei paesi associati nella C.E.E. Nei lavori preparatori della risoluzione
A2.732/88 sulla fecondazione artificiale in vivo ed in vitro si legge che il presupposto
delle varie
normative permissive “non è la
negazione del valore dell’’embrione, ma la necessità di risolvere un conflitto
tra l’interesse della donna e quello dell’embrione.
Ebbene l’’idea di conflitto
presuppone l’esistenza di diritti in contrapposizione”.[32]
Anche se poi tale conflitto è
risolto a discapito dell’embrione qui interessa rilevare che neppure le leggi
legalizzatrici dell’aborto negano a livello esplicito l’esistenza di diritti del
concepito.
Inoltre sempre a tal proposito
possiamo ricordare le tre raccomandazioni del Consiglio d’Europa, la 934 del 1982, la
1046 dell’86 e la 1100 dell’89 che sono, tra loro, logicamente collegate.
Esse “considerando che fin dalla
fecondazione dell’ovulo la vita umana si sviluppa in modo continuo, sicchè non si
posono fare distinzioni durante le prime fasi (embrionali) del suo sviluppo”
affermano che “l’embrione e il feto
umano devono in ogni circostanza beneficiare del rispetto dovuto alla dignità della vita
amana”.[33]
Che l’embrione sia titolare di
diritti personalissimi, in primo luogo quello alla vita,costituzionalmente garantiti[34]
lo si evince anche dalle sentenze espresse dalla varie corti costituzionali europee che in
vario modo sono state interpellate sull’aborto.
Sostanzialmente hanno scelto la linea
ambigua di non negare tali diritti e tuttavia non censurare nel nucleo essenziale le varie
leggi permissive.[35]
Tale obiettivo è stato raggiunto
utilizzando per lo più argomenti di procedura. Tipica la decisione n.108/81 della Corte
Costituzionale Italiana la quale, pur non dissolvendo i fondati sospetti di
incostituzionalità della legge sull’aborto, ha richiamato l’art.25 della
Costituzione che impedirebbe l’annullamento di una legge se da esso derivano
conseguenze penali per i cittadini. Tale decisione, seppure ha stabilito una preclusione che rende difficile la rimozione dei dubbi di
costituzionalità con gli strumenti processuali, tuttavia nega alla legge qualsiasi patente di costituzionalità[36].
Più autorevoli dovrebbero essere
considerate le risoluzioni del Parlamento Europeo A.2. 327/88 e A.2372/88 sui prblemi
etici e giuridici della manipolazione
genetica e sulla fecondazione in vivo e in vitro, approvate il 16 Marzo 1989. In esse è
rilevante l’esplicita affermazione degli Stati di proteggere la vita umana fin dal
momento del concepimento-fecondazione e l’attribuzione all’embrione dei diritti
fondamentali, individuati nel diritto alla vita ed alla integrità fisica, nel diritto
alla famiglia, nel diritto alla identità psichica e genetica[37].
Da questi principi i due documenti
fanno rilevare: in nome del diritto alla vita: il divieto di sperimentare
sull’embrione, di usare tecniche che ne producono lo spreco, di produrre embrioni
più di quanti ne siano inseriti nell’utero materno, di congelare le uova fecondate;
in nome del dirittto alla famiglia: l’atteggiamento favorevole solo alla fecondazione
artificiale omologa tra i genitori viventi, e il divieto del c.d. affitto di utero e della
maternità di sostituzione; dal diritto alla identità: il rifiuto di tecniche che
producono esseri identici o fecondazione tra specie e più generalmente gli interventi
sulle cellule germinali che non siano strettamente riparatori di malattie genetiche
specificatamente catalogate.
Precisati così i diritti resta da
stabilire quale sia l’intensità della tutela e
quale debbano essere le modalità di essa.
Le esigenze pratiche della
“manipolazione genetica” spingono alcuni a distinguere tra embrione e pre-embrione, in modo da escludere la
tutela per il secondo. Il pre- embrione sarebbe il prodotto del concepimento fino al 14°
giorno dalla fecondazione[38].
E’ evidente che se la
distinzione fosse accolta si darebbe via libera ad ogni sperimentazione (possibile di
fatto finchè l’embrione può
svilupparsi in provetta , cioè entro il termine indicato) e cadrebbero tutte le obiezioni
inerenti allo spreco di uova fecondate. Di rimbalzo anche gli aborti precocissimi
sfuggirebbero ai pur tenui limiti delle leggi legalizzatrici e rientrerebbero nello spazio
concettuale della contraccezione.
Senonchè avendo dimostrato che le
basi biologiche di tale distinzione sono irragionevoli, la distinzione si rivela una
inaccetabile discriminazione.Ultimamente la Germania ha varato la legge 13/11/1990 sulla
“protezione dell’embrione” che, non solo rifiuta la distinzione ma punisce
penalmente chiunque provochi la morte di un embrione fuori dal seno materno e definisce embrione “ l’uovo fecondato con
possibilità di sviluppo dal momento di fusione della cellule”(art.8).
