ORIGENE
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NOTIZIE STORICHE VERGINE PROFETIZZATA SEMPRE VERGINE ANNUNCIAZIONE CARITÀ DI MARIA MARIA PROFETESSA UNA SPADA TRAPASSERÀ RICERCA NEL TEMPIO MARIA E GIOVANNI |
NOTIZIE STORICHE Origene è una delle piú
grandi figure cristiane di tutti i tempi. "Uomo d'acciaio",
Adamantius, lo soprannominarono i contemporanei. Visse in povertà eroica:
camminava scalzo, possedeva una sola tunica, dormiva per terra il breve
sonno, impegnava il giorno nell'ascesi, la notte nello studio delle divine
Scritture. Era un esempio vivente. Nacque intorno al 185 da famiglia
cristiana. Suo padre Leonida gli impartì una profonda educazione greca e
biblica. Morì intorno all'anno
253/254, in seguito ai tormenti subiti nella persecuzione di Decio. Fulcro della sua
dottrina e della sua profondissima spiritualità è la teologia del Logos,
Verbo eterno diventato uomo per ridare all'uomo la partecipazione della luce
e della grazia. L'uomo deve giungere
alla sua piú alta spiritualità, trasfigurandosi in Cristo, per poter
conoscere e comprendere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa, poiché il simile
conosce il simile, e solo un uomo spirituale può capire il senso spirituale
della Parola di Dio. Tutti, compresa la Vergine Maria, hanno questo impegno
di compiere progressivamente il proprio itinerario di conoscenza, che si
trasformerà in vita. Cosí la figura
"teologica" di Maria trova in Origene la sua prima configurazione:
Maria è la Vergine predetta da Isaia, Vergine santa nel corpo e nell'anima,
anzi primizia della verginità fra le donne; è la Vergine che verginalmente ha
concepito il Cristo, Verbo incarnato, per potenza divina e adombrazione dello
Spirito; ed è Vergine perpetua, che non ha conosciuto uomo né prima né dopo
la generazione del Figlio. Anche il termine Theotokos e la divina maternità
trova forse in Origene un primo difensore. Ma è soprattutto la figura
"evangelica" di Maria che predomina nelle opere superstiti di
Origene: il suo cammino di fede, inteso come peregrinazione progressiva incontro
alla piena conoscenza ed esperienza del Verbo, nelle sue parole e negli
eventi della sua economia salvatrice, dall'Incarnazione alla Pasqua, passando
attraverso lo scandalo della croce. In questa peregrinazione di fede, Maria
viene collocata da Origene sulla linea di tutta la Chiesa: gli eventi di
grazia, che solo Maria ebbe il dono di sperimentare, non l' hanno dissociata
da noi, ma l' hanno posta quasi a capofila di tutti nella progressiva ricerca
e immedesimazione nel Verbo. Due tracciati percorrono paralleli
quest'avvincente itinerario di Maria: la linea della fede e la linea
dell'amore. Quanto alla fede, Maria si trovò a un confronto attivo e
responsabile dapprima con la parola divina consegnata nell'Antico Testamento,
che lei quotidianamente meditava; poi col nuovo campo di riflessione, che
l'Incarnazione indusse nel suo animo attento e meditativo: le parole e la
realtà del Figlio. Anche per lei non fu facile "comprendere" le
parole e il comportamento di Gesú: ne è indice l'affannosa ricerca e il
ritrovamento nel tempio; anzi, anche lei, come tutti gli altri, compresi gli
Apostoli, subì lo scandalo della croce e in qualche modo venne meno nella
fede ai piedi della croce, dove in modo umanamente incomprensibile Dio moriva
fra i tormenti: è l'esegesi origeniana della "spada" predetta da
Simeone, esegesi che ebbe lunga scia in Oriente tra i Padri. Sulla linea
dell'amore, invece, la Vergine è considerata da Origene come modello
dell'uomo spirituale e dell'apostolo: sale sollecita sui monti, percorrendo
rapidamente la strada della sua configurazione con Cristo, rendendo grazie in
sé (cioè magnificando) l'immagine divina; sale per comunicare agli altri il
Signore di cui è piena: perciò la sua voce diventa voce del Verbo e
comunicazione dello Spirito. Si intuisce da questi brevi cenni quale e quanta
venerazione avesse Origene nei confronti della Madre di Gesú. |
VERGINE PROFETIZZATA Secondo quanto predissero
i profeti, Gesù nacque da una vergine la quale partorì Colui che ebbe nome
dalla realtà delle cose, dal fatto cioè che col suo nascere Dio sarebbe stato
con gli uomini. La profezia di Isaia attesta che da una vergine doveva
nascere l'Emmanuele. Cosí dunque parla il
testo: "E il Signore soggiunse, parlando ad Acaz: Chiedi per te un segno
dal Signore tuo Dio negli abissi o nelle altezze. Rispose Acaz: Non lo
chiederò, non voglio tentare il Signore. Allora soggiunse: Udite, o casa di
Davide! Vi par poco provocare gli uomini che provocate pure il Signore?
