GESU’ CRISTO: nessuno
come Lui di
p. Livio Fanzaga Direttore
di Radio Maria |
Tra i fondatori delle varie
religioni, Gesù è unico. Nessuno si è proclamato Dio come ha fatto Lui,
dimostrando di esserlo. Una ragione fondamentale per la veridicità e la credibilità del cristianesimo. |
Un
confronto fra il cristianesimo e le altre religioni prima ancora che sui
contenuti dottrinali e morali, che pure sono importanti, deve riguardare la persona
dei loro fondatori. È lo stesso Gesù che ha impostato in questo modo il problema quando ha rivolto agli apostoli quell'interrogativo inquietante che nel corso dei secoli
non cessa di bussare al cuore di ogni generazione: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?» (Mt 16,13). Paragonare Gesù
Cristo a Mosé, a Buddha,
a Confucio, a Maometto e così via è molto istruttivo perché, senza venire
meno al rispetto per ogni esperienza spirituale, si può cogliere
l'indiscutibile originalità e unicità del cristianesimo in rapporto a tutte
le altre religioni. A
questo riguardo occorre innanzi tutto che gli stessi cristiani siano consapevoli del centro irradiante della loro fede,
perché solo in questo modo potranno premunirsi da quella forma di relativismo
che consiste nella tendenza a mettere tutte le religioni sul medesimo piano.
Da questa mentalità nasce il sincretismo religioso e quella religione fai-da-te che sceglie dal supermarket della spiritualità
ciò che più appaga i propri gusti. Per essere cristiani,
infatti, non basta credere in Dio, come comunemente molti ritengono. Non
sono cristiano perché penso che "Qualcuno" lassù ci deve pur
essere. Quasi tutte le religioni infatti fanno
riferimento a un Essere supremo e non dobbiamo dimenticare che quella cristiana
è stata fortemente contrastata da un monoteismo intransigente come quello
ebraico. Che
cosa dunque contrassegna il cristianesimo e ne fa di esso
una religione radicalmente diversa da tutte le altre? Io sono cristiano non
perché credo in Dio, ma perché credo che Dio si è
fatto uomo. La fede cristiana non è la credenza nell'esistenza di Dio (la
quale indubbiamente è importante, ma viene data per
presupposta) ma è la fede nell'evento dell'incarnazione. Tutto ciò è
professato nel "Credo" che viene recitato
ogni domenica: «Et incarnatus
est de Maria Virgine et
homo factus est» («Si è incarnato nel seno della
Vergine Maria e si è fatto uomo»). Il mistero di Dio Santissima Trinità e
dell'Incarnazione del Verbo sono il cuore della professione di fede cristiana,
ma molti se ne rendono conto e non vedono l'originalità assoluta del
cristianesimo e la sua irriducibilità rispetto alle altre concezioni
religiose. I
cristiani sono coloro che credono che Gesù è il
Figlio di Dio che si è fatto uomo. Guardando a Gesù di Nazareth, così come lo
guardavano Pietro e gli altri apostoli, essi affermano senza esitazioni: «Tu
sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente» (Mt 16,16). |
La
diversità rispetto agli altri fondatori religiosi, in particolare Buddha e Maometto, che stanno
all'origine di due religioni mondiali che competono col cristianesimo nella
conquista dei cuori, risulta evidente. Per il buddisti
il Buddha è soltanto un uomo come tutti noi, che,
cercando la salvezza ed essendo pervenuto alla illuminazione, può farci da
maestro con la sua dottrina. Per i mussulmani Maometto
è il profeta di Allah, ma così partecipe della condizione umana comune da
aver passato buona parte della sua vita nell'esercizio del potere politico,
economico e militare. Nessun buddista di stretta osservanza vi dirà che il Buddha è Dio. Un
mussulmano poi e un ebreo di stretta osservanza vi confermeranno che
affermare che un uomo è Dio è una bestemmia. In
questa prospettiva bisogna dunque riconoscere che il cristianesimo, in quanto centrato sul mistero dell'incarnazione, è una
religione unica e assolutamente controcorrente rispetto al modo comune di
pensare degli uomini. Credere che un uomo, e lui solo, è Dio e che come tale
è l'unico Salvatore del genere umano, è il Signore della storia e il Giudice
del mondo, risulta assolutamente
"scandaloso" per l'umana sapienza. San Paolo ha parlato dello
scandalo della croce, ma è lui stesso a dirci che
questo scandalo è incominciato con l'incarnazione (Fil 2,7).
