ORIGENE

 

 

NOTIZIE STORICHE
185-254. Uomo di cultura e di grande spiritualità

VERGINE PROFETIZZATA
Come Dio ci prepara al mistero di Maria?

SEMPRE VERGINE
Come Maria rimane sempre vergine?

ANNUNCIAZIONE
Che valore ha l’annunciazione nella storia dell’umanità?
MARIA ED ELISABETTA
Quale importanza assume l’incontro di queste due donne?

CARITÀ DI MARIA
Come si esprime la carità di Maria?

MARIA PROFETESSA
In che senso Maria è profetessa?

UNA SPADA TRAPASSERÀ
Come leggere la sofferenza di Maria in rapporto alla nostra vita
?

RICERCA NEL TEMPIO
Come leggere lo smarrimento di Gesù nel tempio?

MARIA E GIOVANNI
Come intendere la maternità di Maria nei riguardi di Giovanni?

 

 

NOTIZIE STORICHE

 

Origene è una delle piú grandi figure cristiane di tutti i tempi. "Uomo d'acciaio", Adamantius, lo soprannominarono i contemporanei. Visse in povertà eroica: camminava scalzo, possedeva una sola tunica, dormiva per terra il breve sonno, impegnava il giorno nell'ascesi, la notte nello studio delle divine Scritture. Era un esempio vivente. Nacque intorno al 185 da famiglia cristiana. Suo padre Leonida gli impartì una profonda educazione greca e biblica.

Morì intorno all'anno 253/254, in seguito ai tormenti subiti nella persecuzione di Decio.

Fulcro della sua dottrina e della sua profondissima spiritualità è la teologia del Logos, Verbo eterno diventato uomo per ridare all'uomo la partecipazione della luce e della grazia.

L'uomo deve giungere alla sua piú alta spiritualità, trasfigurandosi in Cristo, per poter conoscere e comprendere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa, poiché il simile conosce il simile, e solo un uomo spirituale può capire il senso spirituale della Parola di Dio. Tutti, compresa la Vergine Maria, hanno questo impegno di compiere progressivamente il proprio itinerario di conoscenza, che si trasformerà in vita.

 

Cosí la figura "teologica" di Maria trova in Origene la sua prima configurazione: Maria è la Vergine predetta da Isaia, Vergine santa nel corpo e nell'anima, anzi primizia della verginità fra le donne; è la Vergine che verginalmente ha concepito il Cristo, Verbo incarnato, per potenza divina e adombrazione dello Spirito; ed è Vergine perpetua, che non ha conosciuto uomo né prima né dopo la generazione del Figlio. Anche il termine Theotokos e la divina maternità trova forse in Origene un primo difensore. Ma è soprattutto la figura "evangelica" di Maria che predomina nelle opere superstiti di Origene: il suo cammino di fede, inteso come peregrinazione progressiva incontro alla piena conoscenza ed esperienza del Verbo, nelle sue parole e negli eventi della sua economia salvatrice, dall'Incarnazione alla Pasqua, passando attraverso lo scandalo della croce. In questa peregrinazione di fede, Maria viene collocata da Origene sulla linea di tutta la Chiesa: gli eventi di grazia, che solo Maria ebbe il dono di sperimentare, non l' hanno dissociata da noi, ma l' hanno posta quasi a capofila di tutti nella progressiva ricerca e immedesimazione nel Verbo. Due tracciati percorrono paralleli quest'avvincente itinerario di Maria: la linea della fede e la linea dell'amore. Quanto alla fede, Maria si trovò a un confronto attivo e responsabile dapprima con la parola divina consegnata nell'Antico Testamento, che lei quotidianamente meditava; poi col nuovo campo di riflessione, che l'Incarnazione indusse nel suo animo attento e meditativo: le parole e la realtà del Figlio. Anche per lei non fu facile "comprendere" le parole e il comportamento di Gesú: ne è indice l'affannosa ricerca e il ritrovamento nel tempio; anzi, anche lei, come tutti gli altri, compresi gli Apostoli, subì lo scandalo della croce e in qualche modo venne meno nella fede ai piedi della croce, dove in modo umanamente incomprensibile Dio moriva fra i tormenti: è l'esegesi origeniana della "spada" predetta da Simeone, esegesi che ebbe lunga scia in Oriente tra i Padri. Sulla linea dell'amore, invece, la Vergine è considerata da Origene come modello dell'uomo spirituale e dell'apostolo: sale sollecita sui monti, percorrendo rapidamente la strada della sua configurazione con Cristo, rendendo grazie in sé (cioè magnificando) l'immagine divina; sale per comunicare agli altri il Signore di cui è piena: perciò la sua voce diventa voce del Verbo e comunicazione dello Spirito. Si intuisce da questi brevi cenni quale e quanta venerazione avesse Origene nei confronti della Madre di Gesú.

inizio pagina

 

VERGINE PROFETIZZATA

 

Secondo quanto predissero i profeti, Gesù nacque da una vergine la quale partorì Colui che ebbe nome dalla realtà delle cose, dal fatto cioè che col suo nascere Dio sarebbe stato con gli uomini. La profezia di Isaia attesta che da una vergine doveva nascere l'Emmanuele.

