Il Santo

 

 

Il santo vescovo Ruggero nacque nella celebre e antica città di Canne San Ruggero - Barlettatra il 1060-1070.

Di vita intemerata, amante della preghiera, il giovane Ruggero era in grande stima tra i suoi concittadini i quali, morto il loro vescovo, dovendo eleggere il successore, non esitarono ad affidargli l’incarico pastorale. Ruggero, nella sua umiltà unita a prudenza, reputandosi indegno cercò di sfuggire, ma constatata l’insistenza del popolo e del clero, vide in essa la volontà di Dio. Consacrato, perciò, vesco­vo di Canne, si trovò a reggere le sorti della sua città natale, reduce della dolorosa distruzione voluta nel 1083 dai Normanni, ad opera di Roberto il Guiscardo.

 

Il Ministero episcopale.

Siamo nell'XI secolo, periodo cruciale per la storia della Chiesa: da una parte si avvertiva il peso dell'influenza dello strapotere civile, che condizionava negativamente la vita di essa, causando corruzione e controtestimonianze  nell'ambito ecclesiastico; dall'altro si assisteva ad una grande fioritura di santità che faceva ben sperare in una rinascita spirituale. L'esigenza di riforma, ormai diffusa un po' dovunque, di ritornare cioè alla primitiva vita evangelica, di riottenere l'autonomia della Chiesa dal potere temporale, fu fatta propria dal Pontefice san Gregorio VII, per la cui causa pagò di persona morendo esule a Salerno. In quell'arco di storia brillarono figure quali san Pier Damiani, san Bernardo di Chiaravalle, san Norberto. Il nostro santo patrono Ruggero s'inserisce su questa scia, in quanto concepì l'episcopato non come onore, ma come servizio. Visse per il gregge che gli era stato affidato, senza mai spadroneggiare su di esso, “facendosi - per usare il linguaggio dell’Apostolo Paolo - tutto a tutti”.

Il Santo vescovo contribuì alla ricostruzione morale e materiale della famosa città pugliese, più volte distrutta nel corso dei secoli. Con instancabile ardore esortò i fedeli e li sostenne spezzando il Pane Eucaristico e la Parola Divina. Il suo episcopio restò sempre aperto, particolarmente ai poveri e ai tribolati, segno della sua carità senza confini. L'Anonimo Cannese, antica fonte biografica popolare del Santo (di cui parleremo più oltre) ci rivela la sua carità senza limiti: "Era assai pietoso et fervoroso per la salute delle anime... il suo episcopio era un puro hospitio che sempre stava aperto de nocte et de giorno ad alloggiare le viandanti et le pellegrini, et le viude et li pupilli dove trovavano le loro conforto et le loro consolazioni" "Andava scalzo con lo pede nudo per quelle campagne cercanno le limosine per li poveri".

Tutti videro nel vescovo Ruggero una spiccata spiritualità, ben chiaro equilibrio, dedizione ai poveri, sagacia nel discernere, bontà nel dirimere e grande capacità persuasiva. Il suo prestigio è riconosciuto unanimemente da umili e dotti, lavoratori della terra e del pensiero, semplici contadini e autorità.

Attingendo dai documenti, si delinea chiaramente anche la personalità giuridica, oltre che pastorale di Ruggero, nonché la sua accortezza amministrativa.

 

Stima tra i contemporanei.

Dai documenti dell'epoca risulta che il Santo Vescovo fu più volte interpellato dai pontefici Pasquale II e Gelasio II per dirimere alcune questioni delicate. Un documento dell’anno 1100 ci parla dell’intervento del Praesul Cannensis a Salerno, dove si teneva un Concilio interregionale per i Vescovi del Mezzogiorno d’Italia, indetto e presieduto dal Sommo Pontefice Pasquale II. Il consiglio era composto da sei cardinali, da due arcivescovi da due abati e da un solo vescovo: quello di Canne! Si trattava indubbiamente di un Consesso molto distinto; inoltre il documento afferma che i componenti furono scelti personalmente dal Papa: “Quibus vero auditis Dominus Papa consilium adiit cum quibus placuit et dignos esse iudicavit”. I termini placuit e dignos esse iudicavit, molto incisivi, indicano chiaramente che Ruggero non solo era conosciuto dal Papa, ma era anche tenuto in grandissima considerazione, tanto da essere preferito agli altri vescovi di Diocesi pugliesi più importanti (che, a quel tempo, soltanto nelle vicinanze di Barletta, erano addirittura 12!). Nell’incontro col Papa, San Ruggero avrà, senza dubbio, esposto le condizioni precarie del suo Vescovado, di tutta la Diocesi, ed il Papa Pasquale II, esperto in valutazioni ascetiche (perché prima di essere eletto al Supremo Pontificato era stato monaco cluniacense), avrà intuito bene la vita spirituale di quel suo vescovo, il suo fervente zelo e le sue spiccate doti intellettive. Non capiremmo, altrimenti, come mai il Pontefice, che era circondato “cum suis Cardinalibus et aliis Episcopis et Abbatibus, multisque alterius ordinis” avesse potuto scegliere, tra tanti Presuli, solo l’Ordinario di Canne Ruggero, per chiedere consiglio in una vertenza di così notevole importanza.