Ebbene, il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà nel
seno e partorirà un figlio, e gli porrai nome "Emmanuele" che
significa "Dio con noi"" (Is 7,10-14). Il termine
"Aalma", che i Settanta traducono con "vergine", altri
invece con "fanciulla", si trova anche nel Deuteronomio, col senso
preciso di "vergine". È scritto che il
Signore disse ad Acaz: "Chiedi per te un segno dal Signore tuo Dio negli
abissi, oppure nelle altezze" (Is 7, 10). Orbene, qual prodigio che
partorisca una fanciulla non vergine? Ma poi, a chi conviene partorire
l'Emmanuele, cioè, "Il Dio con noi": a una donna forse che, unitasi
con l'uomo, concepì per esperienza femminile, oppure ad una ancor pura e
casta e vergine? A costei senz'altro spetta partorire il figlio, del quale -
nato che sia - è detto: "I1 Dio con noi"! Che vi è dunque di
inverosimile che Dio, volendo inviare al genere umano un maestro divino,
abbia fatto sí, che non nel modo ordinario - per l'accoppiamento cioè
dell'uomo e della donna - ma in maniera diversa egli venisse alla luce? Nelle parole della
Scrittura: "Lo Spirito di Dio verrà su di te, e la potenza
dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra" (Lc 1, 35), è racchiuso il
principio della concezione e della generazione, per cui il fanciullo si è
sviluppato senza che la matrice della madre fosse mai stata aperta. Gesú venendo al mondo
ha preso un corpo umano, come poteva averlo da una donna mortale, e quindi
soggetto alla morte come quello degli uomini... Se la nascita di Gesú è avvenuta, come è detto nella Scrittura, il suo corpo in qualche modo era piú divino di quello dei comuni mortali, ed in un certo senso era il corpo di Dio. |
SEMPRE VERGINE Quanto ai
"fratelli" di Gesú, alcuni - indotti da una tradizione del
cosiddetto Vangelo di Pietro o del libro di Giacomo - dicono che sono i figli
che Giuseppe ebbe da una moglie precedente, a lui sposata prima di Maria. Coloro
che cosí affermano vogliono salvaguardare l'onore di Maria in una verginità
fino alla fine, affinché quel corpo, che fu scelto a prestar servizio al
Verbo che disse: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la Virtù
dell'Altissimo ti adombrerà" (Lc 1, 35), non abbia conosciuto unione con
uomo dopo che lo Spirito Santo discese in lei e l'adombrò la Virtù dall'alto.
E io credo ragionevole che la primizia della purezza casta degli uomini sia
Gesú, e delle donne Maria: non sarebbe infatti pio ascrivere ad altra che a
lei la primizia della verginità. |
ANNUNCIAZIONE La Scrittura narra che,
nel sesto mese della gravidanza di Elisabetta, "l'angelo Gabriele fu
inviato da Dio in una città di Galilea chiamata Nazaret, ad una vergine
promessa ad un uomo di nome Giuseppe, della casa di David; la vergine si
chiamava Maria". Riflettendo tra me, mi
domando perché Dio, avendo deciso una volta per tutte che il Salvatore
dovesse nascere "da una vergine", non abbia scelto una fanciulla
che non fosse fidanzata, ma scelse proprio Maria che già era fidanzata. Se
non sbaglio, questa è la ragione: il Salvatore doveva nascere da una vergine
che non solo fosse fidanzata, ma, come narra Matteo (cf. Mt 1, 25), fosse
stata già condotta ad un uomo, anche se quell'uomo non l'aveva ancora
conosciuta, allo scopo di evitare cosí la vergogna che avrebbe colpito la
vergine se fosse apparsa incinta. È per questo che in una
lettera di un martire - mi riferisco a Ignazio, secondo vescovo di Antiochia
dopo Pietro, che fu gettato alle belve a Roma durante la persecuzione - ho
trovato questa acuta osservazione: "La verginità di Maria fu tenuta
nascosta al principe di questo secolo"; fu tenuta nascosta grazie a
Giuseppe, fu tenuta nascosta grazie alle nozze, fu tenuta nascosta perché si
pensava che Maria fosse maritata. Se non avesse avuto un fidanzato, e - come
si riteneva - un marito, tale verginità non avrebbe potuto essere nascosta
"al principe di questo mondo" (1 Cor 2, 6; Gv 21, 31). Un'idea si
sarebbe subito insinuata nello spirito del diavolo: in qual modo questa
donna, che non ha avuto rapporto coniugale con un uomo, può essere incinta?
