IN CAMMINO VERSO LA FESTA DEL RICORDO
DELL'EVENTO PIU' GRANDE DELLA STORIA


Ci stiamo preparando a celebrare la festa, che ricorda la venuta di Dio in mezzo a noi: il Natale di Gesù, Figlio di Dio.
La Chiesa, con la liturgia del tempo di Avvento, ci prepara a considerare questo mistero.
L'amore di Dio verso l'umanità peccatrice appare straordinariamente sorprendente.
Dio vuole salvarci senza togliere a noi il dono della libertà; vuole aprire la porta d'ingresso nella Gerusalemme celeste (vedi il libro della Apocalisse di S. Giovanni), il Paradiso celeste a noi che rifiutiamo il paradiso terrestre (vedi Genesi).
A Betlemme duemila anni fa venne la luce del mondo.
Pochi uomini l'avvertirono; i poveri pastori andarono alla culla di Gesù, offrendo i loro piccoli doni; andarono pure più tardi i magi, i sapienti della terra, ma non i re, non i potenti.
La missione del Salvatore fu silenziosa, umile, tanto umile che fu conclusa nella croce, sul monte Calvario.
Ho detto conclusa, ma non è la parola giusta, perchè, risorgendo, dopo tre giorni ha vinto la morte.
"O morte dove è il tuo pungiglione?" Il Signore della gloria è ancora in mezzo a noi e
la Sua Chiesa si estende fino ai confini della terra.
A noi è dato, se vogliamo, renderci membri del suo regno.
Come prepararci a celebrare questa festività?
Con la riflessione, con la preghiera di ringraziamento, con la osservanza di quanto il Salvatore ci ha insegnato.
Buon Natale a tutti.
      Don Angelo
 

ORARI DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


24 Novembre:

Il Card. Giacomo Biffi, alle ore 18 celebra in
S. Giovanni in Monte la S. Messa, ricordando il 25° della morte del Card. Lercaro.
25 Novembre: L'Azione Cattolica si raccoglie in assemblea alle ore 10 (in sagrestia).
2 Dicembre: I parrocchiani eleggono i membri del Nuovo Consiglio Pastorale Parrocchiale.
Inizia l'Avvento.
8 Dicembre: Solennità della Beata Vergine Immacolata: questa festa viene preparata con una Novena che inizia il 30 Novembre alle ore 17,30.
16 Dicembre: Ore 17,40: Novena in preparazione del Santo Natale.
24 Dicembre: Ore 17,40: conclusione della Novena.
Ore 18,00: Messa Vespertina prefestiva nella vigilia di Natale.
Ore 23,30: Recita dell'Ufficio delle Letture.
Ore 24,00: Messa Solenne nella Natività.
25 Dicembre: Solennità del Santo Natale.
"In tutti sia la gioia del Cristo, Figlio di Dio fatto uomo".
Sante Messe: ore 9 - 11 - 18
26 Dicembre: Festa di Santo Stefano
Sante Messe: ore 9 - 11 - 18
27 Dicembre: Solennità di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista, titolare della parrocchia
Sante Messe: ore 9 - 11 - 18
Nel pomeriggio: esposizione solenne del SS. Sacreamento (Quarantore).
Ore 16,00: Esposizione.
Ore 17,30: Adorazione e Benedizione.
Ore 18,00: Santa Messa ed Omelia.
28 Dicembre: Ore 9,00: Santa Messa
Ore 16,00: Esposizione del SS. Sacramento.
Ore 17,30: Solenne Benedizione e chiusura.
Ore 18,00: Santa Messa ed Omelia.
31 Dicembre: Dopo la Messa prefestiva delle ore 18,00, canto del "Te Deum" di ringraziamento.
1 Gennaio: Giornata di preghiera per ottenere la pace.
Sante Messe: ore 9 - 11 - 18
17 Gennaio: Festa di S. Antonio Abate e benedizione degli animali.

