La Parrocchia

 

 

·         presentazione

·         ciò che non ...

·         luogo di preghiera

·         luogo della parola

·         luogo dell'eucaristia

·         luogo dei sacramenti

·         luogo della fede

·         luogo della speranza

·         luogo dell'amore

·         luogo dell'incontro...

·         luogo dell'evangelizzazione

 

 

 da : adonaj.net

 

 

PRESENTAZIONE

 

C’è un luogo in cui il Regno di Dio diventa bene pubblico: è la parrocchia con le sue infrastrutture (oratorio e chiesa). Tutto può e deve far Chiesa di Dio. Tutto è chiesa del mondo perché tutto è chiamato a scoprire in Cristo l’amore salvatore di Dio.

Ma nella chiesa e nell’oratorio, dove i cristiani e gli uomini di buona volontà si radunano in "nome di Dio", c’è qualcosa di più: c’è l’esplicito impegno dello Spirito Santo, Amore che procede dal Padre e dal Figlio. Sotto questa azione dello Spirito, la chiesa e l’oratorio prendono l’aspetto del luogo del concepimento, della crescita del cristiano fino all’età adulta nel Cristo progetto esistenziale dove la dottrina e la morale sono al servizio dell’edificazione del Regno di Dio nelle coscienze per essere testimoniato in famiglia, nella società. Quindi la chiesa e l’oratorio si presentano come organismi visibili del mondo interiore invisibile, impegnati a generare persone secondo la volontà di Dio. Bisogna essere consapevoli di questo, altrimenti risulta tutto vano e inganneremmo noi stessi. Anche perché in questa prospettiva Dio fa nuove tutte le creature e le cose, basta avere fiducia in Lui.

 

CIO' CHE NON BISOGNA MAI DIMENTICARE

 

"Dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole, ma non sai donde viene e donde va. Così è per chiunque è nato dallo Spirito"(Gv.3,7-8).

Quando si parla di chiesa e oratorio nel loro insieme (cioè la Chiesa come popolo di Dio) sono tante le verità da non scordare. Purtroppo si tratta di verità di natura spirituale e morale, quindi non percepibili dagli occhi dei sensi, ma soltanto visibili agli occhi dello spirito di fede.

La chiesa e l’oratorio hanno una fisionomia soprannaturale che occorre conoscere, amare e praticare se qualcuno vuol farsi nuova creatura ed uscire dagli schemi proposti della società materialistica. Non si possono considerare esclusivamente "gruppi di contatto" col soprannaturale, ma gruppi che devono nascere dall’alto, come Cristo ha proclamato a Nicodemo: "Dovete nascere dall’alto".

Preoccupiamoci, dunque, di riflettere insieme sulle verità essenziali della chiesa e dell’oratorio considerandoli dal versante soprannaturale come "luogo" di Dio Padre che, mediante Cristo risorto e lo Spirito Santo, dimora con noi uomini, parla con noi, condivide e fa comunione con la nostra travagliata avventura umana, con la nostra storia individuale e sociale, con le nostre speranze e, soprattutto, con la nostra debolezza, poiché la strada di Cristo è l’uomo (non certamente i formalismi, gli efficientismi, le esteriorità, l’egoismo, la superbia del potere e del mettersi in vista in una forma di religiosità che nasconde ben altri problemi). Attraverso il Figlio la Trinità comunica con l’intera umanità e il suo ambiente, essendo "Cristo centro del cosmo e della storia".

La chiesa e l’oratorio sono la radice di Dio da cui inizia il suo Regno, piccolo finché si vuole, radice di un piccolo stelo d’erba, ma radice di Dio.

"Inoltre in verità vi dico: se due di voi sulla terra si uniranno per domandare qualsiasi cosa, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perché là dove sono due o tre adunati nel nome mio, io sono in mezzo a loro" (Mt.18,19-20).

In sintesi la chiesa vera e l’oratorio vero (con tutte le loro attività liturgiche ed educative, interiori, e quelle giuridiche ed esteriori) nascono dall’alto. Incominciano ad essere quando l’amore che cementa i cristiani nel nome di Dio, acconsente anche a Dio di essere in mezzo a noi. Quando la chiesa e l’oratorio crescono vuol dire che è nato l’amore fraterno, perché essi nascono dalla carità per generare carità tra i fratelli della stessa fede, della stessa speranza, impegnati a realizzare con la grazia risorta di Cristo e l’azione dello Spirito Santo l’uomo nuovo, l’umanità redenta; pertanto essi sono luogo di conversione a Dio sul progetto di Cristo nella carità fraterna dell’esempio e della reciproca comprensione.

Non solo, dal cuore della comunità sgorga la vocazione alla perfezione attuata insieme come popolo di Dio, nel reciproco aiuto d’amore e di fiducia, sapendo che Cristo completa con la grazia e lo Spirito vivifica con i suoi carismi coloro che in nome di Dio scelgono di vivere secondo il Vangelo di Cristo. La chiesa e l’oratorio sono scuola dello spirito, palestra della volontà, comune donazione degli uni verso gli altri per adempiere alla legge di Cristo:"Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv.15,12). Così la chiesa e l’oratorio attuano la loro ascesi tendendo alla imitazione di Cristo: "Gesù propone loro un’altra parabola: Avviene del Regno dei cieli come di un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò la gramigna in mezzo al grano e se ne andò. Quando il grano crebbe e mise la spiga, apparve anche la gramigna. I servi del padrone vennero a dirgli: Signore, non era buon grano quello che seminasti nel tuo campo? Di dove viene dunque la gramigna? Rispose: E’ un nemico che ha fatto questo. I servi gli dicono: Allora vuoi che andiamo a strapparla? No, dice il padrone, altrimenti sradicando la gramigna sradichereste anche il grano. Lasciate che crescano insieme l’una e l’atra fino al tempo della mietitura; allora dirò ai mietitori: Raccogliete prima la gramigna e legatela in fasci per bruciarla, il grano invece riponetelo nel mio granaio". (Mt.13,24-30).

Il dialogo comunitario nell’amore, nella carità e nella verità determina il contenuto dell’adunarsi insieme nel nome di Dio. Solo allora Dio è in mezzo a noi.

 

LUOGO DI PREGHIERA

 

 

 

"La mia casa sarà chiamata casa della preghiera, voi altri invece ce ne fate una spelonca di briganti" (Mt.21,13).