Cosí dunque parla il testo: "E il Signore soggiunse, parlando ad Acaz: Chiedi per te un segno dal Signore tuo Dio negli abissi o nelle altezze. Rispose Acaz: Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore. Allora soggiunse: Udite, o casa di Davide! Vi par poco provocare gli uomini che provocate pure il Signore? Ebbene, il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà nel seno e partorirà un figlio, e gli porrai nome "Emmanuele" che significa "Dio con noi"" (Is 7,10-14).

Il termine "Aalma", che i Settanta traducono con "vergine", altri invece con "fanciulla", si trova anche nel Deuteronomio, col senso preciso di "vergine".

È scritto che il Signore disse ad Acaz: "Chiedi per te un segno dal Signore tuo Dio negli abissi, oppure nelle altezze" (Is 7, 10). Orbene, qual prodigio che partorisca una fanciulla non vergine? Ma poi, a chi conviene partorire l'Emmanuele, cioè, "Il Dio con noi": a una donna forse che, unitasi con l'uomo, concepì per esperienza femminile, oppure ad una ancor pura e casta e vergine? A costei senz'altro spetta partorire il figlio, del quale - nato che sia - è detto: "I1 Dio con noi"!

Che vi è dunque di inverosimile che Dio, volendo inviare al genere umano un maestro divino, abbia fatto sí, che non nel modo ordinario - per l'accoppiamento cioè dell'uomo e della donna - ma in maniera diversa egli venisse alla luce?

Nelle parole della Scrittura: "Lo Spirito di Dio verrà su di te, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra" (Lc 1, 35), è racchiuso il principio della concezione e della generazione, per cui il fanciullo si è sviluppato senza che la matrice della madre fosse mai stata aperta.

Gesú venendo al mondo ha preso un corpo umano, come poteva averlo da una donna mortale, e quindi soggetto alla morte come quello degli uomini...

Se la nascita di Gesú è avvenuta, come è detto nella Scrittura, il suo corpo in qualche modo era piú divino di quello dei comuni mortali, ed in un certo senso era il corpo di Dio.

 

inizio pagina

 

SEMPRE VERGINE

 

Quanto ai "fratelli" di Gesú, alcuni - indotti da una tradizione del cosiddetto Vangelo di Pietro o del libro di Giacomo - dicono che sono i figli che Giuseppe ebbe da una moglie precedente, a lui sposata prima di Maria. Coloro che cosí affermano vogliono salvaguardare l'onore di Maria in una verginità fino alla fine, affinché quel corpo, che fu scelto a prestar servizio al Verbo che disse: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la Virtù dell'Altissimo ti adombrerà" (Lc 1, 35), non abbia conosciuto unione con uomo dopo che lo Spirito Santo discese in lei e l'adombrò la Virtù dall'alto. E io credo ragionevole che la primizia della purezza casta degli uomini sia Gesú, e delle donne Maria: non sarebbe infatti pio ascrivere ad altra che a lei la primizia della verginità.

 

ANNUNCIAZIONE

 

La Scrittura narra che, nel sesto mese della gravidanza di Elisabetta, "l'angelo Gabriele fu inviato da Dio in una città di Galilea chiamata Nazaret, ad una vergine promessa ad un uomo di nome Giuseppe, della casa di David; la vergine si chiamava Maria".

 

Riflettendo tra me, mi domando perché Dio, avendo deciso una volta per tutte che il Salvatore dovesse nascere "da una vergine", non abbia scelto una fanciulla che non fosse fidanzata, ma scelse proprio Maria che già era fidanzata. Se non sbaglio, questa è la ragione: il Salvatore doveva nascere da una vergine che non solo fosse fidanzata, ma, come narra Matteo (cf. Mt 1, 25), fosse stata già condotta ad un uomo, anche se quell'uomo non l'aveva ancora conosciuta, allo scopo di evitare cosí la vergogna che avrebbe colpito la vergine se fosse apparsa incinta.