IL RESTAURO DELLA FACCIATA DI SAN GIOVANNI IN MONTE

Nel mese di luglio sono terminati i lavori di restauro della facciata della chiesa di San Giovanni in Monte.
Si è trattato di un intervento necessario dato lo stato di degrado dei materiali e l'importanza dell'edificio nel contesto bolognese.
Il restauro, promosso dal Parroco Don Angelo Magagnoli, è stato condotto dalla Leonardo S.r.L., sotto la direzione degli ingegneri Vincenzo Lucci e Antonio Ligori, e dell'Arch. Chiara Pesenti.
Per ripercorrere le fasi più significative dell'intervento abbiamo posto alcune domande a Francesco Geminiani, Direttore Tecnico della Leonardo S.r.L..
Come è stato strutturato l'intervento di restauro nella facciata della Chiesa di San Giovanni in Monte?

L'intervento è stato articolato in più fasi: in primo luogo sono state eseguite indagini di carattere chimico-fisico e mineralogico sui materiali, cotto e arenaria, presenti nella facciata.
Lo scopo era quello di determinare, per quanto possibile, le provenienze di questi materiali e caratterizzarne patologie di degrado e stato di conservazione.
Questo ci ha consentito di ottenere informazioni fondamentali per strutturare un adeguato progetto di restauro differenziato sulla base dei materiali e della loro conservazione.
In corso d'opera, sulla base di suggerimenti della Direzione Lavori e della Soprintendenza, si sono eseguite anche delle campionature per individuare le tecniche di pulitura, consolidamento e stuccatura più idonee all'edificio.
Naturalmente abbiamo provveduto ad una documentazione puntuale di tutti gli interventi effettuati per consentire futuri controlli e verifiche sull'esito dell'intervento.
Che tipo di restauro è stato eseguito?
Abbiamo ritenuto opportuno, insieme alla Direzione Lavori e alla Soprintendenza, effettuare un intervento di carattere conservativo cercando di eliminare gli effetti del degrado, limitarne per quanto possibile l'azione futura ma in ogni caso salvaguardando la natura originale del manufatto.
Ad esempio, nel caso dei trattamenti di finitura originali dei quali restavano minime tracce sia sul paramento in cotto che sulle decorazioni in arenaria, abbiamo cercato di mantenerle il più possibile ma non ne abbiamo riproposto un ripristino integrale.
Riteniamo infatti, in linea con le più recenti teorie del restauro, non opportuno il rifacimento di intere porzioni ma piuttosto la conservazione anche di minime tracce e la loro documentazione.
Questo per non alterare l'equilibrio in cui ci sono giunte le opere d'arte e mantenerne una corretta conservazione.
Quali sono state, a suo avviso, le maggiori difficoltà di questo intervento?
Trattandosi di un edificio storico di notevole importanza, che è stato oggetto di numerosi interventi manutentivi nel corso del tempo, si è rivelato abbastanza difficile eseguire un corretto intervento di pulizia di tutte le porzioni della facciata.
Abbiamo risolto questo problema differenziando la pulitura eseguendola in modo calibrato sulle varie zone disomogenee, ed eliminando le superfetazioni incongrue e dannose per i materiali originali che vi erano a contatto.
Inoltre si è rivelato particolarmente complesso il restauro di alcuni elementi in arenaria particolarmente danneggiati dagli agenti di degrado.
In questi casi, dove addirittura si era persa la modanatura originale dei conci e quindi le decorazioni plastiche, abbiamo eseguito un approfondito preconsolidamento con iniezioni e impacchi di materiali idonei che consentisse di effettuare le successive operazioni di pulitura senza sacrificare parti importanti di materiale originale.
Il restauro ha dato la possibilità di capire meglio le tecniche costruttive e di decorazione utilizzate nella facciata?
Grazie all'allestimento del ponteggio abbiamo avuto la possibilità di analizzare direttamente il paramento murario in laterizi e gli elementi decorativi in arenaria, e questo ci ha consentito di comprendere meglio la tipologia dei materiali utilizzati e le tecniche di lavorazione adottate.
In particolare, sulla base anche delle analisi di laboratorio effettuate in fase preventiva su alcuni campioni, abbiamo riscontrato l'impiego di differenti tipi di arenaria, proveniente forse da cave diverse.
In ogni caso, tutti i conci in arenaria, erano caratterizzati da uno strato di finitura superficiale che serviva sia per proteggere il materiale che per conferirgli una uniformità di lettura.
È probabile che questo strato servisse anche per nascondere l'utilizzo di arenaria, considerata materiale poco nobile, dando l'impressione di un materiale diverso quale ad esempio il travertino certamente più difficile da reperire e quindi più costoso rispetto ad una pietra locale come I'arenaria.
Inoltre è stato possibile rilevare la presenza, in alcune zone del paramento in cotto, di un sottile strato di finitura realizzato con cacciapesto che ne caratterizza il colore rosato.
Quali sono le sue considerazioni sull'esito dell'intervento?
Riteniamo che il lavoro, svolto in sinergia con un' attenta e competente Direzione Lavori e seguito costantemente dalla Soprintendenza, abbia avuto un buon esito finale.
Vorremmo quindi ringraziare tali professionisti, il Parroco e tutti i parrocchiani di San Giovanni in Monte augurandoci che abbiano potuto apprezzare I' impegno che abbiamo messo nell'esecuzione di questo importante lavoro.
          Rossana Gabrielli

