ISAIA Eb.YESHAYAHU(Yah(weh) è salvezza”)

 

Il Signore appare a Isaia addormentato

(miniatura del XII secolo)

 

Durante gli ultimo 40 anni dell’VIII secolo a.C., il profeta Isaia alimentò la speranza del popolo di Giuda nel momento in cui il regno del Nord stava per cadere sotto l’Assiria. La sua missione si svolse durante il regno di quattro sovrani: Ozia, Iotam, Acaz ed Ezechia. Ma la visione profetica di Isaia andava ben oltre quei tempi difficili. Le sue parole di speranza offrivano conforto a una popolazione futura, a coloro che sarebbero stati dopo la caduta di Gerusalemme e la deportazione dei suoi abitanti (circa due secoli più tardi); promettevano la liberazione dalla prigionia e la restaurazione della loro città santa.

Nato forse poco prima del 760 a.C., Isaia inizialmente viene identificato semplicemente come «figlio di Amoz» (Is 1,1). Una tardiva tradizione ebraica suggerisce che Amoz potesse essere un fratello di re Amazia di Giuda, e che pertanto il profeta fosse cugino di Ozia. Molte delle storie su Isaia riportate nella Bibbia riguardano i suoi rapporti con i re, e il suo linguaggio raffinato e fluido potrebbe tradire un'educazione aristocratica. Tuttavia non abbiamo alcuna certezza testuale o storica sulla nobile origine di Isaia. In realtà, sappiamo poco di lui e gli studiosi moderni sono d'accordo nell'affermare che il libro che porta il suo nome fu scritto nei secoli seguenti alla sua morte.

Molti ritengono che alcune asserzioni appartengano a discepoli successivi di Isaia, in particolare il cosiddetto Secondo Isaia del periodo postesilico e addirittura il più tardo Terzo Isaia.

Indipendentemente dalle conclusioni degli specialisti circa l'autore del libro, il profeta emerge dalle pagine della Bibbia come un personaggio autentico, un messaggero di Dio con una sua voce particolare, che lo distingue chiaramente dagli altri profeti presenti nel testo.

Il primo evento databile della vita di Isaia si riferisce «all'anno in cui morì re Ozia» (Is 6,1 ), intorno al 742 a.C., quando sembra che Isaia fosse ancora giovane. Recatosi al tempio per il culto, ebbe un'improvvisa, straordinaria visione di Dio seduto in trono. La manifestazione divina era così grandiosa che solo i lembi del mantello di Dio riempivano il pur vasto tempio. Scoprendo di essere testimone di una riunione in cui Dio si intratteneva con ospiti celesti e consapevole che un essere profano non poteva sopravvivere a una simile magnificenza, Isaia esclamò: «Ohimè! [...] i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti!» (Is 6,5). Immediatamente un serafino con tre paia di ali venne in suo aiuto e gli mise sulle labbra un carbone ardente preso dall'altare. Purificato da ogni colpa e peccato terreno, Isaia poteva cosi assistere al divino consesso. E quando il Signore chiese chi sarebbe stato il suo messaggero, Isaia, senza un momento di esitazione, si offrì volontario: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Dio accettò la sua offerta, ma lo avvertì che avrebbe dovuto portare il messaggio a un popolo duro d'orecchio. Isaia chiese per quanto tempo sarebbe durata quella situazione e ricevette una risposta poco incoraggiante: «Finché non siano devastate le città, senza abitanti [...] e la campagna resti deserta e desolata» (Is 6,11): cioè, fino al tempo, nel futuro, in cui il regno di Giuda fosse caduto sotto Babilonia.

In realtà, raramente durante l'intero suo ministero Isaia vide accolti i suoi sermoni e sperimentò la profonda consapevolezza che le profezie, che egli stesso aveva registrato per sé in «un libro sigillato» (Is 29,11), sarebbero riuscite incomprensibili alla maggior parte della sua generazione, eccetto poche eccezioni, tra cui soprattutto re Ezechia. Nondimeno, a dispetto della delusione per la tiepida accoglienza ottenuta dal suo messaggio, Isaia parlò sempre con fiducia di un'epoca futura in cui «gli orecchi di chi sente staranno attenti» (Is 32,3). In molti dei 39 capitoli che gli studiosi attribuiscono al cosiddetto Primo Isaia, il profeta appare come un portavoce di Dio, la cui eloquenza ben di rado riceve una risposta adeguata e la cui raffinata arte di persuasione non riesce a oltrepassare il muro della resistenza dogmatica dei suoi contemporanei. Invece la seconda parte del libro di Isaia, - i capitoli 40-66, detti anche Secondo e Terzo Isaia - rivela la piena accettazione del messaggio del profeta nel periodo seguente al ritorno dall'esilio.