Parlare di chiesa e oratorio potrebbe significare parecchie cose. Per qualcuno potrebbe voler dire ricerca di originalità, per altri forse, luogo in cui si portano tutti i sentimenti e tutte le idee di chi compone l’assemblea, in modo disordinato e caotico, così da acconsentire a ciascuno di esprimere se stessi, magari in contraddizione con gli altri come appare nella descrizione che ne traccia Gesù dei due saliti al Tempio a pregare.

Nel contesto di questa riflessione, voglio sottolineare che è Dio l’autore, l’iniziatore di ciò che avviene nella comunità, mediante Cristo Redentore e mediante lo Spirito Santo quando qualcuno si riunisce nel suo nome. Vale a dire che nella chiesa e nell’oratorio nasce il cristiano dall’alto, non dal basso, per opera o per intervento umano, ma nel battesimo di Gesù e nella infusione della grazia dello Spirito; perciò "Santo" sarà chiamato colui che viene generato, tempio vivo dello Spirito Santo, templi della Trinità, templi di Dio, pietre vive, gente santa, regale sacerdozio, piccolo gregge, cui Dio Padre si è degnato di dare il Regno e di rivelare i misteri nascosti da secoli.

"Allora egli ci fece salvi, non per merito di opere giuste fatte da noi, ma in virtù della sua misericordia" (Tit.3,5). "Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai donde viene e dove và. Così è di chiunque è nato dallo Spirito" (Gv.3,8).

Ed ecco che nei due luoghi, ovvero la chiesa e l’oratorio, il cristiano nasce "per opera" dello Spirito Santo e per la grazia del Signore. La sua vocazione spirituale, unica e irrepetibile, è della Trinità elevata alla sopranatura in modo permanente e con segno indelebile per cui è riconosciuto figlio adottivo del Padre, fratello di Cristo e coerede della gloria della Trinità. Luogo di preghiera, che vuol dire luogo di riscoperta dell’amicizia di Dio elevante. In questi due luoghi la comunità proclama la totale dipendenza da Dio adorandolo come Creatore, Redentore e Santificatore del cosmo visibile e della storia umana.

La preghiera assume il segno di elevazione a Dio e alla sua signoria di paternità buona e misericordiosa verso i figli, è una ricerca di condividere insieme il proprio tempo nel santificare la realtà propria e sociale secondo la volontà di Dio.

"Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra" (Mt.6,10), è riprendere consapevolezza della riconciliazione soprannaturale con Lui mediante Cristo dopo il peccato e un rinnovare tale unione per ogni istante della vita così che vivere sia un "fare la volontà del Padre", secondo lo Spirito di Cristo.

"Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato a compiere l’opera sua" (Gv.4,34), è un ringraziare l’Amore di Dio che ha elevato la piccolezza della creatura a luogo del suo amore, a tabernacolo della sua azione fra gli uomini di oggi, a messaggio dell’amore, a voce dello Spirito Santo, a testimonianza dell’amicizia di Dio aperta a chiunque abbia la volontà di fargli posto sulla strada della vita, come hanno fatto i discepoli di Emmaus.

Con la preghiera la chiesa e l’oratorio stabiliscono il contatto con Dio, ricevono e comunicano il dialogo della corrispondenza fra l’anima e la grazia, perché nulla possa avvenire senza che vi sia l’intervento di Dio e il concorso libero ed amorevole dell’uomo.

La grazia della preghiera è l’anima di questi due luoghi, è il fondamento delle opere e del servizio al Vangelo, mediante il Vangelo da cui attingono le energie morali e soprannaturali per predisporsi nel mondo, attraverso la propria vocazione, al piano di Dio: "Signore, cosa vuoi che io faccia?" (San Francesco).

E’ un fare la radiografia del proprio essere e del proprio agire, un applicare la terapia affinché ciò che non è Lui, o di Lui, passi a Lui, diventi Lui, agisca e operi secondo la sua volontà.

Allora la comunità che prega è dinamica, in stato di incessante conversione al messaggio evangelico, è un dilatare nella provvidenza e nella previdenza le problematiche esistenziali, senza tuttavia, perdere la speranza e la certezza di fede che nulla e niente accade che non porti a Dio e alla scoperta del suo amore e della sua volontà. La comunità che prega scopre la consapevolezza della propria miseria e debolezza; perciò ricorre a considerare il bisogno della comunione con Lui per levare e sublimare le pochezze umane.

L’accoglienza libera a tutti (buoni e cattivi, facendo sempre riferimento all’insegnamento di Gesù porta a radunarsi in nome di Dio e ci fortifica per far fronte alle suadenti proposte dello spirito del mondo la cui funzione è quella di paralizzare con la propria efficienza atea ogni invocazione a Dio come partner dell’anima nel difficile sforzo di dominare il male e di fare il bene che veramente vogliamo compiere.

La preghiera rende possibile la scoperta della propria statura morale, la grandezza di Dio e il destino a cui Egli ci ha destinati in Cristo. Dal sacrificio della Santa Messa alla recita delle Ore, alla catechesi, alla lectio divina, ai momenti di svago,m la chiesa e l’oratorio si muovono sulla linea di Cristo prefissata per chiunque voglia farsi figlio di Dio:"Senza di me non potete far nulla" (Gv.15,5).

 

LUOGO DELLA PAROLA

 

 

"Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male. Essi non sono del mondo come io non sono del mondo. Santificali nella verità: la tua parola è verità" (Gv.17,15-17).

La chiesa e l’oratorio non stanno in piedi a parole, ma sono radicati sulla Parola della Bibbia. Le nostre parole di poveri parrocchiani possiamo offrirle come fondamento per le sabbia malsicure del dire senza fare. La chiesa e l’oratorio non si costruiscono sulle tante parole del parroco o dei parrocchiani, anche se pronunciate con amore smisurato, ma si edificano su Cristo e sul Vangelo. Egli disse:"Voi siete di quaggiù, io sono di lassù. Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo"(Gv.8,23).

C’è sempre il volto di Cristo, il primo parrocchiano. Non dobbiamo fermarci soltanto ai nostri volti. A volte parliamo del volto di Cristo come se fosse il nostro, ed affermiamo che la chiesa e l’oratorio sono in sfacelo mentre in rovina è soltanto la nostra testimonianza. Cristo è sempre al di là della nostra carità. Per questo la sua carità non si esaurisce mai, soprattutto quando la nostra svanisce per qualunque causa.

Avvertiamo tutti il logorio delle parole. Nessuna ormai ci sembra solida, capace di edificare nella verità obiettiva, ma ognuna porta inganno, convenienza, utilità, imbroglio, dominio, potere, sfruttamento. Tutte parole, purtroppo, dirette ad irretire la persona, come fa il ragno con gli insetti, nella ragnatela dell’egoismo altrui. Gradualmente ne siamo divorati e distrutti. Larva diventa la nostra esistenza, non persone, larve umane, maschere, non realtà.

