Duomo di Ognissanti

- breve guida -

Riteniamo opportuno presentare una breve Guida per conoscere in modo sintetico ma preciso il Duomo di Ognissanti, in attesa di poter realizzare quanto prima un lavoro più dettagliato che accompagni il visitatore in modo ottimale.

Storia. La chiesa di Ognissanti era inizialmente una semplice cappella della Pieve di Santa Maria del Castello ed era governata tramite un Rettore. Fu soltanto verso la fine del XVI secolo che la "contrà del Piano" - avviandosi verso una preminenza economica rispetto a quella, appunto, del Castello- ottenne l’istituzione di un Fonte battesimale, mentre la piena autonomia religiosa fu accordata nel 1792. Il primo parroco insignito del titolo di Arciprete fu don Paolo Uderzo nel 1824. L’edificio quattrocentesco con il relativo campanile, fu demolito per poter costruire l’attuale complesso che ebbe inizio nel 1803. Per molti anni, a causa della perdita dei disegni originali e della errata interpretazione della lapide (che si trova in alto sulla parete di fondo della grande navata) relativa alla posa della prima pietra, l’edificio fu ritenuto opera dell’abate, nativo di Lendinara, Francesco Baccari (1747-

1835). In realtà a questi si deve solo l’incitamento alla popolazione, durante le prediche quaresimali dell’anno 1801, ad abbattere la vecchia chiesa ed a costruirne una nuova. Alcune guide, anche relativamente recenti, portano purtroppo ancora il suo nome, perché fu soltanto nel 1983 che il progetto originale fu ritrovato e fu così documentato in modo inequivocabile il nome dell’architetto effettivo, che fu l’abate Daniello Bernardi di Bassano (1709-1806), allievo di Domenico Cerato. Il parroco che invece impegnò la cittadinanza nella grande impresa fu don Giuseppe Pagliarusco, morto nel 1820. La costruzione del tempio, iniziata con grande fervore, andò però a rilento. Infatti il cupolino con la lanterna furono eretti nel 1821 e la consacrazione avvenne solamente nel 1884. Lavori di restauro furono eseguiti nel 1922 e nel 1984 (manifestazioni del Centenario). Nel 1926 fu posto il pavimento con l’intervento benemerito della famiglia Bonazzi (vedi la lapide in fondo al centro). Nel 1960 fu completata la facciata, peraltro non rispettosa del progetto originario perché non era ancora stato ritrovato. Sotto il grande cornicione, fra gli intercolunni, si vedono tre pannelli scolpiti, raffiguranti da sinistra: la Natività, la Trinità e la Crocifissione. Sono opere dello scultore e pittore vicentino Bruno Vedovato (1906-1986). Sopra il cornicione, a coronamento del timpano, vi sono le statue del Redentore (al sommo), degli Apostoli Pietro e Paolo (ai suoi lati) e dei quattro Evangelisti (sui bastioni: Matteo e Marco a sinistra, Luca e Giovanni a destra). Sono opere dello scultore di Camisano Felice Canton. Curiosa ed originale fu la tecnica allora impiegata per la loro collocazione e cioè l’impiego di un elicottero messo a disposizione dal comando americano della Setaf di Vicenza. Recentemente (1998) si è provveduto ad una completa ritinteggiatura dell’interno e alla collocazione di nuove vetrate. Da pochi mesi è stata risistemata anche la facciata.

Merita una sbirciatina il fianco sinistro dell’edificio perché si può vedere murata la lastra sepolcrale di Daniele de’ Braschi (fine del sec. XV), appartenente ad una facoltosa famiglia di "cenciaioli"). Un po’ discosta vi è una Croce di pietra in ricordo della Missione del 1927. Fino ad alcuni anni fa numerose erano le persone che la toccavano e si segnavano, ottenendo la indicata indulgenza di 30 giorni.

Interno. Il patrimonio artistico di Ognissanti può essere essenzialmente distinto in due settori: pittorico e scultoreo. Si consiglia di iniziare la visita portandosi al centro del tempio da dove lo sguardo può percorrere gran parte degli spazi architettonici e rilevare i ricchi ed elaborati elementi decorativi, validamente rinnovati nel corso dei restauri del 1998.

Le statue dei 4 Evangelisti, collocate nelle nicchie dei pilastri, sono ritenute tardo settecentesche: sono di buona esecuzione, ma l’autore non è noto. Probabilmente provengono dalla chiesa precedente. Al di sopra di ciascuna si trovano 4 quadri plastici con scene del Nuovo Testamento (Battesimo, Salvazione di Pietro dalle acque, Cristo davanti a Pilato, Resurrezione), mentre sui pennacchi si vedono quattro bassorilievi eseguiti in marmorino e calce che raffigurano i Profeti maggiori: Ezechiele, Daniele, Geremia e Isaia. Portano la data 1825 e la sigla S.G., riferibile all’autore, peraltro non ancora individuato.