Questo concepimento deve essere un'opera divina, deve essere un'opera che va
al di là della natura umana. I1 Signore invece aveva decretato che il diavolo
dovesse ignorare il disegno divino della sua incarnazione; per questo lo
lasciò nell'ignoranza del segreto della sua nascita, e, piú tardi, ordinò ai
discepoli "di non farlo conoscere" (Mt 12, 16). Poiché l'angelo salutò
Maria con una formula nuova che non son riuscito a trovare in nessun altro
passo delle Scritture, sento di dover dire qualcosa a riguardo. Non ricordo
dove si possa leggere altrove nelle Scritture la frase pronunciata
dall'angelo: "Ave, piena di grazia" (Lc 1, 28), che in greco si
traduce kecharitoméne. Mai tali parole, "Ave, piena di grazia",
furono rivolte ad essere umano; tale saluto doveva essere riservato soltanto
a Maria. Se infatti Maria avesse saputo che una formula di tal genere fosse
stata indirizzata a qualcuno - ella possedeva infatti la conoscenza della
Legge, era santa, e conosceva bene, per le sue quotidiane meditazioni, gli
oracoli dei profeti - non si sarebbe certo spaventata per quel saluto che le
apparve cosí insolito. Sicché l'angelo le dice: "Non temere, Maria, perché
tu hai trovato grazia dinanzi al Signore. Ecco, concepirai nel tuo seno e
partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesú. Egli sarà grande e sarà
chiamato Figlio dell'Altissimo" (Lc 1, 30-32). |
MARIA ED ELISABETTA La
madre di Gesú, appena lo ebbe concepito, andò dalla madre di Giovanni,
anch'essa gestante, e cosí Gesú che veniva formato nel seno materno, diede
una forma piú perfetta a Giovanni, che veniva pure formato nel seno materno, rendendolo
conforme alla sua gloria, cosicché per la forma comune, Giovanni venisse
creduto Cristo e parimenti Cristo venisse ritenuto Giovanni redivivo, da
parte di coloro che non sanno distinguere l'immagine e la realtà. Quando infatti Maria
concepì e venne a trovare Elisabetta e "il suo saluto giunse alle
orecchie di lei, il fanciullo trasalì di gioia nel seno" (Lc 1, 44) di
Elisabetta, e questa cominciò a profetare. Ricolma dello Spirito Santo,
proferì le parole che sono riportate nel Vangelo. E tali parole si diffusero
"per tutta la montagna" (Lc 1, 65). Dobbiamo però osservare
che prima, per il suono del saluto di Maria, giunto all'orecchio di
Elisabetta, esultò Giovanni bambino nel seno della madre, la quale ricevette,
per cosí dire, dalla voce di Maria lo Spirito Santo. "Avvenne infatti
che come Elisabetta udí il saluto di Maria, il bimbo balzò nel seno di lei,
ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce e
disse" (Lc 1, 41-42). Qui invece Giovanni vede Gesú venire a lui e dice:
"Ecco l'agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo" (Gv 1,
29). Prima uno si forma con l'ascoltare le cose migliori, e poi diventa
testimone oculare delle medesime. La voce del saluto di Maria, giunta
all'orecchio di Elisabetta, riempì di sé Giovanni; per cui Giovanni balzò e
la madre, divenuta quasi la bocca del figlio e profetessa, esclamò a gran
voce dicendo: "Benedetta sei tu fra le donne e benedetto il frutto del
tuo seno" (Lc 1, 42). Ormai possiamo cogliere appieno il significato del
frettoloso viaggio di Maria verso la regione montuosa, del suo ingresso in
casa di Zaccaria e del suo saluto ad Elisabetta. Tutto ciò avviene perché
Maria faccia partecipe Giovanni (anche se tuttora nel seno di sua madre) del
potere a lei derivato da colui, che aveva concepito; e Giovanni a sua volta
avrebbe fatto partecipe sua madre della grazia profetica, che aveva ricevuto.
