LA CITTA’
DELLA GIOIA
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Alla ricerca di nuovi autentici valori: un lungo
viaggio dalla ricca America alle bidonville di Calcutta. Deluso
e amareggiato sotto il profilo professionale, un giovane medico americano
lascia il suo paese e va in India, alla ricerca di qualcosa che gli
restituisca il senso dell'esistenza. La
realtà che lo aspetta e però sconvolgente, un vero e proprio inferno di miseria
e degradazione, nel quale gli uomini cercano di sopravvivere tra topi e
scarafaggi, nella più assoluta mancanza di mezzi. Ma proprio qui, nelle
allucinanti colonie di lebbrosi della «Città del la gioia», in mezzo a
inondazioni, fame e malati, il protagonista riuscirà a ritrovare la forza di
riscattarsi. |
Un romanzo sconvolgente. Una straordinaria lezione di
coraggio. Lapierre
si rivolge alla scintilla di amore e speranza che è in ognuno di noi. L'AVVENIRE |
POSTFAZIONE
di Dominique Lapierre Il mio viaggio nella Città della gioia: una storia d'amore Dalla
prima mattina in cui vi entrai, durante il monsone, mi resi conto che quel
miserabile, disumano slum di Calcutta chiamato la Città della gioia era uno
dei luoghi più straordinari esistenti sulla faccia della Terra. Quando ne
ripartii, due anni dopo, portando con me una ventina di quaderni zeppi di
appunti e centinaia di ore di registrazione, sapevo di avere tra le mani il
materiale per il libro più importante della mia carriera: un'epopea
dell'eroismo, dell'amore e della fede; uno splendido tributo alla capacità
dell'uomo di superare le avversità e di sopravvivere a qualunque catastrofe.
Nel caso di questa lunga, difficile, e a volte dolorosa ricerca, mi sono
trovato a dover condividere le situazioni più disparate. Ho imparato come le
persone possano vivere insieme a topi, scorpioni e insetti, sopravvivere con
pochi cucchiai di riso e una o due banane al giorno, fare code di ore per
usare le latrine, lavarsi con meno di mezzo litro d'acqua, accendere un
fiammifero in pieno monsone, dividere le loro abitazioni con un gruppo di
eunuchi. Prima di venire adottato dagli abitanti dello slum dovetti
apprendere i loro usi, sperimentare le loro paure e i loro momenti più
difficili, condividere le loro lotte e le loro speranze. Era davvero una
delle esperienze più straordinarie che possano capitare a uno scrittore.
Un'esperienza che ha cambiato la mia vita. Vivere con gli eroici abitanti
della Città della gioia ha completamente trasformato la mia cognizione di ciò
che è prioritario e il mio giudizio sui reali valori della vita. Dopo essermi
trovato faccia a faccia con i veri problemi dell'esistenza - fame, malattie,
mancanza assoluta di attrezzature mediche, disoccupazione - ho smesso di
lottare per cose banali come un parcheggio, quando torno in Europa o in
America. Condividere per tutti quei mesi l'esistenza di una popolazione che
in certi casi deve vivere con appena l'equivalente di un quarto di dollaro al
giorno mi ha insegnato anche il vero valore degli oggetti. Ora per me i
istintivo spegnere la luce uscendo da una stanza, usare la saponetta fino
all'ultima scaglia, non buttare nella spazzatura ciò che si può conservare o
riutilizzare. Queste esperienze fuori dal comune mi hanno anche insegnato
quanto sia meraviglioso condividere le cose con gli altri. Per due anni non
mi è stato chiesto nulla, e in compenso mi è sempre stato dato tutto. La
generosità dei miei amici della Città della gioia mi ha rivelato il vero
significato di quel bellissimo proverbio indiano che dice "tutto ciò che
non viene donato va perduto". Scrivere
l'epopea della Città della gioia mi ha impegnato per un anno intero. Ho
scritto il libro nella mia casa nel sud della Francia, nella privacy amena e
privilegiata dei vigneti e dei boschi di pino della Provenza. Per mantenere
sempre vivo in me il ricordo del formicaio di Calcutta, dei suoi rumori,
odori e colori, ogni giorno prima di mettermi a scrivere guardavo qualche
foto, delle duemila che avevo scattato, e riascoltavo alcune delle
registrazioni da me fatte sul luogo. La
versione definitiva de La Città della gioia uscì prima in Francia e in
seguito in Spagna, in Italia, nei Paesi Bassi, in Germania e in Inghilterra, nonché
negli Stati Uniti. Ovunque il successo fu immediato, enorme, e assunse
proporzioni per me totalmente inaspettate. Fino a oggi il libro ha venduto
più di sei milioni di copie, in trentun lingue e altrettante edizioni,
comprese cinque edizioni in Braille per i ciechi. Sebbene
fossi certo di aver scritto un'epopea di grande suggestione, il fatto che la
storia di uno slum di Calcutta sfrecciasse così rapidamente in testa a tutte
le classifiche dei best-seller era per me una vera sorpresa. Ma ancora più sorprendente
era la quantità di posta che iniziò a piovere nel mio appartamento di Parigi.
Migliaia di lettori cominciarono a scrivermi da tutto il mondo. Ogni lettera
era una testimonianza di gratitudine per aver scritto La Città della gioia.
Molte mi commossero profondamente e ci fecero persino piangere, me e mia
moglie. Quasi tutte le buste contenevano un assegno, a volte un gioiello
incartato, un lingotto d'oro, o dei titoli azionari. In una c'era un breve
messaggio anonimo: "La Città della gioia è talmente bello che siamo
lieti di inviarvi gli oggetti acclusi. Per favore vendeteli. Saranno più
utili nella Città della gioia che sulle nostre dita". Attaccate al
foglio con del nastro adesivo c'erano due fedi nuziali. Un
giorno, mentre stavo uscendo dal mio appartamento parigino per correre
all'aeroporto Charles de Gaulle a prendere un volo per New York, suonò il
campanello. Alla porta c'era un'anziana signora con una borsa da viaggio.