NEL 1977 MORIVA MONS. EMILIO FAGGIOLI
Come lo ricordo

Ricordare un uomo, un sacerdote, un parroco che ha vissuto quasi 94 anni ( era nato nel 1883) che è passato attraverso tempi di grandi cambiamenti nella società, non è soltanto doveroso, ma anche utile per noi, per gli insegnamenti che può offrirci.
In un suo libro scritto e pubblicato pochi mesi prima di morire, che lui stesso con umiltà definisce "disordinate memorie", afferma: "Ritrovandovi qui radunati per il mio funerale, a chi ve lo chiede dite che è morto un prete, è morto un parroco è morto don Emilio" e continuava: "ritengo opportuno chiarire che ho esercitato il ministero di sacerdote cattolico con pienezza di quella fede che è fulcro necessario dell'attività che si richiede per diffondere e difendere la dottrina di Gesù Redentore".
Un prete di fede, di una fede chiara, decisa, senza esitazioni: "Quando passai la visita militare ad Ancona, (è sempre don Emilio che parla) il medico, guardandomi negli occhi mi chiese: "che cosa fai a casa?" risposi logicamente: "faccio il prete". Lui aggiunse: "come, con due occhi da sbarazzino così fai il prete?" "Veramente io non sapevo che per farsi prete bisogna essere tonti.".
Questa era la sua personalità e tonto non fu mai.
Lo conobbi come professore al seminario regionale durante gli anni della teologia, come maestro di liturgia (per lui questa materia consisteva nella conoscenza delle rubriche); maestro di pastorale e di amministrazione ecclesiastica, dove si rivelava un uomo più pratico che teorico.
Come dimostrazione di quanto detto, riporto una frase: "per pulire bene i banchi di chiesa ci vuole unto di gomito".
Infiorava il suo discorso con piccoli racconti che di solito iniziavano così: "una buona figliola della mia parrocchia ..." per cui la sua ora di lezione, non essendo pedante, con un tono di buon pastore, divernava attraente.

Bisognava fare attenzione a rivolgergli delle precise domande, diversamente si poteva ricevere questa risposta: "la tua richiesta è tanto fine che va a finire in niente".
Dovevamo poi anche fare attenzione a non arrivare nell'aula in ritardo.

In questo caso "il professore Don Emilio si fermava e ci seguiva con gli occhi fino alla sistemazione nel nostro posto (era l'aula grande dei corsi riuniti) e concludeva la sua muta sgridata con la ben nota frase: "la lezione inizia alle 10 e termina alle 10 e sessanta."
Non solo rimproverava ma lui era il primo nella puntualità.
A questo proposito mi piace riferire una scenetta, di cui io stesso fui spettatore: in un raduno di clero alla presenza del Card. Nasalli Rocca, Don Faggioli pose, tra le richieste di altri presenti, una sua domanda al conferenziere.
Quando venne il turno della risposta al quesito posto da Don Emilio, l'interessato non c'era più.
A mezzogiorno preciso doveva essere a tavola per trovarsi disponibile dalle 13 alle 15 per i suoi parrocchiani.
Ho detto alle 15 e non oltre, perchè c'era l'ora della visita agli ammalati.

