Il ruolo del padre nella società attuale
La sera di venerdì 9 febbraio 2007,
l'auditorium S. Barnaba di corso Magenta era gremito da centinaia di
persone, che si erano riunite per ascoltare una conferenza su un tema
abbastanza insolito: "Figli e figlie cercano il padre".
L'incontro faceva parte del ciclo "capire per educare" dello spazio
genitori, promosso dal Comune di Brescia e dall'Istituto Pasquali-Agazzi. Il
relatore, presentato dalla prof. Mariella Donati, era il prof. Paolo Ferliga,
psicanalista, insegnante di filosofia e storia al liceo classico Arnaldo,
autore del libro Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità,
Moretti e Vitali, Bergamo 2005.
Ferliga ha sostenuto che è abbastanza evidente che i giovani sono
disorientati: il loro disagio lo esprimono nella passività, divenendo facili
prede di TV, Internet, videogiochi ecc. Spesso i giovani mancano di
iniziative e hanno timore ad affrontare la vita. La loro tonalità depressiva
è utile terreno per i mass media, e ci sono anche ben precisi interessi
economici che traggono vantaggio da questa situazione. La causa principale
di questa situazione emotiva ed esistenziale dei giovani è legata
all'assenza del padre, che mette a dura prova la vita dei figli.
Le funzioni educative e di iniziazione alla vita, che nelle società
guerriere e primitive erano appannaggio dei padri, sono state via via
affidate e demandate alle madri e alla scuola.... e i padri hanno accettato
passivamente questo processo.
Viceversa il prof. Ferliga ha sostenuto che la presenza del padre
nell'educazione è indispensabile per uno sviluppo sano ed equilibrato della
persona e la crisi e il disorientamento dei giovani sono legati all'assenza
dei padri.
Le immagini di miti, fiabe e sogni ci aiutano a comprendere l'importanza del
padre.
Infatti il prof. Ferliga aveva iniziato la sua conferenza raccontando un
breve sogno ricorrente di un paziente: vedeva un bambino al centro di una
stanza bianca, una luce accecante (il bianco è un colore che esprime spesso
nei sogni estrema gravità); il bambino piangeva e nemmeno la mano che si
avvicinava a lui riusciva a consolarlo. Questa immagine di disperazione
esistenziale può ben rappresentare il disagio dei figli che hanno percepito
l'assenza del padre nella loro crescita; non tanto e non solo un'assenza
fisica, effettiva, ma anche una distanza affettiva, un'assenza dal ruolo di
padre come educatore, consigliere autorevole e maestro.
Il mito greco di Edipo è molto noto, come altrettanto nota ne è
l'interpretazione di Freud, ma è stato riletto da Ferliga mettendone in luce
significati che usualmente rimangono in ombra. Edipo era figlio di Laio, re
di Tebe, e di Giocasta. Un oracolo aveva annunciato a Laio che sarebbe
rimasto ucciso da uno dei suoi figli e allora il re di Tebe ordina di
ammazzare il bimbo, ma il servo impietosito lo abbandona. E' raccolto dal
pastore Polibo, che lo alleva con la moglie Merope e gli fa credere di
essere suo padre. Durante un banchetto gli viene rivelato che Polibo è un
padre adottivo. Edipo va alla ricerca del padre, di cui ignora l'identità.
Uccide Laio in un duello, senza sapere che è il suo vero padre. Dopo varie
avventure sposa la madre, ma entrambi erano inconsapevoli dell'incesto.
Infine una pestilenza si diffuse a Tebe, Edipo scopre la sua origine, la
madre si uccide, lui si acceca e poi muore esule dalla sua città. Freud
definisce fase edipica quel periodo della vita del bambino nel quale si
forma il super-io e si interiorizzano i divieti morali. Ferliga ha ricordato
che per Freud il ruolo del padre è indispensabile affinché i figli escano
dalla simbiosi con la madre; il padre deve iniziare il figlio al mondo dei
valori (attraverso un processo di identificazione il bimbo pensa e,
talvolta, dice: "voglio diventare come papà").
