LEONARDO DA VINCI:

NESSUNA ALLUSIONE

di  Maria Gloria Riva

Studiosa di Storia dell’Arte

Dan Brown pretende di trovare conferme delle sue fantasie dei dipinti di Leonardo. Ma dimostra solo di non conoscere i lavori del grande pittore.

 

Non appena uno chiude il Codice da Vinci, vie­ne assalito da dubbi circa la fede. Corre a visi­tare il Cenacolo di Leonardo e sarebbe pronto a scommettere di scorgere inequivocabili for­me femminili nel San Giovanni leonardesco.

È indubbio che la genialità di Leonardo e gli enigmi con­tenuti nelle sue opere e nella sua persona abbiano favo­rito l'inganno e le interpretazioni errate. Così, la famo­sa Gioconda dal sorriso enigmatico è diventata, nel ro­manzo di Dan Brown, l'autoritratto androgino di Leonar­do mentre il nome «Mona Lisa» è divenuto l'anagramma di «Amon» e «l'Isa», due divinità egizie della fertilità. In realtà il dipinto ritrae una persona realmente esistita e identificata, dai più, con la moglie di France­sco del Giocondo detta, appunto, Monna Lisa (anche se non man­cano identificazioni diverse come ad esempio l'identificazione con Caterina Sforza).

Allora nulla di allusivo e contur­bante nell'Ultima cena di Leonar­do?

Leonardo in realtà fu molto allu­sivo, ma con intenti e profondità del tutto diversi dalle rivelazioni del fantasioso romanziere.

Nel dipinto di Leonardo la lettera «M», che il Codice da Vinci vuole individuare nelle sagome di Giovanni l'evan­gelista e Gesù, altro non è che il risultato della struttura «a triangolo» conferita da Leonardo alle figure. Una scel­ta non insolita, questa, per il grande genio fiorentino, co­me non lo era per altri, basti pensare alla Vergine delle Rocce (citata dallo stesso Brown) o alla pietà giovanile di Michelangelo.

Il triangolo, con la sua base larga che culmina in un pun­to unico, esprime bene l'immagine di ciò che, saldamen­te ancorato alla terra, luogo di finitudine e di frammen­tarietà, anela a qualcosa di più alto, a un Cielo eterno e unificante. Anche ciascuno di noi aspira a quel Cielo che unifica le nostre frammentarietà e compie il nostro desiderio di Dio.

Nell’ Ultima cena leonardiana il compiersi dell'unità tra Cielo e terra è interrotto dal dramma. Infatti, Leonardo dipinge l'attimo in cui Cristo, allargando le braccia, co­me di lì a poco le allargherà sulla croce, esclama: «uno di voi mi tradirà». La parola e il gesto, come macigni nel­l'acqua, provocano l'agitarsi degli apostoli e il moltiplicarsi del pane sulla tavola. Gli apostoli ondeggiano come spighe scosse da venti contrari: un movimento parte da Gesù e si diffonde, dilatandosi, verso i discepoli; un se­condo movimento parte dagli apostoli seduti ai lati del­la tavola e ritorna verso Gesù. Eppure c'è un punto dove questo movimento s'infrange, come l'onda sullo sco­glio, e s'arresta.

Guardiamo le mani del Salvatore. Non sono entrambe aperte. Solo la mano sinistra ha il palmo rivolto verso l'alto, la destra è colta nell'atto di indicare o di prendere qualcosa: un gesto speculare a quello della mano del traditore. Tra queste due mani, sopra queste due mani: il vuoto.

Dan Brown vede in questo vuoto la forma di un calice, il santo Graal, e lo pone in relazione con il coltello impu­gnato dall'apostolo Pietro, leggendo nei due simboli, ca­lice e coltello, un rimando all'unione sessuale tra Gesù e la Maddalena. Da questa unione sarebbe nata la vera stirpe di Cristo, una stirpe di Sang Real.

 

Additando quale prova certa di questa unione le sem­bianze femminee del san Giovanni leonardiano, Brown non tiene minimamente conto della frequenza con cui il grande genio fiorentino ha dipinto uomini con tratti fem­minili. Basterebbe qui citare san Giovanni Battista, figura solitamente rude, che invece Leonardo tratteggia con lo stesso dolce ed enigmatico sorriso della Gioconda op­pure, all'interno della medesima Cena, l'apostolo Filip­po che pure ha un volto decisamente effeminato. Alcuni non mancano di vedere in questo la riprova delle tenden­ze omosessuali dell'artista. In realtà Leonardo, che precorse i tempi anche per una certa lai­cità, fu uomo profondamente imbevuto di cultura religiosa. Per lui, come anche per molti artisti che lo hanno precedu­to, la donna è l'icona più bella per signi­ficare la santità. Non sono forse spesso molto femminili gli angeli nei loro tratti e nelle loro movenze? Il discepolo amato è l'adolescente ancora puro, pronto per essere plasmato dall'opera della grazia. Ebbene, nell'ora del tradimento anche questo discepolo, più amato, più vicino, lascia il Salvatore in una dolorosa soli­tudine.

Il fantomatico calice che Brown preten­de di individuare è invece lo spazio pro­dotto dal movimento di Giovanni che ha appena lasciato il luogo del suo riposo, il costato di Gesù, per rispondere all'in­terrogativo di Pietro. Alla rivelazione di Gesù «uno di voi mi tradirà!» Pietro, infatti, chiede a Giovan­ni (secondo il dettato evangelico) di far­si dire da Gesù chi sia il traditore. Pie­tro, impulsivo e sanguigno, nello scuo­tere con una mano Giovanni, impugna con l'altra il coltello pensando di far­si giustizia da solo, cosa che del resto farà nell'orto degli ulivi tagliando l'orec­chio al servo Malco. Quel braccio, come si nota in un disegno preparatorio dello stesso Leonardo, è proprio di Pietro e la posizione goffa dello stesso è dovu­ta al tentativo mal riuscito da parte del capo degli apostoli di nascondere il suo intento agli altri commensali e, forse, a Gesù stesso. Brown si inventa una mi­steriosa volontà di uccidere la Maddale­na-Giovanni perché detentrice della ve­ra rivelazione e della vera stirpe di Cri­sto, trascurando l'interesse di Leonardo per i gesti e la fisionomica. Infatti, a Mi­lano, Leonardo rimase colpito dal modo di gesticolare della gente lombarda, la quale parla più spesso con le mani che non con la voce, e dipinse ogni aposto­lo, non solo seguendo le leggi della fi­sionomica che ad ogni tratto somatico attribuiscono un aspetto del carattere dell'individuo, ma anche assegnando­gli un particolare gesto che caratteriz­zasse il temperamento o il ruolo avuto all'interno del gruppo. Il visitatore viene così portato ad identificarsi con ciascu­no degli apostoli per misurare, in certo qual modo, la propria adesione a Cristo, nel momento supremo della sua offerta al Padre.

Per Brown, inoltre, la mancanza, nel di­pinto, di un calice davanti al Salvatore è la riprova che il Graal non sia un reci­piente materiale, come vuole la tradizione, ma un riferimento criptato alla Mad­dalena. In realtà sulla tavola leonardiana ci sono molti calici e molti pani perché Leonardo, da fine teologo, vede com­piersi nell'ultima cena il miracolo di Cri­sto della moltiplicazione dei pani. Il ge­sto dell'offerta sacrificale di Gesù nel­l'Eucaristia, fissato nell'attimo del tem­po e della storia, si perpetua nella vita della Chiesa attraverso la celebrazione eucaristica.

 

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