L'ANNUALE FESTA DELLA BEATA ELENA DUGLIOLI VED. DALL'OLIO


Martedì 23 Settembre 2003
Ore 10,00: Santa Messa nella cappella dell’antica dimora della Beata, in Via Farini n° 33.
Ore 18,00: Santa Messa
concelebrata dal Parroco Mons. Angelo Magagnoli, che ricorda
                    il 60° di sacerdozio. Sarà pure presente il Vescovo Mons. Tommaso Ghirelli.

Per tutta la giornata sarà possibile venerare il corpo incorrotto della beata Elena.

Questa festa viene preceduta da due serate di preghiera e di riflessione:

- Venerdì 19 Settembre, ore 20,45: serata di riflessione sul Sacerdozio cattolico,
  presiede Don Luciano Luppi, direttore spirituale del Seminario arcivescovile di

  B
ologna.

- Lunedì 22 Settembre, ore 20,45 - in chiesa: La Beata Elena Duglioli e l’arte in San
 
Giovanni in Monte.  Conducono la conversazione il dott. Fanti e il prof. Degli Esposti.


60 ANNI FA DIVENTAI SACERDOTE ...........


Se chiudo gli occhi, quasi in un lungo sogno, passa davanti alla mia memoria una folla di volti...
Sono volti di bimbi a cui ho versato sul capo l’acqua rigeneratrice del santo Battesimo e, dopo qualche anno, quando sono ritornati per prepararsi alla Prima Comunione e alla Cresima, ho loro presentato e spiegato i primi elementi della dottrina di Gesù...
Sono volti di giovani, di adulti, di anziani che cercavano dal sacerdote  un consiglio, un incoraggiamento per camminare nella strada del Signore.
Sono volti di giovani sposi che avevano bisogno della benedizione del Signore per formare una nuova famiglia e che davanti al Signore hanno promesso reciproca fedeltà, pieno amore.
Volti di anziani, di ammalati, di sofferen­ti, che hanno implorato dal sacerdote una parola di conforto e, pur amando questa vita terrena, hanno chiesto il sacramento che dona la vita eterna.
Ricordo particolarmente te, anima bella e santa che, ascoltando le mie povere parole, che volevano ripetere l’insegnamento di Gesù, ti sei tanto entusiasmata della bellezza del Paradiso da dimenticare i tuoi mali, sprizzando dai tuoi occhi quella gioia, che solo il Signore può dare.  


Ricordo particolarmente te, anima bella e santa che, ascoltando le mie povere parole, che volevano ripetere l’insegnamento di Gesù, ti sei tanto entusiasmata della bellezza del Paradiso da dimenticare i tuoi mali, sprizzando dai tuoi occhi quella gioia, che solo il Signore può dare.
Ricordo il volto gioioso di tanti novelli sacerdoti, che io, pur nella mia limitatezza umana, avevo aiutato negli anni della loro formazione.
Questi sono volti di uomini e donne che si erano rivolti loro al sacerdote, ma vi è una schiera dì persone che, memore del comandamento di Gesù, sono andato io a cercarIe.
Il giorno della mia ordinazione sacerdotale, in quella cappella provvisoria di Villa Revedin, che in seguito verrà distrutta in parte da un bombardamento, il mio Arcivescovo nel suo breve discorso, disse a me e a don Giulio, che veniva lui pure consacrato sacerdote: “Voi siete i preti della guerra (era il 1943), dovrete portare l’amore al posto dell’odio”. E andai in mezzo ai rastrellati, in mezzo ai profughi... Volti tristi, smarriti, terrorizzati, bisognosi di tutto..., uomini che, temendo il peggio, incuranti di trovarsi in mezzo ad altri, non si vergognarono di buttarsi in ginocchio, confessando i loro peccati davanti al giovane sacerdote, per essere da Dio purificati.

