San Tommaso d’ AquinoSacerdote e dottore della Chiesa Aquino, Frosinone, c. 1225 – Fossanova, Latina, 7 marzo 1274 |
S.
Tommaso, nato verso la fine del 1225 dal conte d'Aquino, nel castello di Roccasecca,
all'età di 18 anni, contro la volontà del padre e addirittura inseguito dai
fratelli che avrebbero voluto sequestrarlo, entrò nell'ordine dei Predicatori di S. Domenico.
Completò la sua formazione a Colonia, alla scuola di S. Alberto Magno, e poi
a Parigi. Nello studio parigino da studente divenne docente di filosofia e
teologia. Tenne cattedra anche ad Orvieto, Roma e Napoli. |
Tommaso d'Aquino è vissuto in pieno secolo XIII, il secolo di Giotto, della grande fioritura della nuova letteratura romanza (provenzale, castigliana, portoghese, siciliana, umbra, toscana, ecc.) e dei Comuni, un secolo che, grazie a tante geniali realizzazioni che l'Europa cristiana seppe produrre in tutti i campi della cultura (letteratura, narrativa, poesia, architettura, pittura, scultura, diritto, economia, filosofia, teologia, ecc.), si è guadagnato l'appellativo di secolo d'oro. Quello fu anche il secolo in cui fiorirono le prime università (Tommaso frequentò come studente o come maestro Napoli, Parigi, Colonia, Roma, Bologna e poi di nuovo Parigi e di nuovo Napoli), che in breve tempo portarono la ricerca filosofica e teologica a livelli fino ad allora sconosciuti. |
Il padre di Tommaso era di stirpe
longobarda, mentre la madre era di discendenza normanna; la famiglia era
ricca e potente: aveva vari possedimenti in diversi luoghi dell'Italia
meridionale, ma il più importante era quello di Aquino, che era il luogo
abituale della sua residenza. A Roccasecca, nei pressi di Aquino, nacque
Tommaso tra il 1224 e il 1225 (la data è incerta). Per la prima formazione
intellettuale i genitori inviarono il piccolo Tommaso alla vicina Abbazia di
Cassino, con l'intenzione di avviarlo alla vita monastica, nella segreta
speranza che potesse arrivare un giorno alla suprema carica di abate e
accrescere così la potenza della casata. |
Tommaso, invece, dopo qualche anno tornò in famiglia e proseguì
gli studi all'Università di Napoli, dove ebbe la prima diretta iniziazione
alla filosofia aristotelica sotto Martino di Dacia per la logica e Pietro
d'Irlanda per la filosofia naturale. All'Università di Napoli nacque la sua
vocazione domenicana per opera del predicatore Giovanni di San Giuliano. Ma,
quando manifestò la sua decisione ai familiari, Tommaso incontrò un'ostinata
resistenza da parte dei fratelli, che arrivarono a rinchiuderlo in prigione.
Tommaso restò fermo però nel suo proposito, e nel 1245, ormai maggiorenne, fu
rilasciato, libero di seguire la sua vocazione. Allora, d'accordo con i suoi
superiori, lasciò l'Italia per entrare nel convento domenicano di Parigi,
dove studiò sotto la guida di Alberto Magno. Nel 1248 seguì Alberto a Colonia,
quando questi vi si recò per fondarvi uno Studio generale dei Domenicani. A
Colonia Tommaso frequentò i corsi di teologia per la preparazione immediata
al sacerdozio. Alla scuola del suo dottissimo maestro, Tommaso prese contatto
non solo con tutto il corpus Aristotelicum ma anche con i commentari
arabi e greci fino allora tradotti e specialmente con il corpus
Dionysianum [furono denominate corpus dionysianum, nel Medioevo,
le opere dello Pseudo-Dionigi, l'anonimo neoplatonico del V secolo dopo
Cristo], e poté rivelare al maestro la sua reale capacità. Per l'insistenza
di Alberto, nel 1252 Tommaso tornò a Parigi per completare gli studi
superiori e prendere il posto vacante di baccelliere in teologia della
cattedra domenicana. A Parigi iniziò quasi subito la sua lunga e prolifica
produzione letteraria, con alcuni brevi saggi filosofici (De ente et
essentia e De principiis naturae) e, con il commento alla
monumentale opera di Pier Lombardo, i Quattuor Libri Sententiarum. Nel
1255 fu coinvolto nella disputa fra maestri secolari e maestri appartenenti
agli ordini religiosi per il possesso delle cattedre di filosofia e teologia.