Sebbene gli ascoltatori non accettassero le parole di Isaia, egli non era solo e aveva il totale appoggio della sua famiglia. Alcuni anni dopo aver ricevuto la sua missione, Isaia ricorda la propria moglie come «la profetessa» (Is 8,3), senza però dire niente su come fosse diventata una profetessa o per quale motivo; forse aveva contribuito al suo stesso libro. Storici moderni ipotizzano che costei fosse la non meglio identificata «vergine [che] concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). L'importanza della famiglia di Isaia per la sua profezia è ulteriormente rivelata dai nomi imposti di figli secondo le esigenze del divino messaggio: Seariasub, "un resto ritornerà"; forse Emmanuele, "Dio è con noi"; e certamente Mahèr-salàl-cash-baz, che vuol dire "rapida preda, pronto bottino".

 

A CONFRONTO CON I RE

Molti oracoli di Isaia sono rivolti al popolo e alcuni ai capi. Il racconto biblico invece ruota attorno allo scontro del profeta con i re di Giuda. Nonostante la mancanza di profezie esplicitamente riferite al loro regno, possiamo affermare che Isaia fu un sostenitore sia di re Ozia sia del figlio e  uccessore di questi, Iotam.

Durante l'ultimo decennio del lungo regno di Ozia (783-742 a.C.), Iotam fu coreggente. In quel periodo l'Assiria divento la maggiore potenza militare della Mesopotamia, costituendo alla fine una minaccia anche per Giuda. Iotam proseguì la politica antiassira di suo padre; ma quando l'Assiria parve pronta a conquistare i regni confinanti a nord con Giudei, nel 736-735 a.C., numerosi sudditi di Iotam espressero apertamente la loro volontà di non ostacolare quel colosso della guerra. Quando il re morì, all'età di poco più di 40 anni, nel 735, gli succedette sul trono il figlio ventenne Acaz.

Durante il regno di Acaz, Isaia si oppose con decisione alla politica estera del re. Il regno settentrionale di Israele aveva formato una coalizione con la Siria per ribellarsi all'Assiria.

Quando Acaz si rifiutò di aderire, i re di Siria e di Israele minacciarono di rovesciarlo dal trono e di sostituirlo con il figlio di un tale chiamato Tabeel, che simpatizzava con la loro causa. Dio mandò Isaia da Acaz con un messaggio: «Fa' attenzione e sta' tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumosi» (Is 7,4). Isaia promise ad Acaz che se fosse rimasto saldo, Dio lo avrebbe liberato dalla minaccia di Israele e della Siria.

Per dimostrare che la sua parola era veritiera, il profeta si offrì di dare ad Acaz un segno.

Con una cinica dimostrazione di falsa pietà, il re lo rifiutò con la scusa di non voler tentare il Signore. Furioso, Isaia lo accusò non solo di mettere a dura prova la pazienza dei suoi sudditi, ma anche quella di Dio e sebbene il re non lo volesse, Isaia gli diede un segno. Una vergine avrebbe presto partorito un figlio, e prima ancora che il piccolo fosse stato svezzato la Siria e Israele  sarebbero stati sconfitti; a questa buona notizia Isaia aggiunse una serie di minacce introdotte dall'espressione «In quel giorno» (Is 7,18;20;21;23). Quelle parole, come nella metafora dell'invio del profeta, anticipavano l'esilio della nazione due secoli dopo.

Il bambino chiamato Emmanuele sarebbe stato un segno sia della fine della minaccia presente sia della fine della futura devastazione di Giuda. Inoltre, il profeta promise anche che una grande luce avrebbe brillato nelle tenebre e nel buio del futuro disastro nazionale e sarebbe stata accompagnata dalla nascita di un bimbo messianico: «Sulle sue spalle è il segno della sovranità» (Is 9,5), ovvero, la casa di Davide sarà ristabilita in un'era di pace senza fine.

Acaz però non si lasciò convincere e mandò segretamente messaggeri in Assiria, accettando di far diventare la sua nazione un regno vassallo della grande potenza mesopotamica e di pagarle il tributo in cambio della protezione contro i due vicini settentrionali. Questa politica procurò a Giuda una pace temporanea a caro prezzo, perché lasciava all'Assiria mano libera per annientare Israele e deportarne gli abitanti sopravvissuti nel 721 a.C.

 

UN SOVRANO CHE PRESTAVA ASCOLTO

Ezechia, figlio e successore di Acaz, fu coreggente con il padre dal 727, e dal 715 al 687 a.C.

governò da solo. Sorprendentemente egli aveva una visione politica opposta a quella del padre e fu l'unico sovrano che segui il messaggio di Isaia. Nonostante qualche tendenza fìlobabilonese che Isaia disapprovava, Ezechia si distinse tra quasi tutti gli altri sovrani dell'Antico Testamento come un re che ascoltava i profeti e seguiva la Legge del Signore. Ezechia si adoperò con determinazione per distruggere gli elementi della religione cananea che compromettevano la fede del popolo eletto. Riprendendo la politica più neutrale di Ozia e di Iotam, nel 705 ruppe completamente con l'Assiria.. Consolidò le difese attorno a Giuda e costruì uno spettacolare tunnel per garantire il rifornimento di acqua alla città di Gerusalemme nell'eventualità fosse presa d'assedio.

