I miracoli di Gesù

 

dalla rivista SacroCuore

 

 

La trasformazione dell’acqua in vino

I primi miracoli di Gesù a Cafarnao

Guarigione di un paralitico alla piscina probatica
La fede di un centurione
Il lebbroso guarito
La figlia di Giairo e l’emorroissa
I due ciechi e il muto indemoniato

 

 

Quello che Gesù ha detto e fatto poggia spesso sui miracoli che sono per gli apostoli e per tutti i loro seguaci fondamento della loro fede, dimostrazione della bontà di Dio e della sua attenzione per coloro che soffrono. Tuttavia sarebbe errato vedere in Gesù solo il taumaturgo. I miracoli sono rivelatori dei suo mistero e "segni" che la sua missione viene da Dio. Inevitabilmente suscitano stupore e forse anche timore, ma ci aiutano a interrogarci sulla sua persona e sui suoi poteri divini.

Ai tempi di Gesù, in Palestina, la festa di nozze poteva durare anche una settimana. Vi si accoglievano numerosi invitati, e le famiglie dei due sposi davano fondo alle loro riserve perché la festa doveva essere ricordata da rutti come un avvenimento eccezionale. Il prodigio compiuto a Cana non è solo il primo dei segni, ma il modello di tutti gli altri segni prodigiosi che Gesù compirà nella sua vita, fino alla croce.

 

La trasformazione dell’acqua in vino

 

"A Cana, posta a un chilometro e mezzo a nord-est di Nazareth, Gesù incontra Sa Madre sua a delle nozze. Viene invitato anche Lui con i suoi discepoli; così esigeva l'uso orientale dell'ospitalità. I discepoli, educati austeramente dal loro primo maestro Giovanni rimangono forse stupiti di quell'invito. Maria, la donna gentile, col suo occhio accorto, notò l'imbarazzo che l'inaspettato arrivo di tanti ospiti aveva procurato agli sposi.

 

E ne informò Gesù: "Non hanno più vino". La risposta di Gesù fa su di noi un'impressione strana: "Donna, che ho da fare con te? La mia ora non è ancor giunta". Il rifiuto di Gesù riguarda non tanto la preghiera di Maria - Gesù anzi esaudisce questa preghiera quasi immediatamente dopo -, quanto piuttosto l'anticipo che si chiede alla sua missione. La ricerca della volontà di Dio, in cui la sottomissione non è minore della fiducia, ottiene poi sempre anche l' esaudizione. Così anche qui, a Cana, col miracolo del vino. L'Evangelista mette in risalto gli effetti profondi dei miracolo che sono: lo sbalordimento degli ospiti e la fede dei discepoli e la diffusione rapida di questo fatto singolare in tutta la Galilea (Gv 2, 1-11).

Gesù viene a colmare la mancanza di vino, simbolo di gioia, festa e amore. Con Gesù e donato all'umanità il vino nuovo, il più buono. I cristiani sono dunque chiamati a vivere nella gioia. Gesù ci dà la certezza che tutte le cose buone della vita Dio le ha fatte per noi, ed e felice che noi ne proviamo piacere. Dio non vuole che i suoi figli siano tristi, non è un dio geloso della nostra gioia. Il miracolo ci indica che Dio ci ama. Gesù ci ha detto: "Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli" (Lc 10, 20).

 

 

 

Gli Evangelisti descrivono per esteso diciassette guarigioni, sei espulsioni del demonio,tre risurrezioni da morte, e nove miracoli sulla natura. Il numero però dei miracoli del Signore ascende a migliaia; come il Padre nella creazione, anche il Figlio è prodigo nella redenzione con i miracoli.

Gli Evangelisti ti spesso nelle loro relazioni si esprimono così:

ad esempio, Marco riferisce: "Dovunque Egli (Gesù) metteva piede, in un paese, in una città, in un villaggio, si mettevano gli ammalati sulle piazze con la preghiera che si permettesse di toccare almeno l’orlo della sua veste. E tutti quelli che Lo toccavano eran risanati”.

