IL CONVENTO DI

 S. FRANCESCO AD ASSISI

Il Tempio della Pace

 

Veduta aerea del convento da occidente: a destra la città di Assisi e sul fondo la rocca trecentesca dell’Albernoz.

Il complesso, sviluppatosi intorno alla chiesa dedicata al santo che vi è anche sepolto, è diventato uno dei centri internazionali della religiosità.

 

Il portale ad apertura gemina della Chiesa inferiore,

eccellente esempio di architettura gotica italiana.

Secondo la leggenda fu lo stesso san Francesco a designare il luogo della sua sepoltura: all’esterno della città natale, sulla linea delle mura. Lì fu posta nel 1228, a soli due anni dalla sua morte, la prima pietra del Sacro Convento che doveva ospitarne le spoglie e fungere da casa madre del nuovo, quasi rivoluzionario ordine di cui egli era stato fondatore.

I forti dislivelli del terreno imponevano la costruzione di strutture solide: per una istituzione monastica agli inizi era un onere particolarmente gravoso che, tuttavia. fu affrontato senza esitazioni. La localizzazione del convento era una scelta emblematica e irrinunciabile.

 

 

Anche nelle sue versioni riformate, il monachesimo benedettino considerava come scopo primario la vita contemplativa, l’allontanamento        dal mondo. Al contrario, quello francescano faceva del contatto con la gente. della predicazione, della testimonianza pubblica della propria fede il perno stesso della propria esistenza. Da qui la scelta di insediarsi non in luoghi isolati  e lontani dagli abitati, bensì proprio nelle città, dove i frati potessero portare al maggior numero possibile di persone la parola di Gesù. E, nelle città, si sistemarono soprattutto nei pressi delle mura e delle porte, sia perché le aree centrali erano già sature, sia e soprattutto perché nei sobborghi si affollavano i contadini attratti dal forte sviluppo urbano e manifatturiero che caratterizzava l’Italia del XIII secolo.

 

La facciata della Basilica superiore di S. Francesco,

ancora impostata su forme romaniche.

 

Ed era a costoro che si indirizzava l’opera di evangelizzazione dei frati di san Francesco.

Ora et labora, prega e lavora, diceva la regola benedettina. Diversamente, i nuovi ordini che si andavano organizzando, dai Francescani ai Domenicani, puntavano sulla predicazione. Chiamatisi orgogliosamente “ mendicanti” perché traevano la loro fonte di sussistenza non dall’attività agricola, difficile da esercitare in città, ma dalla carità stessa offerta dalla popolazione a cui portavano la parola divina, essi costruirono chiese ampie e aperte al popolo, possibilmente senza strutture intermedie, così che nulla potesse nascondere al defili la vista del predicatore. Non a caso chiamavano le loro comunità “ conventi” , e cioè luoghi di raduno, anziché “ monasteri”, luoghi di isolamento. Erano quindi ordini di carattere prettamente urbano. In questo contesto la posizione del convento di Assisi, appena al di là delle mura da cui lo separava una vasta zona libera in grado di accogliere le folle di pellegrini venute a venerare le reliquie del santo, era strettamente significativa.

 

 

Il complesso venne continuamente accrescendosi tra Duecento e Quattrocento. La costruzione di gran lunga più importante  e significativa era l’imponente chiesa che occupava lo spigolo nord-orientale. Sul piano costruttivo l’impianto derivava in parte dalle chiese monastiche cistercensi, che avevano importato in Italia le forme gotiche, ma sul piano concettuale era assai originale.

La costruzione era formata da due chiese sovrapposte, una inferiore – che ospitava la tomba del santo e funzionava per certi versi da cripta – e una superiore, destinata alla predicazione, alle cerimonie monastiche, all’accoglimento dei fedeli.

 

 

La parte absidale della Chiesa inferiore di S. Francesco.

Il coro ligneo sul fondo è di epoca gotica,

mentre il grande affresco sul catino absidale risale all’inizio del Seicento.

 

 

Veduta dell’altare maggiore e dell’abside della Chiesa superiore,

con il coro ligneo di forme gotico-rinascimentali.

Lo schema strutturale era semplicissimo, quasi spartano: un vano allungato a cinque campate quadrate, con abside, affiancato all’altezza dell’ultima campata da un corto transetto, cosi da dare origine a una pianta a croce commissa, vale a dire a T.

La decorazione architettonica era a sua volta ridotta al minimo, coerentemente con gli ideali francescani che richiedevano costruzioni spoglie, severe, essenziali.

Ma l’aspetto di gran lunga più coinvolgente e significativo erano le stupende, coloratissime, espressive pitture che ricoprivano praticamente ogni superficie delle due chiese.

 

Benché influenzati dalle forme francesi, i costruttori di S. Francesco non avevano adottato le grandi vetrate tipiche delle architetture nordiche e si erano invece attenuti alla tradizione italiana delle ampie masse murarie da ricoprire con affreschi didattici, volti cioè a istruire, edificare e commuovere i fedeli narrando le storie dei santi e della fede. A realizzarli i francescani chiamarono Cimabue, Giotto, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Simone Martini, cioè gli artisti più ispirati che operavano allo in Italia.

Il risultato è uno scrigno unico e irripetibile d’arte e di fede, che affascina chiunque vi posi lo sguardo, e che certo ha avuto nei secoli il suo peso nell’accrescere la fama del convento di Assisi. Il fascino dell’arte, il prestigio del grande santo, la bellezza dell’intorno, la chiarezza ed esemplarità della costruzione ne hanno poi fatto un luogo privilegiato per lo spirito e, nel nostro tempo, il simbolo stesso della carità e della pace: ruolo che Assisi ricopre in maniera perfetta e con profonda suggestione, proiettando nel futuro l’opera del suo fondatore.

 

Fonte: Abbazie e Monasteri d’Italia – Testo di Flavio Conti –Touring Editore srl-1996