Santa Rosa da Lima
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A Lima, la città fondata in Perù da Francesco Pizzarro a pochi
decenni dalla scoperta del Nuovo Mondo, le crudeltà, le violenze e le stragi
perpetrate su Indios e su schiavi negri importati dall'Africa, rischiavano di
rendere odiosa ed incomprensibile la religione cristiana imposta dai
conquistatori spagnoli, ma proprio in essa sbocciò il primo e più bel fiore
di santità delle Americhe, come un balsamo di pace ed un richiamo di speranza
donato dalla Divina Provvidenza a quegli infelici. |
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E Dio scelse ancora una
volta una giovane donna dal cuore colmo d'amore per Lui, per aprire la strada
alla conquista spirituale di quelle terre e per rendere evidente che le
sorgenti di ogni apostolato saranno sempre il sacrificio, la preghiera, le «
vere e reali virtù » praticate nel dono di sé. Isabel Flores Oliva
vide la luce il 20 aprile 1586. Suo padre Gaspar Flores, proveniente da
Portorico, discendente da famiglia nobiliare spagnola, era un ex‑soldato
dell'esercito dei conquistatori, un tempo padrone di fattorie con numerosi
servi, ma con una fortuna economica ormai in grave declino; sua madre Maria
Oliva, i nativa di Lima, era anch'essa di origine spagnola. La piccola ,nel
Battesimo ricevette il nome ,della nonna materna, Isabel, ma la mamma
vedendone la bellezza, preferiva chiamarla Rosa., Più tardi la fanciulla
chiederà direttamente al Cielo quale nome le convenisse e la Regina del
Rosario le dirà: Tu sei Rosa di S. Maria ». E tale resterà il suo nome. Altri
dieci figli avevano già preceduto la nascita di Rosa ed in casa si trovavano
anche una serva india di nome Mariana ed una schiava negra proveniente dalla
Libia. Non era facile perciò ai genitori mantenere un tenore di vita quale il
loro orgoglio e la loro ambizione avrebbero voluto, tuttavia, soprattutto la
madre, non rinunciava a feste e ricevimenti, a balli e viaggi in carrozza non
appena le circostanze glielo consentivano. Rosa fu, sin dai primi anni, una
vera contraddizione in questo clima familiare, decisa com'era a seguire solo
il divino Maestro sofferente, mite ed umile di cuore. Mamma Maria, carattere
impulsivo e di umore variabile, alternava premure e durezze, carezze e
percosse, moine ed aspri rimproveri verso quella bimba che sapeva essere
obbediente e gentile, ma altrettanto ostinata nel mantenersi fedele ai
propositi che riteneva giusti e graditi a Dio; che sapeva sopportare in silenzio
sofferenze fisiche atroci per la sua tenera età ed era imprevedibile e rapida
nelle decisioni che riusciva a realizzare con furbizia e abilità. Perché, intorno ai tre
anni, non pianse e non disse nulla alla mamma che le aveva involontariamente
schiacciato il pollice chiudendo il coperchio di un forziere, costringendo
più tardi il chirurgo a strapparle l'unghia e tagliarle le carni tumefatte?