 

 

I primi miracoli di Gesù a Cafarnao

 

Come primo fatto straordinario, Marco e Luca riferiscono la guarigione di un ossesso nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1, 21-34; Lc 4, 31-41), Questo miracolo non è il primo così, per caso: il più grande dei mali umani e la radice e il principio di tutti gli altri sta proprio qui: noi siamo vittime di Satana; questa nuova schiavitù

raggiunge il suo vertice nell'ossessione del pover'uomo che deve, si può dire, spartire il suo io con Satana; lo spirito maligno prende posto sfrontatamente nelle facoltà corporali e spirituali dell'ossesso, senza rispettare la persona Umana. I miracoli operati da Gesù sugl'indemoniati non furono solo casi di nevrosi isterica, di alterazione del sistema nervoso o di altre anormalità psichiche. Il vangelo, quando riferisce di miracoli compiuti, distingue chiaramente le cause naturali della malattia dagli influssi diabolici; parla di ossessi in modo esplicito persino Luca che era medico. La guarigione degli indemoniati all'inizio della sua attività è molto significativa: Gesù da pienamente prova di essere all'altezza di ogni umana sofferenza. Lo spirito immondo, tormentato dal comando del Salvatore, mormora nell'ossesso: "Che abbiamo da fare con Te, o Gesù di Nazareth? Sei venuto a perderci? Io Ti conosco: Tu sei il Santo di Dio", ma si deve piegare al comando di Gesù.

II secondo miracolo mostra in Gesù una sollecitudine delicata anche per le piccole necessità della vita umana. La suocera di Pietro giaceva a letto febbricitante quando Egli, seguito dai suoi discepoli, "venne direttamente dalla sinagoga alla casa di Pietro"; Egli, tanto potente da comandare al demonio, era anche tanto benigno da darsi pensiero della febbre di una donna. Anzi la sua mano onnipotente offrì alla suocera una guarigione così perfetta, che quella subito s'alzò e servì con riconoscenza il suo nobile Ospite (Mt 8,14-17).

I due fatti ebbero l'effetto d'un segnale per tutti i sofferenti. Non appena ebbe termine il sabato, "verso sera, dopo il tramonto, si portarono a Lui tutti gli ammalali e gli ossessi; l'intera città si accalcò dinanzi alla porta". Che incontro! Intorno a Gesù, lamenti, gemiti, singhiozzi, urli di ossessi e suppliche di tutti i tribolati; e in mezzo a questa turba di sofferenti sta Gesù, l'unico potente, misericordioso, mite salvatore.

 

 

 

 

 

Guarigione di un paralitico alla piscina probatica

 

Era ubicata in Gerusalemme la porta così detta delle pecore. Era composta da due bacini, separati da un portico.

Probabilmente i corsi delle sue acque erano di carattere medicamentoso.

Veniva permanentemente frequentata da malati, che Giovanni nel suo Vangelo precisa essere "in grande quantità" e di ogni tipo: "ciechi, zoppi e paralitici".

Gesù capita di lì in "una festa dei giudei". Vede un uomo paralitico giacente nella sua brandina, che desidera scendere nelle acque con la speranza di guarire. Da tanti anni faceva la fila. Da tanti anni era ricacciato indietro, ma la sua speranza si faceva sempre più drammatica.

Il Signore gli chiede se vuol guarire. L’ uomo, povero ormai di tutto, ricco solo di una speranza aspra, espone a Gesù il motivo del suo dramma: la solitudine, la mancanza di aiuto. "Non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita (Gv 5, 7). E Gesù, all' istante, lo risana senza più bisogno di immersione, con la sola sua parola. "E preso il suo lettuccio, cominciò a camminare" (Gv 5, 9). Lo strappa alla sua paralisi delle membra e alla solitudine dei cuore. Non è vero che non ha nessuno. Ha Lui ormai. L'aspettava Gesù senza conoscerlo. Aspettava chi, da sempre, si era messo in cammino per giungere a quella piscina. Aspettava Gesù, cioè colui che, d'improvviso, fa fiorire la steppa e il deserto.

La piscina probatica e l'emblema del nostro mondo. Da una parte, l'arrivismo dei prepotenti; dall'altra, l'impotenza dei poveri, di quelli che non contano. Gesù passa davanti alla nostra piscina e si dirige verso quelli che non contano, verso quelli che non hanno nessuno. Il Figlio di Dio, venendo nel mondo, si e fatto l'ultimo di noi, sì è fatto nessuno, per salvare ogni nessuno e farlo essere qualcuno.

"Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: "e sabato e non ti e lecito prender su il tuo lettuccio". Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina." Gli chiesero allora: "Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?". Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse:"Ecco che sei guarito; non peccare più perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio". Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Ma Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero". I Giudei cercavano di ucciderlo perché violava il sabato e chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio" (Gv 5, 10-18)

 

 

 

 

 

La fede di un centurione

 

"Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafarnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga".

 

Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mando alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Và ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: questo, ed egli lo fa". All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che io seguiva disse: "lo vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito"

(Lc 7, 1-10).