Un’ altra discussione è
incentrata sull’assolutezzza o relatività della tutela accordata all’embrione.
Ma la questione è mal posta, perchè
in un certo modo, ogni tutela dei diritti è relativa. Lo stesso diritto alla vita di un
uomo adulto ha una minor tutela in certi casi ( stato di necessità, legittima difesa,
stato di guerra , pena di morte, etc). Il vero problema è di stabilire se i diritti del
concepito non ancora nato debbano avere o no la stessa consistenza dei paralleli diritti
riconosciuti al già nato.
Guardando più profondamente il
problema può ammettersi nella dignità umana una gradazione?
Oppure tra l’uomo o la cosa si
può ammettere un tertium genus, una sorta di “mezzo-uomo” o “più che
cosa”.
Così impostato il problema la
risposta non può essere che univoca. Ancora una volta non possono operarsi distinzioni
che discriminano l’uomo. La dignità umana è tale che c’è o non c’è, ma
non può ammettersi solo parzialmente.
Un’altro tentativo di ridurre la
tutela all’embrione è operato ricorrendo al concetto di “persona”: la
salute della donna che è già persona ha priorità rispetto all’embrione che persona
deve ancora diventare. Non si capisce bene in che senso si parla di “persona”.
Nel suo significato giuridico è “persona ogni punto di
riferimento di diritti. Se dunque all’embrione si riconosce il diritto alla vita
deve, per logica conseguenza, riconoscegliersi anche la personalità giuridica.
Infine c’è il tentativo di
ridurre l’embrione a “persona potenziale”[39]. Ma le sintetiche
osservazioni sin qui fatte non consentono alternative. Se la persona è attualmente solo
potenziale, vuol dire che non è persona, ma cosa. Poichè però l’embrione è un
essere umano la questione resta quella della impossibiltà di distinguere tra esseri umani
che valgono di più ed esseri umani che valgono di meno[40].
Diverso è il discorso dei modi di
tutela. Il diritto penale è solo una strumento, ma non l’unico e non è detto che
sia il migliore o il più opportuno in rapporto alle contingenze storiche.
Obblighi possono essere stabiliti
anche in sede extra-penale.
Vi è poi tutto il campo
dell’educazione, dell’informazione, delle strutture di solidarietà. delle
politiche fiscali, sanitarie, abitative,etc. Qui non si può dire altro se non che la
chiarezza del valore dell’embrione e sui suoi diritti è indispensabile presupposto
di una strumantazione di tutela che, pur nella variabilità delle forme, voglia essere
univoca e non trasformarsi nel suo contrario.
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Sgreccia E.,
Bioetica. Manuale per medici e biologi, Vita e pensiero, Milano 1987.
L’identità
Biologica Dell’embrione ( A
cura di Morretta Paolo)................
1.
Alla radice del problema:.............................................................
2.
Nozioni di embriologia...................................................................
2.1. In
preparazione al concepimento:.........................................................
2.2. Dal
concepimento in poi:...................................................................
2.2.1. La prima settimana di sviluppo:.................................................................................
2.2.2. La seconda settimana di sviluppo:..............................................................................
2.3.
Considerazioni conclusive:..................................................................
3.
La discussione ancora in atto:......................................................
3.1. Origine
successiva della vita embrionale:.................................................
3.2. Origine
immediata della vita embrionale:................................................
4.
Conclusione:..................................................................................
Identità
filosofica dell’embrione umano (A
cura di Di Martino Vincenzo)
1.
Introduzione:...............................................................................
2.
La persona umana:........................................................................
2.1. Progresso scientifico e urgenza di
una riflessione antropologica:.....................
2.2. La
persona umana: breve storia del termine e del concetto:...........................
2.3.
L’embrione: è persona ?...................................................................
3.
Conclusione:.................................................................................
Identità
Giuridica Dell’Embrione (a
cura di Farina Andrea).....................
1.
I Giuristi davanti ai problemi bioetici:.........................................
2.
La tutela dell’embrione impiantato e del feto nel diritto positivo italiano vigente:
3.
Il dibattito sullo statuto giuridico dell’embrione:...................
4.
Le ragioni della tutela:..............................................................
5.
I diritti dell’ebrione:..................................................................
6.
Intensità e modi della tutela:....................................................
[1] Flamigni c., Nuove acquisizioni in embriologia: lo sviluppo della struttura embrionale, in: Quale statuto per l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991, pag 16-17.
[2] Ogni cellula dell’essere umano
possiede un certo numero di cromosomi (46) che insieme formano il cosiddetto “corredo
cromosomico”. Esso trasmette i caratteri somatici particolari che fanno di
quell’uomo un individuo. Di questi 46 cromosomi, 44 determinano i vari tratti
somatici mentre 2 (cromosomi sessuali) determinano il sesso dell’individuo.
[3] La mitosi è un processo consistente nella divisione di una cellula in due cellule figlie, effettuato con particolari meccanismi a livello nucleare che consentono una ripartizione equa del corredo cromosomico, in maniera tale che quest’ultimo sia nelle cellule figlie uguale a quello delle cellule madri per quantità e qualità.