Molto convenientemente poi tali doni vengono fatti in una regione montuosa,
perché niente di grande possono ricevere quegli uomini che, per la loro
pochezza, si devono chiamare valli... Si deve inoltre notare
che Maria, piú eminente in virtù, va da Elisabetta, a lei inferiore, e il
Figlio di Dio va da Giovanni: da ciò impariamo la prontezza nell'aiutare gli
inferiori e l'umiltà. |
CARITÀ DI MARIA I piú buoni vanno dai
meno buoni per procurare loro qualche vantaggio con la loro venuta. Cosí
anche il Salvatore andò da Giovanni, per santificare il suo battesimo; e
Maria, dopo aver udito il messaggio dell'angelo, cioè che stava per concepire
il Salvatore e che la sua cugina Elisabetta era incinta, "si alzò e si
recò in fretta alla montagna, ed entrò nella casa di Elisabetta". Gesú,
che era nel seno di lei, aveva fretta di santificare Giovanni che si trovava
nel grembo della madre. Prima che venisse Maria
per salutare Elisabetta, il fanciullo non "esultò nel seno" (Lc 1,
41); ma non appena Maria ebbe pronunziata la parola che il Figlio di Dio, nel
suo seno, le aveva suggerito, "esultò il fanciullo per la gioia"
(Lc 1, 44) e da allora Gesú fece, del suo precursore, un profeta. Era necessario che
Maria, che era quanto mai degna di essere madre del Figlio di Dio, salisse
alla montagna dopo il colloquio con l'angelo, e dimorasse sulle vette. Per
questo sta scritto: "In quei giorni Maria si alzò e si recò alla
montagna" (Lc 1, 39). Doveva del pari, non
essendo affatto pigra nel suo zelo, affrettarsi sollecitamente, e, ricolma di
Spirito Santo, essere condotta sulle vette, essere protetta dalla potenza di
Dio la cui ombra l'aveva già ricoperta. Venne dunque "in
una città di Giuda, nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. E accadde
che, quando Elisabetta udí il saluto di Maria, esultò il fanciullo nel suo
seno ed ella fu ricolmata di Spirito Santo" (Lc 1, 39-40). Non v'è perciò alcun
dubbio che colei che fu allora ricolmata di Spirito Santo, lo fu a causa di
suo figlio. Non fu infatti la madre a meritare per prima lo Spirito Santo; ma
quando Giovanni, ancora chiuso nel seno materno, ebbe ricevuto lo Spirito
Santo, Elisabetta, a sua volta, dopo la santificazione del figlio, "fu
ricolmata di Spirito Santo". Potrai accettare questa verità quando
saprai che qualcosa di simile è accaduto per il Salvatore. Maria fu dunque
ricolmata di Spirito Santo dal momento in cui cominciò ad avere nel seno il
Salvatore. Non appena ricevette lo Spirito Santo, creatore del corpo del
Signore, e il Figlio di Dio cominciò a vivere in lei, anche Maria fu
ricolmata di Spirito Santo. Orbene "esultò il
fanciullo nel seno di Elisabetta ed ella, ricolmata di Spirito Santo, gridò a
grande voce e disse: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto
del ventre tuo. E donde a me la grazia che venga a me la madre del mio
Signore?" (Lc1, 42-43). Dicendo: "Donde a me la grazia?", non
mostra affatto di ignorare donde viene tale grazia, quasi che Elisabetta,
ricolma di Spirito Santo, non sappia che la madre del Signore è venuta da lei
obbedendo alla volontà di Dio; ma vuol dire: Che cosa ho fatto di buono?
Quali grandi opere ho compiuto per cui la madre del Signore giunga fino a me?
Per quale giustizia, per quali buone azioni, per quale fedeltà interiore ho
meritato che la madre del mio Signore venga fino a me? "Ecco, appena il
tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il fanciullo ha trasalito di gioia nel
mio seno" (Lc 1, 44). L'anima del beato Giovanni era santa: ancora
chiuso nel seno di sua madre e sul punto di venire al mondo, conosceva colui
che Israele ignorava; per questo esultò, e non soltanto esultò, ma esultò
nella gioia. Aveva compreso che il Signore era venuto per santificare il suo
servitore, ancor prima che nascesse dal ventre materno... "Beata colei che
ha creduto" (Lc 1, 45) e beato colui che ha creduto, perché si
compiranno le cose che gli sono state dette dal Signore. E per costoro anche
Maria magnifica il Signore Gesú. Infatti, la sua anima magnifica il Signore,
il suo spirito magnifica Dio (cf. Lc 1, 46-47). La ragione, tanto delle
parole che sono state dette, quanto dei fatti che sono stati narrati, deve
essere degna dello Spirito Santo e della fede in Cristo, alla quale noi
credenti siamo chiamati. Dobbiamo dunque ora indagare perché Maria, dopo aver
concepito, venuta da Elisabetta, è rimasta con lei per tre mesi; o meglio per
quale ragione Luca, scrivendo la storia del Vangelo, abbia precisato che
"rimase con lei per tre mesi e dopo tornò a casa sua" (Lc 1, 56).