A difesa del proprio diritto alla docenza universitaria l'Angelico scrisse
l'opuscolo Contra impugnantes Dei cultum et religionem. Dopo la
vittoria degli ordini religiosi, Tommaso fu nominato magister regens dell'Università
parigina (1257). Nel 1259 fu richiamato in Italia per assumere l'incarico
di teologo della corte papale. Per dieci anni (dal 1259 al 1269) seguì il
papa a Roma, Orvieto e Viterbo. A questo periodo, che è il più tranquillo
della sua vita, appartengono le sue opere maggiori: la Summa contra
gentiles, le Quaestiones disputatae, la prima parte della Summa
theologiae (iniziata nel 1267). A Orvieto ebbe la fortuna di incontrare il confratello
Guglielmo di Moerbeke, eccellente grecista, al quale Tommaso chiese di
apprestare una nuova traduzione latina delle opere di Aristotele, sulla quale
egli avrebbe poi steso i suoi famosi commentari, come di fatto avvenne per la
Fisica, la Metafisica, il trattato Sull'anima, l'Etica
nicomachea, la Politica e quasi tutti gli altri libri dello
Stagirita. Allo stesso Guglielmo di Moerbeke e ad altri confratelli Tommaso
chiese di realizzare la traduzione di alcune importanti opere dei Padri greci
che non erano ancora mai state tradotte in latino, arricchendo così
notevolmente le fonti patristiche accessibili ai teologi latini, fonti di cui
lo stesso Tommaso fece largo uso nella stesura della sua Summa theologiae. Nel 1269 fu richiamato a Parigi per un secondo cielo di
insegnamento. Là ebbe a lottare su due fronti in difesa di Aristotele (e di
sé stesso, essendo ormai di Aristotele il più convinto e fermo sostenitore):
contro gli scolastici agostiniani che lo accusavano di paganesimo, e contro
gli averroisti che davano del suo pensiero una interpretazione incompatibile
con la fede cristiana; in polemica con questi ultimi Tommaso scrisse il De
unitate intellectus contra Averroistas ("L'unità dell'intelletto: errore
degli averroistí"). Nel 1272 tornò in Italia dove ricevette dai suoi superiori
l'incarico di riordinare l'insegnamento di teologia nell'Università di Napoli
e di tenervi egli stesso alcuni corsi, cosa che fece fino al gennaio del
1274. In questo periodo, come già quando si trovava a Viterbo, oltre che allo
studio e all'insegnamento si dedicò con zelo anche alla predicazione al
popolo, che andava ad ascoltarlo con grande entusiasmo, apprezzando la
semplicità della sua parola congiunta alla chiarezza e profondità del suo
pensiero. Un giorno di dicembre 1273, dopo la celebrazione della Messa,
chiamò il suo fedelissimo segretario fra' Reginaldo da Piperno e gli comunicò
la decisione di interrompere ogni lavoro, perché quella mattina durante la
Messa aveva capito che quanto aveva scritto nei suoi libri era "tota
palea" (un mucchio di paglia). Così rimasero interrotte due delle
sue opere più importanti: la Summa theologiae rimase ferma alla
Questione 90 della Tertia Pars e il Compendium theologiae restò
sospeso al capitolo 10 del Secondo Libro. Nel gennaio del 1274, su invito di Gregorio X parti alla volta di Lione, dove il Papa aveva convocato un concilio ecumenico. Giunto nei pressi di Fossanova, fu colto da grave malore e fu ricoverato sollecitamente nella celebre abbazia cistercense di quella città. Tutte le cure risultarono vane, e dopo qualche settimana (il 7 marzo 1274) morì, senza che si fosse saputo comprendere la natura del male che l'aveva colpito. |
Nei suoi contemporanei Tommaso lasciò un ricordo profondo
e indelebile, per la finezza e acutezza della sua intelligenza, per la
grandezza e originalità del suo genio, per la santità della sua vita.
Guglielmo di Tocco, il suo primo biografo, sottolinea la straordinaria
originalità di san Tommaso in tutto ciò che faceva: "Fra' Tommaso
proponeva nelle sue lezioni problemi nuovi, scopriva nuovi metodi, impiegava
nuove concatenazioni di prove, e nell'udirlo spiegare, poiché
proponeva una nuova dottrina con nuovi argomenti, non si poteva
dubitare che Dio, attraverso l'irradiarsi di questa nuova luce e la novità
di questa ispirazione, gli avesse fatto dono dell'insegnamento, in parole
e scritti, di una nuova dottrina". Tommaso d'Aquino fu dichiarato
santo da Giovanni XXII nel 1323. Ben presto gli fu dato il titolo di
"dottore angelico" e recentemente anche quello di "doctor
communis", cioè di dottore universale della Chiesa, non limitato a
una scuola particolare. Il Concilio Vaticano Il (1965) lo ha espressamente segnalato
due volte come punto di riferimento per la teologia cattolica [Cfr. Concilio
Vaticano II, decreto Presbyterorum ordinis, n. 16; dichiarazione Gravissimum
educationis, n. 10]. |