La sua vita era regolata come un orologio.
Così la messa delle 11 in parrocchia iniziava alle 10 e 60 minuti.
Così era per i parrocchiani, così era per i celebranti, fosse pure cardinale o vescovo.
Capitò a mons. Dardani vescovo ausiliare che, venendo con ritardo a causa del traffico, a S.Giovanni in Monte per la cresima, trovò il parroco che già celebrava la messa e il sacrestano sulla porta della chiesa, che gli ordinava di andare in sagrestia per conferire la cresima ai ragazzi già pronti.

Fu anche professore di religione nel ginnasio-Iiceo Galvani e le notizie del suo metodo mi sono arrivate in maniera indiretta dalla bocca dei suoi allievi.
È doveroso premettere che era riuscito a insegnare religione anche nel tempo di prima della Conciliazione del 1929, quindi senza stipendio.
Lo stesso suo modo d'insegnare del seminario regionale lo usava tranquillame anche per i giovani del Galvani.

Qualche tentativo di ribellione in realtà ci fu, ma sapeva imporsi (erano altri tempi).
Basti un solo esempio per comprendere.
Entrando un giorno in classe, vide una scritta alla lavagna: "Asino Faggioli!" guardò, ritornò a guardare e, infine disse: "Non riesco a capire chi ha scritto il suo nome accanto al mio!"
Fu sempre convinto che il professore deve educare la gioventù, non viceversa e se non sa educare è meglio che non si dedichi a questa nobile missione.
Ho parlato di Don Faggioli professore, ma avrei dovuto parlare prima del sacerdote, perche decisamente lui si sentiva prete, e la dignità, la missione, il carisma del prete ce l'aveva fin nel profondo del suo animo, occhi da birichino sì, ma prete!
Le prime notizie di Don Faggioli le ebbi da una mia zia, parrocchiana di S. Giovanni in Monte nel 1927 , all'età di sette anni nel giorno della mia cresima.
Fui ospite in casa sua e lei mi parlava del suo parroco, chiamandolo "Don fasulen birichen," in causa della sua statura.

Rimase impresso nella mia mente di ragazzino quel diminutivo detto, non in senso dispregiativo, ma significativo.
A S. Giovanni in Monte divenne parroco solo nel 1916 per difficoltà burocratiche, ma in realtà lo fu dal 1914; quando in agosto morì D. Antonio Domenichini suo predecessore, del quale era stato cappellano fin dal 1907.

Quindi, essendo morto nel 1977, la sua vita può essere ben considerata un tutto uno con S. Giovanni ln Monte.
Settanta anni non sono pochi.
Cosa pensava la gente di lui parroco? Lo possiamo ricavare da una relazione scritta da uno dei fedelissimi di Don Faggioli, il prof. Guido Bassi, pronunciata durante una visita pastorale del Card. Arcivesco Poma: "Potremmo parlare del padre (della parrocchia) ma ci guardiamo bene di tesserne gli elogi per non incorrere negli strali della sua ombrosa modestia.

Ci si consenta tuttavia di affermare che è per noi di sommo conforto, in questa strana epoca (1970) di controproducenti contestazioni, di inutili accademie verbali, di principi affermati e negati con uguale competenza, mi permettete Eminenza, di sacerdoti incerti sul reale significato della loro missione, è di sommo conforto, dicevo, sentirci sempre appoggiati e legati "al pastor che ci guida".
Di lui riconosciamo l'autorità che non è mai autocrazia; abbiamo sempre risposto all'invito del suo sentimento che mai si è confuso con l'imperante sentimentalismo di oggi per cercare di percorrere insieme, fino in fondo la via della "salvezza".
Ho molto riflettuto sul suo servizio parrocchiale a S. Giovanni in Monte.