Deve esservi certamente una ragione, e, se il Signore aprirà il nostro cuore,
le parole che seguono lo mostreranno. Infatti, se è bastato
che Maria sia venuta da Elisabetta e l'abbia salutata, perché il fanciullo
"abbia esultato dalla gioia" (Lc 1, 44) e "Elisabetta ricolma
di Spirito Santo" (Lc 1, 41) abbia proferito quelle profezie narrate nel
Vangelo; se dunque in una sola ora tanti progressi si sono in lei verificati,
resta a noi di immaginare quali progressi abbia fatto Giovanni in quei tre
mesi, durante i quali Maria è stata presso Elisabetta. Se in un momento, anzi
in un istante, il fanciullo ha esultato e in un certo senso è impazzito di
gioia; se Elisabetta è stata ricolmata di Spirito Santo, è veramente
inconcepibile che per tre mesi né Giovanni né Elisabetta abbiano compiuto
alcun progresso stando vicini alla madre del Signore e in presenza del
Salvatore stesso. Durante questi tre mesi, dunque, Giovanni era tenuto in
esercizio, e in certo modo veniva unto nell'arena degli atleti e preparato,
nel seno della madre, a crescere in un modo ancor piú meraviglioso, dopo
esser nato in modo meraviglioso. Siccome appunto fu allevato in una maniera inusitata, la Scrittura non riporta che fu allattato dal seno della madre, né che fu portato in braccio dalla nutrice, ma subito aggiunge: "visse nel deserto fino al giorno della sua presentazione a Israele" (Lc 1, 80). |
MARIA PROFETESSA Prima di Giovanni
profetizza Elisabetta, prima della nascita del Signore e Salvatore profetizza
Maria. E come il peccato ha cominciato dalla donna per raggiungere poi
l'uomo, cosí il principio della salvezza ha preso inizio dalle donne,
affinché anche tutte le altre donne, superando la debolezza del sesso,
imitino la vita e la condotta delle sante, e soprattutto di quelle di cui si
parla ora nel Vangelo. Vediamo dunque la
profezia della Vergine. Dice: "La mia anima magnifica il Signore, e ha
esultato il mio spirito in Dio mio Salvatore" (Lc 1, 46-47). Due cose,
l'anima e lo spirito, compiono una duplice lode. L'anima celebra il Signore,
lo spirito celebra Dio: non perché la lode del Signore sia diversa da quella
di Dio, poiché colui che è Dio è anche Signore, e colui che è Signore è anche
Dio. Ci si domanda in che
modo l'anima possa magnificare il Signore. Se infatti il Signore non può
ricevere né accrescimento né diminuzione, ed è colui che è, per qual motivo
ora Maria dice: "La mia anima magnifica il Signore"? Se io considero che il
Signore e Salvatore "è l'Immagine di Dio invisibile" (Col 1, 15), e
se constato che la mia anima è fatta "a immagine" del Creatore,
(cf. Gn 1, 27) per essere l'immagine dell'Immagine (la mia anima in realtà
non è proprio l'immagine di Dio, ma è stata creata a somiglianza della prima
Immagine), potrò allora capire in questi termini: alla maniera di coloro che
dipingono immagini e, una volta scelto ad esempio il volto di un re,
rivolgono la loro abilità artistica a riprodurre un modello unico, cosí
ciascuno di noi trasformando la sua anima a immagine di Cristo compone di lui
una immagine piú o meno grande, talvolta trascurata e sporca, talaltra chiara
e luminosa e rispondente all'originale. Quando dunque avrò fatto grande
l'immagine dell'Immagine, cioè la mia anima, e l'avrò magnificata con le
opere, con il pensiero, con la parola, allora l'immagine di Dio diviene piú
grande, e lo stesso Signore, di cui l'anima è l'immagine, è magnificato nella
nostra stessa anima. E come il Signore cresce nella nostra immagine, cosí, se
siamo peccatori, egli diminuisce e decresce. Per essere piú precisi,
il Signore non diminuisce né decresce, ma siamo noi che, invece di indossare
l'immagine del Salvatore, ci rivestiamo di altre immagini; al posto
dell'immagine del Verbo, della sapienza, della giustizia e di tutte le altre
virtù, assumiamo l'aspetto del diavolo, tanto che possiamo essere chiamati
"serpenti, generazione di vipere" (Mt 23, 33). Indossiamo anche la
maschera del leone, del drago e delle volpi, quando siamo crudeli, velenosi,
astuti; e persino quella del caprone quando siamo troppo portati ai piaceri
dei sensi. Orbene dapprima
"l'anima" di Maria "magnifica il Signore", e, dopo,
"il suo spirito esulta in Dio"; cioè, se non siamo dapprima
cresciuti, non possiamo esultare. Ella dice: "Perché
ha guardato l'umiltà della sua ancella" (Lc 1, 48). Su quale umiltà di
Maria il Signore ha volto il suo sguardo? Che cosa aveva, la madre del