Perché non le confidò il terribile dolore provocato dalla polvere di
arsenico cosparsa sul suo capo, credendo di guarirle in tal modo le pustole
del cuoio capelluto? Per quarantadue giorni il medico dovette curare le
piaghe che si erano formate e mai dalla bimba uscì un lamento! La risposta a
quei perché fu una sola: « Per amor di Dio », e Rosa indicava l'immagine di
Gesù flagellato e coronato di spine. Il divino Amante Crocifisso aveva già
posto in quel tenero cuore il desiderio di conformarsi a Lui. Ella lo imitava
flagellandosi con piccole funicelle o con le ortiche. A cinque anni si faceva
caricare sulle spalle dalla serva Mariana un grosso ramo secco per far la «
Via Crucis » , pensando a Gesù sotto il peso della Croce. Le piaceva stare
nel giardino di casa per immergersi nella solitudine della natura, pensando a
Dio e conversando con Lui. Dal fratello Ferdinando si era fatta costruire in
un angolo del giardino una celletta tutta verde piegando opportunamente i
rami di vari alberi: qui spesso si rifugiava, anche per sfuggire
all'ammirazione delle amiche della mamma che si incantavano davanti alla
bellezza del suo viso e non parlavano che di cose futili e vane. Per
contrastare la vanità, pensava ancora di più a mortificare il suo corpo con
nuove penitenze. A sei anni la mamma si
preoccupò che imparasse a leggere e a scrivere, in casa naturalmente, sotto
il suo controllo, ma Rosa non riusciva a concentrarsi a sufficienza perché
la sua mente era attratta dai colloqui con Dio; così mamma Maria la castigava
e la sgridava. La bambina allora chiese aiuto al Signore e in breve fu in
grado di soddisfare pienamente la mamma e di accontentare se stessa leggendo
buoni libri. Tra essi la predilezione andò subito alla biografia di S.
Caterina da Siena che scelse come modello e guida. Molte somiglianze si
riscontrano nella vita delle due Sante, sia sul piano umano che su quello
spirituale, a cominciare dalla convivenza con una mamma dalle idee opposte
alle loro. Anche mamma Maria, come Monna Lapa, avrebbe voluto la figlia più
dedita alla cura della sua bellezza: desiderava che Rosa danzasse, si
coronasse il capo di rose quando andava ai ricevimenti, partecipasse alle
gite e alle feste. E la figliola si ingegnava a trovare degli impedimenti:
si faceva cadere su un piede una grossa pietra..., si strofinava gli occhi
col pepe rischiando quasi di accecarsi..., immergeva le mani nella calce viva
per deturparne la grazia..., avvicinava i piedi alla bocca del forno
rovente... Poiché come letto aveva predisposto delle dure tavole e un mattone
per cuscino, Mamma Maria la costrinse a dormire nel suo letto, ma per lungo
tempo non s'accorse che appena lei si addormentava, la figlia si spostava
sulla sponda e in quella scomodissima posizione restava tutta la notte;
quando scoprì... l'inganno, si arrabbiò moltissimo, poi si decise a
lasciarla libera di fare a modo suo. Si resta stupiti dalle estenuanti e
molteplici penitenze a cui la Santa di Lima si sottopose volontariamente per
tutta la vita, nonostante sopraggiungessero, col passare degli anni,
frequenti febbri, violenti spasmi muscolari, asma, artrite, dolori fisici
d'ogni genere. Dalle testimonianze dei suoi confessori sappiamo che il suo
intento era di imitare il più totalmente possibile la passione del Cristo e
che quando la Santa stessa, per loro ordine, accettava di mitigare lievemente
le sue pene, Gesù sofferente le appariva per chiederle di continuare
generosamente il suo olocausto nascosto, mezzo efficace di predicazione e di
benedizione per il Nuovo Mondo. Verso i dodici anni
Rosa aveva già compiuto un lungo ed aspro cammino ascetico e viveva i primi
gradini di unione mistica con Dio. Tuttavia non era una ragazzina chiusa ed
asociale, bensì serena, disponibile ed utile in casa per tante faccende. Si
occupava del giardino, coltivando non solo i fiori coi quali componeva mazzi
assai ammirati e richiesti, ma anche erbe medicinali ed aromatiche da