Con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto, osserviamo ora i tondi affrescati alla sommità delle tre absidi. Sono opera del pittore veneziano Sebastiano Santi (1789- 1866) autore anche degli altri dipinti del soffitto. Vi sono raffigurate le tre Virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Nel soffitto della navata maggiore è invece raffigurata l’Assunzione della Beata Vergine. A causa di pericolosi distacchi di larghi frammenti, che minacciavano la caduta totale del dipinto, è stato eseguito un difficile restauro nel 1985, che ha purtroppo determinato visibili zone d’intervento.

Diamo ora uno sguardo alle tre absidi.

L’abside maggiore. Al centro è collocato l’altare con il paliotto bronzeo eseguito in occasione del Centenario (1984) dallo scultore veronese Raffaele Bonente, seguendo anche le indicazioni del parroco don Angelo Bonente. I diversi pannelli raffigurano episodi della vita di Cristo, e cioè partendo dal lato sinistro: la Nascita di Gesù, la Preghiera nel Giardino di Getzemani, la Crocifissione, la Resurrezione, l’Ascenzione. Nelle tre formelle del verso è sviluppato in particolare il tema della Pentecoste con Maria e due Apostoli nel pannello centrale e gli altri Discepoli , radunati nel Cenacolo dove discende lo Spirito Santo, in quelli laterali. Il vicino ambone è opera del medesimo scultore e reca la scritta: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.

L’altare maggiore è di classica fattura e sorregge un bel tabernacolo in marmo e le statue dei Santi Pietro e Paolo di autore ignoto.

Sulla parete di fondo si trovano tre grandi quadri che formano il Trittico della Gloria della Vergine, chiamato comunemente Gloria di tutti i Santi. La loro esecuzione fu abbastanza travagliata perché furono iniziati dal grande decoratore di Ognissanti, il pittore nativo di Schio Valentino Pupin (1830-1885), il quale tuttavia venne a morte prima di poterli terminare. Fu allora chiamato Lorenzo Rizzi (1830-1893), un artista nato a Udine, ma in quel periodo residente a Verona, che portò a termine il non facile completamento. Questo artista fu apprezzato dalla gente tanto che altri suoi lavori si trovano in Arzignano nelle chiese di San Zeno e di San Rocco e nella parrocchiale di Altissimo. Anche il restauro del trittico ebbe inizio nel 1985 nell’ambito delle manifestazioni del Centenario di Ognissanti. In quella occasione dietro le due tele laterali vennero scoperti due affreschi dei quali non si conosceva l’esistenza. Sono visibili nelle fotografie collocate nella parte sinistra dell’abside, ai lati della porta che conduce in sacrestia. Vi sono raffigurati: Il sacrificio d’Isacco e Gesù nell’orto degli ulivi; sopra le due grandi scene bibliche si trovano due tondi che raffigurano i Santi Agostino e Ambrogio. L’autore di questi primitivi lavori di decorazione del Duomo non è stato ancora individuato con certezza, ma secondo recentissime ricerche si tratterebbe di Rocco Pittaco (1822-1898), un pittore di origine friulana, molto attivo in altre chiese del territorio vicentino e della Valle del Chiampo. Nella parte centrale dell’abside, dove non si è trovato alcun dipinto murale, si ipotizza che fosse appesa la grande tela del Giudizio universale, oggi collocata nella parete di fondo della chiesa di San Rocco.

Il nuovo organo Mascioni è uno strumento inaugurato nel 1980 con un concerto dei Solisti Veneti, diretti per l’occasione dal maestro Bepi De Marzi, anche in veste di organista.

L’abside destro accoglie gli affreschi di Valentino Pupin che visualizzano il tema di Cristo protettore dei miseri e degli afflitti ed in particolare la Guarigione del paralitico alla piscina di Betzata (Gv 5, 1-19, a sinistra) e la Reviviscenza del figlio della vedova di Naim (Lc 7, 11-17, a destra).

La firma dell’autore si trova in basso nel quadro di sinistra, dove infatti si legge: PUPIN V. 1875.

Nella nicchia è esposta una statua in legno dorato e dipinto della Madonna delle Grazie col Bambino sulle ginocchia; con ogni probabilità è la stessa che si venerava in un antico altare della vecchia chiesa ed è quindi attribuibile all’inizio del XVI secolo. Secondo alcune recenti ipotesi critiche sarebbe avvicinabile ad altre opere dello scultore Zuane Zabellana, documentato a Verona dal 1492 al 1502. Potrebbe essere dunque proprio questa una delle più interessanti ricerche da completare in futuro per meglio conoscere la storia antica di Ognissanti.