E andai nelle fabbriche, dove regnava l’odio, creato sì da ingiustizie, ma anche sobillato da uomini che insegnavano ideologie non conformi alla dottrina del Vangelo.., andai perché l’odio doveva essere sconfitto dall’amore.   Questo era il mio scopo...   Vi andai gratuitamente, memore dell’insegnamento di Gesù: ”date gratuitamente quello che gratuitamente avete ricevuto”.
Ho davanti ai miei occhi la catena di montaggio, ancora esistente anche nelle più moderne aziende (per quel tempo). Vedo voi, uomini delle Solfatare, “nudi e pieni di sudore”; ho davanti ai miei occhi te che stai mangiando un tozzo di pane impregnato del tuo sudore, in quella profondità a 60 gradi di calore!
Mi vedo in mezzo agli operai di monte Pellegrino (Palermo), dove per incarico della direzione nazionale Onarmo e della “Pontificia Opera di Assistenza”, ero stato inviato per “vedere e riferire”.   Mi vedo mentre parlo ai lavoratori, che pur di guadagnare qualche liretta in più, partivano da Partinico e da Montelepre (25-30 chilometri) fino a monte Pellegrino il lunedì per ritornare al sabato nelle loro abitazioni, solo provvisti di qualche     pomodoro e un po’ di pane.
Vedo pure accanto a loro “i caporali” con la “frusta” in mano, scena non consueta nel XX secolo.
Tutti volti che passano, in questa mia ricorrenza, davanti ai miei occhi.
Poi tornai alla pastorale normale.
Le vie del Signore non sono le nostre vie e la volontà di Dio si manifesta anche attraverso l’obbedienza al Vescovo, il Pastore della Chiesa particolare.
Il giorno della mia ordinazione sacerdotale il Vescovo mi chiese: prometti a me e ai miei successori obbedienza e riverenza?” Con molta serenità gli risposi: “prometto”. Ed ecco il 20 maggio 1975 il card. Poma mi manifestò la sua intenzione di mandarmi a S. Giovanni in Monte e... sono qui in questa cara parrocchia da 28 anni.
Altri volti sono davanti ai miei occhi, tanti collaboratori, tanti amici giovani e vecchi e, per parte mia, nessun nemico.
Che debbo dire al Signore? Quid retri
buam Domino...? Grazie, Signore. 
Perdonami le mie deficienze...
I miei anni sono ormai molti e, se le mie energie sono ancora buone, debbo pensare al gran giorno in cui incontrerò il mio Signore.
Al mio antecessore (Don Emilio), quando gli auguravano molti anni di vita, con la sua proverbiale arguzia, in dialetto bolognese, rispondeva: “guarda bèin all’anagrafe...!”        per dire che più che vecchi non si diventa.    E allora bisogna che anche il vostro parroco si prepari, se non vuole trovare la sorpresa di vedere in paradiso i parrocchiani più avanti di lui o addirittura (quod Deus advertat), esserne escluso.
“Recordare, lesu pie, quod sum causa tuae viae... ne me perdas, illa die”, come dice l’autore della sequenza antica “Dies irae”.
Don Angelo

LA BEATA ELENA E I SACERDOTI

La nostra Beata, donna dotata di virtù spirituali acquisite mediante una vita di sacrifici e di preghiera, sapeva essere di aiuto non solo a persone del mondo laicale, come apprendiamo in particolare dalla sua lettera alla Marchesa del Monferrato, ma era capace di illuminare uomini del clero del suo tempo. Il Card. Lorenzo Pucci ed il nipote, Mons. Antonio Pucci, Vescovo di Pistoia, avevano una grande stima della nostra Beata. Quest’ultimo in un rotoletto di carta pergamena trovato nel reliquiario di S. Cecilia,
come ci racconta Abate Collina, usava firmarsi “figlio suo carissimo in Cristo”. 
Nella lettera al suo padre spirituale, il dotto Padre Ritta, priore del monastero di S. Giovanni in Monte, la Beata si permette di dare lei al suo confessore dei saggi consigli. Infatti costui si era lamentato perché l’avevano calunniato ingiustamente. 
Elena gli risponde: “Voglio dire a te, Padre, quello che ora scrivo e che certamente già sai, ma non sarà inutile riascoltarlo dalla tua figliola, la quale non vuole né sa scrivere cose nuove, ma si accontenta di scrivere cose già risapute.
Prima di tutto voglio che tu sappia che sono ben consapevole che la vita di tutti i Santi è stata molto difficile, penosa ed angusta... O Padre, ho ritrovato proprio ora un libro nuovo, studiando il quale ho imparato un’arte singolarissima .... e qual è quest’arte?    Quella di tacere e di rispondere con il solo silenzio .... e fai in modo che l’esempio della tua vita sia quello che dia a tutti una valida risposta; e solo con questo potrai chiudere la bocca a tutti. .... Vorrei, padre, che serbassi perfetto silenzio sulle cose che toccano la tua persona .... Ricordati, Padre, che il Signore e Salvatore nostro lanciava fulmini contro gli offensori del suo celeste Padre, ma per quel che si riferiva alla sua persona, in quanto uomo, restava muto e sopportava in silenzio ....  Così vorrei che anche tu facessi.