vendere in città. Proprio a causa di una pianta di basilico, da lei
particolarmente curata, ricevette un rimprovero da Gesù, geloso di un cuore
che voleva tutto suo: « Non voglio che la mia amata dedichi il suo tempo a un
altro fiore oltre che a Me ». In compenso però, lo Sposo divino esaudiva i
suoi desideri facendo sbocciare i fiori anche fuori stagione per farla
contenta! Rosa abitava vicino al
convento dei Frati Predicatori e nella loro chiesa si recava a pregare. Il
luogo preferito era la cappella della Regina del S. Rosario, molto venerata
da tutti i Limani con solenni processioni e recite quotidiane del Rosario, a
maggio ed ottobre anche per le vie. Fin dall'età di quattordici anni ebbe
l'incombenza, che assolverà con entusiasmo per il resto della sua vita, di
occuparsi della statua della Vergine cambiandole l'abito nelle solennità
secondo l'usanza dell'epoca, preparando corone di fiori e tenendo pulita la
cappella. Nel volto della Madre Celeste e del Bambino Gesù ella « leggeva» la
risposta ad ogni sua richiesta, capiva se la sua preghiera sarebbe stata esaudita
perché conforme ai divini voleri o no. Quando i loro visi assumevano un
aspetto severo non si scoraggiava, ma continuava le sue suppliche anche per
ore, finché non otteneva un grazioso sorriso dal piccolo Gesù per
intercessione di sua Madre. Fu proprio la Madonna del Rosario ad indicarle
chiaramente che doveva essere, come S. Caterina, una Sorella della penitenza
del Terz'Ordine laicale domenicano. Così, quando la famiglia si rassegnò al
suo rifiuto di matrimonio (non senza averla punita con vere e proprie
cinghiate), entrò nel monastero di S. Chiara, dove era badessa una nipote
dell'Arcivescovo la quale si senti onorata di accettarla tra le monache. Rosa non era del tutto
certa che quella fosse la scelta giusta e quando, accompagnata dal fratello
Ferdinando, lasciò la sua casa per il monastero, volle passare a dare
l'ultimo saluto alla < sua » Madonna per riceverne il consenso. Pregò a lungo con
fervore, poi s'accorse di essere diventata pesante come il piombo. Nemmeno il
fratello e il sacrestano chiamato in aiuto riuscirono ad alzarla. Solo quando
Rosa promise alla Madonna di tornare a casa, ricevette il sorriso affermativo
della Vergine e poté alzarsi. Guidata spiritualmente
dal Padre Juan de Lorenzana e da altri Padri del convento di S. Domenico, si
preparò con più aspre penitenze alla sua professione nella Confraternita del
Terz'Ordine, che la accolse tra i suoi membri il 10 agosto 1606, donandole la
tonaca bianca con lo scapolare, e il manto e il velo neri. A questo atto
ufficiale di donazione allo Sposo seguì il sigillo delle nozze mistiche, che
ancora una volta ebbe il suo punto culminante nella cappella del Rosario,
dove Rosa udì il Bimbo in braccio alla Mamma sorridente dirle con soavità e
tenerezza: «Rosa del mio cuore, tu sarai la mia sposa! » . Il suo cuore fu
così acceso d'amor divino che credette di morire dalla gioia. Che cosa le
mancava ancora per condividere fino all'ultima goccia l'amaro calice della
passione del suo Gesù? D'ora in avanti avrebbe partecipato all'angoscia
terribile dell'agonia nell'Orto degli Ulivi, avendo l'anima avvolta dalle
tenebre più fitte, sentendosi immersa nel peccato e rifiutata da Dio, come
una «dannata dell'inferno ». I confessori, ai quali chiedeva aiuto e
conforto, non riuscivano a capirla. La mamma, che la vedeva ogni giorno
agonizzare anche fisicamente per un'ora e a volte anche di più, la sgridava
perché pensava che le nascondesse qualche male, e faceva intervenire i medici
che non potevano trovare rimedi adatti. Passata l'ora tempestosa dell'agonia,
Rosa riprendeva la sua vita di sempre: ricamava, rimanendo in continua
preghiera e spesso era visitata dal Bambino Gesù col quale intratteneva dolci
colloqui, compiva le faccende domestiche, ma soprattutto intensificava le sue
eroiche penitenze per ottenere la salvezza delle anime. Per meglio custodire
l'intimità divina nel suo cuore, riuscì ad ottenere un romitorio tutto per sé