Al culmine dell’arcata adiacente si trova un dipinto di buona fattura attribuito al sec. XVIII che raffigura il Compianto per il Cristo deposto. Con un opportuno intervento di restauro si potrebbe meglio definire anche l’ identità di quest’opera certamente di buona fattura.

Percorrendo ora la navata laterale destra verso l’uscita si possono vedere: sul soffitto i tondi, eseguiti sempre da Sebastiano Santi, che raffigurano in successione i Santi: Anna, Rocco e Sebastiano, Antonio Abate. Sulle pareti vi sono i grandi riquadri del Pupin ed in successione: la Samaritana al pozzo (Gv 4, 1-42), L’ unzione in casa di Simone (Mc 14, 3-9), la Cacciata dei venditori dal Tempio (Lc 19, 45-46; nella figura in primo piano del ladrone sembra che il pittore abbia effigiato il proprio volto). Sulla lunetta di fondo si trova una tela che raffigura il Cristo risorto, eseguita nel 1962 da Bruno Vedovato. Il quale è anche l’autore di quella centrale (la Pentecoste) e della sinistra (l’Annunciazione).

Da questa posizione, cioè verso il fondo della chiesa, si può osservare la coppia di pile dell’Acqua Santa. Sono di buona fattura in marmo cinerino e si presentano sormontate da due piccole statue del Battesimatore (Giovanni che regge nella mano destra una conchiglia, simbolo del battesimo); risultano chiuse da due singolari coppe lignee scolpite in bassorilievo con scene che sviluppano una efficace catechesi sacramentale. A sinistra si illustra il Sacramento del battesimo come vittoria sul male (Scena della caduta di Satana, scacciato dall’arcangelo Michele, Raffigurazione di una Messa di prima comunione, Cristo pastore); nella coppa di destra vi sono scene della vita di Mosè (Mosè salvato dalle acque, Consegna dei dieci comandamenti sull’Oreb, Mosè seduto al pozzo di Madian).

Al fondo della chiesa si trovano anche tre banchi di vecchia e buona artigianale fattura: due uguali decorati al centro con stemmi (dei Savoia?)e sui lati con motivi floreali e grifoni, ed uno usato per le elemosine donato da Valentina Concato.

Interessanti sono anche i quadri della Via Crucis -eseguiti in gesso colorato ad imitazione (quasi perfetta!) dell’argento sbalzato- che si trovano distribuiti sulle pareti.

Percorrendo invece dal fondo la navata laterale sinistra si vedono sul soffitto i tondi con i Santi: Girolamo, Carlo e Giovanni Battista. Alle pareti si osservano gli episodi dell’ Obolo della povera vedova (Mc 12, 41-44), del Rinnegamento di Pietro (Gv 18, 25-27) e dell’Adultera perdonata (Gv 8, 1-11).

Giungiamo così all’abside sinistro che accoglie un altare sopra il quale è collocata la statua della Vergine in marmo di Carrara, opera eseguita verso il 1861 dallo scultore vicentino Giuseppe Groccia, grazie al legato della pia benefattrice Lucia Ferin. Gli affreschi (la prima opera iniziata dal Pupin in Ognissanti: la firma e la data del 1874 si vedono anche in questo caso in basso e a sinistra) raffigurano il Dogma dell’Immacolata Concezione. Si tratta di una prova molto impegnativa, superata dall’autore con vero sentimento religioso ed artistico: a sinistra si vede Papa Sisto IV che consegna la bolla al generale dei Francescani per la istituzione della festa dell’Immacolata; al centro è rappresentata l’apologia storica del dogma con i vari gruppi, divisi tra loro, dei padri e scrittori che in epoche diverse trattarono l’argomento; a destra si osserva la proclamazione del dogma, fatta da Pio IX nel 1854.

Sopra la vicina porta che reca in sagrestia si vedono una bella lapide ed il busto (scolpito dallo scultore veronese Spazzi) dell’arciprete mons. Giuseppe Stocchiero (1827-1907). Il piccolo monumento fu eseguito su disegno dell’arch. Vittorio Barichella (1838-1910, che in Arzignano risulta anche progettista del Campanile di Ognissanti, di quello di San Zeno e della chiesa neogotica di San Bortolo). Nella soprastante arcata si trova un dipinto che raffigura l’Adorazione dei Pastori, riferibile al sec. XVIII.