IL PIANTO DI UNA MAMMA


Ore 5 del mattino.
Alcuni ragazzi sono ancora nella sottostante piazzetta ...
Fra poco, quando il sole sorgerà andranno a casa ... per dormire.
Un pensiero.
Penso a te, mamma che hai atteso la tua figlia tutta la notte.
Ti sei portata alla finestra varie volte e ti sei appoggiata al davanzale verso quella strada avara, deserta, che non ti donava mai la tua figlia ...
I tuoi occhi in lacrime.
Finalmente una preghiera: “Signore, proteggila... !”;  poi un’imprecazione contro la società di oggi ...   Poi “più che il dolore poté il sonno ...”.
Mamma le tue lacrime sono preziose, continua a versarle.
Il Signore ti ascolterà e un giorno, quando tu forse non ci sarai più, la tua figlia, a sua volta diventata madre, e appoggiata a un altro davanzale aspetterà tra le lacrime: capirà il tuo dolore.

DOPO TANTO PARLARE DI PACE, POSSIAMO DIRE LA NOSTRA ?


Può sembrare strano parlare in questa sede di pace proprio quando uno dei conflitti più discussi ed analizzati è da poco giunto al suo epilogo; ma forse proprio perché sulle prime pagine dei giornali si sono avvicendate altre notizie del giorno, è magari possibile fare una considerazione su questo tema, la pace appunto, che è stato per un periodo sulla bocca di tutti, usato talvolta con buon senso, ma spesso a sproposito assumendo uno strano contorno di relativismo, quando invece per noi Cristiani é sicuramente un valore assoluto. 
Senza voler entrare nel merito di questioni complesse che vanno al di là degli spazi e degli intenti di questo notiziario, sembra che l’unico aspetto di questo argomento a non essere stato ampiamente discusso ed analizzato sia proprio quello che più ci riguarda da vicino ... .
Gisella, studentessa ospite della casa S. Francesco Saverio, dice infatti che dopo anni ed anni di studio, di ricerca, di sviluppo, col crescere in forza e misura della diplomazia, della storia, della sociologia e del diritto, della teologia e dell’antropologia, davvero sarebbe stato possibile che mai più venisse meno la pace. 
Abbiamo già tutti gli strumenti necessari a costruire i possibili futuri migliori, nè mancano le persone in grado di utilizzarli: l’unica condizione che si rende necessaria al loro uso è proprio la pace. 
E’ con la pace che si può costruire, crescere e cambiare: in guerra si può solo perdere o vincere, sopravvivere o morire.   
Da cosa dunque possiamo partire per dare il nostro contributo? 
Può sembrare persino scontato, ma ci siamo mai chiesti se noi in prima persona siamo costruttori di pace? 
Come possiamo sperare che regni la pace se ad esempio già nella nostra famiglia non vi è armonia, abbiamo contrasti con chi ci sta vicino, siamo litigiosi e non riusciamo ad essere concilianti gli uni con gli altri? 
Come possiamo pretendere che non vi siano contrasti tra le nazioni se noi per primi non riusciamo a sopire rancori, sentimenti di rivalsa ed antipatie? 
Don Primo Mazzolari diceva infatti a proposito della guerra che: “non la si può fare se non da lupo a lupo, usando metodi da lupo: infatti ad un certo punto del racconto, non sai più distinguere il lupo dall’agnello; vestendosi il lupo da agnello e l’agnello facendosi lupo con la scusa del difendersi dal lupo”; questo a voler dire che la guerra è un qualcosa che prevale quando viene meno la volontà di conciliare, di collaborare...
E' proprio da questo che dobbiamo farci riconoscere: siamo Cristiani e ci amiamo gli uni gli altri.    Dobbiamo quindi pregare per essere in grado di fornire un tale esempio e dobbiamo far sì che esso venga colto.    Dobbiamo pregare perché il nostro Dio è un Dio che ci ha creato fratelli ed è un Dio d’amore: ascolterà le richieste di pace. 
E quando smettiamo di pregare, divulghiamo e moltiplichiamo con le nostre azioni l’amore per il prossimo affinché presto, anche attraverso le nuove generazioni, tutti conoscano la potenza della pace, la forza della concordia. 
Ci sembra un traguardo al di fuori della nostra portata? 
Non sarà certamente né facile, né immediato, ma siccome ogni edificio per reggersi solidamente ha bisogno di buone fondamenta, capiamo perché, affinché regni la pace nel mondo, non si può prescindere dall’essere noi stessi costruttori e divulgatori di pace in famiglia, sul posto di lavoro, in qualunque attività svolgiamo, affinché la cultura della pace non resti un concetto astratto, ma diventi un qualcosa facente parte della sensibilità di ciascuno di noi. 
Allora davvero ci sentiremo più completi come Cristiani, e ancor prima come persone.