È per questo che in una lettera di un martire - mi riferisco a Ignazio, secondo vescovo di Antiochia dopo Pietro, che fu gettato alle belve a Roma durante la persecuzione - ho trovato questa acuta osservazione: "La verginità di Maria fu tenuta nascosta al principe di questo secolo"; fu tenuta nascosta grazie a Giuseppe, fu tenuta nascosta grazie alle nozze, fu tenuta nascosta perché si pensava che Maria fosse maritata. Se non avesse avuto un fidanzato, e - come si riteneva - un marito, tale verginità non avrebbe potuto essere nascosta "al principe di questo mondo" (1 Cor 2, 6; Gv 21, 31). Un'idea si sarebbe subito insinuata nello spirito del diavolo: in qual modo questa donna, che non ha avuto rapporto coniugale con un uomo, può essere incinta? Questo concepimento deve essere un'opera divina, deve essere un'opera che va al di là della natura umana. I1 Signore invece aveva decretato che il diavolo dovesse ignorare il disegno divino della sua incarnazione; per questo lo lasciò nell'ignoranza del segreto della sua nascita, e, piú tardi, ordinò ai discepoli "di non farlo conoscere" (Mt 12, 16).

Poiché l'angelo salutò Maria con una formula nuova che non son riuscito a trovare in nessun altro passo delle Scritture, sento di dover dire qualcosa a riguardo. Non ricordo dove si possa leggere altrove nelle Scritture la frase pronunciata dall'angelo: "Ave, piena di grazia" (Lc 1, 28), che in greco si traduce kecharitoméne. Mai tali parole, "Ave, piena di grazia", furono rivolte ad essere umano; tale saluto doveva essere riservato soltanto a Maria. Se infatti Maria avesse saputo che una formula di tal genere fosse stata indirizzata a qualcuno - ella possedeva infatti la conoscenza della Legge, era santa, e conosceva bene, per le sue quotidiane meditazioni, gli oracoli dei profeti - non si sarebbe certo spaventata per quel saluto che le apparve cosí insolito. Sicché l'angelo le dice: "Non temere, Maria, perché tu hai trovato grazia dinanzi al Signore. Ecco, concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesú. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo" (Lc 1, 30-32).

inizio pagina

 

MARIA ED ELISABETTA

 

La madre di Gesú, appena lo ebbe concepito, andò dalla madre di Giovanni, anch'essa gestante, e cosí Gesú che veniva formato nel seno materno, diede una forma piú perfetta a Giovanni, che veniva pure formato nel seno materno, rendendolo conforme alla sua gloria, cosicché per la forma comune, Giovanni venisse creduto Cristo e parimenti Cristo venisse ritenuto Giovanni redivivo, da parte di coloro che non sanno distinguere l'immagine e la realtà.

Quando infatti Maria concepì e venne a trovare Elisabetta e "il suo saluto giunse alle orecchie di lei, il fanciullo trasalì di gioia nel seno" (Lc 1, 44) di Elisabetta, e questa cominciò a profetare. Ricolma dello Spirito Santo, proferì le parole che sono riportate nel Vangelo. E tali parole si diffusero "per tutta la montagna" (Lc 1, 65).

 

Dobbiamo però osservare che prima, per il suono del saluto di Maria, giunto all'orecchio di Elisabetta, esultò Giovanni bambino nel seno della madre, la quale ricevette, per cosí dire, dalla voce di Maria lo Spirito Santo. "Avvenne infatti che come Elisabetta udí il saluto di Maria, il bimbo balzò nel seno di lei, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce e disse" (Lc 1, 41-42). Qui invece Giovanni vede Gesú venire a lui e dice: "Ecco l'agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo" (Gv 1, 29). Prima uno si forma con l'ascoltare le cose migliori, e poi diventa testimone oculare delle medesime. La voce del saluto di Maria, giunta all'orecchio di Elisabetta, riempì di sé Giovanni; per cui Giovanni balzò e la madre, divenuta quasi la bocca del figlio e profetessa, esclamò a gran voce dicendo: "Benedetta sei tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno" (Lc 1, 42). Ormai possiamo cogliere appieno il significato del frettoloso viaggio di Maria verso la regione montuosa, del suo ingresso in casa di Zaccaria e del suo saluto ad Elisabetta. Tutto ciò avviene perché Maria faccia partecipe Giovanni (anche se tuttora nel seno di sua madre) del potere a lei derivato da colui, che aveva concepito; e Giovanni a sua volta avrebbe fatto partecipe sua madre della grazia profetica, che aveva ricevuto. Molto convenientemente poi tali doni vengono fatti in una regione montuosa, perché niente di grande possono ricevere quegli uomini che, per la loro pochezza, si devono chiamare valli...

Si deve inoltre notare che Maria, piú eminente in virtù, va da Elisabetta, a lei inferiore, e il Figlio di Dio va da Giovanni: da ciò impariamo la prontezza nell'aiutare gli inferiori e l'umiltà.