Il fatto è che quando ci si raduna (per la liturgia, per pregare, per la catechesi, per lo svago, per qualsiasi opera evangelica) "in nome di Dio" tutti i luoghi diventano "luoghi della Parola di Dio". Ecco che allora le relazioni interpersonali sono assai diverse. Dio non inganna, Dio non illude, Dio non è un ciarlatano, Dio non è un clown; Dio è vero nella parola annunciata da Cristo allo stesso modo che Cristo Gesù è vero Dio pur incominciando ad essere, nel tempo, anche vero uomo.

Lo strumento di cui si serve oggi non ostacola, non impedisce alla "Parola di Dio" di essere se stessa. Poiché Dio sa quel che fa. Conosce i limiti e i pregi degli apostoli e dei laici. Non posso pensare che Egli non sappia scegliere e guidare con lo Spirito Santo coloro che ha incaricato "come messaggeri del suo amore".

Bisogna, dunque, tenere fede a Dio, qualunque cosa possa accadere, che passa nella voce e nella persona di fratelli che forse suscitano antipatia, o addirittura non meritano la nostra fiducia, come uomini simili a noi, in quanto peccatori come noi, e forse più di noi, e che attraverso il "Magistero della Chiesa", attraverso uomini appositamente scelti per vie a lui note, parla alle coscienze, alle menti e ai cuori come Padre.

"Fate dunque tutte le cose che vi dicono, ma non imitate le loro opere"(Mt.23,3). Così Gesù consigliò agli apostoli che gli avevano domandato se conveniva ancora seguire i dettami della classe dirigente ebraica.

E questo consiglio è ancora valido oggi, forse più di ieri. E’ valido per gli apostoli incaricati di rivolgere la Parola di Dio ad uomini buoni e cattivi, rapaci, odiosi, malvagi, lupi in veste d’agnello, a uomini intriganti, a uomini travolti dalla concupiscenza della carne, degli occhi e della superbia, a uomini la cui risposta sarà la persecuzione, l’indifferenza, la morte, la crocifissione, la derisione, il disprezzo; è valido anche per il popolo di Dio quando si raduna nella chiesa e nell’oratorio e può essere assalito dal dubbio se convenga o meno prestar fede a ciò che viene annunciato da persone discutibili.

Coloro che si radunano "in nome di Dio" devono sapere che in mezzo a loro c’è Dio. La garanzia sia per chi annuncia sia per chi ascolta, è la Parola di Cristo. "Chi riceve voi, ascolta me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato"(Mt.10,40). "Chi ascolta voi ascolta me; e chi respinge voi respinge me; e chi respinge me respinge colui che mi ha mandato"(Lc.10,16).

E’ ovvia allora la conclusione a livello di risposta personale e comunitaria, affinché la fede non muoia o inselvatichisca in una sorta di misticismo inconcludente:"Chi dunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile ad un uomo saggio il quale edificò la sua casa sopra la roccia. Cadde la pioggia, e vennero i fiumi, e soffiarono i venti e irruppero su quella casa, ma essa non crollò perché era fondata sulla roccia. Ma chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica è simile ad un uomo stolto il quale edificò la sua casa sopra la sabbia. Cadde la pioggia e vennero i fiumi e soffiarono i venti e irruppero su quella casa, e crollò, e la sua rovina fu grande"(Mt.7,24-27).

Saldati a questa obbedienza di fede alla Parola vi è l’adesione obbedienzale al magistero apostolico il cui compito è quello di "riconfermare nella fede" il popolo di Dio dinanzi alle moderne problematiche religiose, ideologiche, morali e dottrinali. Occorre che in questo confronto ogni cristiano sappia superare i problemi del proprio io, in modo che credere voglia dire fare la volontà di Dio e non la propria che è totalmente diversa.

Il dramma dell’orgoglio si rovescia, in questo delicato momento della crescita della fede mediante la conoscenza della Parola, negli incubi della alienazione o della supina sottomissione religiosa. C’è chi teme di cancellare la propria autonomia di credente (a qualsiasi livello o a qualsiasi incarico) seguendo docilmente in libertà, in carità, in fraternità intelligente e critica, informata dall’amore, gli indirizzi pastorali della Chiesa.

"Nessuno può avere Dio come Padre, se non ha la Chiesa come Madre".

 

LUOGO DELL' EUCARISTIA

 

 

"Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo"(Gv.6,15).

Dalla Parola di Dio alla presenza di Dio. Tutto questo è nella chiesa e nell’oratorio, cioè l’anima di ogni atto liturgico e di ogni assemblea che si costituisce in nome di Dio.

Questa "realtà dinamica soprannaturale", proviene dall’alto verso il basso, ossia dall’amore creativo di Dio all’uomo peccatore, corrisponde alla sete di assoluto di cui "ogni singolo uomo" soffre l’arsura.

Il mare, con la sua distesa oceanica, a noi che ci immergiamo, dà la sensazione dell’infinito. Grande è il desiderio di tuffarsi nell’infinitamente grande da parte del nostro essere infinitamente piccolo. Cristo ha colto questa sete interiore e grida a gran voce: "Chi ha sete venga a me e beva" (Gv.7,37).

La grazia di Dio scorre nel sacramento della presenza e del sacrificio, in continuità. Giorno e notte, nella sede in cui i cristiani si radunano "in nome di Dio", un tabernacolo ospita l’Eucaristia. Una fioca lampada ne indica la realtà.

La chiesa e l’oratorio sono nell’Eucaristia come l’Eucaristia sono nella chiesa e nell’oratorio. Si tratta di una reciproca custodia d’amore. La chiesa e l’oratorio, moralmente presenti nel quotidiano, custodiscono Cristo eucaristico; Cristo realmente e moralmente custodisce la chiesa e l’oratorio, sedi dell’incontro e simboli reali della continuità cristiana. Il sacerdote ne esprime l’incessante preghiera ed unione come pastore e il perenne sacrificio del popolo in costante conversione mediante il lavoro, l’educazione familiare, i buoni rapporti, l’impegno socio-politico, il duro e continuo sacrificio della fedeltà all’amore, a Dio, alla grazia, a Cristo, alla Chiesa, all’oratorio, ai fratelli e sorelle della comunità con misericordia e pazienza accogliendo tutti.