Tento, per non dilungarmi troppo, di fare sintesi di questo suo lavoro di parroco.
Prima di tutto devo dire che desiderava formare una parrocchia "cristiana".
Quando mi toccò di succedergli mi disse subito: "ricordati che la mia parrocchia non è una parrocchia cristiana."
Questa frase per lui, parroco zelante, voleva significare che la parrocchia di S. Giovanni in Monte non era una comunità perfetta, come egli l'avrebbe desiderata.

Un padre vuole i figli perfetti.
Sorrisi a questa sua battuta inaspettata, ma, avendo io allora 55 anni, quindi sentendomi già esperto, gli risposi che soltanto Dio è perfetto. ...noi uomini possiamo pensare di migliorare sempre.
Sua prima cura fu l'educazione della gioventù.
Era dolce, fermo coi ragazzi, quanto duro e severo con gli adulti.
In Bologna vivono ancora molti suoi ex ragazzi, che approvano il suo metodo educativo e ricordano il maestro.
Un capitolo importante è la formazione degli Scout; associazione che D. Emilio organizzò fin dal 1916 e che conservò fino al 1968.

Fu veramente un'epoca di grande pregio educativo.
A questo punto ci si potrebbe chiedere perchè l'abbia fatta morire, almeno nella sua parrocchia.

La risposta, penso, potrebbe essere questa: D. Faggioli, vedendo in questa opera, a cui si era fortemente dedicato, spuntare, in quegli anni di contestazione, idee educative,
che non poteva assolutamente accettare, e, non potendo reagire diversamente, anche per l'età, chiuse tutto e... rimasero solo le bandiere.
Una dote, che è bene mettere in evidenza e che gli fu di giovamento nella formazione della sua gente, era la sua predicazione breve, concisa, pratica e incisiva.

Con questo carisma usato da lui come mezzo di comunicazione ha prodotto certamente frutti per una sana formazione cristiana.
Per evangelizzare pensò di comunicare anche con la stampa.
Fin dal 1916 stampò il "suo bollettino parrocchiale", credo il primo della nostra diocesi.
Veniva mandato alle famiglie "gratis per quelli che non danno niente", come stava scritto sulla prima pagina.
In questo breve notiziario con molta semplicità e molta arguzia diceva senza tanti peli sulla lingua quel che pensava.
Il bollettino continua ancora, anche se con stile diverso, ad essere certamente un valido documento per gli studiosi di questo lungo periodo storico.
Vi sono le battute contro la massoneria, contro il fascismo e il comunismo.

Interessante era la "rubrica" per tutti gli onesti, gli illusi e gli ignoranti, dove con tutta tranquillità colpiva i mali del suo tempo.
Amava la sua chiesa. Amava sostare a pregare fin dalle prime ore del mattino.
Lo ricordo nella sua tarda età, quando ormai ammalato, e non più parroco, restava, lui uomo d'azione, ore intere a pregare.
Poteva sembrare un uomo consapevole delle sue doti, irremovibile nelle sue idee, basti pensare alla sua ben nota frase."Tu hai ragione, ma io non ho torto" con cui era solito chiudere il "suo" dialogo, tuttavia, davanti alla autorità era pronto ad obbedire.
AI card. Nasalli Rocca, che si recava, dopo tre giorni dal bombardamento a visitare i danni arrecati alla chiesa di S. Giovanni in Monte, adducendo le cause del ritardo di questa sua visita a un guasto alla sua macchina, D. Emilio gli rispose: "io sarei venuto a piedi!"
AI card. Lercaro che rifiutava di indossare la pianeta solenne per la messa, preferendo la sua casula: "Eminenza si tenga pure i suoi stracci e io mi tengo la mia preziosa pianeta".
AI card. Poma che gli chiedeva con tutta delicatezza, mista a timidezza le dimissioni da parroco, spontaneamente gli rispose: "perche non me le avete chieste prima!?"
A lui che si sentiva nella sua parrocchia papa, vescovo e parroco, potrebbe sembrare opportuno rivorgergli un rimprovero di mancanza di comunione nella chiesa, ma in realtà era il prete che portava massimo rispetto e, oserei dire, un grande amore a chi era costituito in autorità.
Un episodio esplicativo di quanto detto.
Ero parroco di S. Giovanni in Monte da appena una settimana, D. Faggioli mi aveva chiesto in quale confessionale poteva mettersi per confessare e in che orario poteva celebrare la messa: "Resti nel suo solito confessionale e celebri pure nell'orario che le è più agevole (aveva ormai novantadue anni)" gli risposi.
Durante la messa, come era solito fare quando c'era qualcosa che non gli andava, cominciò a brontolare, in causa di una lampadina accesa. (per lui era sperpero).
Come giunsi in sagrestia gli dissi.
"Monsignore non brontoli più durante la messa" !
"Chi me lo ordina?" mi disse pronto lui, ed io di rimando sorridendo e usando una sua ben nota frase: "il parroco di S. Giovanni in Monte!" Non lo fece più.
Sapeva comandare con autorità, ma sapeva anche obbedire.
Poteva sembrare intollerante con i poveri, o meglio, con i barboni che, allora come oggi, venivano a chiedere soldi.

