PROFEZIE E MIRACOLI di don Claudio Crescimanno |
Profezie e miracoli provano
l’autenticità della rivelazione cristiana. Sono prove
storicamente documentate della vera religione. Che
resistono alle obiezioni. |
La
prova certa ed inequivocabile del fatto che ci troviamo
davanti all'opera di Dio è scorgere in essa la presenza di quelle cose che
solo Dio può fare. In particolare In
particolare Dio ha contrassegnato la sua Rivelazione con due generi di segni:
le profezie, che precedono l'opera di Dio preannunciandola, e i miracoli, che
accompagnano l'opera di Dio confermandola. |
Le profezie Il
profeta è colui che parla per incarico di Dio, a cui
Dio suggerisce ciò che deve dire: è quindi evidente che il vero profeta può
anche annunciare le cose future, poiché Dio, al quale ogni momento della
storia è contemporaneamente presente, gliele manifesta. È chiaro dunque che
solo la religione in cui vi sono vere profezie è una
Rivelazione soprannaturale. Ora
è noto che gli scritti degli antichi profeti ebraici ritraggono con secoli di anticipo la figura del futuro Messia e ne predicono gli
effetti su Israele e sul mondo. Parliamo infatti anzitutto di profezie
personali, cioè dei segni che caratterizzano la nascita, la vita, la
morte e la glorificazione dell'Inviato di Dio. La testimonianza evangelica ci
mostra come questi annunci si compiano in Gesù di
Nazareth, che, ad esempio, nasce da una Vergine (secondo la profezia di Isaia
7,14), a Betlemme di Giudea (Michea 5,2); opera
guarigioni e prodigi (Isaia 35,4); è flagellato e coperto di sputi (Isaia
50,6), trafitto nelle mani e nei piedi (Salmo 22,17) e infine crocifisso
(Zaccaria 12,10); ma la sua carne non conoscerà la corruzione del sepolcro
(Salmo 15,10). Non meno significative sono le profezie epocali, cioè i mutamenti
radicali che la sua venuta comporta per la storia di Israele, e, di
conseguenza, dell'umanità: non vi è dubbio che la storia di quel popolo abbia
proprio nel secolo di Gesù il crinale che separa due epoche: fino a Gesù c'è
il regno di Israele, dal tempo di
Gesù in poi comincia la diaspora di
Israele; è il tempo in cui muore Gerusalemme, simbolo dell'identità ebraica,
il tempio viene profanato e distrutto, e si interrompe l'esercizio del culto
pubblico e la trasmissione del sacerdozio. Ma tutto
questo era stato predetto. Gli oracoli dei profeti, infatti, annunciavano che
l'epoca del Messia sarebbe stata segnata da una serie di trasformazioni radicali:
si estinguerà il ruolo dei capi religiosi (Ezechiele 34) e quello dei capi
politici (Genesi 49,10); si produrrà un mutamento nell'animo religioso dei
popoli (Geremia 31,31), e anche ai pagani sarà aperto l'accesso all'unico
vero Dio (Isaia 66,18) così che si avveri la promessa di Dio ad Abramo, che
diviene padre di una moltitudine di popoli (Genesi 13,16). Il
valore dell'argomento profetico si basa su tre elementi: 1)
occorre anzitutto verificare che i testi profetici siano davvero
cronologicamente anteriori al loro adempimento in Gesù di Nazareth, poiché è
chiaro che non ci può essere vera profezia se non quando precede l'evento
preannunciato; 2)
occorre poi dimostrare che gli episodi narrati dai Vangeli in cui si
adempiono le antiche profezie sono davvero accaduti e nella forma esposta: si
tratta cioè di garantire la credibilità storica del
Nuovo Testamento; 3)
infine è necessario escludere che l'insieme delle antiche profezie possa essere
applicato a qualcuno che non sia Gesù di Nazareth, poiché in questo caso
l'identificazione del Messia risulterebbe
polivalente e quindi ambigua. Pur
dovendo rimandare ad altro luogo l'esposizione delle prove, possiamo
affermare senza alcun dubbio che le tre condizioni
sopra richieste sono pienamente adempiute dall'apologetica cattolica, per cui
si può agevolmente dimostrare che in Gesù di Nazareth il ritratto veterotestamentario del Messia si compie
inequivocabilmente: in lui e solo in lui (ecco la convergenza che da vigore