Risulta ovvio che occorrono energie spirituali fresche e cariche di divino nel riprendere ogni giorno il viaggio del divenire con la storia del nostro tempo "luce del mondo e sale della terra". Nessuno può resistere a lungo con le sole forze morali di cui dispone se non attinge nuove risorse nella comunità, per la propria completezza, e alla grazia soprannaturale. Noi cristiani abbiamo bisogno del nutrimento eucaristico, allo stesso modo che necessitiamo ogni giorno di nuove energie fisiche che attingiamo dai cibi e dalle vivande.

Spesso però la chiesa e l’oratorio sono un banchetto senza invitati.

"C’è chi ha preso moglie, e non può venire. C’è chi ha acquistato un podere, e deve andarlo a visitare. C’è chi ha comprato un paio di buoi, e deve provarli"(Lc.14,18-20).

Il fatto è che ci lasciamo trascinare dall’ingranaggio spietato della struttura tecnologica della società consumistica con lo strapotere fascinoso dei suoi beni a imprigionare lo spirito e a sfamarlo con cibi e bevande che non tolgono né la fame dell’assoluto né la sete della verità, pur distribuendo la sazietà a piene mani.

"Io sono il pane della vita. Chi viene a me non avrà più fame; e chi crede in me non avrà più sete. Ma io ve l’ho detto: voi mi avete veduto, eppure non credete"(Gv.6,35-36).

Tuttavia , sorge un grido di dolore dentro chi cerca di avvicinarsi a Cristo, soprattutto quando è deserta la mensa eucaristica, oppure quando vi è ribellione nei giovani perché mancanti di un progetto.
Il fatto è che senza Cristo,
"Via, Verità e Vita"(Gv.14,6), non solo non è possibile fare qualcosa, ma si finisce per non capire più nulla della sua evangelica Parola, della sua presenza, del suo amore. Cosa faccia Gesù nella mente, nel cuore e nella coscienza quando lo si riceve sotto la specie del pane e del vino, non lo sappiamo.

La grazia è un mistero insondabile, ma la sua forza di convincimento di cui non sappiamo misurare l’efficacia è forza soprannaturale. E’ certo che con l’Eucaristia nell’anima non è possibile resistere a lungo a Cristo.

"Il Pane di Dio è quello che discende dal cielo e dà la vita al mondo"(Gv.6,33).

La chiesa e l’oratorio sono mensa e sacrificio, sono luoghi quotidiani del rinnovamento incruento della passione, morte e resurrezione.In essi si celebra "la memoria" di Cristo redentore, sacrificatosi al Padre per la riconciliazione di tutti gli uomini. Chi mangia l’Eucaristia compie "la memoria" del Cristo pasquale e si riconcilia con Dio Padre, e riconosce in questo il pegno dell’eterna comunione in Dio Padre, in Dio Figlio, in Dio Spirito santo, che si realizzerà dopo la morte, se questa avverrà nella grazia della sua amicizia divina. Non solo, ma è anche partecipazione alla redenzione nel quotidiano sforzo di pensare, amare, servire, soffrire il suo Vangelo nelle scelte di fondo, imitandone le virtù, la donazione ai fratelli, facendo in tutto al volontà di Dio.

 

LUOGO DEI SACRAMENTI

 

 

"Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole in nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quello che vi ho comandato. Ed ecco: io sono con voi per sempre, sino alla fine del mondo"(Mt.28,19-20).

La chiesa e l’oratorio si possono considerare da tanti punti di vista: si possono guardare con occhi stupiti per la loro capacità di essere nel tempo e fuori dal tempo, di essere "diversi"dal mondo che cambia e il loro cambiamento cammina in senso contrario allo spirito del mondo. Essi sono considerati "comunità" anacronistiche a causa dei valori morali che propugnano e a causa della loro teologia che li fa essere realtà del mondo ma non nel mondo.

Se li consideriamo sotto il profilo sociologico, essi appaiono come realtà monolitiche nei loro contenuti evangelici, i loro mutamenti concernono il modo di viverli e di realizzarli, non certo l’essenza del cristianesimo che in esso vive intatto nella dottrina e nella morale.

La crisi di questi luoghi non esiste,non esisterà mai; o meglio,esiste ed esisterà sempre la crisi dei cristiani che fanno i luoghi e che possono attribuire loro le difficoltà.

Questi luoghi devono essere Cristo. I mezzi per realizzarlo, nel tempo e nella fisionomia dei cristiani, fanno parte della chiesa e dell’oratorio, i quali, appunto, risentono dei metodi pastorali di coloro che in essi operano.

Conviene,dunque,inquadrare "il capitale soprannaturale"di questi due luoghi per comprendere anche le problematiche che in essi portiamo noi cristiani.Essi sono luoghi della grazia e dei mezzi istituiti da Cristo stesso per comunicarla. Dall’Eucaristia lo sguardo passa al Battesimo in cui gli uomini,battezzati in Cristo e in lui morti e sepolti al peccato,risorgono rigenerati nella grazia pasquale.Ma sono anche luoghi di svago e di attività sportive,luoghi dove si incontrano le difficoltà del vivere come i rapporti interpersonali,la socialità per le persone sole,per quelle ammalate,per quelle che sono nella miseria,per quelle che non si sentono amate ecc..

Possiamo affermare:ciò che Cristo è per natura,i cristiani lo sono per grazia soprattutto per la grazia battesimale,la quale promuove l’edificazione del Cristo in loro fino all’età adulta,con i sacramenti della Cresima e dell’Ordine sacerdotale,destinati alle mansioni vocazionali dei singoli.

L’azione della grazia,gestita nella chiesa e nell’oratorio, non persegue un piano o una strategia umana.Nessuno può farla da padrone sulle coscienze.Rendiamoci conto che siamo "umili servitori"del Cristo verso i fratelli e sorelle ai quali siamo saldati dall’amore. Se ciò per debolezza non accade, la Chiesa stessa deve preoccuparsi di superare l’umano eretto a metro del divino. Nessuno deve sentirsi escluso dalla ricerca della grazia. Non possiamo dire la parola fine per nessuno.
Ma semmai promuovere gli incontri sia personali e comunitari per incontrare Dio in Cristo e nello Spirito Santo. Ricordiamo la Maddalena, il cieco di Gerico, Zaccheo, la folla, Giuda e Barabba, Pilato ed Erode, Pietro e gli altri, le pie donne e Nicodemo, il Centurione e la donna Cananea, la Madonna, Giacomo e Giovanni, il Sinedrio, la sinagoga, gli scribi e i farisei, il Calvario e la tomba scoperchiata.

Questi ed altri volti del Vangelo sono chiesa e oratorio di ieri,di oggi e di sempre.

