MALACHIA Eb. MALAKI (“mio messaggero/angelo”)

 

 

Il presunto autore del libro biblico che porta questo nome fu uno dei 12 profeti minori e il suo libro chiude l'Antico Testamento. Del profeta non sappiamo niente, ma gli studiosi sono riusciti a datare il libro con una certa precisione, in parte perché in un suo versetto Malachia riferisce di un'invasione della terra di Edom (Esaù): «Ho fatto dei suoi monti un deserto e ho dato la sua eredità agli sciacalli del deserto» (Ml 1,3)- Si ritiene che la disastrosa invasione del regno edomita sia avvenuta verso la fine del VI secolo a.C. e ne parlano anche altri profeti, tra i quali Geremia ed Ezechiele. Più importante ancora è il fatto che Malachia riveli nei suoi scritti una devozione per il culto del tempio, ripristinato solo nel 515 a.C. dopo il ritorno dei Giudei dall'esilio in Babilonia. Si pensa così che Malachia abbia profetato in Gerusalemme tra quella data e il 450 circa a.C., nel periodo in cui gli abitanti della città dipendevano da un governatore persiano.

Sebbene il tempio fosse stato ricostruito, il servizio religioso non era svolto come si doveva. Malachia osserva il comportamento dei sacerdoti del tempio e si lamenta amaramente per coloro che osano offrire in sacrificio animali con qualche difetto, «rubati, zoppi, malati» (Ml 1,13), invece che animali perfetti come richiedeva la Legge mosaica. Rimprovera inoltre i reduci dall'esilio perché imbrogliano sulle decime: «Può un uomo frodare Dio?», chiede Malachia nel suo caratteristico stile a domande e risposte. «Eppure voi mi frodate e andate dicendo: "Come ti abbiamo frodato?"».

Dopo aver formulato la domanda, il profeta presenta la risposta: «Nelle decime e nelle primizie». Il risultato di un simile inganno saranno scarsi raccolti, siccità e insetti voraci.

 

Invece, la precisione nel versare le decime verrà ricompensata e «felici vi diranno tutte le genti [...] sarete una terra di delizie» (Ml 3,8;10;12).

Non molto tempo dopo la predicazione di Malachia, il servizio del tempio fu riformato, esattamente come il profeta aveva proposto, quando Neemia giunse a Gerusalemme con un mandato da parte del re persiano per ripristinare la Legge ebraica nella piccola provincia che allora comprendeva il territorio attorno alla città. Insieme alle necessarie riforme religiose venne anche appropriatamente ripristinato il pagamento delle decime.

Il nome Malachia significa "mio messaggero" e potrebbe in realtà essere un titolo, piuttosto che un nome proprio. I cristiani hanno poi sempre considerato questo profeta come il messaggero della nuova alleanza di cui parla il Nuovo Testamento e, in effetti, la collocazione del libro di Malachia come ultimo dell'Antico Testamento, immediatamente prima dei Vangeli, convalida questa tesi. «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me» (Ml 3,1), proclama Malachia. E conclude il suo oracolo dicendo che il Signore ha promesso di mandare il profeta Elia come precursore del Messia. Tutti e tre i Vangeli sinottici contengono riferimenti a questi versetti di Malachia che si sarebbero compiuti nella vita di Giovanni Battista e in quella di Gesù.

Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che il libro di Malachia sia stato originariamente opera di Esdra. Ma è una tesi discussa, come è dibattuta la teoria secondo cui i versetti che compongono il libro facessero invece parte degli scritti di Zaccaria. I temi che stavano a cuore a Malachia erano gli stessi che preoccupavano anche Esdra e Zaccaria: trascuratezza nel culto del tempio e nel pagamento delle decime per sostentarlo, pericolo dei matrimoni con donne straniere e speranza nell'era messianica. Indipendentemente dalla data e dall'autore del libro, Malachia, al quale è attribuito, è ritenuto un messaggero del futuro per l'universalità della sua predicazione. Il profeta si chiede: «Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio?» (Ml 2,10).

 

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