 

Gesù è colpito dalla fede di uno straniero. E' meravigliato della fiducia che ha nella persona e nella parola del Figlio di Dio, e anche della sua umiltà. Ed esclama: "Neanche in Israele, nel popolo scelto da Dio, ho trovato una fede così grande". Da queste brevi parole è facile indovinare ciò che pensa Gesù: "Che questo pagano possa essere l'esempio per tutti coloro che mi hanno ascoltato; possano avere tutti la fiducia totale che egli ha verso di me".

Gesù, nel Vangelo, chiede moltissime volte a chi lo ascolta di "avere fede" in lui; ha addirittura parlato più della fede che dell'amore. La parola con cui sono indicati i cristiani, negli Atti degli Apostoli, è "credenti" (2, I). E' molto importante per noi cristiani chiarire bene che cosa significhi "la fede". Innanzitutto la fede non consiste nel credere formalmente alle parole di Gesù come crediamo alle formule della matematica, della geometria o della chimica.

L'apostolo Giacomo, nella sua lettera ai cristiani contenuta nella Bibbia, ci ricorda: "Anche i diavoli credono, e tremano di paura" (2, 19). La fede cristiana consiste invece nell'incontrare con umiltà la persona di Gesù e nel fidarsi completamente di Lui. Fede e accettare il suo messaggio, le verità che Egli ci ha portato a nome di Dio, e abbandonarci con fiducia nelle sue mani. Fede è accettare di vivere come Egli ha vissuto, anche quando questo significa andare contro corrente, con notevole fatica e pazienza. Fede è quindi un atteggiamento di fondo che coinvolge tutta la nostra persona, e che da un orientamento nuovo alla nostra vita. II nocciolo della fede cristiana sta nella fiducia e nell'abbandono in Dio.

 

La comunità cristiana ripete ogni giorno le parole del centurione

 

La comunità dei cristiani, fin dai tempi antichi, ha visto nell'atteggiamento del centurione l'esempio del cammino di fede che ognuno deve compiere per piacere a Dio. E nella celebrazione della Cena del Signore, prima di ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo nella comunione, i cristiani ripetono (con piccole variazioni) le parole del centurione: "Signore, io non sono degno... Ma di' soltanto una parola, e io sarò salvato".

Il centurione conosceva bene il potere della parola e la sua forza. Impartito un ordine a voce, ecco che vedeva il servo eseguirlo: "Fa' questo"; e il servo lo fa. Quest'esperienza umana l'aiuta a percepire la forza della parola di Dio che realizza ciò che dice. Gesù non solo predica la parola, ma egli stesso è la Parola: "Il Verbo si è fatto carne" (Gv 1, 14). Nel dire la salvezza. Gesù effettivamente salva, ed è con la sua parola che guarisce e perdona i peccati. La parola di Dio è il primo segno efficace del suo amore per gli uomini, la prima attuazione storica del suo disegno di grazia. Ogni parola di Dio è una promessa, ed ogni promessa di Dio si compie nel tempo. E' nel sacramento eucaristico che facciamo esperienza del fatto che la salvezza promessa si concretizza qui, ora. La grazia si fa segno reale. Il centurione ci insegna ad accogliere la realtà della parola di Dio e come la salvezza si concretizza.

 

 

 

Il lebbroso guarito

 

"Un giorno Gesù si trovava in una città e un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò ai piedi pregandolo: "Signore, se vuoi, puoi sanarmi". Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii risanato!". E subito la lebbra scomparve da lui.

Gli ingiunse di non dirlo a nessuno: "Va, mostrati al sacerdote e fa l'offerta per la tua purificazione, come ha ordinato Mosè, perché serva di testimonianza per essi". La sua fama si diffondeva ancor più; folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare."

(Luca 5, 12-16)

 

Gesù, attraversando le campagne, si recava nei villaggi e nelle città degli uomini, benedicendo e beneficando; la natura sembrava respirare più liberamente per la nuova benedizione portata dal Figlio di Dio che passava attraverso la sua creazione. Le folle accorrevano a Lui, specie gli ammalati, gridando: " Gesù, figlio di Davide, ascoltaci!".

Com’era tutto delizioso laggiù in Galilea anche con i pubblicani e i peccatori! Ben altrimenti si pensava di Gesù a Gerusalemme, fra i sacerdoti, gli scribi e i farisei.