 

CARITÀ DI MARIA

 

I piú buoni vanno dai meno buoni per procurare loro qualche vantaggio con la loro venuta. Cosí anche il Salvatore andò da Giovanni, per santificare il suo battesimo; e Maria, dopo aver udito il messaggio dell'angelo, cioè che stava per concepire il Salvatore e che la sua cugina Elisabetta era incinta, "si alzò e si recò in fretta alla montagna, ed entrò nella casa di Elisabetta". Gesú, che era nel seno di lei, aveva fretta di santificare Giovanni che si trovava nel grembo della madre.

Prima che venisse Maria per salutare Elisabetta, il fanciullo non "esultò nel seno" (Lc 1, 41); ma non appena Maria ebbe pronunziata la parola che il Figlio di Dio, nel suo seno, le aveva suggerito, "esultò il fanciullo per la gioia" (Lc 1, 44) e da allora Gesú fece, del suo precursore, un profeta.

Era necessario che Maria, che era quanto mai degna di essere madre del Figlio di Dio, salisse alla montagna dopo il colloquio con l'angelo, e dimorasse sulle vette. Per questo sta scritto: "In quei giorni Maria si alzò e si recò alla montagna" (Lc 1, 39).

Doveva del pari, non essendo affatto pigra nel suo zelo, affrettarsi sollecitamente, e, ricolma di Spirito Santo, essere condotta sulle vette, essere protetta dalla potenza di Dio la cui ombra l'aveva già ricoperta.

Venne dunque "in una città di Giuda, nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. E accadde che, quando Elisabetta udí il saluto di Maria, esultò il fanciullo nel suo seno ed ella fu ricolmata di Spirito Santo" (Lc 1, 39-40).

Non v'è perciò alcun dubbio che colei che fu allora ricolmata di Spirito Santo, lo fu a causa di suo figlio. Non fu infatti la madre a meritare per prima lo Spirito Santo; ma quando Giovanni, ancora chiuso nel seno materno, ebbe ricevuto lo Spirito Santo, Elisabetta, a sua volta, dopo la santificazione del figlio, "fu ricolmata di Spirito Santo". Potrai accettare questa verità quando saprai che qualcosa di simile è accaduto per il Salvatore. Maria fu dunque ricolmata di Spirito Santo dal momento in cui cominciò ad avere nel seno il Salvatore. Non appena ricevette lo Spirito Santo, creatore del corpo del Signore, e il Figlio di Dio cominciò a vivere in lei, anche Maria fu ricolmata di Spirito Santo.

 

Orbene "esultò il fanciullo nel seno di Elisabetta ed ella, ricolmata di Spirito Santo, gridò a grande voce e disse: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo. E donde a me la grazia che venga a me la madre del mio Signore?" (Lc1, 42-43). Dicendo: "Donde a me la grazia?", non mostra affatto di ignorare donde viene tale grazia, quasi che Elisabetta, ricolma di Spirito Santo, non sappia che la madre del Signore è venuta da lei obbedendo alla volontà di Dio; ma vuol dire: Che cosa ho fatto di buono? Quali grandi opere ho compiuto per cui la madre del Signore giunga fino a me? Per quale giustizia, per quali buone azioni, per quale fedeltà interiore ho meritato che la madre del mio Signore venga fino a me? "Ecco, appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il fanciullo ha trasalito di gioia nel mio seno" (Lc 1, 44). L'anima del beato Giovanni era santa: ancora chiuso nel seno di sua madre e sul punto di venire al mondo, conosceva colui che Israele ignorava; per questo esultò, e non soltanto esultò, ma esultò nella gioia. Aveva compreso che il Signore era venuto per santificare il suo servitore, ancor prima che nascesse dal ventre materno...

"Beata colei che ha creduto" (Lc 1, 45) e beato colui che ha creduto, perché si compiranno le cose che gli sono state dette dal Signore. E per costoro anche Maria magnifica il Signore Gesú. Infatti, la sua anima magnifica il Signore, il suo spirito magnifica Dio (cf. Lc 1, 46-47).

La ragione, tanto delle parole che sono state dette, quanto dei fatti che sono stati narrati, deve essere degna dello Spirito Santo e della fede in Cristo, alla quale noi credenti siamo chiamati. Dobbiamo dunque ora indagare perché Maria, dopo aver concepito, venuta da Elisabetta, è rimasta con lei per tre mesi; o meglio per quale ragione Luca, scrivendo la storia del Vangelo, abbia precisato che "rimase con lei per tre mesi e dopo tornò a casa sua" (Lc 1, 56). Deve esservi certamente una ragione, e, se il Signore aprirà il nostro cuore, le parole che seguono lo mostreranno.

Infatti, se è bastato che Maria sia venuta da Elisabetta e l'abbia salutata, perché il fanciullo "abbia esultato dalla gioia" (Lc 1, 44) e "Elisabetta ricolma di Spirito Santo" (Lc 1, 41) abbia proferito quelle profezie narrate nel Vangelo; se dunque in una sola ora tanti progressi si sono in lei verificati, resta a noi di immaginare quali progressi abbia fatto Giovanni in quei tre mesi, durante i quali Maria è stata presso Elisabetta.