Questo ci dice la stima che godeva tra i contemporanei.

Una pergamena del 1102, ci fa rivedere il Vescovo Ruggero alla consacrazione della Chiesa di San Sabino in Canosa, celebrata dal Sommo Pontefice Pasquale II. Alla sacra Liturgia partecipavano, perché invitati sunt, tre Cardinali, nove Arcivescovi e cinque vescovi: primo in elenco è Rogerius Cannensis Episcopus.

Inoltre, in moltissimi documenti dei notai e magistrati del tempo, la dignità episcopale di San Ruggero viene espressa con i termini più nobili e distinti. Il suo nome è spesso seguito dall’aggettivo venerabilis. A tanto devoto ossequio, a tanta devozione profondamente sentita ed espressa da parte degli altri, corrisponde la umile e semplice firma del Santo Vescovo, come leggiamo da un documento del 1113: Ego Rogerius Episcopus interfui Cannensis.

 

L’Anonimo Cannese.

L’Anonimo Cannese, pur non essendo un documento nel senso stretto della parola,  è indubbiamente una buona fonte da cui attingere elementi riguardanti la fama di santità che il vescovo Ruggero godeva presso i suoi figli cannesi. Redatto nel 1300, ci riferisce il giudizio, la stima e la venerazione tramandata, a breve scadenza, dai contemporanei del santo Presule.

Essendo andato smarrito il testo originale, i vari autori hanno apportato nei loro racconti varie interpolazioni. Dopo l’unificazione di Canne a Barletta (1294) si recitava l’ufficio proprio di San Ruggero. Alla Lectio III si legge: “Hic oriundus de Civitati olim Cannarum” cioè San Ruggero nacque nella città di Canne.

L’epoca in cui possono essere state apportate le interpolazioni dovrebbero risalire alla fine del 1400, secolo in cui fu composto l’”Ufficio benedettino” dove, alla Lectio II, sono aggiunte le parole “floruit anno Domini cinquecentesimo”, cioè che san Ruggero fiorì nell’anno del Signore cinquecento, che non appaiono nel testo dell’Ufficio precedente. Questa aggiunta è stata causata probabilmente dal fatto che nel XV sec., essendo stata rievocata l’antica tradizione dell’apparizione dell’Arcangelo San Michele nel V sec., il Santuario del Gargano divenne meta di numerosi pellegrini. Ciò dovette indurre a retrodatare al V-VI secolo l’epoca in cui visse San Ruggero.

Per lungo tempo, dunque, il nome di Ruggero fu collegato a leggende che facevano di lui un vescovo del V secolo, ma la vicenda storica è stata poi delineata a fine ’800 dagli studi di don Nicola Monterisi (+1944), futuro arcivescovo di Salerno, e di Mons. Salvatore Santeramo (+1969), Arciprete della Cattedrale di Barletta.

Stando all’Anonimo Cannese risulta che Ruggero nacque il 13 agosto, terzogenito (dopo Giustino e Demetrio) di Raimido di Canne e Lucina di Salpi. Sin dall’infanzia frequentava la chiesa tanto che il sacerdote Barnaba scorse in lui segni di vocazione: “et un Ministro Sacerdote Barnaba lo impara molte cose che spettavano al nostro Ruggiero, et esso subito impara chera assai capace de mente […] et particolarmente stavi Ruggiero molto inclinato allo stato ecclesiastico”. Crescendo, all’età diaconale, si fece ministro della Chiesa e, alla morte del vescovo , il popolo acclamo Ruggero come suo Pastore. Egli, dopo aver invano rifiutato, “fo facto pastore et piscatore delle anime de la  sua Patria di Canne,[…] con granne allegrezza e con granne contento de tutto lo populo de Canne et de tutto lo convicinato”.

A proposito del suo fervore e della sua predicazione ci viene riferito che “non cessò mai con tanto zelo predicare lo Santo Evangelio, che la Lingua sua non fu altro che una fontana sorgente de ministrare la Parola et li santissimi Sacramenti”.