 

LUOGO DELLA FEDE

 

"Abbiate fede in Dio. In Verità vi dico, che se qualcuno dirà a questa montagna:"togliti di lì e gettati nel mare" se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà concesso"(Mc.11,22-23).

La chiesa e l’oratorio devono essere ricercati dai parrocchiani sotto la spinta di innumerevoli istanze morali e in momenti di gioia comunitaria. A volte si ha la sensazione di intravedere una crescita di fede tra noi. Poi, però, alla prima prova, ci accorgiamo che si trattava di una fede provvisoria, abitudinaria, almeno in molti.

C’è una bella differenza tra la fede che trasporta le montagne e la fede, invece, che sale sulle montagne. Chi si avvicina alla chiesa e all’oratorio, in essi vivono da sempre, a quale fede è stato educato? Lo so, non è facile riesaminare le tappe della educazione alla fede poiché la memoria del passato si rifugia in luoghi comuni dove istituzioni e persone sono associate all’idea della tradizione cristiana. Forse converrebbe distinguere la chiesa e l’oratorio come luoghi della fede in Dio per mezzo di Cristo da luoghi della fede espressa dai parrocchiani, che potremmo definire più propriamente:"luoghi delle fedi".

Ciò che Gesù annuncia alla gente è una cosa, ciò che la gente comprende o professa è un’altra cosa. La fede in Cristo è diversa nel modo di essere posseduta, ma identica nel suo oggetto:Cristo Gesù uomo e Dio! All’insaputa di chi frequenta questi luoghi, di chi vi prende parte, di chi comunica e condivide il "farsi cristiano"come scelta di esistenza, la chiesa e l’oratorio possono essere anche "luoghi di ambiguità". Infatti le ragioni immediate prossime e remote, per cui noi cristiani, o noi cristiani formanti l’assemblea ci raduniamo, possono essere soggettive, personali, circostanziali, per cui ci raduniamo in nome di moventi propri, che ci inducono a rivolgerci a Dio, ma non ci raduniamo in nome di Dio. Chi si porta a far assemblea in nome delle proprie necessità si trova schiavo di esse; chi invece si raduna nell’assemblea e fa assemblea"in nome di Dio",perché così ha detto Cristo, è nella benevolenza di Dio. Le proprie necessità, di qualsiasi ordine, sono allora viste da Dio; ma è l’amore di Dio la causa formale della preghiera, non tutto ciò che può indurre a Dio Onnipotente pere la liberazione delle impotenze. Proprio San Paolo si accorse di questa difficoltà e raccomandava ai cristiani:"Quando mangiate o bevete o quando fate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio" (1^ Cor.10,31).

La fede teologica è centralizzata nella volontà di Dio, manifestata in Cristo, Figlio suo. Tutto il resto non sviluppa la fede in Dio, ma l’attenzione alla straordinarietà di Dio, considerata come un bene conveniente dalle nostre indigenze morali e temporali. Se mai sono una conseguenza della fede.

Lo specifico della fede è Dio accettato in tutto con la conseguente rinuncia di noi stessi sull’esempio di Cristo, il quale per compiere la volontà del Padre ha annientato se stesso sulla Croce. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti.

"Padre mio, se non è possibile che questo calice passi senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà"(Mt.26,42).

La fede è la scelta di questo "sia fatta la tua volontà".E’ adesione, pertanto, di tutto l’essere alla volontà di Dio e al disegno che Egli ha riservato a ciascuno di noi come singolo e a ciascuno di noi come membro del Corpo Mistico di Cristo. Non è adesione morale, o soltanto intellettuale, alla rivelazione dei suoi misteri d’amore. Guai se così fosse vista e soprattutto vissuta.

"Non chiunque mi dice:"Signore,Signore! Entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli"(Mt.7,21).

La volontà del Padre qual è? La nostra santificazione. La porta che introduce alla salvezza è stretta, quella che conduce alla perdizione è larga. L’azione della fede è conversione e riconciliazione permanente fino a costruire in noi gli stessi sentimenti e a compiere le stesse opere di Cristo di fronte ai problemi concreti del vivere quotidiano. Rettificare le intenzioni, quindi, dei cristiani che si radunano nella chiesa e nell’oratorio "in nome di Dio" è un impegno catechetico, pastorale, pedagogico ed evangelico di primaria importanza.

Certo, la fede è un dono che deve essere continuamente messo a fuoco in tre direzioni:nella direzione della conoscenza di Dio rivelatosi in Cristo; nella direzione della conversione alla sua volontà mediante la grazia dei sacramenti; nella direzione della riconciliazione con Dio e con i fratelli, ossia nell’amore. I luoghi della fede, così concepita e vissuta, si trasformano in"luoghi dello Spirito Santo",in una Pentecoste in cui i carismi di ciascuno e i carismi ecclesiali muovono noi cristiani alla donazione della mente, del cuore e della coscienza a Dio per Cristo, e diventiamo portatori del vangelo, con la nostra condotta dottrinale e morale, a tutti i fratelli quando con essi ci troviamo per il lavoro, il divertimento, la vacanza, lo studio, la scuola, la politica, la scienza, la tecnica, l’economia, i diritti umani, l’accoglienza di coloro che magari contestano, o si comportano male ma che hanno più bisogno di noi e del nostro amore, la giustizia, della pace fra tutti gli, esseri viventi.

Ecco che allora diventiamo "luce del mondo e sale della terra"(Mt.5,14). Perché la credibilità dei cristiani non sta nelle parole o negli scritti, nella cultura o nei trattati, nelle cattedrali di pietra, nei monumenti, nelle folle oceaniche dei raduni, ma nell’amore, nelle testimonianze di vita, nei Santi. La nostra fede ha il potere di trasportare le montagne, ma soprattutto ha la forza di vincere nel mondo il peccato e il demonio suo ispiratore.

La chiesa e l’oratorio sono "luoghi della fede",perché essi generano cristiani per cui credere diventa scelta di vita.

 

LUOGO DELLA SPERANZA

 

"Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo: io ho vinto il mondo"(Gv.16,33).

"..chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io, e ne farà di ancora più grandi"(Gv.14,12).

"Non vi lascerò orfani:ritornerò a voi"(Gv.14,18).

Alla chiesa e all’oratorio convergono anime colpite dalla sfiducia (mancanza d’amore il più delle volte). I senza speranza oggi sono molti, anche fra i cosiddetti cristiani. Anche fra i sacerdoti e i vescovi. Sperare in un tempo crepuscolare come il nostro è impresa ardua, soprattutto quando credere a Cristo è un atteggiamento provvisorio e non scelta di vita vera.