Se in un momento, anzi in un istante, il fanciullo ha esultato e in un certo senso è impazzito di gioia; se Elisabetta è stata ricolmata di Spirito Santo, è veramente inconcepibile che per tre mesi né Giovanni né Elisabetta abbiano compiuto alcun progresso stando vicini alla madre del Signore e in presenza del Salvatore stesso. Durante questi tre mesi, dunque, Giovanni era tenuto in esercizio, e in certo modo veniva unto nell'arena degli atleti e preparato, nel seno della madre, a crescere in un modo ancor piú meraviglioso, dopo esser nato in modo meraviglioso.

Siccome appunto fu allevato in una maniera inusitata, la Scrittura non riporta che fu allattato dal seno della madre, né che fu portato in braccio dalla nutrice, ma subito aggiunge: "visse nel deserto fino al giorno della sua presentazione a Israele" (Lc 1, 80).

inizio pagina

 

MARIA PROFETESSA

 

Prima di Giovanni profetizza Elisabetta, prima della nascita del Signore e Salvatore profetizza Maria. E come il peccato ha cominciato dalla donna per raggiungere poi l'uomo, cosí il principio della salvezza ha preso inizio dalle donne, affinché anche tutte le altre donne, superando la debolezza del sesso, imitino la vita e la condotta delle sante, e soprattutto di quelle di cui si parla ora nel Vangelo.

Vediamo dunque la profezia della Vergine. Dice: "La mia anima magnifica il Signore, e ha esultato il mio spirito in Dio mio Salvatore" (Lc 1, 46-47). Due cose, l'anima e lo spirito, compiono una duplice lode. L'anima celebra il Signore, lo spirito celebra Dio: non perché la lode del Signore sia diversa da quella di Dio, poiché colui che è Dio è anche Signore, e colui che è Signore è anche Dio.

Ci si domanda in che modo l'anima possa magnificare il Signore. Se infatti il Signore non può ricevere né accrescimento né diminuzione, ed è colui che è, per qual motivo ora Maria dice: "La mia anima magnifica il Signore"?

Se io considero che il Signore e Salvatore "è l'Immagine di Dio invisibile" (Col 1, 15), e se constato che la mia anima è fatta "a immagine" del Creatore, (cf. Gn 1, 27) per essere l'immagine dell'Immagine (la mia anima in realtà non è proprio l'immagine di Dio, ma è stata creata a somiglianza della prima Immagine), potrò allora capire in questi termini: alla maniera di coloro che dipingono immagini e, una volta scelto ad esempio il volto di un re, rivolgono la loro abilità artistica a riprodurre un modello unico, cosí ciascuno di noi trasformando la sua anima a immagine di Cristo compone di lui una immagine piú o meno grande, talvolta trascurata e sporca, talaltra chiara e luminosa e rispondente all'originale. Quando dunque avrò fatto grande l'immagine dell'Immagine, cioè la mia anima, e l'avrò magnificata con le opere, con il pensiero, con la parola, allora l'immagine di Dio diviene piú grande, e lo stesso Signore, di cui l'anima è l'immagine, è magnificato nella nostra stessa anima. E come il Signore cresce nella nostra immagine, cosí, se siamo peccatori, egli diminuisce e decresce.

Per essere piú precisi, il Signore non diminuisce né decresce, ma siamo noi che, invece di indossare l'immagine del Salvatore, ci rivestiamo di altre immagini; al posto dell'immagine del Verbo, della sapienza, della giustizia e di tutte le altre virtù, assumiamo l'aspetto del diavolo, tanto che possiamo essere chiamati "serpenti, generazione di vipere" (Mt 23, 33). Indossiamo anche la maschera del leone, del drago e delle volpi, quando siamo crudeli, velenosi, astuti; e persino quella del caprone quando siamo troppo portati ai piaceri dei sensi.

Orbene dapprima "l'anima" di Maria "magnifica il Signore", e, dopo, "il suo spirito esulta in Dio"; cioè, se non siamo dapprima cresciuti, non possiamo esultare.

Ella dice: "Perché ha guardato l'umiltà della sua ancella" (Lc 1, 48). Su quale umiltà di Maria il Signore ha volto il suo sguardo? Che cosa aveva, la madre del Signore, di umile e di basso, ella che portava nel seno il Figlio di Dio? Chi pone questa domanda si ricordi che proprio nelle Scritture l'umiltà è considerata come una delle virtù.

