DOMINUS IESUS

di Giovanni Zenone

 

 

 

La Dichiarazione circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa (Dominus Iesus), «approvata e confermata con certa scienza e per la sua apostolica autorità» da Giovanni Paolo II, cioè in modo vincolante per la fede di ogni cattolico, ribadisce la perenne fede nell'unicità salvifica di Cristo e della Chiesa Cattolica, unica vera religione, cioè voluta e fondata da Dio stesso, e il dovere perciò di «annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni per dare a chi crede la salvezza eterna».

La missione riguarda anche chi appartiene ad altre religioni, cui non si può nascondere i contenuti dottrinali imprescindibili, rischio al quale si va incontro quando al posto dell'evangelizzazione si pratica un malinteso dialogo. «Il dialogo nelle nuove concezioni ideologiche, penetrate purtroppo anche all'interno del mondo cattolico e di certi ambienti teologici e culturali, è invece l'essenza del dogma relativista e l'opposto della conversione e della missione. In un pensiero relativista dialogo significa porre sullo stesso piano la propria posizione o la propria fede e le convinzioni degli altri", scriveva il card. Ratzinger a commento della Dichiarazione. In essa si denuncia la giustificazione del pluralismo religioso, non solo di fatto ma anche di diritto o di principio, quasi fosse giusto che esistessero religioni diverse e separazioni dalla Chiesa cattolica. Le radici di queste affermazioni erronee derivano da presupposti filosofici e teologici «che ostacolano l'intelligenza e l'accoglienza della verità rivelata» (Dominus Iesus, 4). In Cristo Dio stesso ha stabilito un'Alleanza nuova e definitiva che non passerà mai e cui è dovuta «l'obbedienza della fede» (D.I.,6). «Deve essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni» (D.I.,7).

Mentre la Chiesa cattolica è il corpo mistico di Cristo, le altre religioni possono essere una preparazione all'accoglienza del Vangelo (cfr. Lumen Gentium, 16), perché solo Cristo «ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato» (D.I., 10). Si denuncia l'errore di chi afferma che lo Spirito agisce come, dove e con chi vuole nella pretesa di dare un crisma spirituale a qualunque scelta, sia religiosa che irreligiosa. La Dichiarazione afferma invece che «quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni... non può non avere riferimento a Cristo» (D.I., 12). «Gli uomini non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione dello Spirito» (Redemptoris Missio, 5), talché, come recita At 3,1-8, «in nessun altro c'è salvezza». Le altre religioni sono solo l'anelito umano verso Dio, non autentiche rivelazioni.

«L’unica Chiesa di Cristo» che attraverso la successione apostolica continua nella Chiesa Cattolica, è «colonna e fondamento della verità» (D.I., 16). Le Chiese scismatiche e le Comunità ecclesiali protestanti hanno valore salvifico solo in misura di quanto partecipano alla «pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa Cattolica» (D.I., 16 e Unitatis Redintegratio, 3). Es-sa non è dunque solo una realtà sociologica, ma «il regno di Cristo già presente in mistero» (D.I., 18 e Lumen Gentium, 3). La Chiesa pellegrinante è dunque «necessaria alla salvezza» perché Gesù, unico salvatore del mondo, è presente in essa. Questo non contrasta con la volontà che Dio ha di salvare tutti, per grazia di Cristo e attraverso vie misteriose di relazione con la Chiesa.

Si capisce così il giusto significato del detto «fuori della Chiesa non c'è salvezza». Va rigettata la mentalità indifferentista per la quale una religione varrebbe l'altra. Gli appartenenti ad altre religioni, infatti, si trovano in una situazione gravemente deficitaria rispetto a chi, nella Chiesa, ha la pienezza dei mezzi salvifici. Chi però, dentro la Chiesa, non corrisponde con il pensiero, con le parole e le opere a tale grazia sarà più severamente giudicato (cfr. D.I., 22 e Lumen Gentium, 14). Poiché dunque la salvezza viene dal conoscere e vivere la verità, la Chiesa - cui questa verità è stata affidata - deve annunciarla ad ogni uomo.

Il dialogo si configura così come una delle azioni della Chiesa in vista dell'annuncio di Cristo e della conversione di tutte le genti.

La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità delle persone, non ai contenuti dottrinali, riguardo ai quali solo la Chiesa ha la pienezza della verità. «La certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l'urgenza dell'annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo» (D.I., 22).

 

                             

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