La speranza è una virtù teologale che trae la sua dimensione dalla fede. Se la fede in Dio genera la scelta di vita sul progetto di Cristo, la speranza sarà sicura nelle radici e nelle fondamenta. La chiesa e l’oratorio devono essere i luoghi in cui si generano cristiani capaci di sperare, e di credere contro ogni motivo di speranza perché l’azione della storia è nelle mani di Cristo "Centro del cosmo e della storia".

Il crederci entro il tempo e la vita del cosmo non può offuscare e non deve scordare colui nelle cui mani sono gli uomini e i tempi. Perché Egli li dirige nel Cristo risorto con previdenza, con provvidenza e con giustizia infinita verso il loro fine, sia le creature libere sia quelle razionali.

Il riconoscersi parte di una avventura dell’eterno Essere significa disporsi nelle scelte e nelle svolte impreviste del proprio itinerario esistenziale, con la saggezza evangelica espressa nella Parola di Cristo: "Non si turbi il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore;se così non fosse, ve l’avrei detto perché io vado a preparare un posto per voi"(Gv.14,1-2).

Radunarsi allora "in nome di Dio" importa un grande gesto: il gesto di ascoltare e seguire la Parola di Cristo senza metterla in discussione, senza compromessi, senza allucinazioni, senza condizionamenti di sorta. Significa adesione totale al Regno di Cristo al nostro modo di vedere, di guardare, di giudicare, di analizzare, di considerare questa realtà della condizione umana, divenuta oggi un dedalo impenetrabile perché si è smarrito Cristo come chiave di interpretazione storica e come umanesimo della ricomprensione dell’essere e dell’agire, del perdersi per una causa giusta come è quella del Regno di Dio sulla terra.

Proclamare la propria speranza oggi vuol dire soltanto una cosa: prendere la Parola di Cristo ed attuarla in sé con generosa accoglienza fino ad affermare con Paolo di Tarso:"Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal.2,20).

Chi nella chiesa e nell’oratorio non incontra la scuola della speranza esistenziale secondo la sequela di Cristo non ha la grazia della perseveranza. Nel Vangelo si parla della perseveranza come speranza. E questo è veramente bello. Chi spera persevera, chi non spera presto o tardi prevarica da Cristo "Via Verità e Vita"(Gv.14,6).

Il popolo di Dio deve essere compreso: vivendo l’esperienza umana intessuta di impegni e di affetti concreti , può essere indotto a pensare che sperare in ciò che non produce effetti immediati è da stolti. Al contrario la fede ci assicura che credere e sperare significa donarsi all’evento di Cristo in terra con totale servizio al Vangelo, nella certezza che a suo tempo, forse al di là del nostro tempo, Egli compirà ciò che noi vorremmo ora, più per confondere chi ci osteggia che per amore del Regno di Dio.

I Santi sono stati scoperti non durante la loro santità, ma dopo il loro essere stati santi. Dio mi può chiedere tutto come la notte porta nel buio ogni cosa; anzi sembra che tutto sia vanificato, ma domani, al sorgere del primo raggio di sole, tutto mi sarà restituito nella novità di vita.

Tutto ciò che dono a Dio mi sarà restituito centuplicato, in più la vita eterna. Su queste tracce la comunità è chiamata ad educare alla speranza coloro che in Cristo credono, e che per Cristo, in Cristo, con Cristo intendono perdersi nella certezza della Pasqua.

Il clima odierno è pervaso dalla disperazione del male (basta leggere i giornali o ascoltare qualche telegiornale). Ogni cosa, come ogni creatura, sembra condannata alla decomposizione, al rifiuto del bene, del vero, dell’onesto, della bellezza, dell’amore, del galantuomo, dal mostro della perversione infernale, divenuto l’artefice del farsi quotidiano.

Il percorso della speranza non ha più abitanti (apparentemente). Come,del resto, il percorso della fede, che al di là delle affermazioni, si dimostra privo di testimoni. La strada più seguita è quella di Emmaus, seguita nell’andare alla chiesa e all’oratorio, seguita, purtroppo, nell’uscire dalla chiesa e dall’oratorio. La chiesa e l’oratorio devono essere luoghi del Risorto, perché sappiano infondere nei cristiani la forza della Pasqua. E’ così che il radunarsi (sotto ogni aspetto della vita) "in nome di Dio"provocherà la volontà della resurrezione perché Dio è il vivente e il viandante.

La speranza teologica nasce da Cristo risorto.Guai se nascesse dall’euforia del momento e dal successo trionfalistico,qualche volta possibile anche nelle aride spiagge della religione professata.Essa è e deve essere saldata all’evento del mistero cristiano.Non può essere riducibile all’energia richiesta pere resistere alle situazioni difficili,ma deve estendersi al segno dell’evento finale di cui è strada.

 

LUOGO DELL' AMORE

 

 

"Questo è il mio comandamento:che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i suoi amici" (Gv.15,12-13).

La moda del giorno d’oggi nelle relazioni umane è la disunione. Professare la discordia, l’inconciliabilità, l’incomunicabilità, celebrare la contraddizione, il contrasto, la lotta fra individuo e individuo, fra fratello e sorella, la lotta armata fra le classi sociali, fra comunità politiche "superpotenze", giocare con i mostri del terrorismo, degli arcipelaghi dei campi di concentramento e delle razze, delle atomiche, della fame, del petrolio, dell’oro, delle multinazionali, della globalizzazione, delle religioni, sembra diventata l’arte di tutti i cervelli umani e di tutti "gli emisferi terrestri"(a tal proposito pensiamo a tutte le trasmissioni televisive impostate in merito:persino l’intimità è diventata spettacolo).

Ogni giorno assistiamo al tutti contro tutti, tanto che sembra rovesciato anche il comando evangelico del Signore: non amatevi gli uni gli altri.

Entro questa atmosfera la chiesa e l’oratorio vivono il rischio dell’amore. Essi si pronunciano come luoghi dell’amore sopportandone la fatica e promovendone la realizzazione tra fratelli e sorelle che, per svariate circostanze, si radunano "in nome di Dio "ma spesso senza l’amorevole carità del Signore.
E il rischio o la realtà è che queste assemblee si costituiscano portatrici di interiori eliminazioni dei fratelli con sempre crescente ampiezza. Per questo i presenti sembrano un mucchio di sassi (non si esprime mai cosa si ha nel cuore), appoggiati o accalcati gli uni agli altri senza calore umano. Le motivazioni delle riunioni sono valide, ma il solo modo di realizzarle spesso sono contro l’amorevole carità evangelica, la quale domanda do formare un cuor solo e un’anima sola.