all'argomento profetico) si danno appuntamento tutti gli oracoli dei profeti,
ed egli viene ad essere la chiave di lettura per comprendere l'Antico
Testamento, chiave senza la quale invano
gli scribi scrutano le Scritture (Gv 5, 39). |
I miracoli II
miracolo è un fenomeno sensibile che si realizza in maniera straordinaria, cioè non riconducibile a cause naturali, e che si spiega
solo con l'intervento diretto di Dio; un intervento che si compie nella
natura, ma fuori dalle leggi della natura. È
chiaro che non contraddice l'ordine impresso da Dio al mondo, ma ne sospende
gli effetti in un caso specifico. Gesù
da un valore decisivo ai suoi miracoli come argomento per credere in lui (Mt 11,3): sono le "opere" che egli come nel
nome del Padre suo (Gv
5,36), i "segni" della sua santità e
divinità (Gv
10,37); per questo coloro che lo rifiutano sono inescusabili
(Gv
15,24). Miracolo per eccellenza è la risurrezione di Gesù, mediante la quale
Dio pone il suo inequivocabile sigillo su tutto ciò che ha detto e operato il
suo Figlio fatto uomo. Anche nella Chiesa di Gesù,
erede e prolungamento della sua missione, Dio continua ad autenticare la
predicazione della verità con i prodigi della sua potenza. I miracoli che Dio ha operato e opera in
Gesù e nella Chiesa sono prove formidabili della verità della nostra fede. E per quanto i negatori del
soprannaturale si affannino a tentare di
screditarli, i miracoli resistono a qualunque attacco. Si
è detto, ad esempio, che i resoconti che se ne hanno non sono attendibili. In
realtà i prodigi compiuti da Gesù sono autenticati da testimoni oculari e
sono riferiti da Scritti di cui, come si diceva, si può ampiamente dimostrare
l'attendibilità; i prodigi avvenuti nella storia della Chiesa, anche recente,
sono spesso scrupolosamente documentati da esperti di chiara fama, anche non
credenti, come nel caso di Lourdes. Si
è detto ancora: sono abili trucchi con cui si ingannano
facilmente i semplici. Eppure
ai miracoli di Gesù erano presenti i più dotti del suo tempo, gli scribi e i
dottori della legge, e non certo ben disposti nei suoi confronti; allo stesso
modo molti miracoli nella Chiesa sono certificati dalla testimonianza di
personaggi di alto profilo, come nel caso del
miracolo di Calanda, in Spagna, nel 1640. Si
dice anche: sono frutto di autosuggestione dei
presenti. Ma è facile replicare che l'auto
suggestione è conseguenza estrema della voglia di credere, mentre ai miracoli
di Gesù sono presenti anche molti nemici di Gesù, ebrei e romani, che non
hanno nessuna voglia di credere; allo stesso modo in questi 2000 anni di
storia cristiana l'autorità della Chiesa non ha avuto paura a sottoporre i
fatti prodigiosi al vaglio dell'indagine critica, anzi spesso ostile, di
tanti non credenti, e nella maggior parte dei casi nessuno ha potuto fornire
neppure un tentativo di spiegazione naturale. Infine, quale ultimo rifugio,
si dice che in fondo ciò che fino ad oggi risulta
inspiegabile può essere domani spiegato dai progressi della scienza e che
quindi dichiarare che un fatto è prodigioso corrisponde sempre ad una
definizione provvisoria. In realtà, la relazione tra il fatto prodigioso e il
tempo in cui si colloca è elemento fondamentale nel giudizio su di esso: è miracolo proprio ciò che è umanamente inspiegabile
nell'epoca in cui si realizza: ciò che avviene in un dato tempo, ma non è
proporzionato alle conoscenze e alle capacità di quel tempo, non ha in quel
contesto una spiegazione scientifica plausibile della propria esistenza. Ma
ancor più questa obiezione è sbagliata nel suo presupposto di partenza: il
miracolo, specialmente di guarigione, può essere definito tale solo quando è
istantaneo, e questo è l'esatto contrario di ciò che opera la scienza, la
quale agisce sempre con gradualità, e questo è il suo carattere metodologico
intrinseco, cioè vale per la scienza di ogni tempo, indipendentemente dal
grado di progresso raggiunto. |