Alcuni giorni prima un uomo giubilante era corso verso il Tempio, gridando già da lontano: "Sono guarito! Guarito dalla lebbra! Guarito da Gesù. ". I sacerdoti si portarono dinanzi alla porta del Tempio. Infatti ogni lebbroso che si diceva guarito, non poteva varcarne la soglia prima che fosse dichiarato mondo dal Sacerdote. Essi esaminarono il caso con minuziosa attenzione: davvero, non c'era più nessuna traccia di lebbra; la pelle fresca; dita, orecchi, naso erano perfettamente guariti; gli occhi tranquilli e limpidi.

Ma quell'individuo era stato dunque realmente guarito da quel Gesù di Nazareth? Come mai?

"Mi ha imposto le mani e ha detto: «Lo voglio, sii mondato!»"

"Ti ha imposto le mani? Ma la legge proibisce di toccare un lebbroso. E perché Egli manda il guarito ai Sacerdoti?"

"Per offrire il sacrificio della purificazione, come ha prescritto Mosè".

 

La lebbra, in Palestina, era riguardata come un castigo di Dio. Per questo motivo religioso, come pure perché malattia infettiva, toccava ai Sacerdoti la riammissione del lebbroso nella comunità. Questo avveniva soltanto dopo le solenni cerimonie della purificazione legale.

Il Sacerdote toccava con il sangue della vittima sacrificata (uccelli o agnelli) il lobo degli orecchi, il pollice delle mani e dei piedi del guarito; un altro Sacerdote lo ungeva con l'olio.

I Sacerdoti risolvettero di trattare a fondo tra loro questa guarigione e in generale tutto l'affare di quel Gesù di Nazareth.

Nelle ultime settimane le voci intorno, a Gesù non accennavano più a diminuire: Egli guariva in massa - diceva la gente - e la Galilea intera era colma d'entusiasmo per Lui. Pellegrini dalla Galilea portavano simili messaggi a Gerusalemme; anche i Capi delle sinagoghe avevano richiamato l'attenzione delle superiori autorità religiose di Gerusalemme e del Sinedrio e da esso avevano insistentemente richiesto come regolarsi con quel movimento che faceva capo a Gesù.

A Gerusalemme dovevano occuparsi di Gesù. Non lo si poteva passare sotto silenzio. Ambasciate di Farisei e dottori della Legge furono dunque inviate in Galilea, con la manifesta intenzione di osservare la dottrina e le opere di Gesù e forse anche per conquistarLo al partito dei Farisei contro i Sadducei o viceversa.

Chiunque infatti avanza nuove idee, ha contro di sé le idee vecchie; chi vuoi perfezionare l'umanità, già per questo va incontro a una condanna.

 

A.V.

SacroCuore/ottobre2002

 

 

La figlia di Giairo e l’emorroissa

 

"Ed ecco venne un uomo di nome Giairo,  che era capo della sinagoga: gettatosi ai piedi di Gesù, lo pregava di recarsi a casa sua, perché aveva un’unica figlia, di circa dodici anni, che stava per morire. Durante il cammino, le folle gli si accalcavano attorno.

 

Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era riuscito a guarire, gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso di sangue si arrestò. Gesù disse: “ Chi mi ha toccato?”.Mentre tutti negavano, Pietro disse: “ Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia”. Ma Gesù disse: “ Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me”.

Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l’aveva toccato, e come era stata subito guarita. Egli gli disse: “ Figlia, la tua fede ti ha salvato, va in pace!”.

Stava ancora parlando quando venne uno della casa del capo della sinagoga a dirgli:” Tua figlia è morta, non disturbare più il maestro”. Ma Gesù che aveva udito rispose.” Non temere, soltanto abbi fede e sarà salvata”. Giunto alla casa (…) Gesù disse:” Non piangete, perché non è morta, ma dorme” (…) e prendendole la mano, disse ad alta voce:” fanciulla, alzati!”. Il suo spirito ritornò in lei ed ella si alzò all’istante. Egli ordinò di darle da mangiare (…)” ( Lc 8,40-56)

 