Dice il Salvatore: "Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo alle anime vostre" (Mt 11, 29). Noi possiamo definire l'umiltà come lo stato di un uomo che non si gonfia, ma si abbassa. Chi infatti si gonfia, cade, come dice l'Apostolo, "nella condotta del diavolo" - il quale appunto ha cominciato col gonfiarsi di superbia -; l'Apostolo dice: "Per non incappare, gonfiato d'orgoglio, nella condanna del diavolo" (1 Tm 3,6).

"Ha guardato l'umiltà della sua ancella": Dio mi ha guardato - dice Maria - perché sono umile e perché ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento.

"Ecco che sin d'ora tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1, 48). Se intendo "tutte le generazioni" secondo il piú semplice significato, ritengo che si faccia allusione ai credenti. Ma se cerco di vedere il significato piú profondo, capirò quanto sia preferibile aggiungere: "Perché fece grandi cose per me colui che è potente" (Lc 1, 49). Proprio perché "chiunque si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11), Dio "ha guardato l'umiltà" della beata Maria; per questo ha fatto per lei grandi "cose colui che è potente e il cui nome è santo".

E "la sua misericordia si estende di generazione in generazione" (Lc 1, 50). Non è su una generazione, né su due, né su tre, e neppure su cinque che si estende "la misericordia" di Dio; essa si estende eternamente "di generazione in generazione".

"Per coloro che lo temono ha dispiegato la potenza del suo braccio". Anche se sei debole, se tu ti accosti al Signore, se avrai timore di lui, potrai udire la promessa con la quale il Signore risponde al tuo timore.

inizio pagina

 

UNA SPADA TRAPASSERÀ

 

Gesù è stato stabilito "per la rovina e la risurrezione di molti in Israele" (Lc 2, 34), cioè di coloro che possono vedere con occhio penetrante e spirituale, ed è stato posto come " segno di contraddizione". Tutto ciò che la storia narra a proposito del Salvatore, è oggetto di contraddizione. Una Vergine è madre, ecco un segno di contraddizione. Cristo ha avuto un corpo umano, ecco un altro segno di contraddizione. È risuscitato dai morti, ed anche questo è un segno di contraddizione: come è risorto? Con quel corpo con cui era morto, oppure, senza dubbio, con un corpo sostanzialmente superiore?

Dice poi Simeone: "E una spada trafiggerà la tua anima". Qual è questa spada che trafigge non solo il cuore degli altri, ma anche quello di Maria? Sta scritto chiaramente che al tempo della passione tutti gli Apostoli si scandalizzarono, come aveva detto lo stesso Signore: "Tutti voi vi scandalizzerete in questa notte" (Mc 14, 27). A tal punto tutti rimasero scandalizzati che anche Pietro, il capo degli Apostoli, rinnegò Gesú per tre volte. Che pensare: che, mentre gli Apostoli rimanevano scandalizzati, la madre del Signore fu preservata dallo scandalo? Se anche lei non subí lo scandalo durante la passione del Signore, Gesú non morí per i suoi peccati. Ma se "tutti hanno peccato e sono privati della gloria di Dio", e se "tutti sono giustificati e riscattati dalla sua grazia" (Rm 3, 23), ebbene, anche Maria in quel momento fu soggetta allo scandalo.

Proprio questo è quanto profetizza ora Simeone dicendo: "E la tua anima" - di te che sai di aver partorito senza intervento di uomo, in stato di verginità, di te che hai udito da Gabriele le parole: "Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con sua ombra" (Lc 1, 35) - sarà trafitta dalla spada dell'infedeltà, sarà ferita dalla punta aguzza del dubbio. Pensieri contraddittori ti dilanieranno, quando vedrai che colui che tu avevi sentito chiamare Figlio di Dio e sapevi essere nato senza intervento di seme di uomo, è crocifisso, sta per morire, tormentato dai supplizi degli uomini, e che, infine, piange e si lamenta dicendo: "Padre, se è possibile passi questo calice da me" (Mt 26, 39). Perciò "una spada trafiggerà la tua anima".

inizio pagina

 

RICERCA NEL TEMPIO

 

Compiuti i dodici anni, Gesù si ferma a Gerusalemme; i genitori, non sapendo dove fosse, lo cercano con inquietudine, e non lo trovano. Lo "cercano tra i parenti prossimi", lo cercano "tra i compagni di viaggio", lo cercano "tra i conoscenti", ma non lo trovano presso tutte queste persone. Gesú è dunque cercato dai genitori, dal padre putativo che lo aveva accompagnato e custodito quando era disceso in Egitto; e tuttavia, pur cercato, non è subito trovato. Non si trova infatti Gesú tra i parenti e gli amici secondo la carne, non sta tra coloro che sono uniti a lui corporalmente. I1 mio Gesú non può essere trovato nella folla.