Credere che un uomo è il Figlio di Dio «nato dal Padre
prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio
vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre» è scandaloso non
solo per gli Ebrei contemporanei di Gesù, ma anche per gli uomini del nostro
tempo, i quali sono disposti anche a ritenere che Gesù è uno dei più grandi
uomini che siano mai esistiti, ma ritengono assurda la fede cristiana nella
sua divinità. Certi riconoscimenti della grandezza umana di Gesù (riformatore
religioso, rivoluzionario, filantropo, saggio, ecc...) non devono trarre in
inganno. Vengono concessi, purché non si dica che
lui è Dio. Eppure Gesù nei tre anni della sua vita pubblica
ha esplicitamente manifestato il mistero della sua persona divina. Possiamo dire che questo è stato il tema fondamentale della sua
stessa predicazione. Il vangelo di Gesù Cristo riguarda soprattutto la sua
uguaglianza col Padre, del quale è il Figlio e dal
quale è stato inviato per la salvezza del mondo. Certamente la rivelazione di
Gesù riguardo se stesso è stata graduale,
coinvolgendo prima gli apostoli e poi le folle, ma non vi è dubbio che le
parole e i gesti da lui compiuti sono stati afferrati nel loro profondo
significato ed è per questo che è stato condannato a morte dal Sinedrio dopo
che, per il medesimo motivo, hanno cercato in più occasioni di lapidarlo.
Gesù in nome proprio perdona i peccati, modifica la legge di Mosé con il suo autorevole «Ma
io vi dico», e compie miracoli impressionanti per l'onnipotenza che
esprimono. Anche i profeti prima e gli apostoli dopo
compiranno miracoli, ma non facendo appello alla propria autorità personale come fa Gesù. |
Oltre
ai gesti, anche le parole di Gesù sono esplicite e colpiscono nel segno
penetrando come spada tagliente nei cuori, per cui
alcuni credono e altri gridano allo scandalo. Al riguardo è illuminante
questo dialogo riportato dall'evangelista Giovanni: avendo Gesù affermato:
«Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30), i
Giudei portano delle pietre per lapidarlo. Allora Gesù domanda loro: «Vi ho
fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse volente lapidarmi? Gli risposero i Giudei: Non ti
lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio» (Gv 10,33). Ancora più
importante, per il contesto in cui è avvenuta, è la
testimonianza di Gesù davanti al Sinedrio, dove appare con chiarezza che è
stato condannato a morte per essersi fatto uguale a Dio. Il sommo sacerdote
gli domanda: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l'hai detto», gli rispose Gesù, ma poi
aggiunge parole, ben comprensibili ai presenti, con le quali si attribuisce
l'autorità divina di giudicare il mondo: «Anzi, io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di
Dio, e venire sulle nubi del cielo»(Mt 26,63-64). Che
un uomo con le parole e con i gesti che compie si attribuisca un'autorità
divina non è certo cosa di poco conto. Basti a
questo riguardo riflettere sul fatto che in tutte le Sacre Scritture,
dall'Antico al Nuovo Testamento, quello di Gesù Cristo è un caso unico.