Per il prof. Ferliga il dubbio è l'origine del sapere, la ricerca del padre
(e della madre) è spontanea e naturale nel bambino perché se non sappiamo da
dove veniamo, se non conosciamo le nostre origini, non sappiamo nemmeno dove
andare, la nostra vita non ha senso. Se viene meno la presenza del padre, il
figlio viene riassorbito nell'inconscio, nel non senso.
Il padre però, per svolgere questa sua funzione di guida e di apertura al
mondo dei valori, deve saper dire i no che fanno crescere (come nella fiaba
del principe ranocchio, è il padre che obbliga la bimba a mantenere le
promesse fatte al ranocchio, nonostante il ribrezzo della figlia; questo
richiamo ai valori porta nella fiaba al lieto fine: in realtà il ranocchio è
un bellissimo principe!). Il padre contribuisce in modo determinante e con
un ruolo insostituibile a creare quel giusto rapporto con le regole che non
vanno assolutamente violate e con lo spazio di libertà che va concesso in
base all'età del figlio. Il padre deve esercitare quel ruolo di separazione
anche con la figlia.
I figli, ha ricordato Ferliga, non sono nostri, hanno un percorso di
maturazione e di formazione del sé da realizzare, un disegno che né il
padre, né la madre possono tracciare (ma che già Qualcuno ha abbozzato)
questo richiede un grande sacrificio da parte dei genitori, come il
sacrificio di Abramo, fermato dalla mano di un angelo quando sta per
sacrificare Isacco. Il coltello di Abramo ha una duplice valenza, indica la
separazione dalla madre e da se stesso.
Il ruolo del padre dunque qual è? Il padre deve guidare e accompagnare per
mano il figlio finché non sia in grado di camminare da solo e poi "seguirlo"
lasciando che talvolta cada, aiutandolo a rialzarsi e sostenendolo nel
cammino; tutto ciò che noi genitori possiamo sperare di dare ai figli sono
le radici per crescere e le ali per volare.
Nel mondo antico e medioevale abbiamo grandi figure di patriarchi, persone
autorevoli a sagge, che costituivano per i giovani un modello da imitare o a
cui chiedere consiglio e aiuto. Nella società contemporanea non vi sono più
figure così, l'educazione dei figli è sempre più affidata alle donne (il
prof. Ferliga ha ricordato la crescente percentuale di insegnanti femmine in
ogni ordine di scuola). I padri, è la conclusione del relatore, devono
riappropriarsi del loro ruolo educativo per il bene non solo dei figli, ma
dell'intera società.
Dopo la conferenza è seguito un ampio dibattito.
Ci sembra però opportuno completare l'analisi del prof. Ferliga, ricordando
come nelle scritture, e in particolare nei Vangeli, l'importanza del ruolo
del padre sia affermata con chiarezza. Innanzitutto nella preghiera che Gesù
ci ha insegnato, Dio stesso viene paragonato al Padre. Noi tendiamo
normalmente ad interpretare questo paragone come un mezzo che ci permette, a
partire dalla nostra conoscenza della relazione coi padri terreni, di
comprendere meglio il rapporto con Dio. Ma è possibile, come insegna anche
S. Agostino, un'interpretazione inversa e speculare: l'immagine che le
scritture ci danno di Dio Padre, buono, misericordioso e, al tempo stesso,
giudice che ci richiama al rispetto dei comandamenti, può indicarci un
modello del ruolo paterno (sia pure ideale e perfetto, e quindi umanamente
irraggiungibile) utile a orientare i nostri comandamenti. Così come la
preghiera di Gesù ai Getsemani che dice: "Padre mio, se è possibile, passi
da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu" (Mt, 26,39) e
sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt, 27,46), ci
ricorda la nostra situazione esistenziale di bisogno: tutti noi abbiamo
avuto bisogno del padre.
Danila Galuppini
Maurilio Lovatti