Impara dove lo trovano coloro che lo cercano, in modo che anche tu, cercandolo insieme con Giuseppe e con Maria, lo possa trovare. Nel cercarlo - dice l'evangelista - "lo trovarono nel tempio". Non lo trovano in un luogo qualunque, ma "nel tempio", e neppure semplicemente "nel tempio", ma "in mezzo ai dottori che egli ascoltava e interrogava" (Lc 2 46) Cerca dunque anche tu Gesù "nel tempio" di Dio, cercalo nella Chiesa, cercalo presso i maestri che stanno nel tempio e non ne escono; se cosí lo avrai cercato, lo troverai. E inoltre, se qualcuno dice di essere un maestro e non possiede Gesú, egli ha soltanto il nome di maestro ed è per questo che non si può trovare in lui Gesú Verbo di Dio e Sapienza di Dio.

Lo trovano - dice - "in mezzo ai dottori". Come in un altro passo sta scritto a proposito dei profeti, nello stesso senso devi intendere ora le parole "in mezzo ai dottori". Dice l’Apostolo: "se un altro che è seduto riceve una rivelazione da fare, il primo taccia" (1 Cor 14,30). Lo trovano "seduto in mezzo ai dottori", anzi mentre se ne sta non soltanto seduto, ma mentre "li ascolta e li interroga". Anche ora Gesú è presente, ci interroga e ci ascolta parlare.

Comunque: "Noi ti cercavamo addolorati" (Lc 2, 48). Non credo che essi si siano addolorati perché credevano che il fanciullo si fosse perduto o fosse morto. Non poteva accadere che Maria, la quale sapeva di averlo concepito dallo Spirito Santo, che era stata testimone delle parole dell'angelo, della premura dei pastori e della profezia di Simeone, nutrisse il timore di aver perduto il fanciullo che si era smarrito. Si deve assolutamente scartare un simile timore dalla mente di Giuseppe al quale l'angelo aveva ordinato di prendere il fanciullo e di andare in Egitto, di Giuseppe che aveva sentito le parole: "Non temere di prendere Maria in sposa, perché colui che è nato da lei è frutto dello Spirito Santo" (Mt 1, 20): non poteva temere di aver perduto il fanciullo, che sapeva essere Dio. Il dolore e la sofferenza dei genitori ci suggeriscono un senso diverso da quello che può intendere il lettore comune.

Cosí come tu, se qualche volta leggi la Scrittura, ne cerchi il significato con dolore e tormento, non perché pensi che la Scrittura abbia sbagliato, oppure che essa contenga qualcosa di falso, ma perché essa ha in sé una verità spirituale e tu non sei capace di scoprire questa verità; ebbene è proprio in questo modo che essi cercavano Gesú, temendo che egli si fosse allontanato da loro, che li avesse abbandonati e fosse andato altrove, e che - questa soprattutto è la mia opinione - fosse tornato in cielo per discenderne di nuovo un'altra volta quando gli fosse piaciuto.

"Addolorati", dunque, cercavano il Figlio di Dio (cf. Lc 2, 48). E cercandolo, non lo trovarono "tra i parenti". La famiglia umana non poteva infatti contenere il Figlio di Dio. Non lo trovarono "tra i conoscenti" (cf. Lc 2, 44), perché la potenza divina sorpassa qualsiasi conoscenza e scienza umana. Dove lo trovano dunque? "Nel tempio" (cf Lc 2, 46); lí si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, ed ivi troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio.

Maria e Giuseppe cercavano Gesú tra i parenti, e non lo trovavano; lo cercavano tra i loro compagni di viaggio e non potevano trovarlo. Andarono a cercarlo "nel tempio" e non soltanto "nel tempio" ma presso i maestri, e "in mezzo ai maestri" lo trovano (cf. Lc 2, 46). Ovunque ci sono dei maestri, è in mezzo ad essi che si trova Gesú, sempreché tuttavia il maestro risieda "nel tempio" e non ne esca mai.

Gesú arrecava vantaggio ai suoi maestri, ed insegnava a coloro che sembrava interrogare, parlando "in mezzo ad essi". In un certo senso li spingeva a cercare ciò che ignoravano, e a scoprire le verità di cui, fino allora, erano incapaci di sapere se le conoscevano o se le ignoravano.

Gesú dunque viene trovato "in mezzo ai maestri", e, una volta scoperto, dice a coloro che lo cercavano: "Perché mi cercavate? Non sapete che io debbo stare nella dimora del Padre mio?" (Lc 2, 49). Il Padre del Cristo è il Dio del tempio...