Signore, di umile e di basso, ella che portava nel seno il Figlio di Dio? Chi
pone questa domanda si ricordi che proprio nelle Scritture l'umiltà è
considerata come una delle virtù. Dice il Salvatore:
"Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo alle
anime vostre" (Mt 11, 29). Noi possiamo definire l'umiltà come lo stato
di un uomo che non si gonfia, ma si abbassa. Chi infatti si gonfia, cade,
come dice l'Apostolo, "nella condotta del diavolo" - il quale
appunto ha cominciato col gonfiarsi di superbia -; l'Apostolo dice: "Per
non incappare, gonfiato d'orgoglio, nella condanna del diavolo" (1 Tm
3,6). "Ha guardato l'umiltà della sua
ancella": Dio mi ha guardato - dice Maria - perché sono umile e perché
ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento. "Ecco che sin
d'ora tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1, 48). Se intendo
"tutte le generazioni" secondo il piú semplice significato, ritengo
che si faccia allusione ai credenti. Ma se cerco di vedere il significato piú
profondo, capirò quanto sia preferibile aggiungere: "Perché fece grandi
cose per me colui che è potente" (Lc 1, 49). Proprio perché
"chiunque si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11), Dio "ha
guardato l'umiltà" della beata Maria; per questo ha fatto per lei grandi
"cose colui che è potente e il cui nome è santo". E "la sua
misericordia si estende di generazione in generazione" (Lc 1, 50). Non è
su una generazione, né su due, né su tre, e neppure su cinque che si estende
"la misericordia" di Dio; essa si estende eternamente "di
generazione in generazione". "Per coloro che lo temono ha dispiegato la potenza del suo braccio". Anche se sei debole, se tu ti accosti al Signore, se avrai timore di lui, potrai udire la promessa con la quale il Signore risponde al tuo timore. |
UNA SPADA TRAPASSERÀ Gesù è stato stabilito
"per la rovina e la risurrezione di molti in Israele" (Lc 2, 34),
cioè di coloro che possono vedere con occhio penetrante e spirituale, ed è
stato posto come " segno di contraddizione". Tutto ciò che la
storia narra a proposito del Salvatore, è oggetto di contraddizione. Una
Vergine è madre, ecco un segno di contraddizione. Cristo ha avuto un corpo
umano, ecco un altro segno di contraddizione. È risuscitato dai morti, ed
anche questo è un segno di contraddizione: come è risorto? Con quel corpo con
cui era morto, oppure, senza dubbio, con un corpo sostanzialmente superiore? Dice poi Simeone:
"E una spada trafiggerà la tua anima". Qual è questa spada che
trafigge non solo il cuore degli altri, ma anche quello di Maria? Sta scritto
chiaramente che al tempo della passione tutti gli Apostoli si
scandalizzarono, come aveva detto lo stesso Signore: "Tutti voi vi
scandalizzerete in questa notte" (Mc 14, 27). A tal punto tutti rimasero
scandalizzati che anche Pietro, il capo degli Apostoli, rinnegò Gesú per tre
volte. Che pensare: che, mentre gli Apostoli rimanevano scandalizzati, la
madre del Signore fu preservata dallo scandalo? Se anche lei non subí lo
scandalo durante la passione del Signore, Gesú non morí per i suoi peccati.
Ma se "tutti hanno peccato e sono privati della gloria di Dio", e
se "tutti sono giustificati e riscattati dalla sua grazia" (Rm 3,
23), ebbene, anche Maria in quel momento fu soggetta allo scandalo. Proprio questo è quanto
profetizza ora Simeone dicendo: "E la tua anima" - di te che sai di
aver partorito senza intervento di uomo, in stato di verginità, di te che hai
udito da Gabriele le parole: "Lo Spirito Santo verrà su di te e la
potenza dell'Altissimo ti coprirà con sua ombra" (Lc 1, 35) - sarà
trafitta dalla spada dell'infedeltà, sarà ferita dalla punta aguzza del
dubbio. Pensieri contraddittori ti dilanieranno, quando vedrai che colui che
tu avevi sentito chiamare Figlio di Dio e sapevi essere nato senza intervento
di seme di uomo, è crocifisso, sta per morire, tormentato dai supplizi degli
uomini, e che, infine, piange e si lamenta dicendo: "Padre, se è
possibile passi questo calice da me" (Mt 26, 39). Perciò "una spada
trafiggerà la tua anima". |
RICERCA NEL TEMPIO Compiuti i dodici anni,
Gesù si ferma a Gerusalemme; i genitori, non sapendo dove fosse, lo cercano
con inquietudine, e non lo trovano. Lo "cercano tra i parenti
prossimi", lo cercano "tra i compagni di viaggio", lo cercano
"tra i conoscenti", ma non lo trovano presso tutte queste persone.