Entriamo adesso in Sagrestia dove si conservano alcuni dipinti di ridotte dimensioni ma di notevole interesse. Essi sono: sulla parete di fronte a sinistra, una Incoronazione della Vergine (del secolo XVIII con bella cornice), a destra, un realistico San Girolamo nel deserto, opera eseguita nel 1894 dal pittore concittadino Achille Beltrame (1871-1945). Sulla parete d’entrata è collocata una coppia di dipinti gemini attribuiti ad autore di scuola veronese del secolo XVIII: San Antonio da Padova e Tobia e l’Arcangelo Raffaele. Un dipinto pregevole, attribuito a Franceso Da Ponte e che raffigura una Deposizione dalla Croce, si trova attualmente in restauro. Diversi altri sono, peraltro, i dipinti di Ognissanti (quale per esempio una interessante Crocifissione del sec XVII, già posta sopra la porta d’ingresso alla cantoria, ed ora in deposito) bisognosi di questo tipo di intervento che permette, da un lato, la corretta conservazione e, dall’altro, una precisazione critico-artistica. Sopra la porta che conduce in Canonica è murata una antica lapide appartenente alla vecchia chiesa riferita ad un avvenimento (1580) che ebbe protagonisti il vescovo di Vicenza Michele Priuli e il parroco pro tempore di Ognissanti Paolo Egano. Prima di abbandonare la sagrestia una osservazione attenta merita lo splendido e monumentale mobile seicentesco che accoglie gli oggetti ed i paramenti sacri.

Adiacenze. Le parti esterne al Duomo assumono interesse storico ed artistico specialmente per la presenza di Villa Mattarello, che, oggi, è completamente integrata con la struttura parrocchiale accogliendo le numerose attività dei Gruppi ecclesiali. La "Villa", costruita probabilmente su progetto dell’architetto Francesco Muttoni nel 1738, ha subìto notevoli rifacimenti che hanno completamente alterato la sua funzione originaria. Infatti intorno al 1908 fu trasformata in teatro comunale ed in seguito fu ulteriormente sottoposta a rifacimenti e restauri; l’ultimo di questi, eseguito nel 1994, le ha conferito l’attuale aspetto, particolarmente funzionale per l’uso teatrale ed anche per un ristorante. L’involucro esterno dell’edificio è rimasto invece sostanzialmente conservato per cui si possono ammirare i lineamenti architettonici essenziali: la base con le forti colonne di ordine dorico toscano, l’ampia loggia sovrastante (cui si accede per due caratteristiche rampe di scale) e il timpano, sormontato da tre statue (Giunone, Giove e Venere) attribuite alla bottega del Marinali ed arricchito al centro dallo stemma del committente Francesco Mattarello, facoltoso esattore della Repubblica Veneta. Di particolare bellezza sono i mascheroni posti sulle chiavi di volta dei numerosi accessi.

Nel piazzale antistante è collocato il Monumento ai Caduti della guerra del 1915 -18 opera dello scultore vicentino Egisto Caldana (1887-1962). Altre testimonianze in memoria dei Caduti sono radunate in una parte laterale dello spazio, che in origine era un giardino con numerose altre statue oggi disperse. Di bella fattura è il cancello d’ingresso principale, chiuso ai lati da pilastri che sorreggono due figure mitologiche maschili (Ercole ed Evandro?).

La Cappella invernale è stata ricavata nel locale posto sul corpo avanzato di sinistra della Villa e cioè in collegamento tra il piazzale e il cortile della Canonica. Conserva una pregevole scultura in medio rilievo della Madonna col Bambino, già situata in una casa del centro storico. Non è stata finora assegnata ad un autore specifico, ma reca la data del 1489. Le due tele presenti raffigurano la Madonna col Bambino e San Felice da Cantalice ed un altro San Girolamo nel deserto. La prima –una piccola pala - è di autore ignoto del sec. XVIII; il secondo dipinto è ritenuto opera di G.B. Maganza il Vecchio (fine del sec. XVI). Sulle due pareti di fondo si osservano dipinti murali eseguiti nel 1991 da Piero Dani, il quale ha raffigurato, nelle parti superiori, episodi della vita di Cristo e nelle fasce più basse una serie di otto Santi locali.

Il Campanile. E’ una delle costruzioni più belle e particolari del Veneto e viene considerato somigliante al celebre campanile di Giotto di Firenze. Il progetto (dell’arch. vicentino Vittorio Barichella) è datato 1893, ma la costruzione fu terminata nel 1908, come è inciso sulla lapide posta sopra la monumentale porta d’ingresso. E’ alto 48 metri ed è costruito con stratificazioni di pietra di Chiampo e mattoni. Ha 4 sezioni aperte su tutti i lati da eleganti finestrature e termina con una terrazza sopra la quale era prevista la costruzione della guglia terminale non realizzata. La cella campanaria accoglie 10 campane, delle quali la maggiore pesa circa 2.200 kg ed è stata fusa nel 1909 dalla fonderia Cavadini di Verona. Il concerto, in Si bemolle grave, è stato ampliato nel 1999 e viene ancora azionato manualmente grazie alla competenza ed alla passione di una Scuola campanaria, che con le sue esecuzioni rallegra le feste ed anima le principali ricorrenze cittadine.

Redatto a cura di Antonio Lora1a Edizione Maggio 2002

Comunità Parrocchiale di Ognissanti

le pagine dei giovani