Ma, siccome sta scritto che "essi non compresero queste parole" (Lc 2, 50), dobbiamo studiare con maggiore attenzione il significato della Scrittura. Erano dunque cosí privi di intelligenza e di saggezza al punto di non sapere ciò che voleva dire Gesú, e di non comprendere che con le parole "io debbo stare nella dimora del Padre mio" alludeva al "tempio"? Oppure queste parole hanno un significato piú alto, capace di edificare gli ascoltatori: non vogliono forse esprimere che ciascuno di noi, se è buono e perfetto, appartiene a Dio Padre? E cosí, in senso generale, il Salvatore parla di tutti gli uomini, e insegna che Egli non deve essere se non in coloro che appartengono al Padre. Se uno di voi appartiene a Dio Padre, possiede Gesú in sé. Crediamo dunque alle parole di colui che dice: "Io debbo stare nella dimora del Padre mio". E questo io considero che è tempio di Dio più spirituale, piú vivente e piú vero, del tempio costruito a titolo di simbolo, ad opera degli uomini.

Ma, cosí come la presenza di Gesú nel tempio, anche la sua uscita ha un significato simbolico. "Uscì dal tempio" (Mt 24, 1) terrestre, infatti, dicendo: "Ecco, la vostra casa sarà lasciata abbandonata e deserta" (Mt 23, 3c). Lasciando tale casa, se ne va nella dimora di Dio Padre, cioè nelle Chiese diffuse su tutta la superficie della terra, e ripete: "Io debbo stare nella dimora del Padre mio" (Lc 2, 49). Ma allora "essi non compresero le parole che egli aveva detto loro" (Lc 2, 50).

State attenti nello stesso tempo sia al fatto che mentre si trovava nella dimora del Padre suo era sulle vette, e al fatto che a Giuseppe e Maria, i quali non avevano ancora una fede intera, non potevano, per tale motivo, dimorare con lui su tali vette. Per questo si narra che "egli discese con essi" (Lc 2, 51). Spesso Gesú discende con i suoi discepoli; non sta sempre sulla montagna, non siede sempre sulla vetta. Sta sulla montagna con Pietro, Giacomo e Giovanni (cf. Lc 9, 28), ma poi raggiunge, in un altro luogo, il resto dei discepoli. Siccome coloro che soffrivano di molteplici e diverse malattie non avevano la forza di salire sulla montagna, "egli discese e venne" (cf. Mt 8, 1) verso coloro che stavano in basso. Anche ora sta scritto: "Discese con essi, venne a Nazaret ed era ad essi sottomesso" (Lc 2, 51).

Apprendiamo, figli, ad essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il piú grande si sottomette al piú piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è piú anziano di lui, Gesú lo onora del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono l'autorità paterna. Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesú, il Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e a Maria, io non dovrei essere sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore?...

Continua poi: " Maria conservava tutte queste parole nel suo cuore" (Lc 2, 51). Ella sospettava che ci fosse qualche cosa che andava al di là dell'uomo. Per questo "conservava nel suo cuore tutte le parole di lui", non come le parole di un fanciullo di dodici anni, ma come le parole di colui che era stato concepito da Spirito Santo, di colui che ella vedeva "progredire in sapienza e in grazia agli occhi di Dio e degli uomini" (Lc 2, 52).

Gesú "progrediva in sapienza" e di anno in anno appariva sempre piú sapiente. Forse che non era sapiente, così che doveva progredire nella sapienza? O piuttosto, "poiché si era annientato, prendendo la forma del servo" (Fil 2, 7), riprendeva ciò che aveva perduto e si arricchiva della pienezza della virtù che sembrava aver abbandonato prima assumendo un corpo umano?

"Progrediva" non soltanto "in sapienza", ma anche "in età". C'è infatti anche un progresso nell'età. La Scrittura ci parla di due generi di età: l'età fisica che non è in nostro potere, ma dipende dalla legge della natura; e l'età spirituale che è veramente in nostro potere e nella quale, se lo vogliamo, possiamo crescere ogni giorno.

inizio pagina

 

MARIA E GIOVANNI

 

Si deve dunque osar dire, che le primizie di tutte le Scritture sono i Vangeli, ma che dei Vangeli primizia è quello di Giovanni. Non può alcuno percepirne il senso, a meno che non abbia riposato sul petto di Gesú e non abbia ricevuto da Gesú Maria, diventata anche madre sua. Tale infatti dovrà diventare chi vorrà essere un altro Giovanni, che - come di Giovanni - Gesú possa dichiarare di lui che è Gesú. Se infatti - secondo coloro che sanamente sentirono di lei - nessun altro è figlio di Maria all'infuori di Gesú, e Gesú dice alla madre: "Ecco il figlio tuo", è come se dicesse: "Ecco, questi è Gesú che tu hai generato". Poiché ogni perfetto non vive piú ma è Cristo che vive in lui; e se Cristo vive in lui, di lui si dice a Maria: "Ecco Cristo tuo figlio".

inizio pagina

 

 

torna a: I Padri della Chiesa e la Vergine