 

I Miracoli.

L’Anonimo menziona poi molti miracoli operati dal vescovo Ruggero, di cui tre hanno come oggetto l’acqua. Successivamente si parla del leggendario pellegrinaggio sul monte Gargano, con altri due vescovi. Essi partirono il mese di luglio. Assetati dal forte calore, Ruggero, supplicato il Signore, fece scavare una fossa poco distante dal mare, dalla quale sgorgò acqua fresca che estinse la loro sete.

Ripresero il cammino e lontani “quasi dieci miglia dal monte Gargano, lo caldo si risentiva con tanta forza che non si poteva resistere; improvvisamente sopra di loro si vide un grande uccello di gran forma che li accompagnò”.

 

Morte e traslatio a Barletta.

La sua morte si colloca al 30 dicembre 1129 quando aveva circa San Ruggero - Barletta60 anni. La gente aveva riconosciuto in lui il vero padre, per questo non fa meraviglia sapere che alla sua morte fu acclamato Santo a voce di popolo e le sue venerande spoglie adagiate in Cattedrale di Canne, presso l'altare maggiore, quasi a sentirlo ancora vicino come quand'era in vita, per godere della sua immediata protezione.

Già da un documento del 1192 risulta a Canne una località detta “Locus Sancti Rogerii”. Sicuramente si tratta del luogo in cui è sita la fonte fatta scaturire, secondo la tradizione, da San Ruggero percuotendo la roccia col bastone-pastorale in un triste momen­to di siccità.

Dopo la morte del Santo Vescovo, i cannesi continuarono ad immigrare in Barletta stabilendosi nella zona fuori le mura ove le benedettine erano venute ad insediarsi sin dal 1085. Queste, abbandonato il loro monastero di San Mercurio subito dopo la distruzione di Canne, avevano ottenuto dallo stesso Guiscardo il palazzo già sede dell’Ufficiale bizantino dedicandolo a Santo Stefano.

Il Corpus Sancti Rogerii rimase tumulato presso l’altare maggiore della ormai distrutta Cattedrale cannese per circa 150 anni. La prima traslazione avvenne nel 1276. E’ ancora l’Anonimo Cannese a dirci come andarono le cose: Barlettani e Cannesi trasportarino lo corpo dello nostro padre Santo Ruggiero, a tempo di notte, con le altre reliquie e ornamento di chiesia nella Chiesia Maggiore de Sancta Maria in Barletta nello anno 1276 nella seconda domenica di Pascha di Risurretione. Accortesi lo Episcopo et le altre restante de lo Clero di Canne chera stato rubato lo corpo de S. Ruggiero, ni ebbero ricorso allo S. Papa Innocentio”. In seguito al ricorso, papa Innocenzo V, nell’aprile nel 1276, incaricò il vescovo di Minervino, Biviano, di accertare la verità del trafugamento del corpo del Beato Ruggero. Dall’inchiesta risultò che, a causa del repentino decadimento di Canne, furono proprio l'arciprete Paolo e un canonico della Cattedrale di Canne a richiedere ai Barlettani di andarsi a prendere il santo corpo per metterlo al sicuro nella città di Barletta, dove già molti cannesi si erano rifugiati.

 

I documenti.

La prima preziosa testimonianza che attesta il culto del Santo (non soltanto da parte dei Cannesi ma anche dei Barlettani) è tratta da una pergamena del 1327 con il sigillo del vescovo Pascalis, il quale trasferì il Vescovado Cannese a Barletta nel 1318. Il citato vescovo è sepolto nella chiesa di San Giacomo Maggiore in Barletta.

Il Sigillum riproduce l'immagine di san Ruggero benedicente, vestito in abili pontificali, il cui capo è circondato da una aureola. Sotto il braccio destro c’è la sigla S. ROG.US (Sanctus Rogerius). Questo è il primo documento ufficiale che testimonia il culto liturgico della Chiesa di Barletta al Santo Vescovo.

Nel medesimo sec. XIV, periodo in cui i vescovi cannesi trasferirono la loro residenza a Barletta, san Ruggero fu proclamato protettore di Barletta e sin da quel tempo il Santo ebbe l'Ufficio liturgico proprio.

 

L’iconografia.

L'iconografia del Santo lo raffigura sormontato da un'aquila in volo che - secondo l’antica leggenda sopra citata - lo avrebbe adombrato con le sue ali in una caldissima giornata estiva, mentre era in pellegrinaggio alla Santa Montagna del Gargano verso la Basilica dell'Arcangelo San Michele.