nel giardino della propria abitazione, uno spazio esiguo da cui usciva solo
di sera per tornare in casa; era un luogo freddissimo d'inverno e afoso
d'estate, circondato da nugoli di zanzare che non disturbavano lei, ma
scoraggiavano chiunque dall'avvicinarsi: qui ella trascorreva ogni giorno ben
dodici ore in preghiera. La celletta e il giardino furono spettatori di molti
fatti straordinari, come quando il Salvatore le apparve e le offrì di bere
misticamente al suo costato la bevanda inebriante del suo amore. Innamorata
com'era dell'Eucarestia, ottenne dai confessori di poter comunicarsi quasi
quotidianamente, cosa rara a quei tempi, e nel suo eremitaggio intensificava
la preparazione e prolungava il ringraziamento. Rosa amava Cristo anche
nei poveri e nei malati e li accoglieva, li accudiva, li confortava, usando
tutti i mezzi a lei possibili. Le fu concessa una stanza della casa per
ospitare, una dopo l'altra, le persone bisognose che ricorrevano a lei e per
molte invocò la guarigione con la sua preghiera a Gesù Bambino, il <
doctorcito ». In quei medesimi anni
nel convento di S. Domenico aveva fatto la professione come fratello
cooperatore fra Martin de Porres e se anche non esistono documenti
testimonianti i loro rapporti, non possiamo non constatare la loro affinità
spirituale, sia per vocazione, sia per stile di vita: ambedue apostoli e
missionari con la preghiera, il sacrificio nel dono di sé agli altri e la
penitenza. Sarà proprio fra Martino a mettere sul capo della salma di Rosa
esposta in chiesa, la corona di spine tolta alla statua di S. Caterina, perché
non erano riusciti a trovare dei fiori per cingerle il capo. Rosa trascorse gli
ultimi tre anni della sua vita nella casa dei coniugi Gonzalo e Maria de La
Masa che ne avevano a lungo desiderato la presenza affinché fosse maestra di
vita alle loro tre figlie. Soffriva già di acuti dolori in tutto il corpo e
l'unico vantaggio che ne ricavò fu di avere più tempo per pregare, ma le fu
penoso il distacco dai luoghi a lei cari e dalle abitudini di vita penitente
ormai consolidate. Non avendo più il suo romitorio, si fece costruire una
celletta con tavole di legno nel granaio della casa dei suoi ospiti e vi
passava intere giornate senza uscirne. In quel periodo subì un massiccio
assalto da parte del demonio che in tutti i modi voleva impedirle di portare
a termine la conquista di tante anime. Mancava poco più di un anno alla sua
morte quando, per ordine del Padre de Lorenzana, Rosa venne sottoposta ad un
rigoroso esame teologico sulla sua vita ascetica e mistica, sulle grazie e
sulle visioni ricevute, sulle prove e sugli assalti del demonio, e da esso ne
uscì accresciuta la sua fama di santità. Il 1617, ultimo anno
della sua vita terrena, fu ancora colmo di grazie sublimi e di sofferenze
inaudite, perché il suo < passaggio al Padre» segnasse il culmine del suo
dolore e del suo amore per Dio, della sua vittoria sul male e del riscatto
d'infinite schiere di anime. Fin da bambina sapeva che sarebbe morta nel
giorno della festa di S. Bartolomeo, il 24 agosto, perciò nei giorni
precedenti chiese il Viatico e l'Unzione degli infermi e volle che le
stendessero sulle coperte lo scapolare domenicano; da suo padre e sua madre
che le erano accanto, implorò la benedizione. Le ultime sue parole furono: «
Gesù, Gesù, Gesù sia sempre con me ». Dal giorno della morte numerosissimi furono i miracoli e le grazie attribuite alla Santa di Lima e già nel 1630 iniziò il processo informativo per la beatificazione che avvenne nel 1668 ad opera di papa Clemente IX, il quale la proclamò contemporaneamente Patrona del Perù. Fu canonizzata da papa Clemente X il 12 aprile 1671, dopo che l'anno precedente era stata costituita Patrona delle Americhe e delle Filippine. Le sue spoglie sono ora
conservate in un'urna d'argento nella cappella del Rosario dell'omonima
basilica di Lima, ove sono sepolti anche S. Martin de Porres e S. Juan
Macias. Sr. M. Carla Bertaina |