Marco Rossi


30 MAGGIO 2004: DECENNALE EUCARISTICA A SAN GIOVANNI IN MONTE


Consigli per ben prepararsi a questa solennità:

 1. Devo chiedermi il perché di questa celebrazione.
 2. Conoscere bene la dottrina sulla Eucarestia.
 3. Interessare tutti i parrocchiani, perché partecipino non solo alla processione, ma anche
     a disporre gli animi.
 4. Passa Gesù per le nostre strade: onoriamo, pulendo le nostre case, e se abbiamo la
     possibilità di farlo, restaurando le facciate.    Anche queste cose esteriori possono
     manifestare il sentimento della nostra devozione a Gesù.
 5. Collaboriamo in parrocchia per ripulire gli altari, gli ottoni, i paramenti sacri, etc. ...
 6. Ognuno di noi si senta parte attiva.

                   
                                                           - Decennale 1994 -



In preparazione alla prossima Decennale abbiamo iniziato a porre in opera sul tetto centrale della chiesa l‘ondulina, per evitare improvvise penetrazioni di acqua, che potrebbero rovinare le pitture antiche della nostra Chiesa.

La spesa prevista è di € 75.000,00

 Contiamo sulla Provvidenza e sull’aiuto dei generosi.


RIPRESA DEL CATECHISMO PER I RAGAZZI CHE SI PREPARANO 
ALLA PRIMA COMUNIONE ED ALLA SANTA CRESIMA


Con la domenica 21 Settembre, alle ore 10,00 riprende il Catechismo dei nostri ragazzi.
Invito i genitori ad essere solleciti nel richiedere l’iscrizione alla scuola di dottrina cristiana.     Essi sono i primi educatori della fede per i loro figli.
Non si dica: “Se mio figlio vorrà …. ! ”
Non potete pretendere che i vostri figli siano in grado di prendere queste decisioni. 
Voi date ai vostri figli quello che voi ritenete utile.     Se siete credenti, darete loro la possibilità di istruirsi e di conoscere l’insegnamento di Gesù.
Non si dica: “Quando sarà grande deciderà lui ciò che vorrà fare...”
Questo modo di ragionare proviene dalla vostra incertezza, o, anche dalla vostra carenza di fede.
Ma si dica: “Diamo ai figli la possibilità di venire educati nella fede, che è in noi”.
Vogliamo sperare che questa fede continui a risplendere in lui per tutto il tempo della sua vita.


Bollettini Parrocchiali