[4] Su questo dato non tutti i biologi sono d’accordo: qualcuno dice che i blastomeri mantengono la loro totipotenza fino allo stadio embrionale di 32 cellule.
[5] Peculiare annesso embrionale, altamente specializzato, che permette un rapporto molto intimo tra madre e prole in sviluppo.
[6]Convegno internazionale per la bioetica,Identità e statuto dell’embrione umano, Roma 1996.
[7] L’intera informazione genetica presente in una cellula o in un organismo.
[8] Flamigni c., Nuove acquisizioni in embriologia: lo sviluppo della struttura embrionale, in: Quale statuto per l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991, pag 16-17.
[9] Ford N., Quando ho cominciato ad esistere, in: : Quale statuto per l’embrione umano. Problemi e prospettive, Politeia, Milano 1991 ,pag. 27.
[10] Sgreccia E., Bioetica.Manuale per medici e biologi, Vita e pensiero, Milano 1987, pag. 183- 190.
[11]Serra A., Per un’analisi integrata dello status dell’embrione umano: alcuni dati dell’embriologia e della genetica, in Biolo S., Nascita e morte dell’uomo: problemi filosofici e scientifici della Bioetica, Marietti, Genova 1993.
[12] Sgreccia E., Bioetica.Manuale per medici e biologi, Vita e pensiero, Milano 1987, pag. 183- 190.
[13] Reich
W. I. (ed.), Encyclopedia
of Bioethics. New York: The Free Press, 1978, vol. I. p. XIX.
[14] Sgreccia E.. F ondamenti ed etica biomedica. Manuale di Bioetica. Milano: Vita e Pensiero, 1991.
[15] “ il termine persona è tratto da personare, ‘proclamare ad alta voce’, perchè nelle tragedie e nelle commedie gli attori si mettevano una maschera per rappresentare colui del quale, cantando, narravano le gesta” ( Tommaso d’Aq., In I Sent., XXIII, 1, ad 1).
[16] Basti G.., Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna, 1995.
[17] Tale definizione si trova nell’opuscolo teologico Contra Eutichen et Nestorium al cap.4.
[18]. Basti G., Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna, 1995.
[19] Romano C. - Grassani G.., Bioetica, UTET, Torino,1995.
[20] Ibid.
[21] Questo è il cosiddetto problema dell’ “ominizzazione” della materia.
[22] Basti G., Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna, 1995.
[23] Ibid.
[24] Basti G., Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna, 1995.
[25] Uno dei maggiori sostenitori della mancanza di individualità quantitativa dell’embrone, è Ford. Egli, infatti, sostiene che - poichè non è possibile stabilire, nei primi quattordici giorni, se da uno zigote derivi o meno un solo individuo - non si possa parlare dell’embrione come di una persona umana.
[26] Ibid.
[28]L’espressione “statuto” è spesso usata con notevole indeterminatezza, alcuni parlano di “statuto biologico” altri di “statuto” riferito al solo profilo giuridico dell’argomento; altri ancora al profilo ontologico e a qyello giuridico fatti coincidere fra loro.
[29]Per cenni della storia legislativa sull’aborto in Italia e all’estero. cfr. Casini C. e Cieri C., La Nuova disciplina dell’aborto, Cedam, Padova 1978.
[30]La letteratura sulle tecnologie di fecondazione artificiale è vastissima e non può essere qui ricordata. Per una descrizione chiara delle metodologie. cfr. Sgreccia E., Bioetica, Ed. Vita e Pensiero, Milano 1986, pagg. 217 e sgg.
[31]Eusebi L., Statuto giuridico e tutela penale dell’embrione umano, in: Aggiornamenti Sociali n. 5, pag.329-335, 1989.
[32]Parlamento Europeo, Problemi etici e giuridici della Manipolazione gene e della Fecondazione artificiale Umana, ufficio pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee,1990, pag.86.
[33]Le tre raccomandazioni sono pubblicate anche su: il Parlamento Europeo per una Statuto giuridico dell’embrione umano, Ed. Cinque Lune, Roma, 1989, pag.158.
[34]AA.VV., La tutela costituzionale della persona umana prima della nascita, Ed.Giuffrè, Milano 1997.
[35]AA.VV., L’aborto nelle sentenze delle Corti Costituzionali, Ed.Giuffre, Milano,1976.
[36]Casini C., Diritto alla Vita: La vicenda Costituzionale, Ed. Dehoniane, 1982, pag.316 e sgg.
[37]Parlamento Europeo (a cura), Considerando. Risoluzione A2-372/88 , pag.20.
[38]Lauricella E., Embryo and pre-embryo, in: AA.VV., Tecniche di fecondazione assistita: aspetti etici e giuridici, Ed. Riviste scientifiche, Firenze 1990.
[39]Mori M., il feto ha diritto alla vita?, in AA.VV., il Meritevole di tutela, Ed. Giuffre 1990, pag 735 e segg.
[40] AA.VV., Identità e statuto dell’embrione umano, i n: “Medicina e morale” , n. 4 del 1989.