Il pericolo più grave Ezechia lo dovette affrontare quando fu minacciato dalle forze assire di Sennacherib, nel 701. Isaia lo esortò a resistere e a confidare nel Signore. Il re seguì il consiglio di Isaia e «l'angelo del Signore scese» per uccidere gli Assiri nel loro accampamento e la mattina dopo, «ecco, erano tutti cadaveri» (Is 37,36). In quello stesso periodo, quando Ezechia cadde gravemente malato, Isaia gli disse che doveva prepararsi a morire. Ma il re pregò intensamente il Signore affinché gli concedesse di vivere ancora: «Signore, ricordati che ho passato la vita dinanzi a te con fedeltà» (Is 38,3), Parlando per bocca di Isaia, Dio garantì a Ezechia che sarebbe vissuto ancora 15 anni e tale promessa fu accompagnata da un segno: l'ombra proiettata dal sole su una scala che portava alla terrazza del palazzo si ritrasse dai 10 scalini sui quali era già scesa.

L'ultima storia su Isaia riguarda l'ospitalità riservata da Ezechia agli inviati di un re straniero, Merodak-Baladan di Babilonia, un regno situato nel sud della Mesopotamia e, a quell'epoca, inferiore rispetto ai potenti Assiri. La visita era strettamente amichevole, motivata dalla buona notizia che Ezechia era guarito dalla sua grave malattia. Dopo la partenza degli stranieri, Isaia seppe che il re aveva mostrato loro la magnificenza del suo palazzo e tutte le cose di valore contenute nei suoi magazzini.

Isaia, allora, annunciò profeticamente che in futuro alcuni figli dello stesso Ezechia avrebbero visto portare via quelle cose, come bottino, da quegli stessi Babilonesi che sarebbero tornati a conquistare Giuda e a distruggere Gerusalemme. Pateticamente compiaciuto, Ezechia scherzò: «Per lo meno vi saranno pace e sicurezza nei miei giorni» (Is 39,8).

Questo episodio è l'ultimo esplicitamentelegato a Isaia nel suo libro e forse ricorda un fatto che storicamente precedette la minaccia degli Assiri del 701 a.C. Dalla Bibbia non risulta che Isaia sia vissuto anche sotto il re successivo, il figlio di Ezechia, Manasse, meno giusto del padre. Una tardiva tradizione ebraico-cristiana, però, dice che Isaia morì martire, segato in due da Manasse. Tale tradizione è raccolta in un libro del I secolo d.C., intitolato Ascensione di Isaia, ripresa forse nella Lettera agli Ebrei 11,37. Non sappiamo, quindi, con sicurezza niente della morte del profeta, neppure l'anno in cui avvenne.

Le profezie di Isaia, nel corso del lungo libro omonimo, dimostrano una notevole flessibilità, ampio respiro e una capacità espressiva sorprendentemente fresca. Anche quando si aspetta una risposta negativa, Isaia ingegnosamente trova il modo di inserire il suo messaggio. «Canterò per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna» (Is 5,1), scrive Isaia, assumendo il ruolo di una sposa in una pubblica celebrazione, forse una cerimonia di fidanzamento. Ma il canto conosce subito una svolta deludente: il padrone della vigna si aspetta che essa produca grappoli belli e gustosi, mentre invece ha prodotto soltanto uva selvatica.

La vigna, spiega Isaia, è Giuda; e il Signore lascerà che venga devastato come punizione per l'infedeltà del popolo.

Il profeta ricorre ad altri stratagemmi per colpire l'immaginazione del popolo. Mentre l'esercito assiro conquistava città nelle regioni circostanti, un non nominato re di Giuda fu tentato di firmare un trattato con l'Egitto per averne protezione. In risposta a tale soluzione, Dio disse a Isaia: «Sciogliti il sacco dai fianchi e togliti i sandali dai piedi!» (Is 20,2); obbediente, il profeta camminò spogliato e scalzo per tre anni come simbolo del destino degli Egiziani e come monito per chi si fidava del loro aiuto e non del Signore.

Un'importante caratteristica del messaggio di Isaia consiste nel suo ripetuto e straordinariamente semplice comando: "Non temere"!

Con queste parole, il profeta condannava tutti gli sforzi di difendere il regno tramite alleanze con stranieri, considerate tradimento della fede in Dio e strategie disperate. Questo monito ricorre nel suo ministero in diverse circostanze e in luoghi e tempi distanti tra loro: nell'oracolo per Acaz, nel messaggio di Dio allo stesso Isaia, nella profezia di Isaia a Ezechia e nelle parole di conforto rivolte agli esiliati.

La vita e il messaggio di Isaia offrirono fondamentalmente un annuncio: ogni azione umana motivata dalla paura di qualsiasi cosa che non sia Dio è contraria alla fede e porta il credente quasi sempre fuori strada. Questo messaggio, che il popolo trovava duro da credere al tempo di Isaia, divenne un caposaldo della fede grazie alla quale gli ebrei sopravvissero all'esilio di Babilonia e sopportarono molte altre catastrofi storiche nei secoli a venire. I cristiani, trovando in Isaia le promesse essenziali realizzate nei Vangeli, lo hanno spesso definito l'Evangelista dell'Antico Testamento.

 

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