IL CONVENTO DI S. FRANCESCO AD ASSISI Il
Tempio della Pace
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Veduta aerea del convento
da occidente: a destra la città di Assisi e sul fondo la rocca trecentesca
dell’Albernoz. Il complesso, sviluppatosi intorno alla chiesa dedicata al santo che vi è anche sepolto, è diventato uno dei centri internazionali della religiosità. |
Il portale ad apertura gemina della Chiesa inferiore,
eccellente esempio di architettura gotica italiana. |
Secondo la leggenda fu lo stesso san Francesco a
designare il luogo della sua sepoltura: all’esterno della città natale, sulla
linea delle mura. Lì fu posta nel I forti dislivelli del terreno imponevano la
costruzione di strutture solide: per una istituzione
monastica agli inizi era un onere particolarmente gravoso che, tuttavia. fu affrontato senza esitazioni. La localizzazione del
convento era una scelta emblematica e irrinunciabile. |
Anche nelle sue versioni riformate, il monachesimo
benedettino considerava come scopo primario la vita contemplativa,
l’allontanamento
dal mondo. Al contrario, quello francescano faceva del contatto
con la gente. della predicazione, della
testimonianza pubblica della propria fede il perno stesso della propria
esistenza. Da qui la scelta di insediarsi non in luoghi isolati e lontani dagli
abitati, bensì proprio nelle città, dove i frati potessero portare al maggior
numero possibile di persone la parola di Gesù. E, nelle città, si sistemarono
soprattutto nei pressi delle mura e delle porte, sia perché le aree centrali
erano già sature, sia e soprattutto perché nei sobborghi si affollavano i
contadini attratti dal forte sviluppo urbano e manifatturiero che
caratterizzava l’Italia del XIII secolo. |
La facciata della Basilica superiore di S. Francesco,
ancora impostata su forme romaniche. |
Ed era a costoro che si indirizzava l’opera di
evangelizzazione dei frati di san Francesco. Ora et labora, prega e lavora, diceva la regola benedettina.
Diversamente, i nuovi ordini che si andavano organizzando, dai Francescani ai
Domenicani, puntavano sulla predicazione. Chiamatisi orgogliosamente “
mendicanti” perché traevano la loro fonte di sussistenza non dall’attività
agricola, difficile da esercitare in città, ma dalla carità stessa offerta
dalla popolazione a cui portavano la parola divina,
essi costruirono chiese ampie e aperte al popolo, possibilmente senza
strutture intermedie, così che nulla potesse nascondere al defili la vista
del predicatore. Non a caso chiamavano le loro comunità “ conventi” , e cioè luoghi di raduno, anziché “ monasteri”, luoghi
di isolamento. Erano quindi ordini di carattere prettamente urbano. In questo
contesto la posizione del convento di Assisi, appena al di là delle mura da cui
lo separava una vasta zona libera in grado di accogliere le folle di
pellegrini venute a venerare le reliquie del santo, era strettamente
significativa. |
Il complesso venne continuamente accrescendosi tra Duecento
e Quattrocento. La costruzione di gran lunga più importante e significativa era l’imponente
chiesa che occupava lo spigolo nord-orientale. Sul piano costruttivo
l’impianto derivava in parte dalle chiese monastiche cistercensi, che avevano
importato in Italia le forme gotiche, ma sul piano concettuale era assai
originale. La costruzione era formata da due chiese
sovrapposte, una inferiore – che ospitava la tomba
del santo e funzionava per certi versi da cripta – e una superiore, destinata
alla predicazione, alle cerimonie monastiche, all’accoglimento dei fedeli. |
La parte absidale della Chiesa inferiore di S.
Francesco. Il coro ligneo sul fondo è di epoca gotica, mentre il grande affresco sul catino absidale risale all’inizio
del Seicento. |
Veduta dell’altare maggiore e dell’abside della
Chiesa superiore, con il coro ligneo di forme gotico-rinascimentali. |
Lo schema strutturale era semplicissimo, quasi spartano:
un vano allungato a cinque campate quadrate, con abside, affiancato
all’altezza dell’ultima campata da un corto transetto, cosi da dare origine a
una pianta a croce commissa, vale a dire a T. La decorazione architettonica
era a sua volta ridotta al minimo, coerentemente con gli ideali francescani
che richiedevano costruzioni spoglie, severe, essenziali. Ma l’aspetto di gran lunga più coinvolgente e significativo erano le stupende, coloratissime, espressive pitture che ricoprivano praticamente ogni superficie delle due chiese. |
Benché influenzati dalle forme francesi, i costruttori
di S. Francesco non avevano adottato le grandi vetrate tipiche delle
architetture nordiche e si erano invece attenuti alla tradizione italiana delle
ampie masse murarie da ricoprire con affreschi didattici, volti cioè a
istruire, edificare e commuovere i fedeli narrando le storie dei santi e
della fede. A realizzarli i francescani chiamarono Cimabue,
Giotto, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Simone Martini,
cioè gli artisti più ispirati che operavano allo in
Italia. Il risultato è uno scrigno unico e irripetibile
d’arte e di fede, che affascina chiunque vi posi lo sguardo, e che certo ha
avuto nei secoli il suo peso nell’accrescere la fama del convento di Assisi.
Il fascino dell’arte, il prestigio del grande santo, la bellezza
dell’intorno, la chiarezza ed esemplarità della costruzione ne hanno poi
fatto un luogo privilegiato per lo spirito e, nel nostro tempo, il simbolo
stesso della carità e della pace: ruolo che Assisi ricopre in maniera
perfetta e con profonda suggestione, proiettando nel futuro l’opera del suo
fondatore. Fonte:
Abbazie e Monasteri d’Italia – Testo di Flavio Conti –Touring
Editore srl-1996
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