Non bisogna mai scordare che la premessa di ogni assemblea cristiana è la riconciliazione. Se chi presiede non s’avvede delle discordie, dei rancori, delle invidie, delle incomunicabilità umane, non è "buon pastore,ma mercenario". E al mercenario non importa niente che i lupi rapaci divorino dentro i carismi della grazia, le qualità buone,ma al sopraggiungere del lupo si mette in salvo nelle norme liturgiche,nel formalismo farisaico, perché non ha l’animo di Cristo. Cristo infatti dà la vita per le pecore, ossia per le anime affidate alla sua cura.

La prima cura è quella interiore:perché ciò che esce dall’uomo, non ciò che entra, che contamina l’uomo. L’educazione all’amore è un dovere del pastore d’anime e del laico cristiano che precede l’annuncio della Parola di Dio e dell’amore.

L’amore ha più volti: ha il volto della tolleranza,del perdono, dell’amicizia, della riconciliazione, della generosità, del servizio, della dedizione a tutti, soprattutto ai nemici e a chi maggiormente ci perseguita per qualsiasi causa. Non vale la pena neanche sapere. E’ sufficiente che riconosciamo al fratello lo spazio della persecuzione cinto dallo spazio dell’amore, perché l’amore redime morendo non crocifiggendo.

Ecco che allora quando al comunità si raduna in "nome di Dio"va portata alla scoperta della riconciliazione, perché in mezzo ad essa Dio non viene se manca la volontà della comunione e della condivisione nella fraternità dell’essere peccatori. Dio non ci perdona, se non siamo disposti a perdonare i nostri fratelli. Infatti: la misura con la quale misureremo sarà la stessa impiegata per misurare noi. Dio non privilegia chi non sa essere fratello anche nella comune miseria.

Celebrare l'amore è un festeggiare la misericordia di Dio che in Cristo opera il miracolo della riconciliazione soprannaturale col padre e lo Spirito Santo. Ed è un compiere, di conseguenza, il comando di Cristo:"Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi".

Questa situazione ecclesiale,promossa quando l’assemblea si raduna,favorisce anche l’incontro d’amore in tre direzioni spirituali decisamente indispensabili alla edificazione della Chiesa di Cristo.

Dall’amore e nell’amore parte il dialogo comunitario,nell’ascolto e nell’incontro con la Parola,per poi utilizzare il vissuto della cristianità nel proprio tempo, in umiltà, in correzione fraterna, nella conversione alla verità.

Dall’amore e nell’amore segue la rettifica dei sentimenti del cuore che non sono conformi alla imitazione di Cristo, così che i cristiani siano portatori di un umanesimo evangelico in un contesto storico dominato dal dissenso sistematico fra le componenti sociali.

Dall’amore e nell’amore deve partire il cambiamento della coscienza in due settori: nel settore individuale e nel settore ecclesiale, in quanto la testimonianza individuale a Cristo si completa nella linea dei principi cristiani qualificanti al chiesa e l’oratorio in luoghi ben determinati secondo la fede apostolica.

Noi siamo chiesa e oratorio del Cristo storico e tutti ne facciamo parte "come luce del mondo e sale della terra". L’amore si confronta con la verità della giustizia sociale, della economia, della informazione, del rispetto per la vita, del farsi storico in cui noi siamo presenti come seguaci di Cristo.

 

LUOGO DELL' INCONTRO DEL POPOLO DI DIO

 

"Se il mondo vi odia, pensate che ha odiato me prima di voi.
Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; invece poiché voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia"(Gv.15,18-19).

Cristo risorto fissa come luogo di incontro con gli apostoli il Cenacolo. Noi abbiamo la chiesa e l’oratorio per constatare, per celebrare, per parlare con il Risorto. Infatti i luoghi della comunità hanno come centro il mistero della Pasqua che celebra ogni volta che essa si riunisce "in nome di Dio", perché è la resurrezione il fondamento della fede:"Ma se Cristo non è risorto,allora la nostra predicazione è vana, vana anche la nostra fede" (1^Cor.15,14).

Il Cenacolo,da luogo della comune diserzione dell'amore di Cristo, riprende il significato per i quaranta giorni che precedono l’Ascensione, nei momenti più confidenziali del Risorto con gli apostoli. Inoltre prepara l’avvento della Pentecoste, custodendo il primo collegio apostolico radunato in preghiera e in attesa dello Spirito Santo. Il luogo del cambiamento totale dove coloro che aveva rivestito del suo sacerdozio, del potere della Parola,del perdono e del governo della Chiesa. Tra queste mura riconsacrate dal Risorto, dalla conversione dei suoi e dallo Spirito Santo, nasce la prima Chiesa;e davanti alle porte spalancate la folla attende il battesimo di acqua e di Spirito, allargando il luogo dell’incontro alle dimensioni cardinali del mondo e della storia. Da quell’istante la terra diventa la cattedrale dello Spirito Santo perché egli riempie ogni uomo,donna, politica, stato, società, cultura, classe, civiltà e ogni cosa in esse contenute.

Nella chiesa e nell’oratorio,luoghi in cui i cristiani convergono intorno al Risorto "in nome di Dio"si ricompone l’area del Cenacolo, in cui lo Spirito suggerisce cose nuove per la novità della vita del mondo.

Il legame fra i luoghi e coloro che si radunano salda Cristo e lo Spirito alla contemporaneità dell’uomo e della sua storia. L’evento della redenzione cresce in questo modo nella edificazione della Chiesa nel mondo e del mondo. Un gesto che ha la funzione soprannaturale di aprire il discorso della salvezza a tutte le genti, contrariamente ad ogni tentativo di incapsulare la redenzione a stregua di bene di consumo,come purtroppo l’area borghese vorrebbe esaurire "lo Spirito di Dio"che, simile "al vento che non sai donde venga e dove vada", incarica i testimoni del Cristo di percorrere le strade del mondo.

Luogo di missionarietà, non di parcheggio, quindi è la Chiesa in cui i Cristiani si radunano per attingere con la preghiera, con la grazia e con la parola, con l’amore fraterno, l’anima dell’evangelizzatore, senza della quale la vocazione del cristiano perde la specificità del suo essere e del suo agire nel tempo.

Dal Cenacolo gli apostoli escono infiammati dallo Spirito Santo. La loro forza soprannaturale li spinge a testimoniare Cristo con la parola, le opere e il martirio "fino all’estremo confine della terra"(At.8).