Secondo le rigide concezioni degli Ebrei l’emorroissa era ritenuta come immonda, e perciò era esclusa dal Tempio e dal sacrificio e chiunque veniva a contatto con lei, diveniva immondo finché non avesse mutato i vestiti e preso un bagno. Di qui anche un delicato riguardo verso il Signore consigliava alla povera inferma di schivare ogni rumore nel suo avvicinarsi al maestro per implorare aiuto. La sua fede era così grande che diceva  a se stessa: “Se io tocco anche solo la sua veste, sarò guarita”.. Non si trattava  di una malattia da poco o  dovuta a una fantasia, e che potesse essere guarita facilmente. Ecco come Marco, secondo come la descrivevano i medici del suo tempo, parla della malattia della donna: "Questa donna soffriva già da dodici anni di perdite di sangue; era stata tormenta da molti medici, aveva profuso tutto il suo avere e tuttavia non aveva trovato nessun sollievo, al contrario le sue condizioni erano divenute anche peggiori". Il mite Luca, lui stesso medico, attenua questo testo così schietto di Marco con le parole: "La donna aveva sacrificato in medici tutto il suo patrimonio senza che alcuno la potesse guarire"; parecchi pensano che Luca abbia voluto così salvare l'onore della sua professione.

Questa miracolosa guarigione avvenne sulla via che menava alla casa di Giairo, dove il Signore ferma tutto ad un tratto il suo passo e domanda: "Chi ha toccato le mie vesti?" Pietro si affretta a opporgli: "Maestro le folle spingono e s'accalcano, e Tu domandi: "Chi mi ha toccato?". Ma il Signore insiste: "Qualcuno mi ha toccato, poiché lo so che una virtù è uscita da me", e scrutando con lo sguardo cerca fra la moltitudine. La donna risanata, come una colpevole "si fa innanzi tremante e cade suoi piedi". Ma Egli le disse: "Figlia, la tua lede ti ha salvata. Va in pace!" I discepoli silenziosi e stupiti si guardarono l'un l'altro. Di nuovo: chi è Costui, così dotato di divina potenza che anche il solo tocco della sua veste opera miracoli?

 

A.V.

SacroCuore/dicembre 2002

 

 

I due ciechi e il muto indemoniato

 

«Mentir Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi". Entrato in casa, i ciechi gli si accostarono, e Gesù: disse loro: "Credete voi che io possa fare questo?". Gli risposero: "Sì,o Signore!". Allora tocca loro gli occhi e disse: "Sia fatto a voi secondo la vostra fede". E si aprirono loro gli occhi.

 

Quindi Gesù li ammonì dicendo: "Badate che nessuno lo sappia!". Ma essi, appena usciti, ne sparsero la fama in tutta quella regione. Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: "Non si è mai vista una cosa simile in Israele!". Ma i farisei dicevano: "Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni"'» (Mt 9, 27-34).

 

Per molti lettori l'aspetto più impressionante dei racconti dei vangeli sulla vita di Gesù sono i suoi miracoli, Matteo, Marco, Luca e Giovanni parlano di Gesù come uno che ha il potere di guarire le malattie, scacciare gli spiriti immondi dagli ossessi e di dominare le forze della natura attraverso un semplice comando. Perché i miracoli rivestivano un ruolo così centrale nel ministero di Gesù? Dalle pagine del Nuovo Testamento emergono almeno quattro grandi ragioni:

Gesù compiva miracoli in risposta alla fede che la gente aveva in Lui.

Gesù spesso compì miracoli per suscitare la fede in Lui in chi aveva poca o nessuna fede.

Gesù talvolta opera miracoli per pura compassione verso i bisognosi.

Gesù operò miracoli anche per appoggiare il suo insegnamento secondo cui il regno di Dio (la nuova società di Dio) stava per venire attraverso la sua vita e la sua opera.

Nella guarigione dei due ciechi Gesù appare come l'illuminato. Con il miracolo risponde alla fede in Lui, Messia; i loro occhi erano spenti, ma l'anima era nella luce. Il piccolo dialogo serve a misurare la loro fede. Il severo comando finale (v. 30) vuole impedire il malinteso fatale di vedere in Gesù solo un guaritore, un operatore di cose strabilianti, malinteso che avrebbe potuto dare origine allo sfruttamento egoistico e alla curiosità frivola e mondana: cose ben diverse dalla fede.

Tutti noi siamo ciechi. Per essere guariti dobbiamo riconoscerlo e aspirare alla luce. Aver l'umiltà di scendere in strada e di supplicare il Signore che passa. Egli non entra in noi contro la nostra volontà: attende che gli apriamo almeno uno spiraglio, che facciamo posto alla sua misteriosa presenza. I farisei che pensavano di avere gli occhi aperti, sono proclamati ciechi da Gesù per la loro presunzione. Per guarire i ciechi, Gesù fa passare la sua forza guaritrice attraverso un segno esterno. Certo non è questo che li salva, ma la loro fede in Gesù. Cosi la vita divina è data e cresce mediante la fede e i sacramenti.

 

A.V.

SacroCuore/gennaio 2003