La Propositura

La Propositura di Bibbiena risiede nella parte più alta dell'antica cittadina. Anche oggi il popolo la chiama « La Pieve ». La tradizione popolare è lenta a morire anche se ormai dal 4 settembre 1744 la Pieve è diventata Propositura. Il primo proposto fu Monsignor Domenico Poltri, bibbienese, che chiese ed ottenne dal vescovo di Arezzo Monsignor Incontri la promozione da Pieve a Propositura. Le prime notizie storiche riguardanti la parrocchia di Bibbiena si hanno fin dal sec. VII. La Chiesa allora era fuori delle mura medioevali cioè «in plebe» in mezzo al popolo che lavorava nella campagna. Il luogo si chiamava «Castellare»; si trova sopra un piccolo rialto, in parte formato da macerie, dominante la piana solcata dall'Archiano circa 700 metri a nord della cinta medioevale di Bibbiena. Vi esisteva la Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano, trasferita già nel basso medioevo nell'attuale propositura dentro la città. Nel 1302-1303 il piviere comprendeva diciotto chiese. Il più antico documento certo della Pieve risale al 979. L 'attuale chiesa della propositura era all'inizio la Cap pella del castello dei vescovi di Arezzo che si presume sia stata costruita agli inizi del sec. XII. Era a croce greca, orientata. Dopo; la battaglia di Campaldino avvenuta l’11 Giugno 1289 in cui il vescovo di Arezzo Guglielmino Ubertini perse la vita e gli aretini furono sconfitti dai Fiorentini, la vecchia Pieve subì danni irreparabili. La gente abbandonò le abitazioni e la chiesa per rifugiarsi dentro le mura del castello. L'assedio durò circa otto giorni e poi il castello fu espugnato e i Guelfi vincitori demolirono le mura e le torri castellane. Sopra le macerie del castello fu costruita la Cappella che venne adibita a chiesa pubblica. Da quel momento diventò la chiesa parrocchiale. Il vescovo Guido Tarlati nell'anno 1310 fece aprire una porta laterale per l'ingresso del popolo e forse in quello stesso anno consacrò la chiesa. Di questa costruzione e riconsacrazione si hanno due iscrizioni: una sulla porta della sagrestia, l'altra nell'architrave della porta detta delle Campane. Comunque da alcuni elementi architettonici rimasti; dalle finestre e dalla porta delle campane si rileva che l'attuale propositura è una costruzione che risale ai primi anni del XII sec. Il pavimento della chiesa poggia sopra un ripieno di detriti attraversato da due muri paralleli. Nell'anno 1972 dalla Sopraintendenza dei Monumenti di Arezzo furono fatti alcuni saggi sotto questa chiesa. Venne riportato alla luce un bellissimo portale e una grande finestra romanica a fianco. Forse il portone immetteva in un cortile interno del castello che ora è ripieno di macerie. Verso la metà del 1500 per aumentare la capacità dell'edificio, fu allungato il braccio destro sfruttando ambienti che erano vicino. Nei secoli XVI e XVII, come altri edifici sacri anche questo fu molto appesantito da sovrastrutture di stile barocco che ne avevano cambiato il primitivo impianto. Da alcuni anni, in tappe successive, la chiesa ha riacquistato le sue forme originali.