Li scacciava in malo modo con questa frase: "Andate dal vostro parroco". Ma in realtà nel silenzio aiutava chi si trovava veramente nel bisogno.
Qualche tempo fa venne da me un signore sulla cinquantina, un professionista e mi disse: "Prenda questa busta e non ringrazi. Il suo antecessore, in un momento di difficoltà
economica della mia famiglia, quando io ero ancora studente, mi diede una somma con cui potei proseguire i miei studi. Lui non c'è più, ma intendo restituire il denaro alla chiesa che lui reggeva allora, pensando di compiere un'azione doverosa."
Poteva sembrare un rigido moralista, e forse in qualche misura lo fu, basti pensare ai suoi molti cartelli posti in chiesa, con cui si avvertiva che non veniva data la possibilità alle donne con il rossetto alle labbra di accedere alla comunione; o quando ad una sposa che si era presentata con veste "scollaciata", le disse: "tu carina o vai a casa a metterti un altro vestito o ti metti una cotta! " e dovette mettersi la cotta.

Ma se noi consideriamo la condizione morale dei nostri giorni, dopo i nostri ammorbiditi comportamenti, dopo i nostri atteggiamenti permissivi, quasi di uomini "dalla mente aperta", dobbiamo chiederci se dovevamo o potevamo agire diversamente dai modi severi di questo prete, che si sentiva in dovere di comportarsi in quel modo.
Dare un giudizio sulla sua persona non spetta a me. Dio solo è giudice.

Se guardiamo con occhi umani possiamo dire che è stato un prete, che ha trascorso la sua vita, lavorando per la sua chiesa sopportando d'inverno tutto il freddo (aveva sempre i geloni nelle mani) e, d'estate, tutto il caldo, senza prendersi le ferie.
Ancora rimane qui nella sua tomba, in mezzo alla sua gente, in attesa della resurrezione.
          Don Angelo Magagnoli


In occasione del S. Natale e nel periodo della Esposizione del SS. Sacramento, detto delle «Quarantore» nella nostra parrocchia siamo soliti chiedere a tutti i parrocchiani un'offerta per la manutenzione della nostra chiesa.
La monumentale costruzione, il servizio per la buona conservazione di tutti gli oggetti, quadri, ecc., il servizio per il culto in chiesa, tutto pesa sulla nostra comunità.
Soltanto le vostre offerte ci aiutano a sopportare le spese.
Debbo ringraziare quanti fino a questo momento hanno generosamente dato.
I loro nomi sono scritti in Cielo.
Noi doverosamente li abbiamo scritti nel libro che teniamo sempre a disposizione di tutti in Sagrestia.
Ringrazio pure i parrocchiani che generosamente aiutano a portare i bollettini nelle case.


 

Bollettini Parrocchiali