Quando le problematiche della fede esplodono ad indebolire i vincoli della dottrina, della morale, dell’amore, il richiamo del Cenacolo si trasforma in concilio di Gerusalemme. Tutti di nuovo insieme,per un riesame delle reciproche situazioni esistenziali e per la ricerca della "Parola dello Spirito", unificatrice e propiziatrice di verità, di fede, di speranza, di amore vicendevole.

Allora le riunioni,"in nome di Dio",compiute insieme,davanti al Vangelo,suggeriscono la correzione fraterna nella linea dell’imitazione di Cristo. Ne esce il"piccolo gregge", al quale Dio ha dato di conoscere i segreti del Regno,tenendoli nascosti ai sapienti e agli illuminati secondo gli uomini,ma non secondo Dio. Ecco che la Chiesa del cenacolo libera da ogni temporalismo clericale, anzi,ridona al tempo lo spazio dell’incarnazione e per l’uomo da evangelizzare diventa soltanto la strada della Chiesa, come lo è stato per Cristo.

Nei luoghi dell’incontro si rimettono a fuoco il vangelo,liberandolo da ogni manipolazione non voluta dallo Spirito; si scopre il volto di Gesù di Nazareth, rivelazione del padre e dello Spirito santo a tutti gli uomini nel gesto della donazione:"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo, l’Unigenito"(Gv.3,16); si rinsalda l’impegno verso Cristo, progetto d’esistenza storica, si coglie nella strada dell’imitazione di Cristo l’unica via della reale rivoluzione cristiana come opzione permanente della vocazione del cristiano "in quel tempo, nel nostro tempo".

Noi popolo di Dio viviamo di Dio mediante Cristo. Senza Cristo tutto ciò che ci ostiniamo a considerare cristiano perisce. Cioè diventiamo come un gregge senza pastore. Nessuna passione politica, culturale, ideologica, nessun male sociale o morale, nessuna disgrazia umana possono attribuire all’impegno del popolo di Dio una motivazione globalmente esaustiva della scelta esistenziale, se viene meno la Parola e la persona di Cristo affidate allo Spirito santo che fa nascere dall’alto il perdersi per l’umanità e il suo progresso spirituale, morale e civile nel tempo.

 

LUOGO DELL' EVANGELIZZAZIONE

 

 

 

"Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi,e io vi darò sollievo. Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo alle anime vostre; perché il mio giogo è lieve, e il mio peso è leggero"(Mt.11,28-30).

Il Vangelo è per il cristiano ciò che l’anima è per il corpo. L’integralità del vangelo è custodita ed insegnata dalla Chiesa di Cristo,dal Papa ai Vescovi uniti a lui,fino all’ultimo parroco di campagna,di montagna,fino all’ultimo fratello e sorella nella fede. La sede naturale del Vangelo quindi è là dove i cristiani si radunano "in nome di Dio". Ecco riapparire il volto, forse non sufficientemente contemplato, della chiesa e dell’oratorio (la parrocchia).

La chiesa e l’oratorio luoghi dell’evangelizzazione permanente promuovono la conoscenza del Cristo come progetto di vita. Non si tratta di una conoscenza teorica o culturale, scolare o professionale, ma di conoscenza esistenziale secondo la parola stessa del divino Maestro:"Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza"(Gv.10,10).

Conoscere per essere,essere per agire,in coerenza e in grazia con Cristo affinché Egli ci "cristifichi". Il Vangelo è edificazione in sé del modo di pensare, di amare e di volere di Cristo che "...e non sono più io vivo, ma Cristo vive in me".

Farsi cristiano vuol dire farsi simili in tutto a Cristo. Nessun aspetto o spazio dell’essere uomo può rimanere ad uso privato, collocato tra parentesi, con divieto d’accesso,perché Cristo prende tutto l’essere, non qualcosa del suo esistere, come se fosse possibile scandire l’unità inscindibile dell’io spirituale, in "io in Cristo", e in"io di me stesso"; la strada dell’incarnazione e della redenzione è tutto l’uomo, anima e corpo, spirito e materia,presente e futuro,vocazione umana e vocazione soprannaturale, l’ambiente terreno e l’ambiente ultraterreno. Cristo non è fatto per le staccionate,le suddivisioni:"Chi non è con me, è contro di me"(Lc.11,23).

L’evangelizzazione, dunque, mette a fuoco due grossi problemi: il problema della conoscenza del Cristo come progetto d’esistenza integrale e totale e il problema della coerenza. Un cristianesimo e una cristianità provvisori e abitudinari sono simili all’edificio costruito sulla sabbia: "al sorgere del vento,della pioggia e dello straripamento dei fiumi cadrà perché no ha radici"(Mt.7,27).

Verità da gridare sui tetti: Cristo è il nostro Redentore. La chiesa e l’oratorio sono attrezzate da Cristo per operare la trasformazione e la conversione della mente, del cuore e della coscienza.

Dobbiamo mantenerci coerenti al messaggio e alla amicizia di Gesù; dobbiamo vivere in grazia, rimanendo nel suo amore, mettendo in pratica la sua legge.

La società ha bisogno di testimoni convinti e intrepidi. Non basta discutere, bisogna agire. La nostra coerenza deve trasformarsi in testimonianza e la prima forma di tale impegno deve essere la disponibilità. Dobbiamo sentirci come il buon samaritano, sempre disponibili ad amare, a soccorrere, ad aiutare, in famiglia, sul lavoro, nel divertimento, con i vicini e con i lontani.

I luoghi dell’evangelizzazione sono anche sede del ristoro dell’anima, della ripresa, della fiducia, dell’abbandono a Dio dopo il percorso della settimana, in cui i problemi del vivere hanno generato impegno morale e coerenza dottrinale e, forse, qualche incertezza di coscienza si è fatta presente sull’orizzonte nel faticoso confronto quotidiano con maniere di realizzare l’uomo secolarizzate ed atee. L’efficienza atea promossa dalla struttura tecnologica della società e dei singoli, sembra più suadente del Cristo, a causa della sua tendenza a considerare lecito ogni istanza dell’uomo senza badare all’eredità del peccato originale, da cui il cristiano, invece, attinge l’orientamento selettivo delle proprie scelte ideali e morali.

S’impone, quindi,come necessario, direi assolutamente indispensabile, il radunarsi dei cristiani nei luoghi dell’evangelizzazione "in nome di Dio", per rimettere a fuoco il Vangelo e per attingere dalla grazia e dall’amicizia del Cristo quell’amore coraggioso e coerente a sostegno del camminare con Cristo, senza cedere alle lusinghe dello spirito del mondo e della cultura "secondo il giudizio degli uomini.