«Sono appena arrivata in treno da Tolosa» disse. «Sono venuta a fare testamento
in favore dei suoi eroi della Città della gioia. » La storia di questi eroi
ha commosso così tanti animi che gli scolari hanno organizzato collette nelle
classi, o recite e spettacoli in loro favore. Centinaia di lettori si sono
offerti di adottare un bambino della Città della gioia, o di andare laggiù a
dare una mano durante le vacanze. Da
parte mia, ho devoluto la metà di tutti i miei diritti d'autore ai
protagonisti del libro o a istituzioni umanitarie che a Calcutta e nelle zone
circostanti lottano per migliorare le condizioni di vita dei più poveri fra i
poveri. A partire dal 1985, anno in cui è uscito il libro, sono stati
raccolti quasi due milioni di dollari (provenienti dai miei diritti e da
donazioni di lettori) destinati a creare, sostenere e sviluppare una serie di
progetti di assoluta priorità. Progetti che includono centri di accoglienza
per bambini lebbrosi e poliomielitici, dispensari, scuole, centri di
riabilitazione, programmi educativi, iniziative sanitarie e così via. Allo
scopo di organizzare e convogliare i fondi, ho creato un'associazione
chiamata Action pour les enfants des lépreux de Calcutta che oggi
conta varie migliaia di aderenti. La
mia attenzione a che ogni centesimo proveniente dai miei diritti d'autore o
dai lettori raggiunga direttamente i poveri bisognosi di aiuto è quasi
maniacale. Le persone che aiutano me e mia moglie (che si chiama anche lei
Dominique) sono tutte volontarie; fra di esse, le sue cinque sorelle, due
signore della nostra parrocchia e un direttore generale in pensione. Come
sede dell'associazione utilizziamo una stanza del nostro appartamento a
Parigi e paghiamo di tasca nostra l'energia elettrica e il telefono. Non
abbiamo costi per spese generali. Ho organizzato il trasferimento dei fondi in India in modo tale da avere la sicurezza che ogni dollaro inviato vada alla persona giusta per lo scopo giusto. È una cosa molto importante, a volte difficile da realizzare. Tuttavia il fatto di essere un'organizzazione di dimensioni limitate (e vogliamo rimanere tali proprio per queste ovvie ragioni) ci permette di collegare ognuno dei nostri contributi a una specifica azione sul campo. Se siamo riusciti a raggiungere l'obiettivo con successo, lo dobbiamo in gran parte alle persone eccezionali che lavorano nelle istituzioni indiane locali da noi appoggiate. Sono tutte delle autentiche Madri Teresa. Sono apostoli di amore e di solidarietà, i più umili, impegnati ed efficienti che abbia mai incontrato. Mi sia concesso rendere omaggio ad Agnes, Ali, Francois, Gaston, James, Kamruddin, Sabitri, Sunil, Wohab e a tutti i loro compagni. Essi sono le braccia, le gambe e lo spirito della nostra modesta azione sul fronte della battaglia contro la povertà. Fra
i molti altri progetti che spero potranno essere finanziati dai diritti de La
Città della gioia e da offerte di nuovi lettori, ce n'è uno che mi sta
particolarmente a cuore. Si tratta di un programma di irrigazione che
interessa diciannove villaggi bengalesi in cui vivono più di centomila
persone. Grazie a questo sforzo diventeranno "gente da due pasti al
giorno". La loro terra, che da un solo raccolto e, in caso di siccità,
nemmeno quello, ne produrrà due o anche tre. Questo è combattere la povertà
attaccandola alle radici. Di fronte a una catastrofe climatica, la gente non sarà
più costretta a lasciare i campi riarsi per andare ad ammucchiarsi in slum
come la Città della gioia. E forse un giorno, se progetti di questo tipo si
moltiplicheranno, gli abitanti della Città della gioia potranno lasciare
quell'inferno e tornare alle loro belle regioni agricole. Do la mia parola
che le offerte ricevute, come pure i miei diritti d'autore, continueranno a
essere usati senza sosta per raggiungere questo grande risultato. Un
pomeriggio di dicembre del 1987, il sindaco della città di Calcutta, K.K.
Basu, con il Consiglio Municipale al completo, diede un magnifico ricevimento
nella City Hall in onore mio e di mia moglie, come espressione della
gratitudine di Calcutta per «il modo in cui avevo fatto conoscere al mondo le
doti di coraggio, vitalità e speranza della sua popolazione». In quelle
circostanze ci nominarono cittadini onorari e ci appuntarono la medaglia
d'onore d'oro. Ma il premio più sorprendente e più importante che dovevo ricevere in quel giorno memorabile era un significativo documento che rivelava l'impatto avuto dal mio libro sugli amministratori della città. Il progetto di sviluppo del Consiglio si chiamava "Calcutta - Città della gioia - Progetti per il domani". Fra le prime iniziative delineate dal documento, volte a cambiare le condizioni di vita della città per farla diventare una vera "Città della gioia", c'era la distribuzione quotidiana di dieci litri di acqua potabile ai tre milioni di residenti degli slum……… |
“ Action pour les enfants des lépreux de Calcutta” 26, avenue Kléber, 75116 Parigi, Francia Madre Teresa :
MISSIONARIES OF CHARITY 54/A, A.J.C. Road, Calcutta – 700 016 - India |