Un "edificio spirituale" fra mura di mattoni
Un tentativo di definizione
"Stringendovi a Cristo, pietra viva, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale", così scriveva l'apostolo Pietro (1Pt. 2,4), cercando di esprimere la bellezza e la forza dell'abbraccio che unisce Gesù e noi, sua Chiesa, in un dialogo d'amore. La nostra esperienza ci testimonia però che il nostro 'essere Chiesa', cioè assemblea radunata e convocata dal Signore, si esprime anche all'interno di uno spazio ben definito. Nella Liturgia noi celebriamo il mistero di Cristo, riunendoci in un edificio costruito con pietre e mattoni, con una precisa disposizione degli spazi che accolgono oggetti, segni, ed elementi che devono aiutarci a vivere la preghiera come momento dell'incontro 'fra la nostra povertà e la grandezza di Dio'. I mattoni e le pietre edificano una chiesa. Noi siamo la Chiesa: noi diamo vita a quelle pietre, noi siamo le vere pietre della Chiesa del Signore Risorto e Vivente. Fermeremo dunque la nostra attenzione sullo spazio sacro per cercare di coglierne il senso ed assaporarne la valenza simbolica.
Nell'architettura di una chiesa vi è un modo di gestire lo spazio che rivela come la comunità cristiana celebra ciò in cui crede. L'ampiezza del luogo, il gioco delle luci, la processione delle colonne, la disposizione delle parti e delle cose, tendono a concentrare l'attenzione sul mistero celebrato.
L'edificio-chiesa deve essere autenticamente ed efficacemente
Spazio sacro: sintesi di passato presente e futuro
La nostra chiesa, intesa come edificio, è una realtà dinamica, in movimento che - in certo qual modo - cammina con la comunità che vi si raduna: è un edificio sorto in una specifica epoca storica (XV sec), che ha subìto rimaneggiamenti e sovrapposizioni di strutture e arredi nel tempo. È segno della fede della nostra città: inevitabilmente ci richiama alle nostre radici, al nostro passato. Ammirando ciò che le generazioni precedenti, con l'aiuto di Dio, sono riuscite a creare nella bellezza dell'architettura, delle pitture, delle opere lignee, … possiamo intuire che Dio stesso è la suprema Bellezza e che le nostre opere d'arte ne sono solo un pallido riflesso. In un certo senso lo spazio sacro ci permette di sollevarci verso Dio. Ha scritto in proposito il Papa: "Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell'arte. Essa deve, infatti, rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell'invisibile, di Dio. Deve dunque trasferire in formule significative ciò che è in se stesso ineffabile, inesprimibile.
Ora, l'arte ha una capacità tutta sua di cogliere l'uno o l'altro aspetto del messaggio traducendolo in colori, forme, suoni che assecondano l'intuizione di chi guarda o ascolta. E questo senza privare il messaggio stesso del suo valore trascendente e del suo alone di mistero". La liturgia e l'arte sacra non si possono ridurre a semplici questione di estetica, di esteriorità, di (buono o cattivo) gusto o, peggio, di scenografia teatrale: liturgia ed arte sacra sono dei tentativi (e come tali possono anche fallire), tentativi di creare un legame fra cielo e terra, di accostare, mediante la concretezza dei segni, l'uomo e Dio. È il balbettio dell'infante che si sforza di articolare una Parola che resta ancora impronunziabile.
Riconoscendo alla liturgia tale carattere di provvisorietà, i vescovi italiani hanno anche sottolineato che il luogo in cui l'assemblea si riunisce nel presente, qui ed ora, non dev'essere esclusivamente pensato partendo dagli edifici che abbiamo ereditato. Talora il luogo dovrà essere adattato in funzione delle assemblee e delle esigenze attuali, cosicché i vari modi di interazione fra i partecipanti acquisiscano pieno significato umano, simbolico, sacramentale, secondo le esigenze dell'uomo contemporaneo.
"è necessario abbandonare l'erronea convinzione secondo la quale, essendo immutabile la liturgia cattolica, anche l'architettura in cui la liturgia si sviluppa dovrebbe considerasi immodificabile. L'adeguamento liturgico delle chiese è parte integrante della riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II: perciò la sua attuazione è doverosa come segno di fedeltà al Concilio. L'adeguamento delle chiese non si può considerare un adempimento discrezionale né lo si può affrontare secondo modalità del tutto soggettive. La fedeltà al Concilio comporta adesione convinta agli obiettivi, ai criteri e alla disciplina che autorevolmente ne guidano l'attuazione su scala nazionale, in comunione con la Chiesa universale. Si intende inoltre sottolineare la necessità che si passi in modo graduale dalle soluzioni provvisorie a quelle definitive e che, nell'adeguamento liturgico, si proceda con prudenza per evitare danni al patrimonio storico e artistico": così si esprime la Conferenza Episcopale Italiana nella nota L'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica. La Chiesa solidamente radicata nella tradizione che le deriva dal passato, vive nel tempo presente, protesa verso il futuro e lo spazio sacro cammina con lei…
Emanuele Borsotti
(1. continua)