Entrando a destra si può ammirare la bella ed elegante Croce dipinta che proviene dalla chiesa del convento delle Camaldolesi di Sant’Andrea a Lontrina, oggi sconsacrata. Si tratta di una tavola della prima metà del XIV secolo, attribuita a un ignoto pittore della cerchia di Duccio chiamato Maestro di San Polo in Rosso. Nella seconda nicchia è posta la Madonna in legno proveniente dalla Chiesa di S. Maria Assunta a Giona. La Vergine è seduta in trono con il Bambino Gesù sulle ginocchia, ma che dapprima era in braccio alla Madre, mentre adesso non c’è più perché è stato rubato. La statua lignea, secondo alcuni critici, è duecentesca. Nell'arco si intravedono alcuni affreschi che rappresentano la Passione di Gesù. Graziosa è la finestra in pietra serena con la vetrata che raffigura San Francesco che predica agli uccelli. Più in basso si trova il «SACRARIUM»; era il tabernacolo dove si custodiva l'Eucarestia. Ancora si vede un cardine di ferro che faceva parte della porticina. La vetrata laterale raffigura gli ultimi istanti della vita di Buonconte da Montefeltro morto durante la battaglia di Campaldino e il cui corpo non fu mai ritrovato forse perché portato via dalle acque dell'Archiano tinto di rosso. Di ispirazione intima e delicata è la tavola con L’Annunciazione di Giovanni Calducci detto il Cosci, databile al 1580 circa. Sopra l'ex altare del SS. Sacramento, c'e la Madonna col Bambino in trono e Angeli di Arcangelo di Cola da Camerino. Questo dipinto si può oggi giudicare come il suo capolavoro assoluto. L'opera è di particolare importanza non solo per l'altissima qualità che fa rimpiangere la perdita di tutte le altre parti del polittico di cui doveva costituire la tavola centrale e che era certamente adorno di una ricca e preziosa cornice in oro, ma anche perché rappresenta il maggior risultato del felice innesto di esperienze toscane sulla fondamentale matrice umbro marchigiana dell'arte di Arcangelo. Questa Madonna dal volto bellissimo e dallo sguardo carico di una profonda e misteriosa malinconia ci ricorda le gentildonne evocate da Gentile da Fabriano artista più noto delle Marche. La monumentalità della figura della Vergine da una particolare evidenza e solennità a tutta la scena. Il Bimbo robusto e pasciuto è colto nella più semplice naturalezza mentre si porta la manina alla bocca. Nella mano destra della Vergine che più che sorreggere accarezza il piedino del Figlio, si nota una dolce sensibilità materna. L'espressione vivace del volto degli angioletti dalle guance accese e con lo sguardo rivolto a Maria e Gesù, rendono vivo tutto il quadro di Cola da Camerino. La vetrata del presbiterio raffigura Santa Chiara di Assisi con il giglio in mano. Dietro l'altare maggiore campeggia il grandioso polittico di Bicci di Lorenzo dipinto nell'anno 1435. La Vergine in trono con in braccio il Bambino Gesù ha una mirabile dolcezza che traspare da tutto il volto e dagli occhi penetranti. L'oro del fondo della tavola da alla Vergine una maestosa grandezza e il trono che si stacca imponente esprime la regalità materna di Maria. Ai lati di chi guarda, a destra si vedono i santi Giacomo e Cristoforo, a sinistra San Giovanni Battista e Sant'Ippolito. Nelle cuspidi trilobate al centro è raffigurata la Crocifissione di Gesù, a destra l'Ascensione e a sinistra la Risurrezione. Nei riquadri in basso si vedono al centro la Nascita di Gesù; a destra la decapitazione di San Giovanni Battista; il martirio di San Sebastiano e il vescovo di Arezzo S. Donato; a sinistra il Battesimo di Gesù, un Santo Martire trascinato da cavalli, S. Matteo Evangelista. Più a sinistra c'è un magnifico crocifisso in legno di autore ignoto che risale al sec. XIV.

             Madonna di Giona - sec.XII

Polittico sec. XV

Madonna con Bambino

Arcangelo Di Cola

sec.XV

Rifacendosi dal fondo di chiesa, a sinistra di chi entra, si vede il Fonte Battesimale in pietra arenaria. Sopra il Fonte si nota un tabernacolo in pietra finemente lavorato. Nella finestra, con cornice in pietra, è raffigurato l'Annuncio a Maria. Nel primo affresco è raffigurata la Madonna in trono con ai lati San Francesco e San Domenico e sopra l'eterno Padre. Nel secondo affresco il polittico raffigura la Vergine con ai lati San Donato vescovo e Ippolito. Le figure sono vivaci ed espressive, tale senso di vitalità si coglie dagli occhi dei due Santi, attenti e penetranti. La Vergine tiene vicino a Sé il Figlio quasi per sottrarlo ai pericoli esterni come fa ogni madre, sopra si vedono due angeli adoranti il Cristo Crocifisso. Questo affresco si può datare verso gli ultimi anni del trecento e i primi del quattrocento. Il terzo affresco, in alto, ci mostra la Crocifissione di Gesù con ai lati Maria e San Giovanni Evangelista e intorno gli angeli che adorano. Sotto, doveva esserci un polittico di cui si intravedono le cuspidi ed ora è cancellato da una pittura settecentesca. Il grazioso Organo di Onofrio Zeffirini del 1500, proviene dall'Abbazia di Vallombrosa e fu trasportato qui ai primi del settecento. Il tabernacolo in pietra con panneggi interni forse serviva per gli oli santi; la figura che si vede alla parete raffigura San Bernardino da Siena.

Organo

Onofrio Zeffirini

S.Ippolito

particolare del Polittico

Accanto all'organo abbiamo un dipinto molto interessante di Iacopo Ligozzi (Verona 1547-Firenze 1626), datato 1600. Raffigura la Vergine con il Bambino attorniata da una gloria di angeli. In basso lateralmente ci sono: a sinistra S. Michele Arcangelo con armatura, spada e bilancia; a destra S. Antonio Abate inginocchiato che sorregge un campanello e addita, raccomandandolo, il paese alla Vergine (veduta di Bibbiena).

Vergine con Bambino e Santi Michele Arcangelo e Antonio Abate.

Iacopo Ligozzi 1600

Particolare raffigurante il paese di Bibbiena (si riconosce il caratteristico campanile di piazza Tarlati e la Propositura con il suo campanile a vela)

All'esterno la chiesa nella parte sinistra conserva una elegante trifora e la porta delle Campane porta una scritta che è appena leggibile: «A. MCCCX Temp. Guidonis Episc. Aret.».

 

 

 

 

Parroci della Propositura di Bibbiena