Gesú è dunque cercato dai genitori, dal padre putativo che lo aveva
accompagnato e custodito quando era disceso in Egitto; e tuttavia, pur
cercato, non è subito trovato. Non si trova infatti Gesú tra i parenti e gli
amici secondo la carne, non sta tra coloro che sono uniti a lui
corporalmente. I1 mio Gesú non può essere trovato nella folla. Impara dove lo trovano
coloro che lo cercano, in modo che anche tu, cercandolo insieme con Giuseppe
e con Maria, lo possa trovare. Nel cercarlo - dice l'evangelista - "lo
trovarono nel tempio". Non lo trovano in un luogo qualunque, ma
"nel tempio", e neppure semplicemente "nel tempio", ma
"in mezzo ai dottori che egli ascoltava e interrogava" (Lc 2 46)
Cerca dunque anche tu Gesù "nel tempio" di Dio, cercalo nella
Chiesa, cercalo presso i maestri che stanno nel tempio e non ne escono; se
cosí lo avrai cercato, lo troverai. E inoltre, se qualcuno dice di essere un
maestro e non possiede Gesú, egli ha soltanto il nome di maestro ed è per
questo che non si può trovare in lui Gesú Verbo di Dio e Sapienza di Dio. Lo trovano - dice -
"in mezzo ai dottori". Come in un altro passo sta scritto a
proposito dei profeti, nello stesso senso devi intendere ora le parole
"in mezzo ai dottori". Dice l’Apostolo: "se un altro che è
seduto riceve una rivelazione da fare, il primo taccia" (1 Cor 14,30).
Lo trovano "seduto in mezzo ai dottori", anzi mentre se ne sta non
soltanto seduto, ma mentre "li ascolta e li interroga". Anche ora
Gesú è presente, ci interroga e ci ascolta parlare. Comunque: "Noi ti
cercavamo addolorati" (Lc 2, 48). Non credo che essi si siano addolorati
perché credevano che il fanciullo si fosse perduto o fosse morto. Non poteva
accadere che Maria, la quale sapeva di averlo concepito dallo Spirito Santo,
che era stata testimone delle parole dell'angelo, della premura dei pastori e
della profezia di Simeone, nutrisse il timore di aver perduto il fanciullo
che si era smarrito. Si deve assolutamente scartare un simile timore dalla
mente di Giuseppe al quale l'angelo aveva ordinato di prendere il fanciullo e
di andare in Egitto, di Giuseppe che aveva sentito le parole: "Non
temere di prendere Maria in sposa, perché colui che è nato da lei è frutto
dello Spirito Santo" (Mt 1, 20): non poteva temere di aver perduto il
fanciullo, che sapeva essere Dio. Il dolore e la sofferenza dei genitori ci
suggeriscono un senso diverso da quello che può intendere il lettore comune. Cosí come tu, se
qualche volta leggi la Scrittura, ne cerchi il significato con dolore e
tormento, non perché pensi che la Scrittura abbia sbagliato, oppure che essa
contenga qualcosa di falso, ma perché essa ha in sé una verità spirituale e
tu non sei capace di scoprire questa verità; ebbene è proprio in questo modo
che essi cercavano Gesú, temendo che egli si fosse allontanato da loro, che
li avesse abbandonati e fosse andato altrove, e che - questa soprattutto è la
mia opinione - fosse tornato in cielo per discenderne di nuovo un'altra volta
quando gli fosse piaciuto. "Addolorati",
dunque, cercavano il Figlio di Dio (cf. Lc 2, 48). E cercandolo, non lo
trovarono "tra i parenti". La famiglia umana non poteva infatti
contenere il Figlio di Dio. Non lo trovarono "tra i conoscenti"
(cf. Lc 2, 44), perché la potenza divina sorpassa qualsiasi conoscenza e
scienza umana. Dove lo trovano dunque? "Nel tempio" (cf Lc 2, 46);
lí si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di
Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, ed ivi
troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio. Maria e Giuseppe
cercavano Gesú tra i parenti, e non lo trovavano; lo cercavano tra i loro
compagni di viaggio e non potevano trovarlo. Andarono a cercarlo "nel
tempio" e non soltanto "nel tempio" ma presso i maestri, e
"in mezzo ai maestri" lo trovano (cf. Lc 2, 46). Ovunque ci sono
dei maestri, è in mezzo ad essi che si trova Gesú, sempreché tuttavia il
maestro risieda "nel tempio" e non ne esca mai. Gesú arrecava vantaggio
ai suoi maestri, ed insegnava a coloro che sembrava interrogare, parlando
"in mezzo ad essi". In un certo senso li spingeva a cercare ciò che
ignoravano, e a scoprire le verità di cui, fino allora, erano incapaci di
sapere se le conoscevano o se le ignoravano. Gesú dunque viene
trovato "in mezzo ai maestri", e, una volta scoperto, dice a coloro
che lo cercavano: "Perché mi cercavate? Non sapete che io debbo stare
nella dimora del Padre mio?" (Lc 2, 49). Il Padre del Cristo è il Dio
del tempio... Ma, siccome sta scritto
che "essi non compresero queste parole" (Lc 2, 50), dobbiamo
studiare con maggiore attenzione il significato della Scrittura. Erano dunque
cosí privi di intelligenza e di saggezza al punto di non sapere ciò che
voleva dire Gesú, e di non comprendere che con le parole "io debbo stare
nella dimora del Padre mio" alludeva al "tempio"? Oppure
queste parole hanno un significato piú alto, capace di edificare gli ascoltatori:
non vogliono forse esprimere che ciascuno di noi, se è buono e perfetto,
appartiene a Dio Padre? E cosí, in senso generale, il Salvatore parla di
tutti gli uomini, e insegna che Egli non deve essere se non in coloro che
appartengono al Padre. Se uno di voi appartiene a Dio Padre, possiede Gesú in
sé. Crediamo dunque alle parole di colui che dice: "Io debbo stare nella
dimora del Padre mio". E questo io considero che è tempio di Dio più
spirituale, piú vivente e piú vero, del tempio costruito a titolo di simbolo,
ad opera degli uomini. Ma, cosí come la
presenza di Gesú nel tempio, anche la sua uscita ha un significato simbolico.
