Il punto forte di Roberto Beretta |
C’è un “punto forte” del
cristianesimo per l’uomo d’oggi: Cristo. Che ha
detto di essere la Verità. Intervista al filosofo
Francesco Botturi. |
Ma qual è la «vera religione»? In tempi
di crescente pluralismo di fedi, la domanda s'affaccia spesso: chi «ha
ragione», tra un credo e l'altro? A quale Dio «è meglio» affidarsi? D'altra
parte, non appena qualcuno s'azzarda a sostenere la verità della sua
religione, subito si alzano accuse di «intergralismo»
e intolleranza... E allora? Per districarsi tra il bisogno di verità,
presente in ogni spirito, e il dovere di rispettare l'opinione di tutti -
anche di chi la pensa in altro modo - urge avere le idee chiare. Per questo
abbiamo disturbato un filosofo, Francesco Botturi,
professore all'Università Cattolica di Milano, autore di testi come «La
pertinenza antropologica della fede» o «La ragione credente
e i suoi nemici». Professore, il teologo Hans Urs von
Balthasar sosteneva che «solo l'amore è credibile».
Voleva dire che, alla fine, ciò che convince in una
religione non sono tanto i ragionamenti bensì la vita? «No.
"Solo l'amore è credibile" non nel senso che esso sia un'alternativa alla verità, ma a motivo del fatto che nel
cuore del cristianesimo la verità è identica all'amore. È il medesimo
evangelista Giovanni, infatti, che pone in bocca a Gesù l'affermazione
"lo sono la verità" (Gv 14, 6) e che afferma che
"Dio è amore" (1Gv 4,8).
Scindere verità a amore significa impedirsi di
entrare nel mistero cristiano, perché verità e amore sono nel cristianesimo
"nomi propri" di Dio, nel senso che il Dio cristiano è
essenzialmente verità ed amore insieme. La frase di von
Balthasar - che ha anche una dimensione
esistenziale - significa dunque: "Solo come amore la
verità è credibile", perché questa è l'autentica verità cristiana e
perché solo la verità che è misericordia è ciò cui l'uomo può dare tutta la
sua fiducia». Una celebre e diffusa
convinzione sostiene che i cristiani non devono essere solo «credenti», ma
«credibili». Che ne pensa? «Certamente
si tratta d'essere anche "credibili"; ma è già chiaro per quanto si
diceva che la credibilità non è un' “aggiunta"
al credere. Tanto meno è una tecnica (psicologica, massmediatica,
culturale, eccetera) per accattivare il consenso. La fede porta in sé la sua credibilità, perciò la credibilità scaturisce
inevitabilmente da una credenza integra e autentica, come la luce da un corpo
incandescente. Credenza e credibilità sono separate
invece quando la fede non è intera e sincera e si va cercando un consenso
secondo criteri che non sono quelli della fede. Tutto si chiarisce guardando
a Gesù di Nazareth e a come lui ha vissuto la sua credibilità». D'altra parte bisogna anche
domandarsi fino a che punto è giusto promuovere la propria fede puntando solo
su ciò che «convince» di più. Può darsi infatti che
gli argomenti che oggi sembrano più ragionevoli siano anche quelli che
dipendono da una «moda» e da un'opinione pubblica conformista; il Vangelo
invece ammonisce di non conformarsi a ciò che piace al «mondo». «È
normale che in ogni momento storico alcuni temi del cristianesimo appaiano
più interessanti e significativi di altri e quindi
più convincenti, perché le circostanze storiche rendono più sensibili a
determinate dimensioni dell'esperienza. È evidente, ad esempio, che
nell'attuale contesto culturale i valori pubblici
connessi al cristianesimo, come il dialogo interreligioso, la solidarietà
sociale, la giustizia e la pace internazionali, sono molto più i valori mistici
ed ascetici. Lo stesso concilio Vaticano II, Paolo II hanno sottolineato quelli ed altri valori, mostrane la
pertinenza con il cristianesimo, soprattutto come esemplificazione culturale
della fede». |
Ma
quali sono - secondo lei - i «punti forti» del cristianesimo per l'uomo
d’oggi, quelli sui quali la religione cattolica può apparire più convincente? «
In generale, la quest:ione
del rapporto fede-cultura è stato uno dei punti forti del magistero degli ultimi
quarant'anni. E non va dimenticato, per non correre
il rschio di ridurre la fede a
esperienza privata. Mi sembra al tempo stesso, però, che si vada sempre più delineando una situazione culturale per
cui è sempre più in discussione
l'identità dell'uomo come tale; vedi, solo per esemplificare, la
rilevanza cultural-politica delle questioni della
generazione, vita, relazione, identità anche sessuale, eccetera. In queste
condizioni Affermare la credibilità o la «verità» del cristianesimo sembra portare
con sé una conseguenza che gli uomini d'oggi non accettano facilmente: quella
che le altre religioni siano «false», o che noi siamo «i migliori». Come
sfuggire a questo antipatico vicolo cieco? «Che qualcosa sia vero e qualcos'altro falso o che qualcosa
sia più vero di altro fa parte dell'avventura della vita, della sfida
dell'intelligenza, del rischio della libertà. Se non ci fosse questa differenza tutto si equivarrebbe. Al contrario, la sfida
di questa differenza esprime la dignità e il valore dell'essere umano, di
fronte a cui sono poste "la vita e la morte", "il vero e il
falso". Nella vita di tutti i giorni tale differenza è una cosa ovvia, a
tutti i livelli: da quello tecnico, che cerca la
soluzione migliore, a quello morale di trovare l'azione più giusta. Piuttosto
la difficoltà di portare il peso di questa differenza e con essa il rischio dell'esistenza la vedo come un indice
dell'inquietante debolezza spirituale e morale (ma poi anche mentale)
dell'uomo d'oggi. O meglio, della saccente e vuota cultura nichilista d'oggi,
che vorrebbe che tutto si riducesse a opinione
soggettiva, in realtà per autogiustificarsi, cioè
per qualificarsi come la posizione culturale migliore. La "gente"
invece - quando ha in gioco interessi reali - sa bene che la differenza è
inevitabile e non se ne scandalizza affatto. D'altra parte, proprio entro questa differenza, ciò che è vero o
più vero si riconosce anche dalla capacità che possiede di non porsi come
esclusivo e nemico delle altre posizioni, ma di saper valorizzare ciò che è
vero anche delle altre posizioni. In secondo luogo, si qualifica per
la capacità di saper distinguere il piano oggettivo della verità delle
dottrine e il piano soggettivo (buona fede, ricerca, sincerità di intenti, eccetera) dei loro portatori e dunque per la
capacità del confronto. Due caratteristiche che sono tipiche della concezione
cattolica e che sono tipicamente assenti da ogni posizione integrista o fondamentalista». |