Persino il Battista, il più grande degli uomini, come Gesù stesso ha
dichiarato, è al paragone soltanto una voce che grida nel deserto (Lc 3,3). Gli
uomini che hanno ascoltato la testimonianza di Gesù, e in particolare gli
apostoli che hanno condiviso con lui tre anni di vita, si sono trovati di
fronte a qualcosa di assolutamente inaudito e al di là di
ogni attesa e immaginazione. Eppure non potevano mancare i segni di credibilità che rendessero la scelta della fede un «rationabile obsequium», e
perciò sopra la ragione, ma non contro la ragione. Quali
erano questi segni di credibilità? Al
riguardo non si finirebbe mai di parlare, perché la persona di Gesù è un
abisso inafferrabile di luce. Però potremmo sinteticamente affermare che la
testimonianza di Gesù su se stesso era credibile per
l'eccelsa santità, di fronte alla quale quella degli uomini più santi è come
un lucignolo fumigante davanti al sole; per la sublime sapienza, per cui
anche i non credenti, che abbiano la mente sgombra di pregiudizi, non hanno
difficoltà a ritenere gli insegnamenti di Gesù contenuti nel vangelo i più
elevati che mai siano usciti da una bocca e un cuore d'uomo; per la potenza di
miracolo che si esercita in nome proprio non solo sulle malattie e la morte
degli uomini, ma anche sul regno della natura e soprattutto sull'impero delle
tenebre che trema e indietreggia quando Gesù lo comanda. Questi motivi di credibilità che hanno aiutato non pochi, pur nel rigido
contesto del monoteismo ebraico, a credere alla testimonianza di Gesù, hanno
poi avuto il sigillo della sua gloriosa resurrezione, con la quale Gesù ha
dato la prova inoppugnabile di essere «Dio e Signore», come confessa l'apostolo
Tommaso (Gv
20,28). A
mio parere si dovrebbe insistere di più, in chiave apologetica, sull'eccelsa
santità di Gesù e cercare di comprenderla, per quanto è possibile, nella sua
profondità abissale. Comunemente si afferma con san Paolo che Gesù era un uomo
in tutto simile a noi «eccetto il peccato». Questa espressione però non va
intesa soltanto come se la santa umanità del Salvatore sia
esente dalla ferita originale e dai peccati personali, per cui in lui non c'è
quell'impulso al male che invece c'è in noi e che
si esprime nella triplice concupiscenza. In Gesù Cristo non solo non c'era il
peccato, ma già nella sua vita terrena la sua umanità era una pienezza di
Grazia (Gv 1,16), per cui
egli poteva dire: «Filippo, chi ha visto me ha visto
il Padre» (Gv 14,11). La
sua santa umanità era intimamente unita alla persona divina
e Gesù come uomo esprimeva in forma umana la vita e la santità di Dio. «Anche i più piccoli tratti dei misteri della sua vita ci
manifestano l'amore di Dio per noi» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 516).
A questo riguardo balza subito alla luce la diversità di Gesù rispetto a
tutti gli altri uomini, in particolare ai grandi leader
religiosi dell'umanità. Mentre essi cercano una via di salvezza (la cercò Buddha nella meditazione e Maometto nella sottomissione
ad Allah), Gesù si presenta come uno che non cerca
nessuna salvezza, ma al contrario la dona. Gesù non cerca la verità, ma dice
di essere la verità e la luce; Gesù non cerca la felicità, la gioia, la vita,
ma afferma di essere colui che da la pace, la gioia
e la vita eterna; allo stesso modo Gesù non cerca una via, ma dice di essere
lui quella via che porta gli uomini alla meta. Mentre
gli uomini, anche i migliori, si sforzano di uscire dalla caverna in cui sono
imprigionati (è l'immagine platonica della condizione umana), Gesù è colui che entra nella caverna per liberarli. Gesù non è un
uomo che fa l'esperienza del male di vivere che tutti gli uomini fanno, ma è
la medicina a questo male. Tutto questo brillava nella sua persona e quelli
che l'hanno conosciuto e hanno aperto il cuore hanno compreso il mistero
dell'Emmanule, di Dio con noi. • |
«Benché taluni storici delle
religioni pongano il Cristianesimo tra le "religioni del Libro", esso
è più veramente e radicalmente "la religione di
una Persona viva: Gesù Cristo". Infatti nel
Cristianesimo il posto centrale non è occupato da un "Libro" - (Jean-Marie de |