"Uscì dal tempio" (Mt 24, 1) terrestre, infatti, dicendo:
"Ecco, la vostra casa sarà lasciata abbandonata e deserta" (Mt 23,
3c). Lasciando tale casa, se ne va nella dimora di Dio Padre, cioè nelle
Chiese diffuse su tutta la superficie della terra, e ripete: "Io debbo
stare nella dimora del Padre mio" (Lc 2, 49). Ma allora "essi non
compresero le parole che egli aveva detto loro" (Lc 2, 50). State attenti nello
stesso tempo sia al fatto che mentre si trovava nella dimora del Padre suo
era sulle vette, e al fatto che a Giuseppe e Maria, i quali non avevano
ancora una fede intera, non potevano, per tale motivo, dimorare con lui su
tali vette. Per questo si narra che "egli discese con essi" (Lc 2,
51). Spesso Gesú discende con i suoi discepoli; non sta sempre sulla
montagna, non siede sempre sulla vetta. Sta sulla montagna con Pietro,
Giacomo e Giovanni (cf. Lc 9, 28), ma poi raggiunge, in un altro luogo, il
resto dei discepoli. Siccome coloro che soffrivano di molteplici e diverse
malattie non avevano la forza di salire sulla montagna, "egli discese e
venne" (cf. Mt 8, 1) verso coloro che stavano in basso. Anche ora sta
scritto: "Discese con essi, venne a Nazaret ed era ad essi
sottomesso" (Lc 2, 51). Apprendiamo, figli, ad
essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il piú grande si sottomette al piú
piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è piú anziano di lui, Gesú lo onora
del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di
sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono
l'autorità paterna. Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesú, il
Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e a Maria, io non dovrei essere
sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere
sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore?... Continua poi: "
Maria conservava tutte queste parole nel suo cuore" (Lc 2, 51). Ella
sospettava che ci fosse qualche cosa che andava al di là dell'uomo. Per
questo "conservava nel suo cuore tutte le parole di lui", non come
le parole di un fanciullo di dodici anni, ma come le parole di colui che era
stato concepito da Spirito Santo, di colui che ella vedeva "progredire
in sapienza e in grazia agli occhi di Dio e degli uomini" (Lc 2, 52). Gesú "progrediva
in sapienza" e di anno in anno appariva sempre piú sapiente. Forse che
non era sapiente, così che doveva progredire nella sapienza? O piuttosto,
"poiché si era annientato, prendendo la forma del servo" (Fil 2,
7), riprendeva ciò che aveva perduto e si arricchiva della pienezza della
virtù che sembrava aver abbandonato prima assumendo un corpo umano? "Progrediva"
non soltanto "in sapienza", ma anche "in età". C'è
infatti anche un progresso nell'età. La Scrittura ci parla di due generi di
età: l'età fisica che non è in nostro potere, ma dipende dalla legge della
natura; e l'età spirituale che è veramente in nostro potere e nella quale, se
lo vogliamo, possiamo crescere ogni giorno. |
MARIA E GIOVANNI Si deve dunque osar
dire, che le primizie di tutte le Scritture sono i Vangeli, ma che dei
Vangeli primizia è quello di Giovanni. Non può alcuno percepirne il senso, a
meno che non abbia riposato sul petto di Gesú e non abbia ricevuto da Gesú
Maria, diventata anche madre sua. Tale infatti dovrà diventare chi vorrà
essere un altro Giovanni, che - come di Giovanni - Gesú possa dichiarare di
lui che è Gesú. Se infatti - secondo coloro che sanamente sentirono di lei -
nessun altro è figlio di Maria all'infuori di Gesú, e Gesú dice alla madre:
"Ecco il figlio tuo", è come se dicesse: "Ecco, questi è Gesú
che tu hai generato". Poiché ogni perfetto non vive piú ma è Cristo che
vive in lui; e se Cristo vive in lui, di lui si dice a Maria: "Ecco
Cristo tuo figlio". |